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Intervista a Craig Thompson

Intervista a cura di Marco Rizzo, con l'imprescindibile aiuto di Omar Martini, che ringraziamo.

Come sei entrato nel mondo del fumetto?

Sono entrato nel settore facendo da me i miei “mini-comic”, albetti fotocopiati di 20 pagine circa, che inviavo ai distributori. Avevo 19-20 anni.
Entrai in contatto con un tizio di Portland, Oregon, che stava facendo un’antologia, a cui però non presi parte. Quando mi trasferii a Portland lo ricontattai. Ero solo, senza amici, e fu così che entrai in contatto con Brett Warnock, che stava fondando in quel periodo la Top Shelf. In quel periodo stavo lavorando su un nuovo fumetto, che poi sarebbe divenuto Goodbye Chunky Rice. Brett mi aveva visto al lavoro su Chunky Rice, e mi disse che se fossi stato in grado di farne un libro, lui sarebbe stato felice di pubblicarlo. Poco dopo si legò a Chris Staros, che è l’altro partner di Top Shelf Productions, che oggi è una grande società, a cui proposi la mia graphic novel. Nel posto giusto, al momento giusto, nella situazione giusta.

Sei stato un po’ fortunato, si può dire, hai trovato la persona giusta a cui proporre il tuo progetto.

Si, e credo che anche loro siano stati fortunati, perché Chunky Rice è stato un punto di partenza, per loro, siamo collegati nel modo giusto.

E adesso, che hai prodotto un best seller in Francia, in USA, e forse anche in Italia, sei spaventato? Credi che il passaggio tra essere uno sconosciuto ad uno che fa best seller, sia stato troppo veloce?

Ehm… Non penso che il successo mi abbia dato alla testa, quindi non sento troppa pressione… ma mi sento esausto. Sai, il viaggiare, la promozione, ti toglie via un sacco di energia, ed è un problema trovare il tempo per lavorare sul nuovo libro.
Ma non sento troppa pressione, anche se viaggio da 6 mesi, quasi 7 ormai…

…ormai sei come un grande musicista, allora, che quando finisce un disco parte per un tour promozionale, poi torna ad incidere, e poi di nuovo a promuovere il disco…

Già, è proprio un tour, ed adesso sarei pronto per tornare a casa e lavorare sul nuovo libro…

A proposito di questo successo, visto che Blankets è una formula che funziona, la tua prossima graphic novel sarà su questa falsariga, o come con Chunky Rice (molto più fantasioso, onirico, mentre Blankets è profondamente autobiografico) ci sarà netta differenza di atmosfere e stili?

Sarà totalmente diverso. Per ogni libro che faccio cerco di dare nuova freschezza in stile e contenuti. Stavolta si tratta di qualcosa di fantasy, una sorta di “Mille e una Notte”, in un’atmosfera arabeggiante con geni, cammelli, deserti etc…

E’ interessante che tu cerchi di metterti sempre in gioco per ogni nuovo libro, cerchi ogni volta di ricominciare daccapo.
Credi che l’edizione italiana di Blankets avrà lo stesso successo ottenuto negli altri paesi, o per quanto conosci il nostro mercato, potrebbero esserci maggiori difficoltà?


Davvero non saprei. Vedo che qui abbiamo venduto parecchie copie, ma non saprei quanto è indicativo. Non conosco bene il mercato italiano, ma mi rendo conto almeno che qui la maggior parte dei lettori è di sesso maschile, mentre in USA la metà dei miei lettori è composta da ragazze.

In USA negli ultimi anni c’è stato un attingere, da parte delle case editrici di fumetti popolari, ad autori provenienti dal mercato indipendente. Su tutti Brian Bendis. Tu sei mai stato contattato da loro, e ti sentiresti in grado di fare qualcosa per loro?

Mi hanno contattato, ma non credo che potrei lavorare con loro, perché non mi fornirebbero abbastanza libertà. Ogni volta rifiuto vari progetti mainstream, a volte mi limito a fare le copertine, come ho fatto con la Marvel.

E’ una questione di gusti? O non ti interessa lavorare su certi personaggi, con certi ritmi?

Si, non ho interesse a fare fumetti mainstream, preferisco realizzare la mia roba. Mi danno l’opportunità di lavorare sui miei progetti personali, e mi rendo conto delle differenze a livello economico, ma sento anche una forte lealtà nei confronti della Top Shelf, la casa editrice con cui ho iniziato, non vorrei lavorare con altri, al momento.

Domande classiche: influenze ed ispirazioni e progetti per il futuro, oltre allla tua nuova Graphic Novel.

Al momento sto lavorando su questo singolo progetto, mi piace essere “monogamo” in queste cose! [ride].
Tra le influenze, bisogna dire che sono totalmente autodidatta. Ho frequentato una scuola d’arte per soli sei mesi, poi non me lo sono potuto permettere e sono andato avanti con lavoretti vari. Ma ho come ispirazione registi come Wenders e Burton, l’illustratore giapponese Yoshima, i fumettisti Dylan Horrocks e Chester Brown, Joe Sacco e alcuni francesi come Sfar.

Conosci alcuni autori italiani?

Conosco Hugo Pratt, Manara, Igort, Gipi, ma non ho una grande conoscenza delle loro opere.

Omar Martini: Non è facile, poi, trovare il loro materiale in USA, vero?

Qualcosa è stato tradotto, specie di Manara, pochissimo degli altri, e comunque, reperirli non è facile.

Ringraziamo enormemente Craig per la gentilezza e la disponibilità, con un grosso in bocca al lupo per il suo futuro fumettistico e non!


Francesco Farru
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