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Gianfranco Manfredi: Da Magico Vento a Adam Wild

Intervista a Gianfranco Manfredi Intervista a Gianfranco Manfredi Sergio Bonelli Editore

A fine 2012 vi abbiamo annucianto la ristampa a colori e in formato deluxe di Magico Vento; partendo da questa notizia abbiamo contattato Gianfranco Manfredi per un'intervista che facesse il punto della situazione sui suoi numerosi progetti (quali il romanzo bonelli Coney Island - di cui vi proponiamo una tavola e la nuova serie Adam Wild).
Vi proponiamo la chiaccherata telematica qui sotto, e vi auguriamo buona lettura.


PIC_0192Ciao Gianfranco e bentornato su Comicus
Partiamo dalla notizia che ha chiuso il 2012: Magico Vento ritornerà nelle edicole e nelle librerie in una riedizione a colori curata da Panini. Da cosa è nata l’idea di questa ristampa (e del suo formato deluxe) e cosa può offrire al lettore odierno l’avventura di Ned Ellis?

La ristampa a colori di MV è stata un'iniziativa della Panini. Il perché della decisione bisognerebbe chiederlo a loro. Avranno valutato, suppongo, che MV possa ancora attirare nuovi lettori che se lo erano perso e venire incontro alla nostalgia dei lettori più affezionati che come spesso accade, si è destata quando la serie si è conclusa. Tra l'altro, MV continua ad essere pubblicato all'estero, dunque ha sicuramente dato prova di non essere un fuoco di paglia e di poter reggere anche a distanza di anni.

Come avviene con Ken Parker, tanti ti chiedono di rimettere mano a Magico Vento e fargli vivere nuove avventure, ma tu hai sempre risposto picche. C’è ancora spazio per questa serie nel tuo lavoro o consideri l’avventura conclusa con lo speciale “Memorie del tempo perduto”, di due anni fa?

MV consta di 130 episodi, più un corposo speciale. Si possono sempre rileggere. Io stesso non ricordo affatto certi episodi. Molto di rado vado a rileggere le cose che ho pubblicato in passato. Qualche episodio in più credo non cambi nulla, né possa aggiungere nulla alla serie. Certo non escludo che un'eventuale ripresa di interesse propizi dei nuovi episodi, ma nel caso, dovrebbero essere una specie di "ripartenza" cioè avere una certa autonomia rispetto al percorso della serie. D'altro canto in questo momento sono parecchio impegnato in nuovi progetti e l'arte di guardarsi indietro, diciamo così, mi è piuttosto estranea. Di diverse cose fatte in passato mi sono stati chiesti dei sequel, ad esempio del mio primo romanzo "Magia Rossa", però normalmente quando un lavoro è finito mi sgombro la testa per passare ad altro, e non voglio rischiare di rovinare cose che sono piaciute così, con delle appendici o dei sequel ideati per motivi esclusivamente commerciali.

Da Magico Vento passiamo a Volto Nascosto e Shanghai Devil. L'Ugo Pastore che si muove in Cina è molto diverso di quello di Volto Nascosto. Sempre onesto e idealista ma più attivo e, soprattutto in questi mesi, mosso da desideri di vendetta. Cosa ci dobbiamo aspettare per i prossimi e ultimi tre numeri?

Negli ultimi numeri succede di tutto. Ho impostato la serie in un modo molto particolare, con una partenza lenta e un finale vorticoso. Non è stata una scelta facile. L'ho compiuta per contrastare una certa tendenza che avevo notato in alcune mini-serie recenti: partenza scoppiettante e finale a pera. Così ho provato a fare il contrario. Ho il sospetto che l'ultimo numero in particolare susciterà qualche polemica. Un finale così strano non lo avevo mai scritto.

Senza svelare il finale di Shanghai Devil, ritroveremo Ugo ancora in futuro, magari in una terza stagione?

Per Ugo vale lo stesso discorso di Ned. Per me è sempre doloroso lasciare un personaggio che ha accompagnato le mie giornate per molto tempo. Qualcosa di quel personaggio mi resta dentro. Un personaggio non finisce quando finiscono le sue avventure. Dura di più e nel ricordo si arricchisce di sfumature. Ma come ho detto: ho una certa idiosincrasia per il revival.

Dopo Shanghai Devil potremo leggere il tuo “Romanzo a fumetti Bonelli” intitolato Coney Island e sappiamo che sei al lavoro anche su una serie lunga: Adam Wild. Cosa ci puoi raccontare dei due progetti? A che punto sono?

Coney Island è ambientato nel parco dei divertimenti e nel quartiere di Brooklyn negli anni 20. Racconta l'inizio dell'industria del divertimento di massa e del gangsterismo, incrociando le due cose. L'avevo pensata, lo confesso, come serie lunga, perché il mondo delle Fiere, del Circo e dei Luna Park mi ha sempre attratto moltissimo. Ma Sergio Bonelli, evidentemente, non condivideva questa mia passione, perché l'idea lo aveva lasciato perplesso. Mi ha però consentito di farne un graphic novel e questo è stato importante. Così ho potuto strutturare il racconto in un modo assai più originale che se avessi dovuto raccontarlo serialmente. E con Barbati e Ramella che lo stanno disegnando ho potuto anche dargli maggior precisione stilistica.
Non avendo una scadenza d'uscita prefissata (uscirà quando sarà finito) ci si può lavorare con calma e "di fino". È un fumetto di più di 270 pagine. Attualmente è arrivato a una novantina di tavole già disegnate, dunque ci vorrà ancora parecchio tempo per completarlo.
Paradossalmente, Adam Wild è più avanti, anche se ho cominciato a scriverlo dopo. Il primo anno di programmazione, cioè i primi dodici episodi, tra un paio di mesi avrò già finito di scriverli. I disegnatori lavorano in modo fantastico. Saranno la vera sorpresa della serie, perché in stragrande maggioranza non sono mai apparsi prima su un albo Bonelli. Li ho scelti personalmente uno per uno (esperienza abbastanza nuova per me) e assegnando loro i singoli episodi ho cercato di assecondare il tratto e di stimolare il talento di ciascuno. È un lavoro che mi sta entusiasmando, non pensavo tanto.
I model sheet dei personaggi e il primo numero sono opera di Alessandro Nespolino. Il secondo numero e le copertine saranno di Darko Perovic. Con loro due avevo già lavorato parecchio in passato e così ho potuto piazzare delle fondamente sicure. Dal numero tre in avanti compariranno i nuovi. Tutti disegnatori molto originali e di notevole personalità, che stanno partecipando al progetto con una partecipazione creativa davvero rara.

Con Adam Wild ritorni all’Africa coloniale dopo Volto Nascosto. Da cosa nasce questa esigenza? Sentivi di avere ancora cose da raccontare relative a quel periodo?

L'Africa Nera (dal Congo al Sudafrica, con particolare attenzione alla costa est) non era più presente sui fumetti dai tempi di Tarzan e di Phantom. Mi stimolava molto l'idea di riprendere quei contesti in modo completamente rinnovato, con il massimo possibile di attenzione storica. Non conoscevo assolutamente, per esempio, il fenomeno della tratta degli schiavi condotta dagli Arabi sulla costa est. Questo tema si è imposto prepotentemente quando ho cominciato a studiare bene il periodo, affiancandosi a quello principale che è il nostro rapporto con l'Africa, la nostra idea di "primitivo" e di "selvaggio" che ancora non si è liberata da molti stereotipi razzisti. Adam non è un semplice esploratore, nè soltanto un antropologo, è un combattente contro lo schiavismo e il razzismo. Non lo fa, come Livingstone, per convincimenti religiosi, ma per quel senso innato della libertà e della giustizia sociale che è la caratteristica fondamentale dei classici eroi dell'avventura.

Visto che l’hai introdotto, parlaci del personaggio di  Adam Wild. Chi è e perché è differente dai soliti personaggi seriali?

È sicuramente diverso dai miei personaggi precedenti, tutti piuttosto "tormentati". Adam è un eroe spavaldo alla Errol Flynn, di quelli che sorridono di gusto spesso e volentieri, a volte persino durante uno scontro. E poi non ha dubbi: va sempre diritto allo scopo, senza spiegare niente delle sue intenzioni. Un classico eroe d'avventura con la A maiuscola. Di quelli che non si vedono più da molto tempo, perché ormai, di solito, l'alternativa al "tormentato" è il super-palestrato che non ride mai, mena e basta.

Nei tuoi lavori, pur scrivendo storie di genere, hai trattato con dovizia di particolari aspetti inediti e periodi storici normalmente poco battuti, dimostrando uno straordinario talento nel mixare l’avventura e il puro intrattenimento all’aspetto conoscitivo e divulgativo. Quando scrivi quanto dosi dell’uno e dell’altro per creare il mix più adatto?

Non calcolo le dosi come farebbe un chimico, casomai come un cuoco, però di quelli che non guardano mai la ricetta. A volte, in corso d'opera, diventa prepotente l'esigenza di inventare completamente delle situazioni, altre volte lo spunto storico è così interessante per me da occupare il centro della narrazione. Però bado sempre che ogni singolo episodio abbia come focus i personaggi protagonisti. Una storia non è una storia se non è la storia di qualcuno. La cosa più difficile è riuscire a fare di un eroe di carta, una persona vera e credibile, con il suo vissuto e le sue emozioni. La vera sintesi tra Storia e Leggenda sta nel personaggio protagonista. Se il protagonista non è un personaggio riuscito, non c'è racconto che tenga. Questa credo sia la prima lezione che ho imparato da Sergio Bonelli.

È ormai passato più di un anno dalla morte di Sergio. Cosa ti manca di più della sua persona? Quanto è cambiato il modo di lavorare in Bonelli? Serie come Adam Wild avrebbero un altro percoso oggi?

Mi manca proprio lui. In toto.
Era sempre fedele a se stesso, eppure non si sapeva mai come prenderlo, dipendeva dai giorni. Era schietto e umorale. Una qualità che mi è sempre piaciuta nelle persone. Gli editori che ti fanno solo complimenti (con sobrio distacco, ovviamente) non capisci mai cosa pensino davvero di te, a volte neppure se leggano quello che scrivi o se gli basti controllare le cifre delle vendite.
Il modo di lavorare non è cambiato, in Bonelli. Per certi versi, senza l'ultimo verificatore (Sergio stesso), si lavora un po' più rilassati, almeno fino al giudizio del pubblico (che dovrebbe sempre essere considerato il Giudice più indiscutibile, era così per Sergio stesso che ci ha educato tutti a rispettarlo).
La mia serie ha un percorso particolare soprattutto per quanto riguarda i disegnatori. Come ho detto, è innovativa perché ci lavora gente nuova ed entusiasta.

Una delle testate più interessanti della Sergio Bonelli è, al momento, “Le Storie”. Cosa pensi di questa serie? Ti vedremo al lavoro in questa collana in futuro?

È un esperimento notevole. Le storie uscite finora mi sono piaciute. Quella di Recchioni in particolare, l'ho trovata davvero bella. Dal punto di vista tecnico, cioè degli equilibri di sceneggiatura, è perfetta.
Io non so ancora se scriverò un episodio di questa serie. Prima di prendermi un impegno cerco sempre di capire se sono adatto. Le serie (lunghe o mini) so di riuscire a governarle, un graphic novel anche, perché narro in modo piuttosto romanzesco.
Un episodio di centodieci pagine e di ambientazione storica che nasca e muoia in un unico albo, è un'esperienza che finora non ho mai affrontato. Presenta molti problemi sotto il profilo narrativo: quel numero di pagine è da un lato troppo limitato per potermi consentire di essere davvero "romanzesco", dall'altro è un numero di pagine eccessivo per un racconto breve che se fosse davvero un'idea fulminante potrebbe essere raccontato meglio in una trentina di tavole.
Ad esempio, ho appena finito di scrivere una storia breve (32 pagine) di Tex, che uscirà a colori e sarà disegnata da Stefano Biglia.
Anche questa è stata un'esperienza nuova. Difficile da affrontare, perché se c'è un fumetto che per tradizione racconta storie più lunghe del normale e con tempi da marcia più che da corsa, questo è Tex.
Come si fa a raccontare un'avventura di Tex in un formato più vicino a quello Marvel che a quello bonelliano? Ci ho provato e sono contento del risultato. Può darsi che io sia un po' schizofrenico, cioè diviso tra il racconto fluviale e quello breve. Le vie intermedie forse non sono fatte per me.
Ho però un'idea che mi frulla in testa da parecchio. Mi piacerebbe scrivere una storia comica. Ma andrebbe bene per le caratteristiche specifiche delle Storie? Credo che dipenderà dall'evoluzione della collana, al momento un episodio comico (e da realizzare con un disegnatore umoristico) sembrerebbe un UFO. Non credo sia previsto un simile scarto di genere.

Parlando di Tex, è di poche settimane fa la prima puntata di "Fumettology", dedicata proprio al ranger Bonelli e che ti ha visto tra gli illustri narratori. Puoi darci il tuo parere di questa trasmissione e dirci come sei stato coinvolto? Ti rivedremo in altre puntate (magari in quella dedicata a Dylan Dog)?

Finalmente una trasmissione all'altezza. Fatta molto bene. Realizzata semplicemente, ma per nulla tirata via. Dividere le interviste per temi e incrociare gli interventi, estraendone i momenti più efficaci, è stato un espediente piuttosto efficace: ci ha impedito di risultate monologanti e logorroici, ci ha consentito di esprimerci individualmente, ma soprattutto come insieme, come collettivo, anche se nessuno di noi si era parlato prima per concordare le risposte. Suppongo di essere stato infilato anche in altre puntate, mi pare d'essere stato intervistato su parecchie cose, però sinceramente, non mi ricordo bene. Mi auguro solo di non aver detto troppe fesserie.

Alterni alla carriera di sceneggiatore quella di scrittore (e in passato anche di attore, sceneggiatore televisivo e cinematografico nonché musicista). Il tuo ultimo libro “Tecniche di Resurrezione” è di due anni fa. Sei al lavoro su altro?

Il 29 gennaio uscirà il mio nuovo romanzo "La Freccia Verde" negli Omnibus Mondadori (potete vedere la copertina nella gallery ndr). È un classico romanzo d'avventura che racconta la storia di un Robin Hood un po' cialtrone e del suo inquietante Little John: un gigante muto che si comporta come uno squilibrato. La storia si svolge alla fine del cinquecento in Inghilterra, sotto il regno di Elisabetta I. Racconta la difesa delle foreste del Peak dagli speculatori, in un periodo di intensi conflitti sociali che precede la rivoluzione di Oliver Cromwell. Tengo moltissimo a questo romanzo, cui ho dedicato mesi di studio e di cura stilistica. Ho cominciato a scriverlo più di due anni fa, e in teoria avrebbe anche potuto uscire nel 2012, però non ho voluto farmi fretta, e sfruttare fino all'ultimo istante utile per migliorarlo. Se reggo bene i giudizi critici degli altri è perchè sono un giudice molto severo di me stesso e non mi accontento mai. La canzone che esprime di più il mio carattere è sicuramente "Satisfaction" di Mick Jagger.

Grazie mille della disponibilità a nome nostro e di tutti i nostri lettori

Grazie a voi.

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