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DC Black Label: in arrivo le miniserie di Catwoman e The Human Target

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DC Comics ha annunciato due nuovi progetti Black Label in arrivo entro fine anno: Catwoman: Lonely City e The Human Target.

Scritta e disegnata da Cliff Chiang, Catwoman: Lonely City è ambientata 10 anni dopo che Batman, Joker, Nightwing e il commissario Gordon sono stati uccisi in un massacro. Gotham City si è lasciata alle spalle eroi e criminali ed è una città più sicura, ma tutto ha un prezzo. Sotto il sindaco Harvey Dent e il suo esercito di Batcops, la libertà è difficile da trovare. Dopo aver trascorso un decennio in prigione a causa del suo ruolo nel massacro, una Selina "cambiata" torna a Gotham. Lì, visiterà nuovamente la Batcaverna e tenterà di scoprire l'identità del misterioso "Orfeo".

L'ex sceneggiatore di Batman Tom King, invece, collaborerà con il disegnatore Greg Smallwood su The Human Target.
Christopher Chance è un mercenario freelance che fa da esca per proteggere potenziali bersagli allo scopo di consegnare alla giustizia i loro aspiranti assassini. Nella nuova serie, Chance dovrà proteggere Lex Luthor ma quando scoprirà di avere meno di due settimane di vita, è costretto a risolvere il proprio omicidio. E in qualche modo, la Justice League International è coinvolta. Il primo numero uscirà il 2 novembre.

Di seguito le cover dei numeri 1 delle due miniserie.

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Sweet Tooth 1 - Fuori dalla foresta, recensione: il futuro apocalittico di Jeff Lemire

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Autore tra i più interessanti emersi nello scorso decennio, Jeff Lemire è stato quello che ha compiuto in maniera più disinvolta la transizione da artista “indie” a star del comicdom al servizio delle due major principali, Marvel e DC, di cui ha scritto alcune delle principali icone. Anche nei suoi lavori mainstream è spesso possibile rintracciare la sua voce più autentica, quella vena malinconica che animava lavori come Essex County, il suo esordio folgorante, o capolavori come Il Saldatore Subacqueo. Una nostalgia avvolgente per un’età dell’oro perduta, poco importa se sia mai stata effettivamente vissuta dai protagonisti e se si sia svolta solamente nelle loro speranze e nei loro desideri. Una sensibilità che accomuna tanto i supereroi “esiliati” di Black Hammer quanto i “losers” provinciali di Niente da perdere, personaggi che hanno il meglio del loro vissuto alle spalle. Non stupisce quindi che Lemire si sia cimentato anche con la fantascienza distopica con Sweet Tooth, il suo primo successo targato DC/Vertigo, oggi ristampato nella linea Black Label in occasione del debutto della omonima serie Netflix da esso tratta.

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Quando il primo numero esce nel 2009, gli Stati Uniti ed il mondo sono attraversati dalla crisi finanziaria dovuta al fallimento della Lehmann Brothers, mentre l’OMS dichiara pandemico il contagio dell’influenza suina H1N1. La certezza di un futuro sereno, patrimonio delle generazioni successive al periodo bellico, comincia seriamente a vacillare. Improvvisamente la distopia post-apocalittica appare nuovamente il genere capace di raccontare un domani carico di incertezze, invadendo i media. The Walking Dead, hit a sorpresa della Image Comics, ispirerà di li a breve una serie tv di grandissimo successo, che sarà il vessillo di questa rinnovata tendenza. La premessa di Sweet Tooth è simile a quella dell’opera di Robert Kirkman, ma con esiti diversi. Anche qui c’è un morbo che ha devastato l’umanità, che i sopravvissuti hanno ribattezzato “l’afflizione”. Una pandemia che ha ucciso milioni di persone, causando il collasso della civiltà. Sette anni dopo, il mondo è testimone della comparsa di una nuova razza ibrida, parte uomo e parte animale. Uno di questi bambini è Gus, dalle fattezze di cervo e dall’animo gentile, che vive recluso in un rifugio nei boschi del Nebraska con il padre. L’uomo ha costretto il figlio all’isolamento fin dalla nascita, vuoi perché gli ibridi sono cacciati per essere studiati in quanto immuni al contagio, vuoi per il timore di un mondo dove le leggi sono saltate e vige solamente quella del più forte.

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Un giorno Gus si sveglia e trova il padre morto nel suo letto. Il ragazzo cervo, orfano di madre già da tempo, ora è solo. Desideroso di scoprire cosa si nasconde al di là del bosco, viene sorpreso da un gruppo di cacciatori decisi a catturarlo: Gus sta per soccombere, quando viene salvato da un uomo misterioso, Jepperd, che gli promette di portarlo in un luogo in cui vivono altri ibridi, “la Riserva”, e dove potranno prendersi cura di lui. Comincia così un viaggio on the road attraverso una frontiera americana post – apocalittica piena di pericoli e di strani incontri, verso un colpo di scena finale non del tutto inaspettato ma comunque efficace.

A distanza di 12 anni dalla sua uscita, Sweet Tooth non ha perso nulla della sua forza, anzi risulta più attuale che mai a causa della tremenda prova a cui la reale emergenza pandemica ha sottoposto l’umanità intera. Troviamo mescolati in una sintesi efficace alcune delle tematiche più care all’autore e dei suoi stilemi più tipici: fantascienza distopica, racconto post – apocalittico (in molti hanno notato richiami tanto a L’Ombra dello Scorpione di Stephen King quanto a La Strada di Cormac McCarthy) ma anche romanzo di formazione in un contesto ostile, quell’America rurale già protagonista delle opere più riuscite dell’autore. Un ambiente apparentemente rassicurante che è invece lo scenario in cui si sfogano gli istinti più violenti dell’uomo, come tanta fiction dell’ultimo decennio ci ha insegnato, a partire da True Detective. Ma Sweet Tooth si legge su più livelli: è possibile riconoscervi uno degli stereotipi più caratteristici delle favole nella sequenza in cui Gus viene invitato da Jepperd ad uscire dal suo rifugio e a seguirlo grazie ad una barretta di cioccolato, che, come i dolciumi delle fiabe, lo ingolosisce e sembra promettergli un’avventura a lieto fine. Ma l’opera di Lemire può essere interpretata anche come una parabola ecologista, che ammonisce il lettore sullo sfruttamento della natura da parte dell’uomo, o come semplice metafora della difficoltà di un’anima sensibile a vivere nella società di oggi.

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Sensibilità dimostrata da Lemire nella sua doppia veste di scrittore/disegnatore: i suoi testi, improntati ad un forte lirismo, sono accompagnati dalla sua usuale matita grezza, poco accattivante a prima vista, che caratterizza le sue opere indipendenti. Un tratto ruvido, graffiante, a volte appena abbozzato, che riesce tuttavia a trasmettere magistralmente tanto la tenerezza dei passaggi più intimisti quanto la crudezza di quelli più violenti. Le tavole sono spesso giocate su primi piani che danno risalto alle espressioni dei personaggi, trasmettendone con efficacia i sentimenti, soprattutto lo smarrimento di Gus di fronte ad un mondo che non comprende. La dimensione volutamente naif dello stile di Lemire non deve però tranne in inganno il lettore, perché l’autore canadese sciorina nel corso del volume tutte le sue notevoli doti di storyteller, grazie ad una composizione dinamica che alterna primi piani a splash-page e che esalta la sua abilità nel montaggio (si veda, a tal proposito, la concitata scena nella camera d’albergo nel penultimo episodio giocata sul montaggio alternato di zoom e primissimi piani, ottenuta dividendo la tavola in strisce orizzontali). Se i lavori concepiti da Lemire per il mercato indie sono quasi sempre in bianco e nero, Sweet Tooth può fregiarsi invece dei colori densi del veterano José Villarrubia, capaci di conferire spessore emotivo alle tavole dell’artista grazie ad una palette che spazia da colori caldi a freddi a seconda delle necessità dello script.

Panini Comics propone il primo arco narrativo di Sweet Tooth in un brossurato dall’ottimo rapporto qualità/prezzo, ideale per accompagnare la visione dell’omonima serie tv già disponibile su Netflix e per immergerci in un mondo che, seppur attraversato da suggestioni distopiche e post – apocalittiche, ci parla invero della dura realtà che ci circonda.

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Hellblazer: Ascesa e Caduta #1, recensione: il vecchio caro John Constantine

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Il 2020 appena trascorso, annus horribilis per gran parte dell’umanità, è stato prodigo di iniziative dedicate a John Costantine. Tra l’annuncio di un serial a lui dedicato dalla piattaforma di streaming Hbo Max, e il successo di critica dell’ottima, ma prematuramente cancellata, nuova iterazione di Hellblazer scritta da Simon Spurrier, non si può dire che lo stregone col trench se ne sia stato con le mani in mano. A smorzare la delusione dei fan per la chiusura della nuova testata dopo soli dodici numeri, è arrivata infine Hellblazer: Ascesa e caduta, miniserie di 3 numeri uscita per l’etichetta Black Label, linea editoriale dedicata ai prodotti della DC Comics pensati per un pubblico maturo. Scritta dall’astro nascente Tom Taylor per i disegni del veterano Darick Robertson, la mini pesca a piene mani nelle atmosfere tipiche delle avventure di Costantine, con l’ambizione di presentarlo ad un pubblico nuovo.

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Il desiderio di fornire un agevole punto d’ingresso ad eventuali nuovi lettori è evidente già dall’inizio della storia, che ripercorre la nascita traumatica di John Costantine, culminata con la morte della madre. John cresce con un padre alcoolista e, per evadere dalla squallida realtà domestica, sviluppa ben presto una fascinazione per l’occulto. È proprio durante un esperimento di magia, nel quale John coinvolge i suoi amici Billy e Aisha, che qualcosa va storto segnando irrimediabilmente l’infanzia del trio. Ed è a questo triste episodio ormai lontano nel tempo che, forse, è legata la strana catena di omicidi che sta funestando Londra ai giorni nostri. Un’inquietante serie di miliardari e personaggi politici in vista che cadono dal cielo sfracellandosi al suolo, tutti con ali d’angelo attaccate alla schiena. Toccherà ad Aisha, diventata ispettrice di polizia, indagare sulla bizzarra serie di delitti, aiutata da un John Costantine pronto, come sempre, ad emerge dall’ombra con la sigaretta accesa.

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In questa prima uscita di Hellblazer: Ascesa e Caduta, Tom Taylor dispone sul tavolo tutte le carte tipiche di quel mazzo che costituisce la quintessenza di una storia di John Costantine. Il carisma del protagonista innanzitutto, il superficiale, iconoclasta e sarcastico bastardo dal cuore tenero che tutti conosciamo, e poi la minaccia soprannaturale e la critica sociale spietata che è l’ingrediente principale di ogni storia di Hellblazer che si rispetti. L’obiettivo, piuttosto evidente, è quello di dare un vestito “mainstream” ad una serie e ad un personaggio che sono sempre stati considerati di nicchia, dotandolo  dei disegni di una star consolidata come Robertson, esaltati ulteriormente dal formato gigante della linea Black Label. Il difetto più grande di tutta l’operazione è il suo svolgimento a tratti pedissequo e didascalico, che potrebbe offrire un non indifferente senso di déjà vu ai lettori di vecchia data. Quelli nuovi, invece, non mancheranno di essere catturati dalla irresistibile caratterizzazione di Costantine fornita da Taylor, che si riallaccia alla tradizione classica di Hellblazer dando ad alcuni personaggi secondari i nomi di creativi che hanno fatto la storia della collana, come Jamie Delano e Steve Dillon.

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Sul fronte grafico, il nome di Darick Robertson non ha certo bisogno di presentazioni. Il disegnatore di cult come Transmetropolitan e The Boys si scatena in tavole intrise tanto di humor quanto di horror. L’arte di Robertson è un’aggiunta ideale al nutrito e prestigioso pantheon degli illustratori di Hellblazer, grazie ad un tratto robusto che sa coniugare registro grottesco, gusto per l’ironia e la muscolarità mutuata dalla lunga militanza dell’artista nel fumetto di supereroi. La palette di colori di Diego Rodriguez, che oscilla tra lo scuro e il livido, contribuisce ad alimentare le venature horror dell’intera vicenda.

La riuscita di questo primo numero di Hellblazer: Ascesa e Caduta si gioca tutto sulla diversa percezione che ne avranno i lettori che vi si approcceranno. I nuovi estimatori delle gesta di John Costantine ne rimarranno sicuramente catturati, mentre i suoi vecchi supporter avranno l’impressione di essere tornati nel pub preferito della loro giovinezza per bere una birra in compagnia di un vecchio amico.

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Brian Azzarello e Alex Maleev al lavoro su Suicide Squad: Get Joker!

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DC Comics ha annunciato l'uscita per l'etichetta Black Label Suicide Squad: Get Joker! di Brian Azzarello e Alex Maleev.

I due autori hanno già collaborato ad alcune storie di Batman, ovvero Damned e No Man’s Land. Come suggerisce il titolo, Suicide Squad: Get Joker!, la miniserie di 3 numeri (oversize) metterà i criminali più pericolosi dell'Universo DC a caccia del Principe del Crimine. A guidarli c'è Jason Todd/Cappuccio Rosso in un team che include anche Harley Quinn, Firefly e altri.

Suicide Squad: Get Joker #1 sarà disponibile il prossimo 3 agosto. La cover è ad opera di Maleev, mentre la variant sarà realizzata da Jorge Fornes. Di seguito le prime immagini diffuse dalla DC. I colori sono ad opera di Matt Hollingsworth.

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