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Hellboy vol.9: La Caccia Selvaggia

Con "La caccia selvaggia" Mike Mignola segna finalmente alcuni punti fermi nella biografia di Hellboy, iniziando al contempo a porre le basi per un futuro che si promette gravido di scosse e incognite.
Abbandonato ormai da qualche anno il B.P.R.D. (che intanto prosegue le proprie peripezie in una pregevole serie spin-off), Hellboy continua ad affrontare le proprie avventure in solitaria, scontrandosi di continuo con elementi del suo passato destinati a condizionare il suo futuro. "La caccia selvaggia" lo porterà infatti a scoprire chi è davvero e a doversi confrontare con la propria eredità. Un’eredità che ancora una volta, ma in maniera molto più acuta, affonda le proprie radici nella mitologia e nel folklore, inquadrando a pieno titolo la creatura di Mignola in un mondo più antico, connesso e articolato di quanto potessimo pensare.

Questa storia pone le basi per una guerra in cui Hellboy avrà un ruolo di primaria importanza. Un conflitto che sarà sbocco di tutte quelle profezie e suggestioni che Mignola ha disseminato in queste pagine già a partire dal 1993. Viene così alla luce in maniera sempre più evidente un filo conduttore celato tra vicende all’apparenza slegate, occorse in tutti questi anni. Ma forse ancor più rilevante è una seconda battaglia che già prende forma ne "La caccia selvaggia", vale a dire quel travaglio tutto interiore a Hellboy che lo pone di fronte a una predestinazione ereditata che gli scorre nel sangue e dalla quale sembra non poter fuggire. È una lotta tra la volontà di Hellboy di essere un uomo, di decidere da sé il proprio futuro e la dimensione della propria vita, contrapposta invece alla sua natura terribile, partorita dall’orrore, una forza selvaggia e incontrollabile pronta a dominare. E probabilmente sarà proprio l’esito di questo conflitto interiore a decidere le sorti di tutta la guerra.

Nonostante l’enormità delle forze e degli eventi in gioco, anche questa volta Mignola rimane fedele a quello stile che ha fatto di Hellboy un gioiello unico nella letteratura a fumetti: uno stile riposato, sereno e ironico, che tratta la mostruosità con estrema naturalezza, mentre conosce tumulto solo nell’affiorare dei sentimenti più umani e comuni. Una narrazione pulita, ritmata, che di parole ne usa poche ma significative, capaci in una frase di suggerire interi nuovi contesti.
Sulla stessa linea le splendide tavole di Duncan Fegredo, molto più a suo agio e meno preoccupato di calibrare la propria mano, rispetto al volume precedente. Fegredo sa recuperare da Mignola quella narrazione per immagini fatta di contrasti tra panorami immensi e nicchie claustrofobiche, tra larghissime campate visive e piccoli dettagli pieni di senso, tra momenti di intimità quasi immobile e scene d’azione esplosiva. Ma allo stesso tempo sa contemperare l’inevitabile riferimento all’immaginario di Mignola con una sensibilità più personale, incarnata soprattutto da una morbidezza nelle pose e nelle chine sconosciuta al creatore di Hellboy.

Da non sottovalutare, infine, la colorazione di Dave Stewart, con una scala cromatica e una scelta di toni che aggiungono davvero qualcosa all’atmosfera e al racconto.
Buona l’edizione targata Magic Press, che lascia però sentire la mancanza delle copertine originali a colori di Mignola, piccole perle nella loro iconica sintesi della storia e del personaggio.


Valerio Coppola

Dati del volume

  • Voto della redazione: 8
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