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Recensione: Rapunzel - L'intreccio della torre

RapunzelPosterIl progetto Rapunzel nacque nel 2001 e da allora la produzione ha attraversato numerose modifiche e riscritture, di pari passo ai molteplici cambiamenti subiti dai Disney Studios nel corso del decennio: nato come un grande musical che avrebbe dovuto ricalcare il modello dei Classici degli anni '90, il film si trasformò in una fiaba dissacrante nella quale due teenager moderni venivano risucchiati all'interno del racconto originale sostituendosi ai protagonisti, e successivamente fu presa in considerazione anche una versione gotica.
L'aspetto più importante della pellicola fin dalle sue prime fasi si sapeva sarebbe stata la tecnica d'animazione: i principali animatori Disney (capeggiati da Glen Keane, che ha dovuto abbandonare la regia di Rapunzel per problemi di salute) erano al lavoro sul film, per ideare un nuovo stile d'animazione che avrebbe dovuto fondere i disegni 2D e i modelli 3D in un look mai visto prima, a metà tra l'effetto dei pastelli e un dipinto. I primi esperimenti davano risultati visivamente sbalorditivi, ma il costo di sviluppo di questa tecnica innovativa era eccessivo, perciò la produzione impose che Rapunzel si trasformasse in una pellicola in CG per non incidere ulteriormente su un budget già elevato a causa della lunghezza della lavorazione.

Rapunzel è una bambina nata con una bionda chioma, dotata del potere magico di guarire le persone; questa caratteristica attira l'attenzione della strega Gothel, che rapisce la piccola così da ottenere l'eterna giovinezza, spacciandosi per sua madre e tenendola prigioniera in una torre per impedire che possa scoprire la sua vera identità. Qui la ragazza crescerà senza alcun contatto col mondo esterno, fino a quando il ladruncolo Flynn Rider non si offre di accompagnarla nell'esplorazione per poter mettere le mani su un prezioso gioiello; la meta del loro cammino è la cittadella di cui Rapunzel (a sua insaputa) è principessa, che ogni anno celebra l'anniversario della sua nascita liberando in cielo un gran numero di lanterne luminose, spettacolo che la giovane ha sempre osservato dalla sua finestra e a cui vuole assistere da vicino almeno una volta nella vita.
Durante l'avventura, sarà Rapunzel la componente attiva della coppia, uno dei personaggi femminili Disney che compie il processo di crescita più grande: nella filmografia Disney erano già presenti donne in grado di prendere in pugno la situazione (Mulan, Pocahontas), ma in questo caso la protagonista parte dallo status della più classica "principessa da salvare" per poi maturare lungo il viaggio. Questo percorso, assieme all'entusiasmo e all'iniziale ingenuità di Rapunzel, ne fanno un personaggio femminile adorabile che può concorrere tranquillamente al titolo di migliore principessa Disney; Flynn ai fini della storia è poco più di una guardia del corpo/principe azzurro, ma la sua attitudine furfantesca mescolata con l'ironia e il sarcasmo che utilizza appena possibile, lo rendono una spalla maschile ideale per Rapunzel, pronto ad essere "redento" dalla sua natura di malvivente in maniera abbastanza prevedibile ma non per questo fastidiosa.
Come da tradizione Disneyana, ai protagonisti umani sono affiancati animali che aumentano la vena comica del film: il camaleonte Pascal è una presenza un po' gratuita ma riesce comunque a strappare qualche risata, mentre il cavallo Maximus gode di una caratterizzazione eccellente rubando in più di un'occasione la scena con la sua espressività. Anche i comprimari godono una particolare cura nella realizzazione, formando un cast variegato e di qualità: si va dall'allegra combriccola di malviventi che popola la locanda del Bell'Anatroccolo con i loro bizzarri sogni, ai genitori di Rapunzel che pur senza mai parlare riescono ad esprimere in una sola inquadratura le loro emozioni in modo intenso.

Come detto nell'introduzione, l'innovativa tecnica d'animazione che avrebbe dovuto fondere 2D e 3D in modo completamente nuovo fu accantonata per motivi economici, ma gli animatori hanno comunque saputo trasportare in CG la sensibilità e la fluidità dell'animazione tradizionale come nessun altro film aveva saputo fare finora. Grazie a piccoli stratagemmi l'aspetto degli umani è meno artificioso del risultato ottenuto in precedenza dai colleghi, che avevano dovuto fare i conti con la relativa inesperienza nei confronti del computer sbilanciandosi o verso una stilizzazione cartoonesca o verso un realismo difficilmente soddisfacente.
Ma Rapunzel no. Rapunzel riesce a trasmettere lo stesso calore dei Classici Disney degli anni '90, con personaggi in grado di sostenere una recitazione altrettanto minuziosa.
Lo stesso sapore della tradizione si respira anche nella vicenda, la più classica delle fiabe. La vicenda di partenza renderebbe complessa una narrazione moderna, per via di un villain poco adatto a uno scontro diretto o a un confronto finale, essendo una figura oppressiva e una minaccia incombente come lo erano state la strega di Biancaneve e i sette nani o la matrigna di Cenerentola. Madre Gothel è una figura complessa, potrebbe quasi apparire come una genitrice troppo protettiva, se non fosse per il mantenere Rapunzel in prigionia per fini egoistici; nonostante questo il personaggio è stato inquadrato alla perfezione e, anche se può non risaltare quanto i protagonisti, dalla sua resa dipende buona parte della riuscita della pellicola.
Una fiaba tradizionale quindi, ma raccontata al pubblico del 2010 con uno stile decisamente moderno: questa volta la Disney non raggiunge il risultato inserendo anacronismi (com'era avvenuto in Aladdin e Hercules), ma punta su una narrazione rapida sostenuta da un montaggio che infonde un ritmo incalzante alla trama.

Se proprio dobbiamo trovare un elemento leggermente sottotono in Rapunzel potrebbero essere le canzoni: il ritorno di Alan Menken, compositore delle più memorabili colonne sonore Disney, aveva fatto crescere le aspettative a riguardo e il risultato non. Questa volta Menken, solito inserire sonorità completamente avulse dal contesto della storia (raggae nelle profondità marine, gospel nella mitologia greca, ecc.) opta per uno stile pop/rock vicino agli standard moderni, che si rivela adattissimo alla pellicola ma forse meno incisivo dei suoi lavori passati: ogni canzone è funzionale ad accompagnare le scene che passano sullo schermo e le sensazioni dei personaggi in quel particolare momento della vicenda, ma non ci sono brani cosi orecchiabili da avere la potenzialità per diventare un tormentone che risuona in testa anche una volta usciti dalla sala.Rapunzel3
Detto questo, non si può però non lodare la freschezza di "Aspettando una nuova vita" che introduce la protagonista o la buffa "Ho un sogno anch'io" intonata dai furfanti alla taverna; esperimenti molto più originali sono la melodrammatica "Resta con Me" di Madre Gothel e il brano strumentale "La Danza del Reame" che sottolinea una coreografia corale da grande musical.
Dal punto di vista sonoro vale la pena soffermarsi anche sul doppiaggio italiano: Giampaolo Morelli è simpatico nei panni di Flynn Rider anche se in alcuni passaggi risulta leggermente fuori luogo, mentre la performance vocale di Laura Chiatti è sorprendente, in grado di esprimere al meglio l'entusiasmo della protagonista.

Dopo tanti anni possiamo quindi dire di aver assistito a una classica fiaba disneyana, dopo il tentativo apprezzabile (ma riuscito a metà) de La Principessa e il Ranocchio; il flop di quest'ultimo film aveva spaventato la Disney, che in patria ha cambiato il titolo in Tangled per non evidenziare il fatto di avere una protagonista femminile, e ha realizzato trailer scanzonati che puntavano soprattutto sull'elemento comico cercando di nascondere la componente fiabesca e musicale di Rapunzel.
Evidentemente però il pubblico non si è stancato delle "solite fiabe Disney" se ben raccontate, dato che i risultati al botteghino sono entusiasmanti in tutto il mondo, in grado di coprire con i soli incassi cinematografici il mastodontico budget stanziato nel corso della produzione decennale; potrebbe essere un segnale positivo, forse in grado di far risorgere un progetto come Snow Queen accantonato negli scorsi mesi proprio per la natura da "film di principesse".
Nel corso della trama ci sono alcuni momenti (uno in particolare) nei quali la vicenda sembra possa prendere una piega drammatica, e nonostante i personaggi siano adorabili verrebbe quasi da sperare che la Disney si liberi dalla gabbia del lieto fine forzato di cui a volte viene accusata; in fondo, negli ultimi 12 mesi abbiamo visto ne La principessa e il ranocchio e in Dragon Trainer finali dolceamari che si rivelavano comunque adatti a un pubblico infantile.
Però dopo qualche secondo di dubbio, il lieto fine (specie se realizzato con un'idea intrigante come in questo caso) risulta la risoluzione più naturale; lasciamo alla Pixar la sperimentazione, con lungometraggi animati per buona parte privi di dialogo oppure con protagonisti ottuagenari, e accettiamo che la Disney sa ancora fare happy ending in grado di regalarci un sorriso e una sensazione di serenità interiore, come avveniva quando da bambini si usciva dal cinema con gli occhi che ancora brillavano per la meraviglia.

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