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Topolino 3000: intervista a Tito Faraci

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tito fTito Faraci (Gallarate, 1965) è uno dei più noti autori del fumetto italiano. Ha scritto avventure per Tex, Dylan Dog, Diabolik, fra gli altri, e ha creato il personaggio di Brad Barron per Sergio Bonelli Editore. Per Topolino ha scritto numerose avventure e, in particolare, il ciclo noir di Topolino. Fra le sue storie più celebri ricordiamo: Topolino e il fiume del tempo, La vera storia di Novecento, La lunga notte del commissario Manetta.

Salve, Tito e bentornato su Comicus!

Partiamo da una domanda che voglio fare al lattore prima che all'autore. Che ruolo ha avuto Topolino nella tua vita e quale è il tuo primo ricordo legato alla testata?

Non è importante per me l'incontro, quanto il reincontro. Cioè, quando da adulto ho incontrato Topolino per la seconda volta. Era la metà degli anni Novanta. Lavoravo all'Epierre, importante service editoriale, che collaborava strettamente con la Disney. Così ho potuto curare, da redattore, una serie di ristampe di storie più e meno classiche, apparse la prima volta su Topolino, per varie testate. In primis, Topomistery. Ho riscoperto e studiato il mondo Disney, innamorandomene e capendone le potenzialità narrative. E ho avuto la gigantesca fortuna di lavorare fianco a fianco a Massimo Marconi, il mio maestro.

Se dovessi sceglierne solo una, quali fra le tante storie pubblicate in questi 3000 numeri è particolarmente importante per te?

Scelta ardua. Rispondo, senza pensarci troppo su, "Topolino e la collana Chirikawa", di Romano Scarpa.
Fra quelle da me sceneggiate, "Anderville". Ma... ah, già, non è uscita su Topolino.

Che differenze trovi nel Topolino di oggi rispetto al passato e perché credi che sia ancora così popolare?

Nel Topolino di oggi vedo una maggiore percezione della dimensiona autorale. Una maggiore varietà di stili. Questo è un bene. Un'altra cosa importante è che Topolino, il personaggio, ha finalmente smesso di interpretare la parte (sbagliata e impropria) del primo della classe saccente e antipatico, di troppe storie del passato.
Perché è ancora così popolare? Proprio perché ha il coraggio di cambiare, di mutare assieme al mondo che lo circonda riflettendolo.

Parliamo del tuo lavoro. Ricordi la tua prima storia su Topolino? Cosa ci puoi dire a riguardo?

La prima che ho sceneggiato è stata "Topolino e il campione terrestre". Ricordo il coraggio con cui Ezio Sisto, allora caposervizio (e in seguito diventato vicedirettore), affidò la sceneggiatura di un esordiente a un maestro come Massimo De Vita.
E poi ricodo che, mentre sceneggiavo, continuavo a pensare che, accidenti, quello sembrava proprio il mio mestiere. Avevo ragione, direi.

Riguardo alla tua storia su Topolino 3000, Pippo, Gambadilegno e… il colpo da tremila, come è nata e come si è sviluppata questa idea?

Se fosse una canzone, sarebbe chitarra e voce. Non un'orchestra sinfonica. È una scelta mia e di Giorgio Cavazzano che spero sia capita e apprezzata. È una storia che racconta come un giornale a fumetti possa accompagnare la vita di un lettore, essere importante per lui. È una storia senza "effetti speciali", direi perfino intimista. Parte sui tini della comicità e poi scivola nella malinconia, sul filo della memoria. Cercando, però, di fare tutto con leggerezza. Ci ho provato. E Giorgio ha fatto la scelta di lasciarla tutta a matita, senza inchiostrarla. "Unplugged", come ha commentato un mio amico guardando i disegni.

Anche in questa storia ti vediamo far coppia con Giorgio Cavazzano. Sappiamo che siete legati da una forte amicizia. Come avete lavorato insieme a questa storia?
Be', credo di averti già risposto. Gli ho raccontato cosa avevo in mente e Giorgio è entrato subito in sintonia, come sempre. Una sera mi ha chiamato, per raccontarmi la sua idea delle matite. All'inizio, confesso, sono rimasto spiazzato. Ma poi ho capito.

Attualmente a cosa stai lavorando? Ti rivedremo presto su Topolino?

Oltre a scrivere storie, posso rivelarvi una cosa molto importante. Sto collaborando con Topolino seguendo, come editor esterno, sceneggiatori giovani. Mi auguro, presto, anche esordienti. Intendo fare un lavoro di scouting. Sia con aspiranti alle prime armi... sia con "guest star".
Sceneggiare Topolino va considerato un punto di arrivo. Un onore e una
responsabilità. So che ora sarò tempestato di candidature, e va bene così. Avviso chi vorrà tentare, però, che sono molto severo. E poi chiedo storie moderne. Non ricalchi di nessun maestro del passato. Imitare è la peggiore maniera di (non) avere capito la lezione.

Ringraziamo Tito Faraci per la sua disponibilità.

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