Gerry Conway
- Scritto da Redazione Comicus
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Hai cominciato il tuo lavoro come scrittore di fumetti quando avevi solo 17 anni. Quali furono le tue impressioni nello scrivere la tua prima storia (House of Secrets 81)?
Cominciai provando a vendere sceneggiature alla DC Comics quando avevo 15 anni. Dopo circa un anno di tentativi, che comportò la visita degli uffici degli editors almeno una volta alla settimana, divenni amico di Dick Giordano, che era stato appena assunto per rimpiazzare George Kashdan, un altro editor che avrei poi conosciuto.
Dick incoraggiò il mio lavoro e io divenni una presenza regolare nel suo ufficio, che condivideva con Murray Boltinoff e Joe Orlando. Poichè mi vedeva parlare così spesso con Dick, Murray pensò che gli stessi vendendo delle storie e si offrì di compramene una per “Tales of Unexpected”, una delle riviste che curava. Lui e io lavorammo ad una storia nell’estate del 1968, e io gliela vendetti nel settembre del 1968, quando stavo per compiere 16 anni.
Quando Murray realizzò di aver comprato la mia prima storia si spaventò – non era uno a cui piacesse prendere dei rischi e non avrebbe mai comprato una storia da me se non avesse creduto che stessi già lavorando con qualcun’altro. Scrivere quella sceneggiatura per Murray fu il lavoro più duro che avessi mai fatto nel campo dei fumetti. Scrissi almeno sei bozze diverse. Ma fu un momento molto eccitante per me, e sarò sempre grato a Murray per avermi dato la mia prima chance, anche se involontariamente.
Passai poi a scrivere fumetti horror e di suspense per Dick Giordano e Joe Orlando, che furono pubblicati in House of Secrets, The Witching Hour, e House of Mystery.
Hai lavorato su molti personaggi sia DC che Marvel. Qual è il personaggio che preferisci scrivere e perchè?
Spider-Man è il personaggio che mi piaceva di più scrivere, probabilmente perchè mi identificavo con Peter Parker, in quanto avevamo circa la stessa età quando cominciai a scriverlo. Di tutti i personaggi Marvel, mi sembrava il più “realistico”. I suoi problemi erano quelli di tutti, le sue reazioni basate su autentiche emozioni; era sotto molti aspetti un vero essere umano, uno dei pochi personaggi dei fumetti pienamente sviluppati. Non ho mai avuto problemi a trovare storie o situazioni per metterlo alla prova. Scrivere Spider-Man è stato veramente divertente.
Una delle storie che hai scritto che maggiormente sconvolse il comicdom fu la morte di Gwen Stacy. Raccontaci nei dettagli come nacque e fu realizzata questa storia.
Prima che cominciassi a scrivere Spider-Man, John Romita aveva discusso con Stan Lee l’idea di uccidere uno dei personaggi principali, per alzare la posta – emotivamente – su Peter Parker e Spider-Man. Quale personaggio, però, ancora non era stato deciso. Credo che Stan avesse suggerito Zia May, ma John pensava che sarebbe stato un errore.
Quando John e io cominciammo a lavorarci insieme ne discutemmo, e alla fine decidemmo che sarebbe stata Gwen a morire. Probabilmente fu un’idea mia, poichè non mi era mai piaciuto particolarmente il personaggio. Era troppo “perfettina” per uno come Peter Parker, e non riusciva a competere con lui emotivamente. D’altro canto, Mary Jane Watson era una vera sfida – era eccentrica, individualista, coraggiosa e allegra: per molti aspetti era simile a Peter e, allo stesso tempo, molto differente. Così dissi: “Uccidiamo Gwen”. Il resto, come si dice, è storia.
Hai scritto la Justice League of America per più tempo di chiunque altro. Qual è il tuo personaggio preferito e quale storia ti piace di più?
Il mio personaggio preferito era Red Tornado. Principalmente perchè apparve solamente nella JLA, cosa che mi diede la libertà di sviluppare trame e archi narrativi incentrati su di lui, a differenza di tutti gli altri personaggi. Mi piaceva anche Zatanna per la stessa ragione.
Temo di aver scritto troppe storie della JLA per averne una favorita, sebbene abbia sempre amato le storie cross-over degli annual JLA/JSA.
Tu hai inventato Firestorm, un personaggio molto interessante. Quali sono i retroscena della sua creazione?.
Quando tornai alla DC dopo il mio periodo di lavoro alla Marvel come scrittore e editor, la compagnia era in una fase di espansione. Jenette Khan, l’editore, chiese agli scrittori di sviluppare nuovi personaggi e io ne proposi tre, che furono accettati: Firestorm, Steel e Vixen.
Firestorm e Steel ebbero entrambi la loro testata e Vixen stava per essere scritta e disegnata quando la sciagurata implosione della DC Comics avvenne, con la conseguente chiusura di quasi un terzo delle testate pubblicate. Di tutte loro, solo Firestorm ritornò qualche anno dopo con la sua testata personale.
La mia idea originale per il personaggio era di creare un anti-Peter Parker.
Peter era un adolescente incredibilmente consapevole di sè, riflessivo e tormentato, con una mente brillante e una grande sensibilità. Ronnie Raymond, al contrario, era un atleta – un atleta non molto brillante - i cui stupidi tentativi di far colpo su una ragazza col suo impegno sociale portarono all’incidente che creò Firestorm. Ronnie era tanto avventato quanto Peter era riflessivo; tanto inconsapevole di sè, quanto invece lo era Peter. Creai il Professor Martin Stein come coscienza interna di Ronnie, per bilanciare la sua immaturità e follia. Credo che questo contribuì anche a rendere divertente la situazione: un super atleta con un mentore-genio interiore che avesse la funzione di un angelo custode per Firestorm, consigliandolo o assecondandolo. Di sicuro mi divertii molto.
Mi piacque molto il tuo secondo ciclo, a metà degli anni ottanta, su Spectacular Spider-Man e Web of Spider-Man, con un grande mix di romanticismo e intriganti sottotrame come quella di Lapide. Hai dichiarato allora in un’intervista che comprendevi meglio Spider-Man, essendo maturato, rispetto alla tua prima run sul personagio. Perchè?
Beh, ero più vecchio, e forse più saggio. Non ero più così coinvolto nei fumetti come lo ero stato un tempo, così mi avvicinai al materiale con una prospettiva esterna, che mi ha dato la possibilità di concentrarmi sulle storie e i personaggi che mi interessavano veramente. In altre parole, ero meno “fan” di quanto lo fossi durante la mia prima run sulla serie.
Qual è il disegnatore con cui hai avuto maggior affiatamento?
Ross Andru era il mio artista preferito. Ha contribuito alle storie che facemmo insieme in così tanti modi che è difficile elencarli tutti. Era un vero collaboratore e, secondo me, è uno degli artisti più sottovalutati nella storia dei comics.
Continui a leggere fumetti? Se sì, quali sono gli scrittori che ti piacciono di più?
Non leggo regolarmente fumetti, ma ho letto molto del lavoro di Alan Moore. Mi piace molto quello che fa.
Qualche anno fa hai scelto di lavorare di più per la televisione. Adesso molti scrittori tv lavorano nei comics. Vedremo tornare anche te?
Non penso, ma non si sa mai.
Vuoi dire qualcosa ai fans italiani?
Grazie per il vostro interesse e il sostegno!
Carlo Del Grande