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Mr. Reed #2: Le grandi manovre Marvel e DC

  • Pubblicato in Focus

Il fumetto americano è da sempre caratterizzato da ere, cicli, momenti di stravolgimenti e innovazioni seguiti da periodi in cui si tenta di ricucire il rapporto con il passato. In particolare per quando riguarda le due big Marvel e DC. Se infatti dovessimo indicare una tendenza che caratterizzerà questa seconda metà degli anni ’10 del nuovo millennio, potremmo parlare di un periodo di nuova restaurazione. Come anticipato, è una situazione ciclica: distruggere per poi ricostruire, seguire le tendenze per poi tornare a sentieri più classici. Ricordate gli anni ’90, gli eroi ipertrofici e maledetti e il conseguente “ritorno degli eroi”?

Queste due major negli ultimi anni hanno stravolto in maniera continua e decisa i loro fumetti: la Marvel con annuali restart e nuovi personaggi introdotti, la rivale DC con un reboot totale. La conseguenza: un ritorno alle vecchie atmosfere, un back to the past (Rebirth per la DC, Legacy per la Marvel), è stato salutato con un plebiscito da parte dei fan.
È pur vero che la fan-base è tendenzialmente conservatrice e ogni modifica genera malumore, nonché risulta innegabile che la non acclamata linea New 52 e gli scossoni annuali della Marvel al proprio universo avevano bisogno di trovare quantomeno una quadratura del cerchio.

E se da un lato questo ha portato a un mea culpa da parte dei piani alti della Distinta Concorrenza, con un Geoff Johns costretto ad ammettere pubblicamente che i personaggi della DC avevano perso il loro “cuore”, dall'altro Axel Alonso difendeva imperterrito i continui rilanci Marvel argomentando che il pubblico di oggi ha un continuo bisogno di stimoli e starting point.

La DC sembra ora aver trovato la strada giusta grazie a una pianificazione solida e concreta, dopo anni in cui non riusciva a stare al passo della concorrenza. La volontà di puntare fortemente su autori noti è chiara e richiede non solo di blindare i talenti già in forze nel proprio parco autori, ma anche di soffiare ai rivali alcune delle icone storiche della Casa delle Idee come John Romita Jr.e Brian Michael Bendis.

La Marvel, pur mantenendo la propria posizione da leader del settore, sembra che proprio nella gestione dei grandi artisti abbia dei problemi. Non addentriamoci nel discorso della qualità della proposta, né in un confronto con le serie DC, che non ci interessa minimamente. La Marvel, con o senza autori di grido, ha proseguito a proporre titoli di qualità a titoli meno appetibili. È innegabile, però, che i grandi nomi siano quasi tutti andati via e la tendenza va avanti da anni. I fattori potrebbero essere diversi, come ad esempio un’intromissione dall’alto eccessiva. Di fatto, già dallo scorso anno si indica come la Casa delle Idee stia lavorando sottotraccia per riportare grandi nomi a sé nel 2018. Da questo punto di vista, la recente nomina di C. B. Cebulski a Editor-in-Chief segna un cambiamento di rotta notevole.

Il passaggio di Bendis alla DC è un fattore importante. Ho letto molti commenti e speculazioni sulle serie che il caro vecchio Brian potrà scrivere, e ho letto di molti che lo vorrebbero su serie minori o sui personaggi metropolitani. Ora, dire questo è come immaginare il Real Madrid prendere Pep Guardiola e metterlo alla guida dei pulcini. Siamo seri. La DC ha portato Bendis dalla sua a suon di dollaroni e gli darà le chiavi del proprio regno. Bendis determinerà, insieme a Johns, Jim Lee e agli altri, le trame future del DC Universe. Alla Marvel, dunque, tocca controbattere.
Scommetteteci che da qui al 2020 sarà un fiorire di annunci di esclusive da una parte e dell’altra.

Cebulski, che ho avuto il piacere di conoscere durante gli anni in cui lavoravo al Mantova Comics & Games, in cui era ormai una presenza fissa, è un gran talent scout e ha introdotto alla Marvel gente come Skottie Young, Adi Granov, Sara Pichelli, Phil Noto, Steve McNiven e Jonathan Hickman. Così, per fare qualche nome. È evidente che, sul lungo periodo, le strategie di Alonso (salutato comunque in maniera affettuosa da tantissimi autori) avrebbero mostrato il fianco a una DC sempre più incalzante.
Il problema è un altro: quale libertà avranno i grandi autori? E, soprattutto, quali garanzie avranno in un’epoca in cui cinema e tv saccheggiano a piene mani dai comics e i fumettisti sono quotatissimi grazie alla loro creazioni originali? Staremo a vedere. Ad ogni modo, sugli spunti e sugli argomenti presenti in questo breve quadro della situazione ci torneremo sicuramente su in futuro trattati singolarmente ad uno ad uno.

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Mr. Reed #1: Nuovo è sempre meglio

  • Pubblicato in Focus

Gestendo Comicus quotidianamente seguo, e racconto, l’evolversi del fumetto attraverso le novità editoriali, le cosiddette news che vengono pubblicate ogni giorno. Di conseguenza, seguo i commenti dei lettori, degli appassionati e degli addetti ai lavori. Le critiche più frequenti sono dirette verso quelle novità che tendono a toccare o stravolgere personaggi e serie classiche. È il caso ad esempio, negli ultimi anni, di Dylan Dog o delle testate Marvel che hanno introdotto personaggi nuovi e situazioni inedite, con tanto di “vecchia guardia” risentita. In realtà è un atteggiamento ciclico e costante che si ripete da sempre e, quasi sempre, non accompagnato da un reale riscontro. Le critiche, infatti, sono tendenzialmente preventive o, comunque, non oggettive e basate solamente su una propria concezione ideale.
Questo atteggiamento è figlio di una serie di motivazioni che mi piacerebbe analizzare. Vi dico subito che, per esorcizzarle, io ricorro a una delle regole di Barney Stinson, il celebre personaggio di How I Met Your Mother, applicandola al fumetto: “Nuovo è sempre meglio”.

“- Nuovo è sempre meglio. Lo sai chi è un milione di volte più figa della ragazza più figa con cui sono andato a letto? La sua amica passabile che non ho mai visto nuda. Perché? Perché nuovo è sempre meglio.
- E questa teoria funziona con tutto?
- Tutto!”

Quando nasciamo abbiamo una mente vergine come un disco da riempire e siamo, per questo, estremamente ricettivi. A seconda del contesto socio-culturale, dell'epoca o della città in cui cresciamo, assorbiamo gli stimoli esterni e li facciamo nostri. Non abbiamo alcun metro di paragone, non possiamo dire “prima era meglio” perché un prima non l’abbiamo. Restringendo il campo a quello che ci interessa, la musica, i film, le serie tv e i fumetti che leggiamo da ragazzi sono il nostro primo contatto con queste forme d’arte. Giunti a maggiore età abbiamo riempito un bel po’ quella mente vergine che avevamo quando eravamo appena nati e, spesso, la nostra capacità percettiva cala, non siamo più così aperti agli stimoli esterni, magari anche per disinteresse occupati in altre faccende. Intanto il mondo esterno cambia e va avanti e nuove menti si formano. Capita così, a 30 anni, di vedere un cartone in tv e notare che è diverso da quello che vedevamo da bambini. In tv non trasmettono più gli stessi programmi e la radio passa spesso canzoni che giudichiamo “di merda”. La nostra mente, ormai formata, ci porta a paragonare quello che vediamo a quello che abbiamo visto in passato e il confronto ne esce spesso distrutto. Questo accada perché la nostra formazione ha portato a ritenere validi taluni modelli, che oggi non esistono più. La qualità media delle canzoni che passa alla radio è la medesima di 20 anni fa, eppure per noi è merda. Magari oggi critichiamo un Benji e Fede, ma cantavamo Paola e Chiara, critichiamo gli One Direction ma ascoltavano i Take That. E li risentiremmo ancora oggi con piacere, esclamando “queste erano canzoni, sempre meglio di oggi”. Critichiamo i ragazzi di oggi che hanno come miti i Youtuber ma guardavamo Non è la Rai e compravamo i prodotti brandizzati col marchio del programma (non io, sia chiaro). Siamo diventati i nostri nonni quando dicevano ai nostri padri “era meglio prima” e i nostri padri quando esaltano i loro tempi criticando le mode attuali.

Fumettisticamente parlando, prendo come esempio i cambiamenti Marvel degli ultimi anni che tanto hanno scontentato i vecchi lettori. Agli inizi degli anni ’90, tutti i lettori che leggevano L’Uomo Ragno & Co. dai tempi della Corno, criticarono fortemente la nuova generazione di autori amati dai ragazzi, gente come Todd McFarlane etc., odiarono Ben Reilly e la saga del Clone, rimpiangevano la vecchia Marvel in pratica. I lettori cresciti negli anni ’90, a loro volta, hanno difficoltà a leggere le storie odierne che non rispettano più i loro canoni, criticano ogni cambiamento ed esultano ad ogni ripristino dello status quo. Ma il mondo del fumetto è sempre stato così, non si è mai fermato, e lo stile di narrazione e di disegno ha seguito l’evoluzione dei nuovi autori. A mente lucida, ragionando con serenità e razionalità, vedremo come le stesse cose di oggi accadevano in passato, e a noi stavano bene. Anzi, sbeffeggiavamo “i vecchi” che non si adeguavano al cambiamento. Le critiche provengono, dunque, non per un'attenta e profonda analisi, non per un paragone imparziale come dovrebbe essere.

Al tutto, poi, si aggiunge un contorno nostalgico. Il passato è sempre meglio del presente perché è prevedibile, è già accaduto. Non abbiamo paura del passato. Magari ricordiamo i giorni dell’infanzia come spensierati, i giorni del liceo come mitici, ma rimuoviamo le ansie, le brutture, i ricordi vengono addolciti dalla patina nostalgica. Lo stesso vale per le nostre passioni. Rimpiangiamo la tv analogica, il Commodore 64 e i vecchi cartoon con animazioni scadenti solo perché ci hanno allietato da giovani. Sia chiaro, nulla di male in tutto ciò, io stesso mi abbandono spesso alla nostalgia, ma questa non deve mai dominarci perché altrimenti significa che la nostra mente ha  finito di assorbire gli stimoli esterni, che siamo dunque diventati vecchi.
È per questo motivo che temo il giorno in cui dirò “era meglio prima”. È per questo che “nuovo è sempre meglio”.  Non perché sia effettivamente così, ma è una regola fondamentale per non rinchiudersi dentro di sé. Per non chiudere la nostra mente a ciò che è nuovo. Per aprirsi a nuovi stimoli e mettere in gioco le proprie convinzioni. Le novità devono destabilizzarci, meravigliarci, dobbiamo accoglierle con stupore e curiosità. Perché se i fumetti, le serie tv, le canzoni etc. di oggi non ci piacciono, non è un problema loro. Il problema siamo noi.

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Mr. Reed #0: Numero Zero

  • Pubblicato in Focus

Da ragazzino avevo un problema con i numeri 0 delle serie a fumetti. Probabilmente perché rimasi scottato un paio di volte, o forse più, quando recuperando il numero 1 di una testata scoprivo che di fatto non era realmente il primo e che c’era un numero zero che lo precedeva (e l'immagine che vedete in alto ne è un esempio). Non solo. Se il #1 era preceduto da uno 0, allora non era più il numero 1. E ancora, come funzionava il conteggio di quelle serie? Se, ad esempio, terminava al numero 99, ne erano stati pubblicati 100 numeri o solo 99? Insomma, pippe mentali da ragazzini ormai superate se consideriamo che apro questa rubrica editoriale proprio con un numero 0. Per quale ragione, immagino, vi domanderete voi?

Di fatto, questa non è una prima puntata ma una premessa per me necessaria. Da molto tempo, infatti, avevo in mente l’idea di un editoriale, tuttavia una ragione e poi l’altra mi hanno fatto desistere, non ultimo il fatto che per scrivere una rubrica del genere ci vuole un po’ di sano egocentrismo, qualità di cui sono abbastanza sprovvisto preferendo defilarmi, non certo per timidezza ma per carattere. Tuttavia, ho sempre ritenuto che Comicus avesse bisogno di una rubrica editoriale, un modo per sottolineare ancora con maggiore insistenza la nostra identità e far sentire sempre di più la nostra voce. Non a caso, l’incremento del numero delle rubriche di cui vi abbiamo parlato la settimana scorsa è un ulteriore passo verso questa direzione.
Spunti, dunque, proverranno tanto dagli eventi (news, uscite, polemiche e quant’altro) accaduti in settimana o da riflessioni estemporanee che magari partono dal privato (letture, considerazioni e appunti di vario genere). Sarà dunque il vostro interesse a stabile quanto credito dare a queste parole scritte.

Riguardo al titolo, ci ho riflettuto a lungo optando per un basilare e semplice Mr. Reed alla fine. Reed è il mio nickname storico che utilizzo sul web da quando col mio modem 56k mi collegavo al forum Panini Comics all’alba del nuovo millennio. Il “Mr.” davanti serve solo a darmi un tono e per far notare come, in teoria, non sia più un ragazzino. Insomma, un collegamento con il mio alter-ego del web.

Questo, dunque, è quanto e vi rimando alla prima puntata di Mr. Reed, che tanto questa non conta. È solo un numero zero. (Ma dovremo poi conteggiarla lo stesso?)

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