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Arriva Mayapan - Intervista a Flavio Troisi

Intervista a cura di Massimo Brunelli


1)COMICUS: Accomodiamoci sulla nostra poltrona virtuale, sorseggiamo una bevanda sempre virtuale (che in questo caso offro volentieri ed in abbondanza) e cominciamo questo interrogatorio di terzo grado con un giovane autore che sta per proporre una nuova creazione al pubblico italiano.
Flavio, nostro gradito ospite, ci ha inoltre gentilmente fornito alcune splendide immagini della loro nuova creatura in anteprima . Flavio, benvenuto su ComicUs!
Cosa ci racconti di te?


Dal momento che questa è una conversazione via e-mail, ti rispondo che ora che ho preso a far scivolare le dita sulla tastiera del portatile, sento già il piacere diffuso che il solo gesto di battere i polpastrelli sui tasti sa darmi. Questo mi descrive già un pochino. Fuori fa un caldo soffocante, ma qui il condizionatore pompa deliziosa aria fresca nei pochi metri quadri che ho stipato dei miei libri, i fumetti, lo stereo e le idee bislacche che cerco di tenere vive scrivendo (e anche questo dovrebbe dare un idea del sottoscritto). Lo faccio da un bel po’ e tutte le mie scelte, professionali e personali, sono derivate da questa fissazione. Ho pubblicato qualcosina in passato: un manuale di giochi linguistici per bambini, un romanzo breve sotto pseudonimo (volevo avere una doppia identità come i supereroi) e dei racconti. Mi sono laureato con una tesi di sociologia sui supereoi americani, ho dato vita, insieme ai miei amici, alla rivista “Strane Storie”, che per due anni ha pubblicato narrativa breve di autori scoperti in tutta Italia e, per un numero, pure fumetti di giovani talenti.
Ho trentadue anni, adoro il rock (specie se duro) e sto cercando di diventare una persona migliore, o perlomeno un po’ più gentile.
E parlare di me mi imbarazza un po’.

2) Tra te e il disegnatore della serie Joseph Vig, oltre ad una collaborazione professionale, è nata una bella amicizia; come si incontrano 2 autori e, soprattutto, come si crea un fumetto tra amici? Da un punto di vista propriamente creativo, come ci si organizza?

Sì, Joseph è un amico, ma quando si tratta di Mayapan ti confesso che il rispetto professionale e l’ammirazione per il suo talento prevalgono su qualsiasi altra considerazione. Se anche lo odiassi, il suo lavoro mi lascerebbe comunque a bocca aperta. Come la prima volta che ebbi occasione di vedere i suoi disegni a colori. Era il natale del 1999. All’epoca raggranellavo qualche spicciolo facendo il correttore di bozze per un editore di scolastica torinese. Ero alle prese con un’edizione della Divina Commedia (correggevo le note, non Dante!) e per riprendere fiato feci un salto nella fumetteria di Vittorio Pavesio, l’editore, che conoscevo da almeno sei anni, per fargli gli auguri. Stava confabulando con un ragazzo che reggeva una cartellina da disegnatore. Vittorio disse: “Forse non sei qui per caso. Ti presento Joseph. Sta cercando qualcuno che gli scriva una sceneggiatura. Perché non scambiate quattro chiacchiere?”
Dopo quasi quattro anni, in cui la mia vita è cambiata radicalmente una cinquantina di volte, sta per essere pubblicato il frutto di quelle prime chiacchiere fra estranei. Il che dimostra che due cose non ci mancano: tenacia e intesa artistica. In loro assenza, a quest’ora saremmo altrove. Di sicuro condividere svariati principi ci ha aiutato.
La gestazione di Mayapan è stata tutta particolare. Abbiamo cominciato parlando delle esigenze di Joseph, del genere di storia che gli sarebbe piaciuto disegnare. Mi ha fornito alcune fotocopie di opere che ammirava, per darmi un’idea. Da lì ho iniziato a lambiccarmi, da solo e con lui. Per mesi e mesi ci siamo incontrati in una fumosa birreria sino-cubana (si chiamava “Cubana” ma era gestita da cinesi) alla quale abbiamo finito per affezionarci, discutendo un’idea dietro l’altra. Abbiamo seguito un metodo di lavoro a dir poco impervio. La mia prima stesura di Mayapan è stata un romanzo: prosa vera e propria. Discontinua, pensata per un solo lettore, ma pur sempre prosa. Ne sono venute fuori cento pagine dattiloscritte. Al loro interno c’era tutto: scene descrittive, riflessioni dei personaggi, inutili digressioni sull’ambientazione… un mattone, insomma. Joseph, bontà sua, lo apprezzava molto. Eravamo d’accordo di procedere come se avessimo dovuto girare un film. Ci serviva uno script da cui cominciare, in cui non ci fosse solo la storia nuda e cruda, ma l’insieme delle suggestioni che danno a un intreccio il suo “sapore” caratteristico, una impronta di stile.
Su tutto questo la scansione in vignette sarebbe stata costruita in seguito, insieme alle scenografie, ai costumi, al “cast”, alla “fotografia”, un lavoro condotto insieme, ma del quale, ovviamente, Joseph è stato l’artefice. Io mi sono limitato a dare il mio punto di vista e mi piace pensare che affiori in ogni tavola, dal momento che ogni tavola è stata approvata da entrambi..
Nel frattempo continuavo a riscrivere, cesellare, rifinire i testi. A cercare il respiro della storia.

3)Negli ultimi tempi c'e' un grande impegno da parte della Fantasy Factory nel proporre materiale autoctono di grande qualità anche in Francia. Molti autori italiani di talento hanno ottenuto una notevole fiducia, pensate che questo porterà ad un cambiamento anche in Italia nel mondo di intendere il fumetto propriamente detto "alla francese"?

Da meno di un anno collaboro con la Pavesio nella gestione dei nuovi progetti editoriali, quindi ti rispondo dall’interno con un solenne… non lo so. Secondo me ci vuole un cambiamento di ottica da parte degli editori, ma sarebbe semplicistico dimenticare il fattore economico. Gli autori non hanno solo bisogno di fiducia (che comunque ci vuole) ma anche di un anticipo tale da consentire di lavorare al meglio sui propri progetti. Non sempre c’è la disponibilità economica. Secondo me c’è anche bisogno di qualcuno che segua attentamente il lavoro degli sceneggiatori e dei disegnatori, che lo analizzi freddamente e magari suggerisca delle correzioni di rotta, rispettando il punto di vista degli autori. Spesso l’autore è abbandonato a se stesso, produce tavole che alla fine l’editore decide se comprare o respingere. Ma i progetti vanno coltivati, incoraggiati, seguiti da vicino, non solo visionati a cose fatte!
Secondo me sarebbe utile un vero e proprio laboratorio di menti fertili, uno scambio di idee, una rete di creativi che si spalleggino. Come responsabile redazionale, è quello che mi piacerebbe costruire con la Fantasy Factory della Vittorio Pavesio Productions. Le premesse ci sono, e ci si sta lavorando.


4) Cosa potete svelarci di questo misterioso Mayapan?

Mayapan è una città stato, la Città con la maiuscola. I grattacieli forano il cielo. Ai piani alti non si odono i lamenti del popolo soggiogato, che vive dimenticato nei quartieri bassi. Mayapan è intrisa di una religiosità cupa e complessa, quella del popolo maya. Intercettori militari solcano il cielo rosso sangue, inquisitori guerrieri chiamati tupil mantengono l’ordine con il terrore e con grossi fucili automatici. Ma tutto questo è giustificato, è la volontà divina.
Qualcuno però sembra non essere d’accordo. Il Sole Invisibile sta per sorgere.
Al centro di tutto Leah Nantze, un ufficiale tupil devota all’ordine costituito. E poi un bambino scomparso, e una creatura… soprannaturale. Forse.

5) Flavio, pensi che ci sia ancora qualcosa di nuovo da scrivere o che ormai, come sembra, sia tutta solo una questione di come si scrive?Le idee originali sono state gia sfruttate o c'e' ancora qualche argomento che non è stato toccato dal fumetto?

Gli argomenti sono innumerevoli, gli intrecci per quanto ne so una quarantina. La combinazione fra argomenti e intrecci dovrebbe bastare fino all’estinzione del genere umano. Però come lettore e nel raccontare una storia non cerco l’idea originale a tutti i costi. Quando una storia mi emoziona è per la sensibilità che ne trapela, o per l’ingegnosità. In ogni storia mi piacerebbe che ci fossero diversi piani di lettura: l’intreccio è il primo e deve reggere, scorrere. Ma quanto è bello accorgersi che sotto l’intreccio c’è un’idea, un punto di vista… una persona. Senza contare che spesso sono i personaggi a fare la differenza. I migliori scrittori, e non parlo solo di fumetti, sono quelli che sanno raccontare i personaggi, che li fanno risaltare anche a dispetto dei soliti, vecchi, sacri impianti narrativi.


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Fausto Ruffolo
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