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Intervista a Daniel Brereton

A cura di Stefano Perullo - Traduzione di Fausto Colasanti

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COMICUS: Ciao Dan, benvenuto sulle pagine virtuali di www.comicus.it. Che ne diresti di iniziare questa nostra chiacchierata presentandoti ai nostri lettori?

Dan Brereton: Il mio nome è Daniel Brereton, e qui negli States sono conosciuto soprattutto perchè realizzo comics “dipinti”. Ho lavorato con molti editori, tra i quali mi piace ricordare DC Comics, Marvel, Dark Horse, Harris, Upper Deck, Wizards of the Coast, Bongo, Topps, Tekno, Eclipse e molti altri. Il mio primo lavoro è stata una miniserie che ha resuscitato un personaggio della Golden Age, Black Terror, che mi ha fatto vincere nel 1990 il premio Russ Manning per l’esordiente più promettente. Dopo di questo, ho co-creato e dipinto The Psycho per la DC (lo scrittore, James Hudnall, ed io ne deteniamo i diritti, ed attualmente è in lavorazione un film per la Universal). Ho adattato un lavoro di Clive Barker (Dread, 1991) e dipinto diverse centinaia di covers e trading cards. Ho illustrato comics dal 1988 e ho scritto il mio primo fumetto pubblicato nel 1994, Nocturnals. Da allora, ho scritto e illustrato un one-shot della JLA, ho dipinto Legends of the Wolrd's Finest, un racconto di Batman e Superman scritto da Walt Simonson e due progetti riguardanti Thrillkiller (un Elseworld con il cast di Batman, ambientato in una specie di mondo anni ’60 con tinte noir) scritto da Howard Chaykin e basato su un mio soggetto. Ho anche scritto e dipinto una mini-serie da me creata chiamata GiantKiller, che la DC ha pubblicato nel ’99. GiantKiller e Nocturnals sono stati entrambi pubblicati in Italia, e credo che lo sia stato anche JLA: Seven Caskets della DC .
Principalmente gli editori vogliono da me uno stile oscuro, e avendo lavorato su titoli horror e di mostri con atmosfere oscure, a volte sono considerato adatto a lavorare su cose che preferirei non fare. Ma la mia produzione non è tutta così cattiva, dato che ho lavorato anche per la Simpsons Comics e ho anche scritto diversi episodi di Buffy The Vampire Slayer per la Dark Horse. Sono nato e cresciuto vicino San Francisco, in California, e vivo ancora nella California del Nord con la mia compagna e tre (presto quattro) bambini.

CUS: Wow! Quattro bambini in casa! Credo che tu non lavori mai nell’assoluto silenzio, ho ragione?

DB: Il trucco è lavorare di notte, cosa che faccio. I miei bambini hanno imparato a dormire durante le mie attività notturne.

CUS: E questo, giustifica ampiamente il tuo stile oscuro e tenebroso! Come sei stato coinvolto nel progetto “L’Ultima Battaglia”?

DB: Ho illustrato la storia scritta da Tito Faraci. Sono stato contattato da Gianfranco Cordara, che in seguito sarebbe divenuto il mio editor, alla fine del 2003 per produrre una graphic novel per Disney Worldwide. Qualcosa che ha a che fare con i Romani, di violento e che non rientra in quello che pubblica in genere la Disney Italia. La storia doveva essere scritta da Tito Faraci, che mi hanno detto essere molto ben conosciuto in Italia. Volevano che illustrassi questo progetto dopo aver visto la mia graphic novel dei Nocturnals pubblicata in Italia. Gianfranco era eccitatissimo e travolgente. Non riuscivo ad evitare di pensare che forse avevano contattato la persona sbagliata. Non avevo alcuna esperienza lavorativa che avesse a che fare neanche lontanamente con la storia antica europea. Ma Gianfranco era convintissimo che fossi la persona giusta per quel lavoro. Cercai di trovare delle scuse per non fare quel fumetto, magari per far interessare la Disney a produrre qualcosa che fosse più adatto alle mie capacità, ma Gianfranco non ha voluto saperne. Finalmente mi ha convinto, e pensavo che fosse il momento di dimostrare agli editori e ai fans che mi avevano relegato al ruolo di disegnatore di mostri che avevo altri assi nella mia manica. Così, tenendo a mente il mio amore d’infanzia per Asterix e Obelix, Conan il Barbaro e Sergio Leone ad ispirarmi (e con 300 di Frank Miller come una specie d’ispirazione riguardo alla commistione di generi) mi sono lanciato impavidamente nell’anno 52 A.C.

CUS: Puoi dirci qualcosa riguardo alla storia scritta da Tito Faraci?

DB: Il racconto inizia con l’assedio di Cesare ad Alesia nel 52 A.C. Al sicuro dietro le sue potenti fortificazioni che circondano la fortezza di Vercingetorige in cima ad una collina, Giulio Cesare manda a chiamare il più grande dei suoi generali e suo mentore ormai ritirato, Caius Rodius. Cesare affida a Rodius, da tempo stanco della guerra, una missione segreta per assassinare il capo del restante esercito dei barbari Galli prima che possa portare aiuto alle truppe di Vercingetorige, intrappolate dentro alle fortificazioni di Cesare. Rodius allestisce una squadra di vecchi compagni d’armi per uccidere il giovane capo gallico con cui una volta era molto legato.
Rodius è un personaggio interessante che non trae piacere nell’uccidere, ma lo fa senza esitare – come se fosse rassegnato al suo fato, ma cerca sempre il modo più veloce per portare a termine ogni incarico in guerra – anche se potrebbe sembrare disonorevole o ingannevole. In questo senso è molto Romano. Comunque, non è interessato all’eroismo, vuole solo portare a termine il suo compito. Lui crede che non ci sia ne gloria ne arte nella guerra. In questo senso la sua posizione è in contrasto con quella di Cesare e di quelli che abbracciano la guerra come un sentiero verso la gloria.
All’inizio del lavoro ero molto ignorante riguardo la storia e la cultura Romana e Gallica, e ho dovuto impegnarmi a leggere e fare ricerche sui popoli e il periodo del soggetto di Tito. Sono rimasto stupefatto di quanti film sull’argomento fossero erronei. Ho cominciato con Vercingetorige e Cesare, e l’assedio di Alesia (con cui inizia la nostra storia), poi ho continuato con l’esercito Romano, i Celti e gli antichi Galli, i loro costumi, le armi, le case, le abitudini. Sono stato immerso in questo periodo per mesi, e ho quasi fatto impazzire la mia famiglia e i miei amici con tutto quello che stavo imparando. Ero consumato. Adesso mi vanto di sapere di più sugli eventi e i popoli del 52 A.C. di uno studente medio di liceo italiano o francese (il che, per un ragazzo della California, è davvero qualcosa).


CUS: Prima dell’ “Ultima Battaglia”, conoscevi Tito Faraci?

DB:
Non conoscevo affatto Tito, né il suo lavoro. Non è stata la prima volta che mi sono trovato a lavorare con un autore che non conosco, ma lavorerei di nuovo con Tito in qualsiasi momento. Il suo stile è vitale, colorato e ti colpisce dentro. Ha quella sensibilità “pulp” che adoro. Ho mandato a lui e a Gianfranco diversi sketch concettuali dei personaggi che pensavo avrebbero funzionato bene dal punto di vista visivo, e anche per ritrarre un esercito romano diverso da quello che viene raffigurato nei film, e Tito è stato davvero entusiasta del mio approccio. Il fatto che dovessi disegnare personaggi che avevo creato graficamente mi ha portato ad essere più coinvolto nella storia, mi ha fatto sentire come se avessi voce in capitolo in essa, più che essere solo l’illustratore della visione di un altro. Questo è stato per me di immenso aiuto e ispirazione, e Tito lo ha reso possibile.

CUS: In generale, cosa sai dei fumetti italiani? Quali artisti e personaggi conosci, e cosa pensi della nostra “scuola di fumetto”?

DB:
Devo confessare di essere molto ignorante riguardo i fumetti italiani. Credo che la maggior parte dei lettori americani a cui piacciono i fumetti europei tendano a metterli tutti nella stessa categoria. Per anni ho pensato che il mio artista europeo preferito, Jordi Bernet, fosse italiano, ma recentemente ho scoperto che viene dalla Spagna. Ti dirò che per molti anni ho ammirato il lavoro di Serpieri, Mattotti, Manara e solo recentemente Barbucci. Veramente quando si parla dei tanti personaggi e degli artisti che li disegnano sono come un bambino smarrito nel bosco, ed è una delle ragioni per cui spero un giorno di partecipare alla convention di Lucca, per imparare più che posso.


































CUS: Che genere di differenze hai trovato tra il soggetto “all’italiana” di Tito Faraci e i soggetti “all’americana” con cui lavori di solito?

DB:
Faraci è stato in molti sensi più facile da assimilare. Va velocemente al punto, e non si perde troppo in descrizioni particolareggiate. Questo mi piace perché mi lascia libertà di interpretazione per raccontare la storia, e anche se ho sentito dire il contrario, Tito mi ha chiesto di cambiare poco o nulla nei miei disegni. Se devo paragonare il soggetto di Tito con quello di qualsiasi scrittore americano con cui ho lavorato o con i soggetti che ho scritto per un altro disegnatore, le differenze sono poche.

CUS: Cosa hai trovato di particolarmente difficoltoso nel soggetto? E cosa è stato un piacere inaspettato nel realizzarlo?

DB:
Ovviamente la sfida maggiore è stata la ricerca e il tentativo di apportare il giusto feeling del periodo. La sfida più grande adesso è vedere se sono stato capace di offrire qualcosa di valido ai lettori italiani su di un periodo storico che conoscono meglio di me, qualcosa con cui sono cresciuti. Spero davvero che risulti realistico a loro. Il piacere inaspettato è venuto dall’illustrare una storia così ricca visivamente che mi ha permesso di esplorare dei soggetti con cui non avevo avuto possibilità di farlo finora. Ho anche amato moltissimo il personaggio del Cacciatore di Teste. Mi sono davvero scatenato con le sue scene.

CUS: Nocturnals, GiantKiller, l’Ultima Battaglia e molte altre cose sono molto lontane dal genere supereroistico… sembra che forse tu stia cercando di tenerti lontano dal tipico genere dei comics USA… è un’impressione corretta?

DB:
Osservando la mia produzione si potrebbe pensare proprio così, ma ad essere onesti io sono cresciuto leggendo comics mainstream e amo l’idea di produrli – ma non è stata una mia idea quella di fare una storia in cui i membri della Justice League si trasformavano in mostri, fu il mio editor che mi spinse a fare quello che riteneva che il grande pubblico volesse da me, mentre a me sarebbe piaciuto fare anche una classica JLA. Mi piacciono i mostri? Certo. C’è qualcosa in me che sembra sempre distorcere o contaminare in qualche modo un’idea mainstream. Non lo faccio coscientemente, è solo che la mia personalità deve emergere, o mi annoierei a morte. Amo l’elemento fantastico nei comics perché è divertente da disegnare. Credo che ci sia molto da dire sul creare comics che possano essere divertenti e interessanti. Non sono sempre facili da fare. Seriamente, i comics realistici possono ottenere l’attenzione dei media e l’approvazione della critica, ma finchè non mi fanno viaggiare da qualche parte, non credo siano davvero comics.

CUS: In genere nei tuoi fumetti usi uno stile dark, puoi dirmi qualcosa riguardo allo stile che stai sviluppando per questo progetto?

DB:
Sento tanto parlare di questo stile “dark”. Vorrei davvero che qualcuno me lo spiegasse – voglio dire, non so se intendono effettivamente toni di colorazione oscuri o dark nel senso di atmosfera… in ogni caso, penso che mi piaccia semplicemente lavorare in questo modo. Sono d’accordo con Frazetta quando dice che bisogna esagerare la realtà, e che è eccitante dipingere qualcosa che nessuno ha mai visto. Sento davvero il bisogno di portare il mondo che c’è dentro di me nel mio lavoro. Non sto dicendo che tutto ciò che è in me sono angoli oscuri, e se guardi il mio lavoro scoprirai che è in effetti pieno di colori.
Per L’Ultima Battaglia ho semplicemente cercato di ritrarre il mondo del 52 A.C. nel modo in cui appariva nella mia mente dopo aver letto il soggetto di Tito. E questo mondo ha la luce del sole, nuvole, ombre ed alberi, cavalli, acqua, animali. Allo stesso tempo è una storia oscura con momenti terribili, ma non li racconto usando il nero, tutto rotea sempre intorno ai colori.
E’ mia convinzione che questa storia sarà una di quelle meglio accolte tra i miei lavori, semplicemente perché porta i lettori in un posto dove non si sarebbero mai aspettati di essere accompagnati dalla visualità della mia mente. E’ stato molto confortante scoprire che il mio collega ed amico, il grande artista Phil Noto, consideri il mio lavoro sull’Ultima Battaglia il suo preferito tra le mie produzioni. Ho sentito dire questo anche da diversi miei amici e dalla mia famiglia. E’ buffo, credo che finalmente vedano qualcosa nei miei lavori a cui possono rapportarsi.

CUS: Bè… quando parlo di stile “dark”, oltre alle ambientazioni generalmente Horror delle tue storie, intendo anche il tuo approccio “pesante” alla colorazione, con dei neri molto marcati… ma da quello che mi dici mi sembra di capire che questa scelta alle volte ti sia stata imposta dai tuoi editor, giusto?

DB:
Hmm. No, non direi questo. La maggior parte degli editori mi assumono perchè gli piace quello che faccio, e ad essere onesti, anche se a volte mi sento un po’ limitato dalle loro aspettative, non dipingo in alcun modo che non mi piaccia davvero, sai? Magari mi potrai dire tu se lo stile "dark" è prevalente sull'Ultima Battaglia, una volta che sarà uscita)

CUS: E proprio a proposito de “L’Ultima Battaglia”, sarà pubblicata, in diversi momenti, in tutto il mondo… che tipo di aspettative hai per questo lavoro?

DB:
E’ difficile avere aspettative perché non sono molto aggiornato riguardo a quali paesi, quando e perfino chi la pubblicherà nel mio paese. Immagino che avrà dei risultati eccellenti oppure no. La mia principale preoccupazione è quanto sarà ben accettata in Italia, Francia e negli U.S.A.

CUS: Sei uno dei principali pittori nel mondo dei comics... come mai hai compiuto una scelta così particolare? E come mai hai deciso di dipingere anche L’ultima Battaglia, un fumetto che, essendo destinato ad un pubblico molto vasto ed eterogeneo, avrebbe potuto consigliare un approccio più classico?

DB:
Perché dopo aver cercato per mesi di rifiutare ma di lavorare comunque per la Disney Italia, mi sono reso conto che illustrare questa storia sarebbe stata l’occasione di una vita. Ho pensato a Frank Miller, che ruppe gli schemi con Sin City, e poi li ruppe di nuovo con 300. Ho cercato di dare alla vita nei comics americani il sotto-genere giapponese di mostro gigante stile kaiju con GiantKiller, ma in realtà ero io che mi lasciavo andare ad uno scatenato fantasy sui mostri, era puro divertimento. L’Ultima Battaglia riguarda essenzialmente il crescere, lo sforzarsi e il mettersi alla prova. Potrebbe sembrare che ci sia voluto molto più lavoro di quanto sia stato necessario effettivamente, tutte quelle ricerche e quelle cose che ho fatto per la prima volta, ma è stata una gioia. In molti sensi mi sono sentito più libero lavorando a questo fumetto che a qualsiasi progetto su Batman. Sono stato abbastanza fortunato ad essere approdato nel passato, e anche se ci vuole molto più tempo per dipingere un generale Romano in ritiro che il Cavaliere Oscuro (è vero) mi sento come se avessi mostrato qualcosa di nuovo a tutti.
Sin da quando ho disegnato questi personaggi per la prima volta, sono stato catturato da loro. E volevo disegnarli ancora… ho persino dato dei nomi ad alcuni personaggi prima ancora che Tito li mettesse nella storia. Voglio dire, Tito gli aveva dato dei nomi, ma a me non importava, esistevano per me una volta che li avevo disegnati, e questo è stato quando ho cominciato a sentirmi davvero eccitato. Credo che questo eccitamento sia evidente nei disegni del fumetto.

CUS: Qual è il tuo prossimo progetto? Hai un tuo sogno personale da realizzare?

DB:
Il mio prossimo progetto è una storia che sto illustrando per la serie Escapist di Michael Chabon, pubblicata dalla Dark Horse. La storia richiede molta ricerca, questa volta su harem, sultani e leoni! Recentemente ho scoperto che in dicembre DC Direct farà uscire due action figures basate sulle mie versioni di Batman e Batgirl per un fumetto illustrato chiamato Thrillkiller (una specie di versione noir di Batman ambientata negli anni ’60). Riguardo al progetto dei miei sogni, sembra che stia per sviluppare una puntata pilot per la Disney TV Animation qui negli States. In mezzo a tutto questo, sto scrivendo una bozza per una storia di fantasmi ancora senza titolo. Ho gia fatto gli schizzi di tutti i personaggi, e per me sono gia “vivi”, quindi non vedo l’ora di raccontare le loro storie.

CUS: Cosa stai leggendo attualmente, se c'è qualcosa in particolare? E se non è niente di recente, segui il lavoro di qualche artista in particolare?

DB:
Veramente non mi tengo molto aggiornato con i comics, nel senso che non li leggo molto. Tendo a leggere romanzi, mistery e gialli sono i miei preferiti. Recentemente ho letto The Life of Pi, il romanzo di Yann Martel che ha vinto un Award, che mi è piaciuto molto. Attualmente sto leggendo Vernon God Little di DBC Pierre e Oryx and Crate di Margaret Atwood. Credo di leggere pochi comics in questo periodo perché preferisco essere ispirato da altre fonti, ma anche perché ha chiuso la fumetteria che avevo vicino casa mia e da allora non ho ancora stabilito un rapporto confortevole con un’altra. La fumetteria perfetta dovrebbe essere un luogo d’incontro dove i lettori si ritrovano per discutere delle novità e di ciò che esce di buono. Mi manca questo. Ma allo stesso tempo credo che potrei offrire un approccio più fresco con ciò che faccio senza immergermi nel lavoro dei miei pari. Detto questo, non mi stanco mai dell’ispirazione che traggo nel guardare il lavoro di colleghi e amici.

CUS: Desideri dire qualcosa ai tuoi lettori italiani?

DB:
Ero solito vantarmi di essere italiano – mia madre era una purosangue. I suoi genitori vennero negli USA dall’Abruzzo (il cognome della sua famiglia è “Zampa”). Sono orgoglioso delle mie radici ma ho saputo (non dai miei co-cospiratori della Disney, bada bene) che italiano per un quarto non è abbastanza! Non immagini quanto questo mi abbia lasciato deluso. Vorrei visitare presto il vostro paese, e spero che i lettori di “fumetti” (N.d.S: lo dice in italiano) si divertano con L’Ultima Battaglia.

































Stefano Perullo
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