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Alfredo Goffredi

Alfredo Goffredi

Faccia a faccia con Craig Thompson

Craig Thompson

Dall'11 al 13 ottobre 2010 ha avuto luogo, all'Atlantic Center for the Artists di New Smyrna Beach, Florida, la prima residency incentrata sul fumetto.

I tre autori chiamati a tenere i master sono stati Paul Pope, Svetlana Chmakova e Craig Thompson, ognuno alla testa di una classe di otto associate artists (come vengono indicati dal programma ACA).

Proprio per il master tenuto da Craig Thompson è stata selezionata una giovane autrice italiana, Cecilia Latella, la cui presenza ci ha aperto una finestra sulla possibilità di intervistare di persona uno dei più importanti graphic novelist. Un'occasione d'oro, specialmente considerando che Thompson aveva da poco terminato la stesura di Habibi, opera alla quale l'autore si è dedicato dopo la stesura del celeberrimo Blankets

Cogliendo l'occasione di avere un contatto nel Nuovo Mondo, Comicus ha chiesto e ottenuto di poter intervistare in esclusiva l'autore che, grazie a Cecilia, è stato raggiunto ed ha risposto alle nostre domande.

Buona lettura!

 

Intervista a cura di Alfredo Goffredi, Carlo Alberto Montori e Cris Tridello.
Si ringrazia Cecilia Latella per la realizzazione dell'intervista.

 

Ciao Craig, benvenuto su Comicus!
Finalmente Habibi è prossimo alla pubblicazione, come ti senti? Puoi dirci qualcosa della storia che andremo a leggere? Questa volta hai deciso di ritrarre l'Islam, così come in Blankets ti sei relazionato con il Cristianesimo, e quindi sembra che il forte dualismo amore-spiritualità di Blankets ritorni nelle pagine di Habibi. È così? Che importanza rivestono nelle tue storie?

Habibi non è un ritratto dell’Islam, anche se alcuni lo hanno definito così. Voglio esplorare le tre religioni del libro e c’è una storia d’amore, ma è più cupa di quella di Blankets. Blankets era una storia d’amore nell’età dell’innocenza, Habibi è una storia d’amore in mezzo ad uno scenario apocalittico.

Good bye, Chunky Rice è considerata una storia semi-autobiografica e Blankets è invece autobiografica. C'è qualche elemento autobiografico - magari camuffato - anche in Habibi?

Sì. Habibi è un’esplorazione della siccità, siccità ambientale, siccità creativa, e siccità sessuale.

HabibiChe tipo di ricerche hai effettuato per ritrarre gli aspetti del mondo arabo che ha messo in Habibi? Hai anche viaggiato per raccogliere materiale sul posto?

Non è un lavoro documentaristico, è un mondo composito.

Tu sei un americano che ha scritto del mondo arabo. Cosa pensi dell'attuale situazione che ruota attorno ai fatti e alle conseguenze dell'11 Settembre? E come questo ha influenzato la tua idea e la tua visione di Habibi?

Il mio desiderio è stato quello di umanizzare l’Islam mentre era vilipeso dai media. Inoltre ero affascinato dalla calligrafia, dai motivi geometrici, dalla fede.

In Carnet di viaggio hai raccontato, attraverso i disegni sul tuo taccuino, un viaggio per diversi posti del mondo. Sicuramente, chiusi nel tuo cassetto, esistono molti altri "carnet di viaggio"; pensi che prima o poi qualcuno di questi raggiungerà gli scaffali? Se così non fosse, cosa rendeva diverso da tutti gli altri "quel" diario di viaggio che si è guadagnato la pubblicazione?

Carnet è stata l’unica volta in cui ho tenuto un diario lineare; gli altri taccuini sono troppo caotici per essere pubblicabili.

Habibi esce a ben sette anni di distanza dal tuo precedente graphic novel, Blankets, che tra l'altro ha avuto un enorme successo mondiale di pubblico e critica. Hai sentito pressione durante questa lunga lavorazione? Il fatto di non aver presentato nulla in questi anni al pubblico (magari con una serializzazione dell'opera) ma presentando l'intero tomo di 700 pagine in una volta sola ti ha reso più dubbioso in merito durante tutto questo tempo?

Alcuni dei miei editori hanno detto che stavo commettendo un suicidio professionale. Ma in realtà ho trionfato su veri desideri di suicidio, se mi spiego: dopo Blankets ero pronto a smettere del tutto di disegnare fumetti. Dopo Blankets ho avuto problemi fisici, problemi con le case editrici, e una pesante ricaduta personale.

Se dovessi dire una sola cosa, la più importante per te, che vuoi trasmettere ai tuoi lettori con Habibi, quale sarebbe?

È un libro a proposito di due personaggi che hanno subito dei danni sessuali (sexually damaged characters) e l’interrogativo è se riusciranno a collegarsi davvero l’uno con l’altro.

Blankets è stato tradotto in 14 lingue e ha raggiunto tirature molto alte. Com'è sapere che tutta questa gente ha passato parte del proprio tempo leggendo di momenti specifici (alcuni anche molto personali) della tua vita? Ti aspettavi un successo simile?Blankets

È un onore per me e no, non mi aspettavo questo successo. Lavoravo in un limbo e pensavo che duemila persone al massimo avrebbero letto il libro, e che, pur leggendolo, non si sarebbero identificate con la mia crescita segregata. D’altro canto, i temi sono universali e questo suscita una risposta da parte dei miei lettori.

Tradurre una parte della propria vita a fumetti si configura come una sfida in cui dover gestire difficoltà, omissioni, realtà e finzione, sintesi grafica e narrativa. Quanto è stato difficile? Quanto sei riuscito ad essere totalmente sincero in quello che hai raccontato e quanto sei riuscito a farlo serenamente?

Per Blankets parlerei soprattutto di omissioni. Quando si racconta una storia c’è bisogno di lasciare da parte alcuni dei dettagli più interessanti per ottenere una narrazione chiara e per mettere in ordine qualcosa che in origine era caotico.

A fare da sfondo alla storia con Raina troviamo la storia del tuo progressivo allontanamento dalle tue radici (il Wisconsin, la famiglia, il Cristianesimo), che ti ha portato ad essere il Craig Thompson che insegue il proprio sogno di disegnare e che, in un momento della sua vita, sceglierà di disegnare Blankets. Possiamo quindi dire che, tra le altre cose, Blankets è la storia di quello che ti ha portato a scrivere Blankets?

Certo, è un oggetto fisico che spero possa suscitare lo stesso senso di passione e tenerezza della vera coperta cucita da Raina.

Cosa leggi attualmente, restando nell'ambito fumettistico? Quali autori ti interessano di più?

Kevin Huizenga, Joe Sacco, Gabrielle Bell.

A questo proposito, ci indichi un nome di un autore, anche del passato, che ti influenzato molto nel tuo lavoro?

Il piccolo Christian di Blutch.

Attualmente hai dei piani per una nuova storia o pensi di prenderti una pausa?

Sto per iniziare un graphic novel per tutte le età, in modo che anche i bambini possano leggerlo, e parlerà di astronavi.

Senza sangue: Faraci e Ripoli rileggono Baricco

Senza Sangue, coverDa poco sugli scaffali di librerie e fumetterie, Senza sangue segna il ritorno di Tito Faraci su un testo di Alessando Baricco.

Pubblicato da Edizioni BD, Senza sangue nasce dall'omonimo romanzo breve, una storia di rancori presenti e passati immersa in un setting privo di riferimenti, tra il western e l'urbano.

A più di un anno dalla loro prima collaborazione (La Vera storia di Novecento), Tito Faraci e Alessandro Baricco tornano ad incrociare le firme su un nuovo adattamento a fumetti. Alle matite troviamo Francesco Ripoli, autore a cavallo tra accademia e sperimentazione, già visto in azione sulle pagine di Ilaria Alpi - Il prezzo della verità e 1890, che lo ha visto per la prima volta come autore unico.

Abbiamo scelto così di contattare Tito Faraci e Francesco Ripoli per scambiare due parole su questa esperienza. Oltre alle interviste, che trovate di seguito, vi proponiamo inoltre la recensione del volume.

Buona lettura!

 

Tito Faraci
 

Ciao Tito, bentornato su Comicus.
Com'è nata l'idea di un adattamento di "Senza sangue"?

Finita la straordinaria esperienza della Vera storia di Novecento, mi è rimasta la voglia di fare qualcosa con Alessandro Baricco. Qualcosa di nuovo, ma ancora basato su una sua opera. Devo dire che a "Senza sangue" avevo già pensato. Mi sembrava una storia piena di stimoli anche visivi.

Tradurre a fumetti un romanzo richiede necessariamente tutta una serie di scelte e tagli. Come ti sei mosso per Senza sangue?

Con molta libertà, incitato da Alessandro stesso. Ho rispettato la storia, nel suo senso e nella sua sostanza, ma ho aggiunto e modificato sequenze. Tant’è che ci sono intere tavole senza una parola, laddove, ovviamente, nel romanzo c’erano soltanto parole.

senzasangue85A tal proposito, nel dialogo finale tra i protagonisti c'è una lunga parte del discorso che ruota attorno al senso - se così si può dire - della guerra, sulle scelte difficili che impone e su come in tempo di guerra i confini tra giusto e sbagliato si facciano piuttosto labili, di fronte a cause o ideali. Nel vostro fumetto quella parte è riassunta da una singola tavola (pagina 85) che ne è l'estrema sintesi, in cui brandelli sparsi di quella conversazione vengono immersi in un'unica immagine dal respiro metafisico e dal forte impatto. Puoi parlarci di questa scelta di adattamento e della nascita di questa tavola in particolare?

Mi è venuta in mente di colpo, mentre ero seduto sul divano. È stata davvero una… visione. “Ci siamo, accidenti!”. Ho immediatamente telefonato a Francesco Ripoli, che ha approvato con entusiasmo. E la scelta di deformare il pavimento è stata sua.

Cosa pensi possa aggiungere il vostro fumetto rispetto al romanzo di Baricco?

Non aggiunge, non toglie. È un’operazione analoga a quella di realizzare un film tratto da un libro. Diventano due cose indipendenti.

Durante la lavorazione ti sei in qualche modo confrontato direttamente con Alessandro Baricco sulla storia e la sua trasposizione?

Sì, parecchie volte. Ne abbiamo parlato a lungo.

Questo è il secondo testo di Alessandro Baricco che scegli di trasformare in un fumetto. Il motivo è per caso da ricercarsi nello stile secco e limpido di uno scrittore fortemente immaginifico o, al di là di quello che può essere il gusto personale, ci sono altri motivi?

Alessandro è un amico, un autore che stimo molto. Sento, sentiamo qualcosa che ci lega. Diciamo che mi risulta semplice calarmi nelle sue storie. Per quanto riguarda "Senza sangue", poi, soprattutto la prima parte sembrava chiedermi di essere sceneggiata. E poi Alessandro è un grosso e appassionato lettore di fumetti. Immagino che c’entri anche questo.

A cosa stai lavorando, ora?

Tex, soprattutto. Poi Brad Barron, Diabolik, Topolino, e un paio di cose che non posso ancora dire. 

Francesco Ripoli

Senza_Sangue_53Ciao Francesco, e bentornato su Comicus. Come nasce questa collaborazione con Tito Faraci su un testo di Alessandro Baricco?

Nasce da un’idea di Tito Faraci e Alessandro Baricco che avevano già lavorato insieme in La vera storia di Novecento per i disegni di Giorgio Cavazzano. Immagino che la scelta di "Senza sangue" sia dovuta al fatto che il romanzo stesso si prestasse in particolar modo ad una trasposizione a fumetti, oltre al fatto che è uno dei lavori di Baricco più amati nei molti Paesi in cui è tradotto.

Cosa hai pensato quando ti è stato proposto?

Naturalmente il fatto che la scelta di Faraci e Marco Schiavone sia caduta su di me mi ha molto lusingato. Ho pensato che fare un lavoro all’altezza dei nomi con cui mi confrontavo non sarebbe stato facile. Ma ho pensato anche che fosse l’occasione che stavo aspettando.

Conoscevi il romanzo di Baricco o comunque l'hai letto prima di iniziare a lavorarci o ti sei affidato esclusivamente alla sceneggiatura di Tito Faraci?

Non conoscevo “Senza sangue”. L’ho letto in attesa della sceneggiatura. L’ho fatto per avere una mia impressione sulla storia, sapevo sarebbe stato indispensabile per il lavoro che mi attendeva. Inoltre mi ha dato la possibilità di avere una visione personale della storia ed è proprio dal confronto della mia visione con quella di Faraci che sono arrivate le soluzioni più difficili da trovare.

Leggendo il romanzo di Baricco si può notare che alcuni passaggi chiave poggiano su atmosfere e sensazioni. Com'è stato tradurre tutto questo in immagini?

In un fumetto realistico ci si confronta con personaggi ed ambienti verosimili, non era semplice. Si è giocato tutto sulle espressioni facciali e la gestualità dei personaggi che non volevo affatto fossero troppo enfatizzati o teatrali, proprio per coerenza col registro realistico di cui sopra.

Ilaria Alpi. Il prezzo della verità e 1890 sono entrambi ambientati in luoghi e momenti storici precisi. Com'è stato trovarsi di fronte ad una storia che sembra sospesa nello spazio e nel tempo?

Devo dire che rispetto ai lavori che hai citato, in questo caso mi sono sentito più libero di inventare, miscelando le conoscenze alla memoria, senza essere vincolato ad una documentazione precisa. Per esempio per quanto riguarda le ambientazioni e le architetture “latine” mi sono ispirato ai ricordi e alle suggestioni legati al mio lungo soggiorno in Andalusia.

Senza_Sangue_61Il tuo esordio come autore di fumetto arriva dopo diversi anni in cui ti sei dedicato alla pittura. Cosa ti ha convinto a fare questo passo?

La passione per il disegno, la curiosità e anche la scommessa con me stesso che lo potevo fare. Oltre al fatto che il fumetto come il cinema permette di raccontare delle storie.

Dei tuoi lavori 1890 sembra quello in cui hai osato maggiormente a livello grafico, non solo per le soluzioni puramente artistiche (come le variazioni nell'inchiostrazione e nello sfumato che talvolta scompare, o ancora le variazioni del livello di dettaglio delle figure a seconda delle situazioni) ma anche per le scelte operate in fatto di costruzione della tavola, montaggio e taglio dell'immagine. Ti senti vincolato a lavorare su una storia scritta da altri?

In 1890 era pura sperimentazione, era il primo tentativo di fare fumetti ed è stata la palestra in cui ho allenato il me fumettista. Lì ho fatto pratica di sceneggiatura, di regia, di pennarelli e di un sacco di altre cose. Ogni passo era nuovo, come spesso le soluzioni grafiche che scovavo estemporaneamente. Se in quel caso non dovevo aspettare l’ok di nessuno, e quando andava bene a me, andava bene e basta, lavorare con uno sceneggiatore ha imposto dei limiti, a volte abbiamo dovuto mediare. È stato il lavoro di due persone e il mix di due visioni della storia. Quindi sì, mi sono sentito vincolato ma allo stesso tempo anche rassicurato dal lavoro di Faraci e dalla qualità della storia che andavamo a raccontare.

Resta comunque il fatto che i lavori da te realizzati sono tutti realizzati in modo differente. Quali motivi stanno alla base di queste scelte artistiche?

Cambiare tecnica ogni volta mi dà la possibilità di non dover affrontare il già fatto e di evitare la noia della ripetitività. Sono molto più interessato alla sperimentazione, all’improvvisazione, all’invenzione e al caso, nei quali credo risieda la spinta ad ogni mio progresso. Trovo divertente sondare le peculiari possibilità espressive dei vari strumenti e cercarne i limiti. Utilizzare uno strumento di cui dovevo ancora avere piena consapevolezza espressiva tiene costantemente e ha tenuto accesa la mia curiosità.

Nel tuo futuro imminente vedi più probabile una collaborazione con un altro autore o un secondo lavoro solista?

Mi piacerebbe fare un'altra storia da solo e in realtà ci sto pensando, ma ci penso così lentamente che credo arriverà prima la sceneggiatura di qualcun’altro.

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