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Vendicatori: Essential Reading

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Gli anni classici 1: come nasce una squadra
Gli anni classici 2: la famiglia si allarga
La Guerra Kree-Skrull
La Saga di Korvac
Riti di Conquista
Ultron Unlimited
Gli ultimi anni: la gestione Bendis
Ultimates stagioni 1 e 2



Gli anni classici 1– Lee-Kirby-Heck: come nasce una squadra
di Valerio Coppola

avengers1All’origine dei Vendicatori si possono individuare tre importanti fattori: il concetto di continuity, quello di supergruppo, e infine il particolare assetto distributivo che la Marvel aveva nei primi anni ’60.
Quest’ultimo, in particolare, sottostava a una clausola con il distributore dell’epoca, secondo cui la Casa delle Idee poteva commercializzare ogni mese un numero limitato di testate. Ciò si era tradotto in titoli contenitore che accoglievano le singole avventure di più personaggi, con l’obiettivo di offrire ai lettori un parco storie più ampio in maniera continuativa. Secondo questo stesso modus operandi, al fine di dare maggiore visibilità e rafforzare la fama di diversi personaggi in quegli anni ai loro albori, Stan Lee ebbe l’idea di raccoglierli in un’unica testata che raccontasse le loro gesta comuni. Per fare ciò, Lee si rifece a quella che ormai era già una tradizione del fumetto supereroistico, lanciata dalla DC già negli anni ’40 con la Justice Society of America: il supergruppo. A rendere però innovativo questo gruppo di supereroi fu la sua congiunzione con un altro strumento narrativo, questa volta tipico della Marvel, quale il concetto di continuity, ossia quella convenzione secondo cui tutti i personaggi della casa editrice si muovevano e vivevano in un universo narrativo unico e coerente. Così, la vita di personaggi con storie personali già strutturate finiva per intrecciarsi con quella degli altri, fino a ridefinirli in maniera piuttosto importante (è il caso di Capitan America). La testata The Avengers, dunque, finiva in un certo senso per assumere il ruolo di spina dorsale dell’Universo Marvel, con ricadute progressivamente crescenti su tutti gli altri titoli. E in questo è evidente come, in certa misura, il meccanismo che ha integrato i vari film dei Marvel Studios, fino all’attuale “The Avengers”, non sia che una riedizione di quello che portò alla nascita dei Vendicatori negli anni ’60.

Tale nascita (settembre 1963), coerentemente alle sue premesse, prese le mosse proprio dalla storia individuale di uno dei componenti del gruppo, ossia Thor: è per via di un inganno del fratellastro Loki nei suoi confronti, infatti, che lo stesso Dio del Tuono, Iron Man, Ant-Man, Wasp e l’incredibile Hulk si trovarono a dover unire le loro forze. Comun denominatore di queste prime storie è il percorso di integrazione del gruppo, con una difficoltà sempre maggiore da parte di Hulk per via della diffidenza nutrita dai suoi compagni. Così, già da The Avengers #4, viene introdotto un elemento che diventerà una costante del gruppo nei decenni a venire: cambia la formazione. Di fatti, è in questo albo che, in seguito all’abbandono di Hulk sui numeri precedenti, viene reintrodotto, direttamente dalla Golden Age, Capitan America. Quello che sarebbe diventato il leader naturale dei Vendicatori viene catapultato dalla Seconda Guerra Mondiale direttamente negli anni ’60 grazie a un espediente narrativo che, tuttavia, ne fa un pesce fuor d’acqua. Ma è proprio in questo contrasto che l’importanza dei Vendicatori all’interno dell’Universo Marvel diventa evidente: è infatti l’appartenenza al supergruppo che aiuta il personaggio (e i suoi autori) a ridefinire il proprio ruolo in un nuovo contesto, a rimodulare i suoi valori in un mondo che è andato avanti. I Vendicatori, come faranno in futuro con tanti altri personaggi, lo prendono per mano e lo aiutano a non perdersi.

In generale, questi primi numeri sono “tutta-azione”. In perfetto stile Marvel, le storie sono opera congiunta di Stan Lee (soggetto, trama e dialoghi) e di Jack Kirby (trama e matite), disegnatore naturale della serie, in quanto cocreatore della maggior parte dei personaggi. Il tocco di Kirby, cui Lee lascia come sempre il compito di interpretare la traccia iniziale da lui definita, è inconfondibile: un ribollire di azione a rotta di collo, di nuovi personaggi e nemici megalomani (Kang su tutti); in queste storie continua la tensione tra i personaggi, uniti dalla comune appartenenza al consesso dei “giusti”, ma divisi da tante piccole scaramucce quotidiane, mentre Cap continua l’affannosa ricerca del suo posto in questo nuovo mondo.
Con il passare dei mesi Kirby inizia a defilarsi dalla serie: prima gli si affianca l’elegante Don Heck, poi, via via, è proprio quest’ultimo a sostituirlo in pianta stabile. Siamo a The Avengers #16 (maggio 1965) e a questo avvicendarsi di disegnatori corrisponde anche un cambio di passo nelle storie, con la prima vera rivoluzione nella formazione del gruppo: Lee decide infatti che è giunto il momento di far uscire di scena i membri fondatori (ormai diventati pezzi da novanta) e di sostituirli con personaggi minori quali Occhio di Falco, Quicksilver e Scarlet Witch.

Questa scelta replica, in qualche misura, quella iniziale di dare spazio e visibilità a personaggi meno conosciuti, “accompagnandoli” alla grandezza sotto l’egida dei Vendicatori. E tale dinamica, in un certo senso, si può ravvisare anche in un aspetto interno alla storia: tutti e tre i nuovi componenti, infatti, non nascono come eroi, anzi vengono introdotti come antagonisti degli eroi stessi. Nasce qui uno spunto che sarà poi un’altra costante della storia del supergruppo, vale a dire la sua funzione di redenzione di personaggi presentati inizialmente come potenziali minacce, per essere poi “convertiti” alla retta via. In questo nuovo contesto, inoltre, anche Capitan America (unico componente della prima guardia rimasto in servizio) deve riposizionarsi: ed è qui che, finalmente, Steve Rogers si cala completamente nel proprio ruolo di leader, finendo per aver del tutto chiara la propria strada, la propria missione; Cap sente su di sé la responsabilità lasciatagli dai suoi vecchi compagni di tenere alto il nome dei Vendicatori, e per di più si trova alla guida di persone che devono rimediare ai propri errori passati. Così, è questa pressione che costringe Cap a rendersi, oltre che leader sul campo, anche e soprattutto ispirazione per i suoi nuovi compagni, facendo leva su un carisma che in precedenza lui stesso, divorato dai dubbi, stava lasciando appassire.
D’altra parte, il ruolo preminente di Cap è subito messo in discussione dagli altri “galli nel pollaio”, Quicksilver e soprattutto Occhio di Falco. In queste storie, infatti, la già usuale tensione tra i componenti del gruppo viene ulteriormente esasperata, con scontri continui che mettono in perenne pericolo la tenuta della squadra. Solo di fronte al pericolo di turno i Vendicatori tornano a compattarsi, giungendo avventura dopo avventura a costruire un rispetto reciproco guadagnato sul campo. Una sorta di consacrazione della squadra e del vero spirito dei Vendicatori, che questa seconda formazione si è dovuta guadagnare molto più della prima, e suggellata dal definitivo riconoscimento, da parte di Occhio di Falco, del ruolo e del valore di Capitan America.

Così, la gestione della testata targata Stan Lee giunge a termine con la chiusura di un cerchio, rappresentata anche da un rientro in formazione di due membri fondatori come Wasp ed Hank Pym (nei panni di Golia). Ma presto sarebbero intervenute nuove e consistenti novità per mano del nuovo sceneggiatore, Roy Thomas.

Queste storie appaiono su The Avengers ##1-35 (settembre 1963 – dicembre 1966), ristampati in Italia su Marvel Masterworks: I Vendicatori voll. 1-3



Gli anni classici 2 – Thomas-Buscema: la famiglia si allarga
di Valerio Coppola

avengers36Con l’avvicendarsi alle sceneggiature tra Stan Lee e Roy Thomas non si assiste a un cambio repentino. Il giovane nuovo scrittore si è fatto le ossa proprio al fianco di Lee, e si trova piuttosto bene a muoversi nel solco lasciato dal predecessore. Così, Thomas mantiene molti degli elementi che caratterizzano la gestione Lee dei Vendicatori, approfondendo e ampliando molti di essi. Piuttosto, il cambiamento tra le storie realizzate dai due scrittori si apprezza più nel lungo periodo, quando diventa evidente come Thomas declini secondo la propria sensibilità la tradizione avviata da Lee. Così, si fa via via più palese un’impostazione delle storie maggiormente riflessiva, con toni più lirici e drammatici rispetto a quelli dei primi anni.
Ma come si diceva, al di là del tono gli elementi narrativi mantengono una certa continuità: rimangono le tensioni tra i personaggi, soprattutto in ragione dei nuovi cambiamenti di formazione, che attentano di continuo all’equilibrio tra forti personalità raggiunto con tanta fatica; ma si continua anche ad assistere all’introduzione di personaggi che vedono nei Vendicatori una possibilità di redenzione (è il caso della Vedova Nera e di Visione, a sua volta “reincarnazione” di Wonder Man, altro personaggio redento dei primi episodi).

Intanto, pur perpetuando queste dinamiche nelle storie, Thomas introduce in maniera progressiva e sottile quelle novità che renderanno il suo ciclo inconfondibile. È sotto la sua gestione, infatti, che i Vendicatori completano il loro passaggio da semplice supergruppo a vera e propria famiglia: una realtà cioè, cui si appartiene, condividendone valori e ragion d’essere, a prescindere dalla partecipazione attiva all’azione (ciò che esprime il famoso slogan “una volta Vendicatore, Vendicatore per sempre”). Questo aspetto entra in rapporto diretto con i continui cambiamenti di formazione, volendo fornire ai lettori un elemento di forte continuità insito nell’anima stessa del gruppo, nonostante i personaggi che interpretano quell’anima siano in veloce rotazione. Non è quindi raro, come accade in The Avengers Annual #1 (1967), che in questi anni si inizi ad assistere con una certa frequenza a riunioni di tutti i Vendicatori, passati e presenti, sia per affrontare minacce comuni, sia per prendere decisioni importanti che riguardano la squadra (come riunioni di famiglia, appunto). Questa necessità si fa ancora più forte nel momento in cui, per ragioni editoriali, è lo stesso Capitan America a defilarsi dalla formazione attiva del gruppo, ora composto da Golia, Wasp, Scarlet Witch, Quicksilver, Occhio di Falco e, temporaneamente, Ercole (primo di una serie di personaggi di passaggio che vedrà anche la Vedova Nera e il Cavaliere Nero). Ancora una volta, in chiave editoriale il gruppo è formato da personaggi di secondo piano senza una propria serie regolare, mentre i titolari di testate a parte vengono ripescati solo in occasioni particolari.

Nel frattempo, anche ai disegni si ha un nuovo passaggio di consegne e Don Heck cede il passo a John Buscema. È con l’arrivo del “Michelangelo dei fumetti” (The Avengers #41, giugno 1967) che inizia davvero la seconda era dei Vendicatori. La sinergia tra Thomas e Buscema (che tante soddisfazioni darà sulle serie di Conan il Barbaro) introduce davvero una nuova vena nelle storie del supergruppo Marvel. L’impianto fortemente drammatico e realistico della narrazione per immagini di Buscema sembra stimolare in maniera sensibile anche il racconto architettato e scritto da Thomas, che si lancia nella costruzione di un nuovo pezzo di mitologia dei Vendicatori, con saghe e personaggi che faranno storia. In questa nuova atmosfera di “tensione emotiva” rientra anche la caduta di personaggi come il fedele Jarvis e di Hank Pym, alla continua ricerca di un’identità, prima tornando ai panni di Giant-Man/Ant-Man, poi con lo storico Calabrone. E il travaglio di Pym diventa ancora motore della storia con la creazione del nemico per eccellenza Ultron, e dunque con l’introduzione della Visione, personaggio a sua volta portatore di un forte carico drammatico.
Ecco che quindi le storie mutano ulteriormente, affiancando all’azione che caratterizza la serie fin dai suoi albori momenti più riflessivi e di tormento interiore, che tendono a snodarsi per sottotrame di lungo respiro destinate a risolversi solo dopo molti numeri.

D’altra parte, l’occhio lungo è caratteristica saliente della gestione di Roy Thomas. A differenza di Lee, è evidente come il suo successore pianifichi con largo anticipo molte svolte, iniziando a prepararle per tempo e introducendole in maniera progressiva. In tal senso, Thomas fa tesoro delle storie più “episodiche” firmate da Lee, che tuttavia si scoprono ora fondamentali nell’aver cementato una solida mitologia di partenza: sulla base di questa, Thomas gioca con la continuity (di cui è grande conoscitore) riprendendo elementi molto vecchi (Wonder Man/Visione ne è un esempio) e intrecciando ulteriormente la trama dell’Universo Marvel, come accade nel caso dell’incontro-scontro con gli X-Men (giugno 1968). Thomas riesce dunque a rafforzare quel ruolo che la testata The Avengers ha in quanto snodo centrale dell’intera continuity Marvel, finendo per consacrare quest’ultima sia in senso sincronico, sia soprattutto in senso diacronico.

Nel frattempo, non mancano ulteriori avvicendamenti nella formazione del gruppo. Già orfana di Capitan America, la squadra perde anche l’apporto muscolare di Ercole, mentre in seguito alle manovre del padre Magneto, anche Scarlet Witch e Quicksilver lasciano i compagni. Il vuoto viene dunque riempito dal già citato Visione, e prima ancora da Pantera Nera (The Avengers #52, maggio 1968). L’evento non è rilevante solo per l’inclusione di un eroe nero (africano) nel primo supergruppo Marvel, ma anche perché il re di Wakanda finisce per assumere un ruolo preminente tra i Vendicatori, sostituendo in cera misura il vuoto lasciato dallo stesso Capitan America: circostanza tutt’alto che secondaria, negli Stati Uniti che, in quegli stessi esatti mesi, vedeva uccidere prima Martin Luther King e poi Bob Kennedy. La Marvel, e in particolare Thomas, si attesta dunque su posizioni spiccatamente progressiste, mentre The Avengers mostra di essere una serie che respira lo spirito del tempo, senza limitarsi a reagirgli. Certo, va puntualizzato che qui le donne ancora faticano a ritagliarsi il ruolo che meritano, vedendo la propria rappresentanza ridotta alla sola Wasp, la quale in ogni caso inizia a mostrare qualche significativo segno di crescita personale (abissale, rispetto al personaggio sciocchino degli esordi).

Queste storie appaiono su The Avengers ##36-61 (gennaio 1964 - febbraio 1969), The Avengers Annual #1 (1967) e X-Men #45 (giugno 1968), ristampati in Italia su Marvel Masterworks: I Vendicatori vol. 3 e Marvel Collection ##9-12 (I Vendicatori 1-4). La pubblicazione dei numeri successivi prosegue su Marvel Collection ##21-24



La Guerra Kree-Skrull
di Valerio Coppola

avengers89Negli anni '70, la Marvel dava alle stampe, sulle pagine della serie dedicata ai Vendicatori, La Guerra Kree-Skrull, una delle saghe vendicative più significative di sempre. Fu in questo ciclo narrativo che ebbe luogo lo scoppio del conflitto tra le due razze aliene Kree e Skrull, dopo secoli di tensione militare tra le due. In una dinamica da Guerra Fredda, i due imperi spaziali focalizzano la loro attenzione sul “periferico” pianeta Terra, abitato da una razza potenzialmente pericolosa per le mire di entrambi i popoli. Ma proprio questo creerà considerevoli difficoltà ai due eserciti alieni, quando i Vendicatori, Capitan Marvel e Rick Jones saranno costretti a buttarsi nella mischia per difendere la razza umana, sperando al contempo di salvare dalla distruzione le altre due.

LaGuerra Kree-Skrull può essere classificato come uno di quegli archi narrativi con una loro importanza storica. Certo, messa a confronto con le trame imbastite oggi nei vari crossover Marvel, la storia sente il peso delle ingenuità e delle leggerezze di quegli anni. Ma allo stesso tempo, proprio le storie odierne sarebbero impensabili senza l’esperienza seminale rappresentata da questa avventura dei Vendicatori.
Roy Thomas – come spiega lui stesso nell’introduzione – costruisce una storia nata senza un piano organico, e con un visibile margine di improvvisazione, dando in parte l’impressione di una certa frammentarietà. Nei capitoli iniziali, l’inimicizia tra Kree e Skrull sembra più che altro lo sfondo e la scusa per raccontare qualche avventura dei Vendicatori, invece di costituire il centro della narrazione. La vicenda assume contorni più nitidi negli ultimi capitoli, dove vengono riannodati diversi fili, e dove il quadro generale può bene o male dirsi recuperato. A fare da contrappeso a queste difficoltà è però un ritmo ben sostenuto e il senso epico trasmesso dalla storia, elementi che contribuiscono comunque alla piacevolezza della lettura.

In tal senso lavorano bene anche le matite, realizzate da autori inseriti a giusto titolo nella storia del fumetto. Si parte tranquilli con il gusto classico e “d’atmosfera” di Sal Buscema, per ritrovarsi poi in un’impennata virtuosa ad opera di Neal Adams, che coadiuvato dagli inchiostri di Tom Palmer sforna tavole plastiche e potenti. Dopo una breve intrusione nelle parti centrali, chiude la vicenda John Buscema, con la classe di sempre. Ottimi anche i colori rimasterizzati delle ultime edizioni, anche se a tratti imprecisi.

Una storia classica con un pizzico di gusto cosmico, che costituisce un punto di snodo importante anche per i fan della Marvel di oggi, e in ogni caso consigliabile a chi apprezza i buoni supereroi d’annata.

Queste storie appaiono su The Avengers ##89-97 (giugno 1971 - marzo 1972), ristampati in Italia su Marvel Gold - Vendicatori: La Guerra Kree-Skrull


La Saga di Korvac
di Fabio Volino

korvacPoco dopo la metà degli anni '70 Jim Shooter era ancora conosciuto nell'ambiente fumettistico per essere stato il ragazzo prodigio che aveva scritto in tenera età alcune storie di Adventure Comics dedicate alla Legione dei Supereroi. Sempre in quel periodo un giovane artista di origini portoricane di nome George Pérez stava muovendo i primi passi nel mondo dei comics e si stava facendo conoscere grazie soprattutto a un apprezzato ciclo di Avengers. A partire dal numero 160, questi due grandi nomi si incontrarono sulla serie dei Vendicatori, dando vita ad un ciclo leggendario. Il culmine di questa collaborazione si ebbe con la cosiddetta "Saga di Korvac" (datata 1978), ora raccolta in volume per la prima volta in Italia grazie a Panini Comics.

Chi è fan dei Vendicatori di sicuro avrà sentito parlare almeno una volta di questa storia. Diciamolo subito, alcuni elementi narrativi sono figli del periodo in cui venne scritta e ci sono alcune assurdità (i Vendicatori che prendono l'autobus, Thor che pratica un massaggio cardiaco su Tony Stark mentre è in armatura...), ma nel complesso la saga è ancora apprezzabile e piacevole da leggere.
Il personaggio di Korvac nasce come nemesi principale dei Guardiani della Galassia, ma dopo uno scontro con loro e Thor entra in contatto con l'astronave di Galactus e viene in possesso di una tale conoscenza e un tale potere da assurgere a uno stato di semidivinità. Questo lo porta a concepire un obiettivo incredibile, che però lo mette in contrasto con i Vendicatori e con uno degli Antichi dell'Universo, il quale userà contro di lui un'arma insidiosa: l'amore. Tuttavia, come si suol dire, non tutto è come sembra, e la rivelazione finale lascia ancora oggi davvero sconcertati.

Seppur agli esordi, George Pérez comincia ad affinare quello stile che già a quell'epoca lo aveva reso popolare e che lo avrebbe reso nel decennio successivo una vera e propria star grazie a New Teen Titans e Crisi sulle Terre Infinite. Come risaputo, il suo punto di forza sono le scene corali: dispiace dunque vedere che gli ultimi capitoli di questo ciclo non sono stati disegnati da lui, anche se Sal Buscema e Dave Wenzel sono un'alternativa accettabile.
Tuttavia più degne di nota sono le sceneggiature di Jim Shooter. Il problema di una serie corale come Avengers è sempre quello di rendere al meglio i vari personaggi che compaiono sulle sue pagine, e qui ce ne sono davvero tanti, soprattutto negli ultimi tre capitoli. Eppure Shooter riesce a dare a ognuno di loro il giusto spazio e a caratterizzarli al meglio anche quando pronunciano solo poche battute (e se pensiamo che a quell'epoca erano disponibili solo 17 pagine per episodio, la cosa è ancora più meritoria). Oltre a ciò, anche se poco più che accennato visto il tema delicato, c'è qualche interessante riflessione sul concetto di divinità e sulla religione.

Curiosità finale: il volume italiano si conclude con un epilogo scritto da Mark Gruenwald (apparso in origine nel 1991 in appendice al primo trade paperback americano), che ribalta in buona parte la visione shooteriana del personaggio di Korvac. Ciò è stato poi disconosciuto da alcuni editor, come ad esempio Tom Brevoort, e mai più ripubblicato.

Queste storie appaiono su Thor Annual #6 e The Avengers ##167-168, 170-177 (dicembre 1977 - novembre 1978), ristampati in Italia su Marvel Gold - Vendicatori: La Saga di Korvac


Riti di Conquista
di Carlo Coratelli

avengers273Scritta da Roger Stern e disegnata da un John Buscema ottimamente coadiuvato dalle chine di Tom Palmer, Riti di Conquista, apparsa su The Avengers ##273/277, è ancora oggi annoverata tra le saghe più coinvolgenti e drammatiche nella storia del supergruppo Marvel.

Tra i meccanismi di un classico scontro tra i Signori del Male e i Vendicatori, Stern costruisce una saga densa di pathos e colpi di scena, in cui, per la prima volta nella loro storia, gli eroi più potenti della Terra vengono presi alla sprovvista da un attacco fulmineo e allo stesso tempo efferato, il quale lascerà nel gruppo numerose cicatrici, sia fisiche che psicologiche, e avrà ripercussioni evidenti anche nei mesi seguenti (basti pensare alla figura di Ercole).

Stern comunque sa benissimo di avere a che fare con un gruppo di persone, e riesce perfettamente a caratterizzare ogni personaggio, sia eroe che villain, fin nei minimi particolari, mettendo in mostra un mosaico di personalità davvero unico che prende vita grazie alle poderose tavole di John Buscema. Ecco quindi l'ossessione di Zemo per Capitan America, i giochi psicologici di una Karla Sofen bramosa di potere, la follia di Mr. Hyde, lo sguardo del Cavaliere Nero mentre assiste inerme al pestaggio di Jarvis.

Sia nei dialoghi che nei disegni, sia nelle parole dei personaggi sia nelle loro espressioni, è chiara la disperazione di una lotta mortale che si trasforma in una vittoria, anche se amara. Un'amarezza che viene racchiusa nelle ultime vignette, in cui Capitan America osserva l'unica foto della madre distrutta, in quello che è l'ultimo sussulto di uno Zemo ormai sconfitto.

Queste storie appaiono su The Avengers ##273-277 (novembre 1986 - marzo 1987), ristampati in Italia su Marvel Gold - Vendicatori: Sotto assedio



Ultron Unlimited
di Gennaro Costanzo

avengersv3_19Con il rilancio de "Il Ritorno degli Eroi" la testata dei Vendicatori va nelle salde mani di Kurt Busiek e George Pérez, che produrranno una delle migliori run del gruppo. Indubbiamente, il loro stile classico è l'ultimo scorcio dei Vendicatori "old style", che avevano mantenuto, seppur con aggiornamenti vari, quel modus operandi, quei concetti base, fin dalla loro prima apparizione. Di lì a poco sarebbe passato il "ciclone Bendis" che avrebbe sconvolto le basi fondanti del gruppo a partire da "Vendicatori Divisi", portando il super-gruppo nel nuovo millennio e ponendolo al centro dell'universo narrativo Marvel.
E, a rileggere oggi quelle storie, quel classicismo è più che mai evidente: lo era già dichiaratamente allora, lo è a maggior ragione dopo oltre dodici anni. Non solo per lo stile dei due autori, ma per tematiche, concezione, formazione...

Fra le saghe che hanno contraddistinto il periodo, si ricorda indubbiamente "Ultron Unlimited". Ritorna Ultron, o per meglio dire gli Ultron, e lo fa radendo al suolo un'intera nazione, la Slorenia.
Il suo intendo è quello di catturare i Vendicatori che compongono la "sua famiglia", fra cui Henry Pym, prendendo i loro tracciati mentali per innestarli nella sua nuova progenie che dominerà il mondo. Una mente dominante ma tante individualità.
Il senso di drammaticità è elevato fin dalle prime tavole. Wasp interrompe una conferenza stampa dei Vendicatori, sotto il mirino dell'opinione pubblica, per annunciare che il suo ex marito è scomparso forse a causa di Ultron. Fu lo stesso Henry Pym a dare vita a quella malefica intelligenza artificiale e il suo senso di colpa è una delle tematiche principali della storia. Le vicende che legano i protagonisti sono al centro della saga: oltre al tormento rapporto fra Janet e Henry, va segnalato il difficile triangolo amoroso Scarlet/Wonder Man/Visione, quest'ultimo creato da Ultron e che possiede gli schemi mentali di Wonder Man. Oltre a loro, ci sono Capitan America, leader del gruppo, Thor e Iron Man, mentre ulteriori spunti vengono portati avanti dalla coppia Firestar e Justice.
Una saga che si conclude in un'epica battaglia, esaltata dalle certosine tavole di un Perez in stato di grazia che cura all'inverosimile ogni dettaglio.

Dal punto di vista narrativo, la storia ha un tono drammatico esaltato della molte didascalie che enfatizzano i singoli momenti. Emerge, inoltre, tutta la cura per la continuity tipica di Busiek, una costruzione così raffinata degli eventi basata sul passato che oggi è praticamente impossibile vedere in un albo a fumett,i ma che era un aspetto fondamentale della Marvel prima della nascita dell'universo Ultimate e di Civil War.
Una saga che ha molte chiavi di lettura e che presenta un intreccio molto consistente.
E pensare che sono solo 4 numeri, con la decompressione narrativa di oggi ne sarebbero serviti almeno il doppio.

Queste storie appaiono su The Avengers (vol. III) ##19-22 (agosto - novembre 1999), ristampati prossimamente in Avengers: Ultron Unlimited (allegato al Corriere della Sera)



Gli ultimi anni: la gestione Bendis
di Fabio Volino

avengers500Narra la leggenda che nel 2004 la testata Avengers non navigasse in buone acque. Più a monte, il problema per la Marvel era avere tra le proprie mani una testata storica che, nonostante alcuni buoni cicli anche recenti (Kurt Busiek/George Perez, Geoff Johns/Olivier Coipel), non riusciva a rimanere stabilmente nella top ten dei fumetti più venduti. Occorreva un cambiamento radicale.
Nel 2004 la stella di Brian Michael Bendis brillava più che mai, grazie ad Ultimate Spider-Man e ad un ciclo molto apprezzato di Daredevil disegnato da Alex Maleev. La sua soluzione, condivisa dalla direzione editoriale di quell'epoca, era molto semplice: perché non inserire stabilmente nel gruppo supereroi rinomati e campioni di incassi come l'Uomo Ragno e Wolverine, senza dimenticare gli elementi storici come Capitan America o Iron Man?
La via intermedia fu Avengers Disassembled, disegnata da un David Finch più bravo del solito (eccezion fatta per le solite espressioni facciali tutte uguali), che, nonostante alcune incongruenze narrative riuscì nel suo intento: catalizzare l'attenzione di tutti i lettori sulla fine dei "vecchi" Vendicatori in attesa dei "nuovi".

E i New Avengers infine arrivarono, nel novembre 2004, con all'inizio lo stesso team creativo di Avengers Disassembled. L’obiettivo delle vendite fu raggiunto e mantenuto, come da aspettative iniziali. Bendis fece molto di più che far entrare nel gruppo i due pezzi da novanta succitati (e che comunque non andarono mai aldilà di una caratterizzazione di base): si concentrò e diede dignità narrativa a personaggi di serie B della Marvel o che comunque non ricevevano da tempo la giusta attenzione. Questo divenne subito chiaro nei primi episodi, dove i veri protagonisti furono Luke Cage (che solo negli anni ’70 aveva raggiunto tali vette di popolarità) e la Donna Ragno, protagonista di un incredibile triplo gioco (membro dei Vendicatori, agente S.H.I.E.L.D., agente HYDRA; e questa era solo la facciata di qualcosa di più grande). Oltre a loro due, nei Vendicatori entrarono anche Sentry, sempre in bilico tra sanità mentale e follia, ed Echo, la quale avrebbe adottato per breve tempo i panni di Ronin.

Ma quando le dinamiche di gruppo sembravano essere state stabilite, tutto cambiò. E non fu dovuto a House of M, storia che ebbe effetti di non poco rilievo sulla comunità mutante. Il cambiamento non dipese da Bendis, ma da Mark Millar e dalla saga Civil War. In ogni caso lo sceneggiatore approfittò della spaccatura che si era creata nella comunità supereroistica (tra favorevoli e contrari all’Atto di Registrazione dei Supereroi) per creare la sua personale spaccatura, che sarebbe divenuta uno dei suoi punti di forza: sostanzialmente da un lato c’erano i Vendicatori ufficiali, quelli che pur portando avanti i valori del gruppo rappresentavano lo status quo, l’establishment; dall’altro invece i Vendicatori ribelli, coloro che si opponevano allo status quo. Ciò portò anche alla nascita di una nuova serie: Mighty Avengers, inizialmente disegnata da Frank Cho. Anche in questo caso lo scrittore recuperò un personaggio secondario e lo rese nuovamente popolare: stavolta fu il turno di Ms Marvel. Inoltre, dalle ceneri di Civil War, nacque anche Avengers: The Initiative (che comunque Bendis non scrisse mai), incentrata sui giovani eroi che venivano formati dagli eroi più esperti.

Quando tutto sembrava dovesse incentrarsi su una lotta fratricida, Bendis ribaltò ancora una volta le carte in tavola. Durante una missione, infatti, Echo uccise Elektra… solo che non era Elektra, ma uno Skrull che ne aveva impersonato le fattezze. Subito i semi del sospetto vennero gettati in tutto l’Universo Marvel, al motto “Di chi ti puoi fidare?”. Sfruttando al meglio tematiche ispirate da classici della fantascienza come "L’Invasione degli Ultracorpi", Bendis portò a compimento la trama degli Skrull infiltrati nella miniserie Secret Invasion. E ricordate quel triplo gioco della Donna Ragno? In realtà era quadruplo, poiché si scoprì che lei era la regina degli Skrull Veranke e costituiva l’avanguardia dell’invasione, uno dei colpi di scena meglio riusciti dell’intera gestione.
Se la miniserie principale alla fin fine si dimostrò solo un festival del cazzotto, le storie che comparvero contemporaneamente sulle due testate vendicative (i cosiddetti tie-in) furono tra le migliori che Bendis scrisse. Nel descrivere i retroscena dell’invasione, la disperazione di un popolo alieno che un tempo era stato un grande impero stellare, i dubbi e le insicurezze degli infiltrati, nonché gli intrighi che avevano generato House Of M e Civil War, si creò una sorta di empatia con i ‘cattivi’, che alla fine di cattivo non avevano nulla. Era solo un popolo che aveva perso la propria identità e ne stava cercando un’altra, in un’era dove i media fanno di tutto per rinchiudere ogni rappresentante di una razza in una categoria immutabile ed annullare la singola personalità.

Secret Invasion si concluse con l’uccisione di Veranke da parte di Norman Osborn, la nascita del Dark Reign e il ritorno di alcuni eroi creduti morti, come l’ex moglie di Occhio di Falco, Mimo. Ed ancora una volta tornò la critica al sistema mediatico, un sistema capace di rendere eroe della nazione persino un criminale conclamato.
Nell’era della crisi economica e del crollo di tutti i valori, gli eroi della nazione erano degli psicopatici. Erano i Dark Avengers. Assassini, manipolatori, schizofrenici, insicuri. E se qualcuno diceva qualcosa in contrario, lo stesso circuito mediatico (guidato dietro le quinte da Osborn stesso) lo metteva immediatamente a tacere. Dark Avengers durò solamente 16 numeri ma fu una testata molto particolare poiché ogni minaccia che i protagonisti affrontavano era dettata dalla necessità e non dal desiderio di fare del bene. Paradossalmente, alla fine si scoprirà che l’unico che aveva buone intenzioni, seppur deviate, era proprio Norman Osborn. Contemporaneamente, mentre Mighty Avengers venne affidata a Dan Slott, su New Avengers iniziò in pratica un unico lungo ciclo che vide gli eroi impegnati contro il nuovo boss del crimine newyorchese, Hood, e i suoi sgherri. Uno scontro forse fin troppo ripetitivo.

Le due testate, e i loro personaggi, confluirono alla fine nella penultima saga vendicativa scritta da Bendis: Siege. La personalità di Goblin ebbe infine la meglio su Osborn e lo convinse ad invadere Asgard: dopo una sanguinosa battaglia, quello stesso circuito mediatico che aveva decretato il successo dell’imprenditore criminale ne decretò anche la fine. Era giunto il tempo di provare a riaffermare i vecchi valori dell’eroismo, ma senza dimenticare i tempi difficili in cui si viveva: questa fu l’Heroic Age.

E quindi cerchiamo di trarre delle conclusioni su questo lungo ciclo. I suoi punti di forza: i dialoghi sempre ben curati, con pochi scivoloni, e i disegnatori che si sono succeduti, ognuno di livello eccelso. Mike Deodato, Leinil Francis Yu, Frank Cho... solo per citarne alcuni; punti deboli: non aver dato adeguato spazio, nonostante le buone premesse, all'Uomo Ragno e Wolverine, e aver creato in otto anni di gestione solo tre nuovi personaggi (Il Collettivo, Veranke, Victoria Hand).
New Avengers terminò nel 2010, con il numero 64, in concomitanza con l'epilogo del succitato crossover Siege. C’è da dire che rinacque però subito dopo, insieme ad Avengers senza aggettivi. Ormai tuttavia Bendis sembrava aver esaurito su questo gruppo la sua vena creativa e l'autoreferenzialità la fece da padrona: gli ennesimi dissidi interni, l'ennesimo scontro con Hood, l'ennesimo ritorno degli Illuminati... che per quanto ben descritti lasciavano una sensazione di deja vu.
Il giocattolo ormai si è rotto. E così Bendis concluderà definitivamente la sua corsa con Avengers Vs X-Men. E noi rimaniamo in attesa.

Queste storie appaiono su Avengers ##500-503 (ottobre 2004 - gennaio 2005) e Avengers Finale #1 (gennaio 2005), New Avengers (vol. I) ##1-64 (gennaio 2005 - giugno 2010) e New Avengers (vol. II) ##1-24 (agosto 2010 - giugno 2012), Mighty Avengers ##1-36 (maggio 2007 - giugno 2010), Dark Avengers ##1-16 (marzo 2009 - luglio 2010) e Avengers (vol. IV) ##1-25 (luglio 2010 - giugno 2012), pubblicati in Italia sulle collane Thor e i Nuovi Vendicatori, Iron Man e i Potenti Vendicatori e Avengers (tutt'ora in corso di pubblicazione), e raccolti sulla collana di volumi 100% Marvel Best
Le miniserie originali
House of M, Civil War, Secret Invasion, Siege e Avengers Vs. X-Men sono state o saranno pubblicate in Italia su Marvel Miniserie; House of M, Civil War e Secret Invasion sono state raccolte in altrettanti volumi Omnibus




Ultimates: i Vendicatori figli del 2000
di Valerio Coppola 

ultimates1-1Nel 2000 la Marvel, sotto la nuova guida del presidente Bill Jemas e del “direttore artistico” Joe Quesada, lancia l’Universo Ultimate, linea editoriale parallela che vuole rileggere in chiave aggiornata i personaggi e le storie del classico repertorio della Casa delle Idee, ormai stagionato di una quarantina d’anni. I primi personaggi a vedere l’update sono quelli che già godono di maggior successo commerciale, vale a dire Spider-Man e gli X-Men. Tuttavia, l’anno successivo, non tarda a entrare nella partita anche un altro importantissimo blocco editoriale: i Vendicatori.
Il lancio di una serie loro dedicata risponde a esigenze di diverso tipo. Da un lato, si amplia il parco di personaggi classici (e maggiormente rappresentativi) tradotti per il nuovo universo, contribuendo a rafforzarne l’immagine e ad imbastire una continuity più complessa, dunque più solida; tutto ciò si attua attraverso un comodo titolo contenitore, senza dover così dedicare una nuova testata ad ogni singolo personaggio, in coerenza con la strategia di contenere le pubblicazioni Ultimate. Dall’altro lato, reintrodurre in questo nuovo mondo i Vendicatori serve a replicare in qualche modo quella che era stata la funzione del supergruppo anche nel classico Universo Marvel: dettare il mood, lo spirito, in un certo senso l’anima stessa del nuovo corso narrativo-editoriale. Così, molto più di Ultimate Spider-Man e Ultimate X-Men, la nuova testata mette in scena in maniera evidente il carattere innovativo e al passo con i tempi (anche in chiave critica) di questi nuovi supereroi. E il cambio di prospettiva è programmatico fin dal nuovo nome scelto per il gruppo (e per la serie): non più Avengers ma Ultimates, “i Definitivi”.

Per portare l’operazione in porto vengono coinvolti due autori che sotto l’etichetta Wildstorm della DC Comics, con la serie Authority, avevano già dimostrato di saper maneggiare la materia del “nuovo” supereroe in maniera efficace. Le sceneggiature finiscono così nelle mani dello scozzese Mark Millar, già ai testi di Ultimate X-Men e per cui Ultimates costituirà la consacrazione definitiva. Per le matite ci si rivolge invece allo stile realistico e dettagliato del britannico Bryan Hitch (che, pur autore di pregevolissime tavole, sarà ragione di una tempistica editoriale piuttosto travagliata). Questa accoppiata di autori si rivela quanto mai indovinata per la serie: l’approccio estetico di Hitch, infatti, con il suo realismo coniugato a un gusto fortemente spettacolare per taglio, inquadratura e impostazione della pagina, si coniuga in maniera perfetta con le storie firmate da Millar, alla ricerca di risvolti politico-economici realistici che si snodano tra le pieghe di una storia ricca di pathos, colpi di scena e tinte forti.
La gestione di Millar e Hitch si articola dunque in due stagioni: 13 episodi per Ultimates 1 (2002-2004) e altrettanti per Ultimates 2 (2004-2007).

La prima stagione segue la formazione del gruppo, mentre sottotraccia va via via delineandosi un’invasione aliena (con un tocco tutto asgardiano) che sfocerà poi nel climax della serie. Prima di arrivare a questa resa dei conti, tuttavia, la trama si sviluppa per lo più presentando, di episodio in episodio, i personaggi principali e le loro relazioni reciproche. È proprio attraverso questi ritratti che si dispiega a pieno la rilettura in chiave Ultimate delle icone classiche, rispettandone le caratteristiche ma al tempo stesso declinandole in maniera innovativa: così, l’essere un personaggio fuori dal tempo che sempre ha caratterizzato Capitan America, in questo contesto fa di lui un uomo fortemente sradicato, che si aggrappa ancora a un sistema di valori lacero e (ormai) ipocrita, catapultandolo in un ruolo militarista e reazionario; all’opposto estremo, invece, è Thor che, seguendo la sua natura divina-elementale, posto davanti al nostro mondo non può che osservarlo in maniera critica nella sua ottusa corsa all’autodistruzione, mentre lo scetticismo che gli è intorno non fa che mettere in dubbio la sua stessa sanità mentale; figura di quell’autodistruzione è Tony Stark, che nell’armatura di Iron Man interpreta il ruolo di supereroe in maniera divistica, e non sembra affatto essere spinto da ideali particolarmente nobili. Ma anche la disperazione di un Bruce Banner represso che lo porta a esplodere nello sfrenato Hulk; la continua ricerca di identità e sicurezza di un Hank Pym (Giant-Man) che sfoga la sua frustrazione sulla moglie Jan Van Dyne (Wasp), vero polo forte della coppia; il rapporto morboso tra i due attaccatissimi fratelli Pietro e Wanda Maximoff (Quicksilver e Scarlet): tutto ciò porta avanti la tradizione di questi personaggi, sapendola però rimodulare per la sensibilità tipica degli anni 2000. E, ancor più, estremizza uno degli assunti base dei supereroi Marvel, facendo del volto dietro la maschera l’unico vero personaggio reale, e relegando il costume a un ruolo di mera divisa, non più simbolo di un’identità “più alta”, se non per alcuni riscatti finali.

Tale chiave di lettura, d’altra parte, torna in maniera prepotente nel personaggio più rappresentativo in assoluto non solo della serie, ma forse dell’intera linea Ultimate: Nick Fury. Su queste pagine, la superspia storica di casa Marvel si fa architrave dell’intero fenomeno supereroistico, impostandolo entro le categorie della sicurezza nazionale e dell’ordine mondiale, e muovendosi tra equilibrismi politici, macchinazioni machiavelliche e rapporti di forza economici e geopolitici. In questo modo, zeitgeist e motore narrativo dell’intero mondo Ultimate è il conflitto che si scatena attorno alla corsa agli armamenti superumani, mentre il supereroe diviene in maniera esplicita lo strumento con cui la potenza economico-militare degli U.S.A. impone il proprio dominio sul mondo. Non più supereroe, insomma, ma supersoldato a tutto tondo (destino a cui solo l’Ultimate Spider-Man di Brian Michael Bendis sembra riuscire a sottrarsi).
Ed è Nick Fury, appunto, il primo vero supersoldato, manovratore e punto di passaggio di tutte queste dinamiche di potere. Aggiornato esteticamente secondo i lineamenti di Samuel L. Jackson, che non a caso ne riprende poi il ruolo sul grande schermo, il personaggio diventa il cardine anche morale di questa serie: ma si tratta di una moralità difficile da definire, in cui l’ambiguità e il continuo scontro con la realtà rende impossibile qualsiasi giudizio netto e manicheo, che in qualche modo rimaneva (e rimane) la cifra dei vecchi Vendicatori.

Ecco dunque che le pagine di Ultimates, pur con una vena di divertente cinismo, ci presentano un mondo cattivo che non guarda in faccia nessuno, con il supereroe illuminato nella sua natura banalmente umana, meschina nella sua normalità. E allo stesso modo, l’epopea supereroistica che da sempre riecheggia le aspirazioni e le paure statunitensi restituisce al Paese un riflesso tutt’altro che rassicurante, anzi amorale quando non immorale, feroce e, soprattutto, corrotto nell’anima.
Non a caso, in chiave ancor più politica, in Ultimates 2 Millar accentua ulteriormente il ruolo del supergruppo quale clava che la superpotenza americana adopera sullo scenario internazionale, portando gli avversari geopolitici (unilateralmente definiti “Stati canaglia”) a una reazione di pari portata, che si risolverà nel cataclismatico finale di stagione.

Ad ogni modo, al di là dei discutibili sviluppi successivi portati da altri autori, le due stagioni firmate Millar e Hitch si attestano come fondamentali su diversi piani (oltre al loro eccelso livello qualitativo). Prima di tutto, come già accennato, danno solida e definitiva identità a tutta l’operazione Ultimate, rendendola cosa ben distinta e riconoscibile dall’Universo Marvel classico, nonché da altre operazioni di rilettura passate non altrettanto riuscite. Ma soprattutto, queste pagine si segnalano come uno snodo cruciale nello sviluppo della figura del supereroe e del suo intero genere, tanto da riverberarsi in evidenti ricadute, da Civil War in poi, anche all’interno delle storie nella continuity classica (che mantengono comunque la loro peculiarità). Tale influenza, d’altra parte, non ha mancato di esercitare la propria funzione anche nelle recenti trasposizioni cinematografiche dei Marvel Studios (ma anche nelle incarnazioni in celluloide di Spider-Man). Al di là dei debiti di natura estetica, infatti, gli ultimi film sui supereroi Marvel hanno attinto a piene mani dalla sensibilità e dalle trovate nate sulle pagine di Ultimates, mixandole con elementi più caratteristici delle storie classiche. E infine, l’importanza di queste storie è ravvisabile soprattutto nell’operazione “Avengers Assemble” che ha portato i Marvel Studios a costruire, film dopo film, quell’esperimento per ora riuscito di continuity cinematografica che avrà il suo primo crossover in “The Avengers”, proprio riprendendo dalle storie di Millar (e Bendis) il modo in cui nascono gli Ultimates (o i Vendicatori).

Queste storie appaiono su Ultimates 1 ##1-13 (gennaio 2002 - gennaio 2004), Ultimates 2 ##1-13 (dicembre 2004 - maggio 2007) e Ultimates Annual ##1-2 (2005 – 2006), usciti in Italia su Ultimates ##1-4, 7-9, 16-29, poi ristampati su Ultimate Deluxe Ultimates voll.1-4

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