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Presidente Lex, recensione: la presa del potere da parte di Lex Luthor

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Durante la prima parte degli anni ’90 le testate dedicate a Superman conoscono un clamoroso successo di vendite innescato dall’interesse per l’evento della “Morte” del personaggio datata 1992 che non riguarda solo la stampa di settore ma attraversa anche i media generalisti. Il prosieguo della saga, col mistero dei “quattro sostituti” dell’Uomo d’Acciaio e col sospirato ma prevedibile ritorno di quest’ultimo tengono i lettori incollati alla poltrona per un altro anno. La qualità degli albi dell’Uomo d’Acciaio si mantiene su ottimi livelli negli anni a seguire grazie al lavoro di un team consolidato guidato da Dan Jurgens, l’autore del fatidico albo della “Morte”, e formato da eccellenti professionisti come Roger Stern, Jerry Ordway, Karl Kesel, Tom Grummett, David Michelinie, Tom Grummett, Louise Simonson, Jon Bogdanove e Stuart Immonen.

Sul finire degli anni ’90 però le collane di Superman perdono però del tutto la spinta propulsiva di cui avevano goduto all’inizio del decennio, vuoi per un’insistenza su saghe evento che non raccolgono più il favore dei lettori, tipo la fase “Superman Rosso/Superman Blu”, vuoi per uno scarso ricambio di autori che, dopo anni passati sulle testate del personaggio, sembrano essersi ormai giocati le loro carte migliori. Quando qualche avvicendamento creativo si concretizza, la scelta è molto conservativa: si pensi a Ron Frenz, penciler designato per affiancare Dan Jurgens su Superman a metà anni ‘90, artista dotato di un piacevolissimo stile classico che omaggia i tempi di Jack Kirby e John Buscema ma che di certo non incarna lo zeitgeist dei tempi che corrono. Man mano che ci si avvicina al cambio di millennio, si avverte la necessità di team creativi più in sintonia con i gusti del pubblico. Esigenza che viene raccolta dall’editor delle super-testate Eddie Berganza. Nel dicembre del ’99, un attimo prima del fatidico Y2K, le collane dedicate a Superman vennero interessate da un cambio totale di team creativi che portarono, in particolare, due beniamini dei lettori di comics su Superman: Jeph Loeb e Ed McGuinness.

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Loeb ha iniziato la sua carriera come sceneggiatore di pellicole tipicamente anni ’80 come Teen Wolf e Commando, salvo poi costruirsi una reputazione nel fumetto durante gli anni ’90 come autore di grande prestigio, soprattutto grazie alle collaborazioni con Tim Sale in Batman: The Long Halloween e Superman For All Seasons. McGuinness è esploso su Deadpool in casa Marvel ed è uno dei principali alfieri del nuovo filone degli artisti statunitensi che guardano al fumetto orientale come loro punto di riferimento stilistico. Il loro arrivo sulla principale testata dell’Azzurrone è sinonimo di una forte discontinuità col passato e colloca di nuovo Superman in testa alla lista delle testate da seguire e alle preferenze di una rivista come Wizard che in quegli anni è considerata la “bibbia” del settore. Tra crossover spettacolari come Our Worlds at War e la reintroduzione di elementi tipici della mitologia del personaggio risalenti alla Silver Age e che erano stati cancellati dal reboot di John Byrne datato 1986, il duo realizza un ciclo avvincente che ha il suo climax nella clamorosa elezione di Lex Luthor alla Presidenza degli Stati Uniti d’America. Il nuovo millennio si apriva infatti in America con la sfida per la Casa Bianca tra Al Gore e George W. Bush, poi vinta da quest’ultimo, e la DC decise di trasferire sulle proprie collane questa atmosfera elettorale. All’epoca i lettori dovettero fare ricorso ad una buona dose di sospensione dell’incredulità ma, con il senno di poi, possiamo dire che la cronaca degli ultimi anni ha raccontato cose ancora più sorprendenti della possibile elezione di un villain come Lex Luthor alla carica più alta della più grande democrazia dell’Occidente.

La saga President Luthor si snodò tra il 2000 e il 2001 su tutte le collane dedicate a Superman e su alcuni speciali come Superman: Lex 2000. Ma come si arrivò ad uno sviluppo narrativo del genere? La candidatura di Luthor prese le mosse da No Man’s Land, saga di fine millennio che si snodò sulle testate di Batman e che vide gli sforzi del Cavaliere Oscuro e dei suoi alleati per ricostruire una Gotham City devastata da un terremoto pochi anni prima nell’evento Cataclysm. In Terra di Nessuno Lex Luthor gioca un ruolo chiave, finanziando la ricostruzione di Gotham, cosa che aumenta esponenzialmente il suo prestigio agli occhi della nazione. Si tratta dello step finale di un’evoluzione del personaggio cominciato con il già citato rilancio “post – Crisi” di John Byrne, col quale il grande autore anglo-canadese aveva dato una versione definitiva del personaggio, centrando lo spirito dell’epoca. Il Luthor dei tempi moderni non è più il pittoresco villain della Silver Age, ma uno spietato capitalista alla Gordon Gekko che dietro un’apparenza di rispettabilità e di membro dell’élite finanziaria di Metropolis conduce losche attività criminali. Sfruttando abilmente i media, indispensabili per avere consenso nel mondo moderno, Luthor costruisce prima la sua candidatura e poi la sua vittoria.

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Raccolta da Panini Comics in un voluminoso cartonato della sua linea “DC Eventi”, Presidente Lex in realtà non è strutturato come un classico evento dei comics americani, con una miniserie portante e i vari tie-in, ma come una lunga storyline che attraversa le collane di Superman del periodo, impossibile da raccogliere in un volume unico. La collana più rappresentata è senza dubbio la Superman di Loeb & McGuinness, che riveste il ruolo di spina dorsale della vicenda, mentre dalle altre collane vengono proposti solo estratti o storie brevi. Questo contribuisce e rendere la narrazione frammentata e eccessivamente disomogenea dal punto di vista stilistico. La piena comprensione della vicenda paga l’assenza di appendici testuali che sarebbero state necessarie per fare da ponte esplicativo tra i vari estratti.

La parte del leone, come dicevamo, la fanno le superstar Loeb e McGuinness con una storia i tre parti che vede il coinvolgimento di Atlantide e del suo Re, Aquaman, che cadono nella tela di un intrigo ordito da Luthor stesso. Una provocazione costruita ad arte per causare un’inondazione di Metropolis a cui porrà rimedio lo stesso Luthor, guadagnando ulteriori punti per la sua corsa presidenziale. Il piatto forte di queste pagine sono le tavole di un Ed McGuinness ancora acerbo ma già spettacolare, capace di scatenarsi in straordinarie splash-page che sembrano nascere dall’incontro tra Jack Kirby e i manga. Uno stile bombastico, esagerato, che in seguito l’artista avrebbe affinato, ma che queste pagine testimoniano con tutta la sua esplosiva presenza. Un importante squillo del volume è costituito da Superman 165, albo ad atmosfera natalizia dove un Superman ancora stordito dall’elezione a presidente di Luthor fa visita ai suoi colleghi della Justice League per portar loro un regalo di Natale e ricevere conforto. Si tratta di un’occasione speciale per permettere ad alcuni dei migliori artisti dell’epoca, sapientemente coinvolti dall’amico Loeb, per disegnare Superman e i suoi amici. Partecipano alla festa artisti che, ai tempi, nessuno avrebbe mai immaginato di vedere su un albo regolare DC, come l’allora beniamino del pubblico Joe Madureira, il co-fondatore della Image Rob Liefeld, il grande Arthur Adams, e poi star di ritorno e altre che sarebbero diventate presenze abituali come Humberto Ramos, il compianto Mike Wieringo e Ian Churchill.

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Una vera chicca chiude il volume, seppur slegata dalla vicenda presidenziale. Lex Luthor: The Unauthorized Biography, è uno speciale datato 1989 che approfondisce la versione moderna di Luthor concepita da John Byrne pochi anni prima. Uno scrittore alcolizzato, squattrinato e senza ispirazione, in cerca di un anticipo, promette al suo editore un manoscritto succulento: una biografia sul controverso uomo d’affari Lex Luthor e l’origine della sua fortuna. Non immagina che sta per infilarsi in una strada senza uscita, costellata di violenza. Un noir di pregevolissima fattura, apparso per la prima volta in Italia in appendice a Corto Maltese della Rizzoli, scritto con mestiere da James D. Hudnall (Alpha Flight) per le matite classiche e cariche di atmosfera hard-boiled del compianto Eduardo Barreto.
Presidente Lex si presenta quindi come un volume ricco di acuti ma anche di momenti modesti e trascurabili, che ne inficiano la qualità complessiva.
La vicenda presidenziale di Luthor verrà risolta pochi anni dopo dagli stessi Loeb & McGuinness nella loro successiva collaborazione di enorme successo, la collana Superman/Batman, ma questa è un’altra storia.

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Panini Comics presenta Darkwing Duck - The Duck Knight Returns

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Riceviamo e pubblichiamo:

Dopo il grande successo del reboot della serie animata, arriva una grande novità per tutti i fan del Doppia D: Darkwing Duck - The Duck Knight Returns, volume unico che raccoglie le avventure apparse per la prima volta in Italia ne Il Club dei supereroi è già disponibile in edicola, fumetteria e su Panini.it.

In The Duck Knight Returns, Darkwing Duck è solo un “ricordo lontano”, da quando la tecnologia della Quackwerks Corporation ha assicurato la sicurezza a tutta la città di St.Canard. Ora, Drake Mallard (alter-ego civile del supereroe) non è altro che un impiegato d’azienda, costretto ad una vita noiosa e poco stimolante. La sua routine triste e frustrante viene spezzata quando il giovane Tonnaso Parapiglia, vicino di casa dei Mallard, viene arrestato dai Crimebot della Quackwerks, portando infine al ritorno del vigilante di St. Canard.

Grande esponente della storia dell’animazione televisiva, Darkwing Duck ha debuttato sui teleschermi americani, per la prima volta, il 6 settembre 1991 all’interno del contenitore The Disney Afternoon. Nel corso dei decenni è stato titolare di diverse iniziative a fumetti: tra queste, il primo entusiasmante capitolo The Duck Knight Return. Darkwing Duck – The Duck Knight Returns è una scoppiettante e nostalgica avventura scritta da Ian Brill, disegnata dal magistrale James Silvani e colorata da Andrew Dalhouse.

Una lettura da non perdere, per apprezzare fino in fondo le nuove gesta di Doppia D.

Dagli addosso Duck!

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Prezzo € 11,50
Pagine 96
Formato 17x24cm
Rilegatura Cartonato
Interni A colori
Distribuzione edicola, fumetteria e online

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Torna Chainsaw Man di Tatsuki Fujimoto

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Riceviamo e pubblichiamo:

"CHAINSAW MAN

INZIA UNA NUOVA ENTUSIASMANTE STAGIONE A FUMETTI PER L’ICONICO MANGA DI TATSUKI FUJIMOTO"

L’attesa è finita: è finalmente arrivata la nuova stagione a fumetti di Chainsaw Man, la serie di culto scritta e disegnata da Tatsuki Fujimoto che ha ispirato anche l’anime presente su Crunchyroll. Il numero 12, disponibile anche in una preziosa versione con cover variant (solo fumetteria e sito), sarà disponibile dal 20 aprile in edicola, fumetteria, libreria e su Panini.it.

I miracoli a volte sono annunciati dal rombo assordante di una motosega! In un mondo simile al nostro popolato da entità demoniache dai poteri e dalle forme più disparati, Denji – senza famiglia e senza futuro – è un devil hunter per necessità. Il suo unico amico è il cane-motosega Pochita, un demone che, davanti a un’altra crudele beffa del fato, cambierà per sempre la vita del suo padrone… Ora il diavolo-motosega, detestato dai suoi simili e paladino degli esseri umani, è sulla bocca di tutti e anche la vita di Asa Mitaka, studentessa solitaria e schiva, verrà improvvisamente stravolta. Una nuova minaccia sembra incombere, ma… che fine ha fatto Chainsaw Man?!

Per i lettori che non hanno ancora scoperto l’universo di Chainsaw Man, Panini Comics ha pensato a una speciale Discovery Edition grazie alla quale potranno leggere Chainsaw Man 1 ad un prezzo speciale."

Uscita: 20 aprile
Prezzo: 1,00€
Pagine: 192
Rilegatura: Brossurato
Formato: 11.5X17.5 cm
Interni: Bianco e Nero
Distribuzione: Edicola, fumetteria, online

Chainsaw Man 12 cover

Chainsaw Man 12 variant cover

Chainsaw Man 1 Discovery Edition

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King of Spies, recensione: la vecchia spia chiude i conti

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Mark Millar è uno sceneggiatore di fumetti che della legittimazione del fumetto tra la cultura alta, ossessione di molti dei suoi colleghi, se ne frega allegramente. Della natura popolare della cosiddetta Nona Arte Millar riesce a cogliere il lato punk e anarchico, usandola come veicolo per le sue idee gioiosamente sovversive, tradotte in script sempre scanzonatamente sopra le righe. Una vena trasgressiva che ha caratterizzato fin dagli esordi il lavoro dello sceneggiatore, passando per il periodo dorato in Marvel ricco di hit come Ultimates, Civil War, Old Man Logan e le serie di sua creazione come Kick-Ass e Kingsmen – The Secret Service, tradotte con successo sul grande schermo.

La facilità di concepire soggetti accattivanti che sembrano fatti apposta per una trasposizione sul grande schermo lo porta sul finire degli anni 2000 ad interrompere la collaborazione con le major del fumetto per creare una propria etichetta, la Millarworld, con cui comincia a sfornare miniserie disegnate dai migliori artisti del comicdom, reclutati grazie alla capacità attrattiva delle sceneggiature di Millar. Nel 2017 arriva un colpo di scena che in realtà è perfettamente coerente con la direzione che Millar ha dato alla sua carriera nell’ultimo decennio: la cessione di Millarworld al colosso dello streaming Netflix, attratto dalla possibilità di poter disporre di un bel pacchetto di storie firmate da uno dei migliori scrittori di comics e pronte ad essere tradotte in immagini. A dire la verità la prima serie tv targata Millarworld/Netflix, Jupiter’s Legacy, non è stata esattamente un successo, né di pubblico quantomeno di critica. Ciò nonostante, Millar continua a sfornare miniserie a raffica. La maggior parte delle opere post-accordo con Netflix scritte da Millar negli ultimi anni, nonostante la confezione scintillante e il coinvolgimento dei migliori disegnatori su piazza, non sembrano altro che soggetti pronti per l’adattamento cinematografico, privi del peso specifico dei lavori che lo hanno reso famoso. A questo destino si sottrae però King Of Spies, l’ultima fatica di Millar, da poco pubblicata nel nostro paese da Panini Comics Italia. Si tratta di una scatenata spy-story, genere che Millar ha già frequentato con successo con la summenzionata Kingsmen, che va però oltre la serie di “pitch” partoriti a ritmi industriali che hanno caratterizzato le ultime opere.

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Se il nostro giudizio sull’opera dovesse basarsi solo sulla trama, tutto sembrerebbe già visto. Il protagonista, Roland King, è una vecchia spia in pensione che ha dedicato l’esistenza al servizio della Corona, un James Bond che in nome del bene superiore ha fomentato rivoluzioni o le ha stoppate sul nascere, ha rovesciato governi, insomma ha eseguito senza mai obiettare tutte le missioni assegnategli dai servizi segreti britannici, sporcandosi le mani di sangue. Il prezzo da pagare è stato quello di trascurare la famiglia e di perdere l’affetto del figlio. Quando gli viene diagnosticato un tumore che gli lascia solo sei mesi di vita, Roland coglie l’occasione per riflettere sulla propria vita: e il bilancio non è esattamente positivo. Guardandosi indietro, la vecchia spia si rende conto che, con le sue azioni non hanno favorito in alcun modo la gente comune, ma soltanto favorito gruppi di potere politici e religiosa, o media corrotti. Roland decide quindi che dedicherà il poco tempo che gli resta per cercare di rimediare il più possibile ai tanti errori commessi nella propria vita. E qui comincia il bello, perché la trama assume i connotati di un “revenge movie” in cui King chiude i conti e inizia a far fuori tutti i gangli di questo potere marcio. La sua furia non risparmierà nessuno: premier, presidenti, papi, nessuno sarà più al sicuro. Finché i servizi segreti non decideranno di fermarlo, lanciando una caccia all’uomo in cui coinvolgeranno anche suo figlio.

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La trama di King of Spies non brillerà certo per originalità, ma è il sottotesto anticonformista a dare alla mini una marcia in più che la rende irresistibile. Scagliando la furia di King contro quelli che vengono chiamati i “poteri forti”, Millar interpreta forse furbescamente, ma centrando in pieno il bersaglio, il sentire comune di tanti cittadini che hanno la sensazione di non essere padroni del proprio destino, che viene deciso altrove. Lo sceneggiatore inglese padroneggia al meglio il proprio mestiere, mettendo in scena un plot adrenalinico, avvincente e pieno d’azione, ricco dei suoi tipici dialoghi taglienti e di scene a sensazione che galvanizzeranno il lettore. Ma dietro all’azione esplosiva si nascondono anche riflessioni importanti sulle conseguenze delle nostre azioni e sull’eredità che lasciamo a chi viene dopo di noi.

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Fondamentale per la riuscita di King of Spies è l’apporto dei disegni di Matteo Scalera, in una delle prove migliori della sua carriera. Notevolissimo il lavoro di design dei personaggi (a partire dal protagonista Roland King, ritratto come un invecchiato ma sempre affascinante Pierce Brosnan) e lo storytelling adrenalinico che lascia davvero senza fiato. Il montaggio delle scene d'azione è magistrale, con l'uso di vignette che tagliano la pagina orizzontalmente come uno schermo cinematografico. La scelta delle inquadrature è audace e contribuisce a trasmettere al lettore l'effetto cinetico dell'azione raffigurata. Scalera fa ampio uso di una inchiostrazione molto spessa e carica di nero sulla quale si innesta la palette di colori soffusi di Giovanna Niro, un connubio felice che determina un risultato finale di grande effetto.
King of Spies è un’opera che fa quello che un fumetto dovrebbe fare, divertire e intrattenere, e lo fa ad altissimi livelli.

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