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Update: La Panini conferma che ristamperà la saga di Zio Paperone di Don Rosa

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UPDATE:

Siamo stati contattati dalla Panini Comics per una precisazione. A quanto pare, si è trattato di un fraintendimento da parte di Don Rosa e il suo post sarebbe di conseguenza inesatto. La Panini può pubblicare tutto il catalogo Disney e naturalmente la Saga di Don Rosa che uscirà, come vi avevamo già annunciato, a maggio e per il Napoli Comicon.
Di seguito la news originale.


 

Vi avevamo riportato che Don Rosa sarà ospite al prossimo Napoli Comicon dal 22 al 24 aprile. Per l'occasione, era stata annunciata una ristampa della celebre saga di zio Paperone tanto amata dai fan. Dalla pagine Facebook di Don Rosa, però, giunge la news che non sarà la Panini a pubblicarla in quanto l'editore non può realizzare monografici di autori Disney. La Panini, dunque, porterà a Napoli Uack #24 (fresco di restyiling), contenente la storia "Sua maestà de' Paperoni", e il volume di Topostorie "I Grandi Fratelli" contenente la storia "Zio Paperone e i guardiani della biblioteca perduta".

Italian fans: Several Italian news sites have reported that there will be a new Italian edition of the "Life and Times"...

Posted by Don Rosa on Venerdì 15 gennaio 2016

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Jessica Jones: Alias #1

Quando uscì il primo numero di Alias in America nel lontano 2001 inaugurando l’etichetta MAX della Marvel Comics, terminato poi nel 2004 con il #28 numero, il fumetto mainstream supereroistico subì una forte scossa. Brian Michael Bendis non aveva ancora tutta la fama che ha ora, tant’è che i primi premi prestigiosi che vincerà lo scrittore saranno proprio per quest’opera, due Eisner Award nel 2002 e 2003, ma la potenza espressiva e visiva di Alias era tale da rappresentare un netto distacco dalla tradizione del fumetto “generalista” degli anni ’90. Oltre che rappresentare una delle più grandi vette della carriera autoriale di Bendis stesso.

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Alias ha come protagonista la ex supereroina Jessica Jones che, appeso il costume di Jewel al chiodo, si è sottratta alla luce dei riflettori per condurre una vita solitaria come investigatrice privata, in condizioni economiche precarie; seguendo la vita quotidiana di Jessica il lettore comincerà a fare conoscenza con il torbido passato che la assilla, cercando di metabolizzarlo assieme alla stessa protagonista, non ancora in grado di fare i conti con esso e superare questo ostacolo psicologico. E già da questa breve introduzione della trama si capisce subito perché non sia una ordinaria storia a fumetti della Casa delle Idee. Perché la profondità con cui vengono trattati i personaggi, con cui vengono sondati gli abissi della psiche degli stessi, il linguaggio e i dialoghi che vengono utilizzati, lo stile narrativo incalzante ma opprimente, straziante e asfissiante, sono solo alcuni degli aspetti che rendono Alias un viaggio unico e affascinante, ma tutto fuorché piacevole.

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Eh già, perché al Bendis di Alias non importa nulla di dare al lettore quello che il lettore cerca, non vuole produrre fan-service né tanto meno realizzare qualcosa di scontato, di scadente, in linea con molta della produzione fumettistica del decennio appena conclusosi. Bendis vi pugnalerà alle schiena non appena poserete lo sguardo sul primo balloon della storia, e non vi mollerà più, fino alla fine del 28° capitolo, fino a che non terminerete questo stillicidio di cui siete le vittime. Soffrirete come soffriranno i personaggi che verranno magistralmente torturati dal sadico deus ex machina che è l’autore in questo frangente. Eppure non sarete mai paghi del dolore, del vedere come in una finzione letteraria fin troppo calata nella realtà, potrete vivere intensamente, rapiti dai toni cupi e oscuri, “gritty”, di Michael Gaydos, che perfettamente si sposano con una narrazione sferzante, rapida, furente, vivida, imprevedibile, tartassante e martoriante. E fidatevi che quando le cose sembreranno mettersi per il meglio, non vedrete arrivare il colpo letale, quello che nell’ultimo arco narrativo scoprirà definitivamente le carte in tavola, riportando a galla traumi e ferite necrotizzate, da troppo tempo lasciate a sé stesse, che dovranno essere affrontate come un proverbiale nodo gordiano.

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Esemplare è la scena presente in questo primo volume in cui Jessica viene interrogata da un poliziotto, in una classica scena come ne abbiamo viste tante in TV. La tortura verbale, la pressione ingiustificata e eccessiva che l’agente riversa sulla inerme Jones, portandola alla disperazione, facendola a pezzi in un crescendo ansiogeno e ritmato e persistente che viene interrotto solo dall’arrivo di Matt Murdock al culmine di una verticalissima e palpitante ascesa di tensione che Bendis spezza di botto, il tutto meno di 6 pagine, è semplicemente impressionante. Soprattutto se poi si considera il layout di tavola di Gaydos che scandisce le vignette con una sorta di accelerazione visiva, sullo sfondo nerissimo delle pagine, rendendo ancora più palpabile questa sensazione, lasciando concitato il lettore.

E la forte alchimia e sincronia tra la penna di Bendis e la matita di Gaydos è di certo uno dei punti chiave della forza di quest’opera. I disegni urbani e duri dell’artista sono contornati da linee forti, spesse, e spigoli vivi, che si accordano alla perfezione con la dura vita narrata nell’opera. Le composizioni sono scenografiche e fortemente noir. I colori sono prevalentemente scuri, domina il nero e i contrasti netti, non sfumati, campiture piene e precise, giochi di luci e ombre in cui le ultime sembrano sempre avere il sopravvento. Molto spesso troviamo anche una forte ripetizione delle figure, nella stessa tavola o in tavole adiacenti, in cui il disegno viene semplicemente traslato, trasportato identico a sé stesso o con minime variazioni; una scelta che rispecchia un preciso metodo narrativo che punta a sottolineare l’evoluzione della scena non appena si manifesta un cambiamento, seguendo passo a passo ogni istante come una sorta di visione frame per frame di un video, facendo apprezzare al lettore ogni singolo istante descritto.

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Insomma c’è proprio poco da aggiungere: questo è un signor fumetto che rappresenta di certo uno dei capisaldi letterari della nona arte del nuovo millennio. Per non parlare delle splendide cover di David Mack che da sole sono fenomenali (qui le abbiamo raccolte tutte). Inutile dire che va assolutamente recuperato, soprattutto in questa nuova versione cartonata edita da Panini Comics che finalmente fornisce una veste lussuosa a questa bella opera, con un prezzo piuttosto ridotto. Se avete riscoperto o scoperto il personaggio con la serie Netflix appena uscita, qui la nostra recensione, non potete fare a meno di leggere i natali del personaggio in questa bellissima serie.

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Agente Carter – Operazione S.I.N.

Sono molti i personaggi – anche minori - che attraverso la loro rappresentazione nel Marvel Cinematic Universe hanno ricevuto nuova linfa e grazie a ciò sono stati scoperti (o riscoperti) dal grande pubblico.
Tra questi il personaggio che ha forse ricevuto più amore da parte del pubblico e dagli autori è quello di Margaret “Peggy” Carter: dopo essere apparsa per la prima volta come comprimaria in Captain America – Il Primo Vendicatore nel 2011, è poi diventata protagonista prima di un Marvel One Shot a lei dedicato nel 2013 e infine di una serie tv nel 2015 dal titolo Agent Carter.
In concomitanza quindi con la messa in onda della prima stagione del telefilm, la Marvel ha deciso di pubblicare una miniserie dedicata alle sue avventure dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, e i cinque numeri originali sono stati raccolti e pubblicati in Italia dalla Panini in un unico volume che potete trovare in questi giorni nelle fumetterie con il nome Agente Carter – Operazione S.I.N.

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Come il titolo può far intuire, la serie nasce come tie-in del maxi-evento Marvel del 2014 Original Sin, ma è ambientata nel 1952. Nonostante la guerra sia finita da diversi anni, Peggy sta ancora facendo i conti con i postumi degli eventi che l’hanno coinvolta, tra tutti la scomparsa del suo amato Steve Rogers; come se non bastasse, nonostante lavori per il Governo, i suoi superiori tendono a sottovalutarla e non la ritengo in grado di assolvere ai compiti più importanti per il semplice motivo di essere una donna. La situazione cambia quando Howard Stark – padre del famoso Tony – la contatta per proporle una missione segreta, persino per il Governo: Woodrow McCord, uno dei suoi informatori, sembra aver trovato un oggetto appartenente ad una civiltà aliena. Piccolo problema: quest’oggetto si trova in Russia. 
Queste sono le premesse di quello che si rivelerà essere una sorta di “road trip” attraverso l’Unione Sovietica, da Mosca ai paesini rurali sparsi per la tundra fino all’”ultimo gulag”, conquistato da una neonata H.Y.D.R.A.

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Benché sia Kathryn Immonen che Rich Ellis – rispettivamente sceneggiatrice e disegnatore della miniserie – siano riusciti molto bene a ricreare l’epoca storica in cui la vicenda è ambientata, nei dialoghi come nei disegni, il tema della Guerra Fredda viene solo sfiorato e serve semplicemente come espediente narrativo per creare delle difficoltà che i protagonisti dovranno superare. Più sfaccettato risulta invece il dibattito sull’avanzare della tecnologia: la fascinazione di Howard nei confronti di tutto ciò che è altamente tecnologico deve fare i conti con il senso di colpa per aver contribuito al Progetto Manhattan, il famoso piano per lo sviluppo della bomba atomica, portando sulla carta forse il più grande problema etico-scientifico sviluppatosi dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. A ciò si unisce il suo desiderio di scovare e analizzare artefatti alieni - proprio per la loro caratteristica di essere così evoluti, anche rispetto alle sue invenzioni - e questo si sposa alla perfezione con la nascita dell’esplorazione spaziale tipica di quegli anni. Tutte queste tematiche non sono trattate in maniera molto approfondita, ma quanto basta per rendere il comportamento dei personaggi più ambiguo e far chiedere al lettore quali scelte compiranno alla fine.

Un aspetto particolarmente azzeccato di Operazione S.I.N. è la gestione delle connessioni con l’universo Marvel “contemporaneo”. Viene per esempio narrata più approfonditamente la storia del già citato “Woody” McCord, il primo uomo ad ergersi come difesa tra la Terra e le minacce aliene che da lì a poco la coinvolgeranno, e che con la sua morte ispirerà l’operato di Nick Fury. Grazie all’ambientazione particolare, si sono potute raccontare le origini di alcuni dei personaggi provenienti dall’est Europa: ecco quindi che completano il cast una giovane Tania Belinskaya –futura Guardiano Rosso -, un giovane Ursa Major e altri piccoli camei.
Sebbene all’apparenza i collegamenti non siano così stretti, tutti questi accorgimenti servono a far percepire al lettore più affezionato il ruolo centrale che nonostante tutto le avventure di Peggy Carter ricoprono – o meglio, hanno ricoperto – nella continuity.

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Ma la vera stella dell’albo è proprio lei, l’Agente Carter, da cui d’altra parte la serie prende il titolo. Non abbiamo mai una voce-pensiero di Peggy, il suo carattere viene interamente descritto attraverso i suoi dialoghi e le sue azioni, e tanto basta: fin dalle prime pagine riusciamo ad intuire il valore del personaggio, ma è all’incontro con Howard che viene rivelata la sua frustrazione di essere donna in una società e periodo storico in cui le donne non erano considerate abili quanto gli uomini. In questo il suo personaggio si avvicina molto alla sua controparte cinematografica-televisiva: benché non se ne lamenti mai apertamente, il suo nemico più grande è il sessismo, come in Russia così negli Stati Uniti d’America; il suo personaggio è completamente indipendente dai suoi comprimari maschili, anzi, tiene loro testa e spesso è lei a dover risolvere i problemi creati proprio dagli uomini. Forse questa sua infallibilità può risultare una caratteristica fastidiosa, ma era proprio questo il tipo di personaggio che la Immonen voleva creare: un personaggio forte e solido, su cui tutti gli altri potessero contare e che non sbagliasse mai un colpo, nonostante dentro di sé fosse ancora ferito per gli avvenimenti della guerra. 

Dal punto di vista tecnico, Rich Ellis ha fatto senza dubbio una grande ricerca storica per ricreare lo stile di quegli anni, sia per quanto riguarda il tratto sia per gli elementi che compongono i disegni: dai vestiti alle abitazioni, tutto rappresenta fedelmente gli anni ’50, e i colori di Jordan Boyd aiutano a rafforzare questa sensazione. Un tocco di classe è poi la rappresentazione degli oggetti tecnologici: mentre i congegni di Howard Stark ricordano e quasi ricopiano la fantascienza degli Anni Cinquanta e Sessanta (enormi oblò, tubi, antenne a non finire), gli oggetti alieni – senza dubbio più avanzati di quelli di Howard - sono più simili alla nostra visione del futuro, con tanto di led al neon e un grande utilizzo di acciaio e vetro.
Il problema più grosso di Operazione S.I.N. è forse la trama scritta da Kathryn Immonen, a volte poco chiara nei passaggi logici: i personaggi si ritrovano a viaggiare per la Russia senza un vero motivo e riescono a risolvere il mistero dietro al famoso artefatto quasi per caso. Il tentativo di collegare queste vicende con il resto della continuity e in particolar modo con gli altri tie-in di Original Sin è senza dubbio lodevole, ma a volte viene fatto in maniera troppo forzata.

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Agente Carter – Operazione S.I.N. è tutto sommato un albo gradevole, senza particolari picchi d’eccellenza. Il ritmo è ben scandito grazie soprattutto ai dialoghi brillanti e simpatici – Peggy Carter ha qualcosa da dire a tutti, sempre e comunque – e i diversi riferimenti sia alla storia Marvel sia alla storia con la esse maiuscola aiutano a rendere la miniserie unica a proprio modo. Per chi poi ha conosciuto il personaggio dell’Agente Carter tramite il grande (o piccolo) schermo e se ne è innamorato, diventa quasi un acquisto obbligato: basta chiudere un occhio su qualche scivolone narrativo.

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Uack! cambia pelle, ecco tutte le novità

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Sul catalogo Anteprima di questo mese è stata annunciata la nuova formula del mensile Uack! che, come noto, ristampa le storie di Carl Barks. Ebbene, dal numero 24, in uscita ad aprile, la testata diverrà bimestrale, avrà sempre lo stesso prezzo, ma cambierà titolo e ospiterà storie non solo di Barks (nel caso specifico tratte da Walt Disney’s Comics and Stories) ma anche di autori fra cui Don Rosa, Al Taliaferro, Marco Rota e Daan Jippes. Una formula che ricorda molto la defunta testata Zio Paperone.

Per l'occasione, sarà disponibile anche una variant cover. Trovate tutti i dettagli qui di seguito.

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