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Francesco Diana

Francesco Diana

La Redenzione del Samurai: intervista a Roberto Recchioni

Come ci racconta lo stesso Roberto Recchioni, il 2012 è stato un anno molto intenso per l'autore romano. In particolare le recentissime uscite di Ammazzatine e Asso (di cui vi abbiamo proposto un'anteprima in esclusiva) e de La Redenzione del samurai, numero due della nuova collana Bonelli Le Storie, hanno posto il Rrobe sotto i riflettori nelle ultime settimane.
Comicus, ha recensito tutte le tre opere e vi propone un'intervista a Recchioni in cui l'autore ci parla della sua ultima fatica Bonelli e fa il punto della situazione sui suoi mille progetti. 

Buona lettura.

Intervista a cura di Francesco Dianae Giovanni La Mantia

Le Storie 2: La Redenzione del samurai: Recensione
Asso: Recensione
Ammazzatine: Recensione


la-redenzione-del-samurai_s2Ciao Roberto e bentornato su Comicus.

Partiamo da Le Storie. L’iniziativa di Sergio Bonelli Editore di creare una serie di volumi le cui trame sono sciolte tra loro, a parer tuo, è un segno di rinnovamento o è un segno di tradizionalità della casa editrice.

È segno, in primo luogo, di un enorme coraggio e di tantissimi mezzi.
Mandare in edicola una serie a fumetti senza il traino di un personaggio fisso o di un genere, e farlo con convinzione, mettendo in cantiere oltre sessanta numeri, è una prova di forza e di convizione davvero notevole. È un gesto che fa bene al settore tutto. Che sia rinnovamento o tradizione, invece, lo diranno le storie che di volta in volta si avvicenderanno. Quindi, dipende dagli autori.

Parlando della tua La Redenzione del samurai si nota l'attenzione e lo studio ai dettagli non solo dal punto di vista grafico, ma anche di contenuto: il modo di agire dei samurai, la condizione delle popolazioni in quel periodo, il brigantaggio dei mercenari e i problemi sociali. A cosa ti sei ispirato per costruire il corpus dell'opera? I personaggi sono pura invenzione oppure ispirati a qualcuno veramente esistito?

Con l’eccezione di Ichi, che si rifà alla figura popolare di Zatoichi, i personaggi non sono ispirati a nessun personaggio storico reale. Sono, questo sì, figure archetipe del genere di riferimento: il chambara.

Nello svolgimento della storia assume un'importanza primaria il personaggio del Maestro Ichi, quale archetipo dell'onore e della disciplina slegata dalle pastoie di una cultura tanto affascinante quanto rigida. Il maestro, è il character più moderno dell'albo. Alla fine della storia Ichi si affianca al cammino del giovane samurai, quasi a voler intendere che i due vivranno anche altre avventure, oltre quella proposta nell'albo. Ci sarà spazio quindi per lui in una nuova storia, magari in programma in questa stessa collana?

Ichi sarà il collante che legherà la varie storie del mio “ciclo giapponese” l’una all’altra.

Il tema del cammino del guerriero samurai appartiene alle tue tematiche narrative da molto tempo, ricordo, ad esempio, il periodo in cui anche John Doe percorreva il Bushido, rifacendosi agli insegnamenti di grandi maestri del passato. Come mai questa ricorrenza?

In realtà, la filosofia del bushi (e quella del meifumado) è roba che mi appartiene intimamente e a cui, con tutte le difficoltà del mondo, cerco di aderire nella mia vita di tutti i giorni. Inevitabile che in maniera, più o meno palese, tracimi in quello che faccio.

Per te, oggi, è ancora possibile parlare, in chiave moderna del cammino compiuto dal samurai secondo il codice bushido? In altri termini, vedresti applicata questa morale anche ad un eroe che vive ai giorni nostri, nel caos, anche mentale, che ci circonda?

È già stato fatto, e bene, da Jim Jarmusch in "Ghost Dog". La figura del samurai (colui che serve) è ancora attualissima, specie se usata per contrasto.

Quando hai ideato Chambara (nome di lavorazione, poi cambiato, di La Redenzione del Samurai) hai immediatamente pensato ad Andrea Accardi per i disegni oppure è risultato il prescelto tra una cerchia di nomi, posto che riteniamo questa una soluzione felice?

Ad Accardi sin dal primo minuto. Non c’era altro disegnatore che avrebbe potuto realizzarla. Se in Bonelli non lo avessero accettato, avrei scritto altro.

Quanto è stato differente lavorare a Le Storie, dove hai potuto dare libero sfogo alla tua fantasia scegliendo ogni cosa, dall'ambientazione ai personaggi, rispetto a quanto hai fatto e stai facendo su titoli come Dylan Dog e Tex? Hai mantenuto lo stesso approccio lavorativo o l'hai cambiato radicalmente?

È molto diverso scrivere Dylan Dog e Tex. Su Dylan, ho sempre goduto (fino a quando l’ho scritto), di una libertà totale, mentre con Tex il discorso è diverso. Il tuo primo supervisore, quando scrivi Tex, è Tex stesso e se fai qualcosa che non gli garba, lui te lo farà notare con le sue maniere. In realtà, comunque, il rigore che mi sono auto-imposto per scrivere La Redenzione, è stato tale che posso dire di aver goduto di tutta questa libertà. Ho rispettato delle regole rigidissime. Che ho scritto io stesso. Carceriere di me stesso, quindi.

Parlando d’altro e permettendomi di navigare un po’ con la fantasia e curiosità, anche uno dei personaggi de Gli Orfani, sarà un samurai (almeno nello spirito)? In ogni caso, a quali stereotipi ti sei ispirato per caratterizzare i personaggi di questo tuo prossimo lavoro? A che punto è il progetto?

Il progetto è a un buon punto. Stiamo iniziando a lavorare alla seconda stagione, mentre completiamo la prima, e il Giappone e certe sue suggestioni sarà presente come è presente in una larghissima parte dei miei lavori.

Parlando di volumi come Ammazatine e Asso, qual è stata l’accoglienza riservata a Lucca? Ha corrisposto alle tue aspettative?

È andata molto oltre. Asso è stato uno dei piccoli fenomeni editoriali della manifestazione e anche Ammazzatine è stato accolto bene. Merito anche di un esperimento promozionale che ho voluto fare, quello cioè, di affidarmi a un ufficio stampa personale che ha lavorato molto bene.

Restando in tema, come ti sei approcciato a queste due serie piuttosto che a quelle Bonelli?

Ammazzatine è una ristampa, rivista e corretta, di una miniserie che io e Stefano Landini realizzammo qualche tempo fa, per i settimanali della defunta Eura Editoriale. Quindi, non c'è molto da dire: è stata realizzata in totale libertà creativa. Asso è qualcosa di diverso, un prodotto molto personale e sentito, un libro molto provocatorio e una specie di esperimento comunicativo in cui ho cercato di mescolare le carte non solo tra il reale (molto) e la finzione (quasi nulla) ma anche tra quella che viene generalmente indicata come la mia “opera” (ovvero i fumetti) e la mia “comunicazione” (il blog). Ecco, con Asso ho cercato di eliminare questa distinzione.

Infine, chiusa la lunga avventura editoriale di John Doe e in attesa della chiacchieratissima serie Gli Orfani, cosa riserva a media-lunga scadenza il futuro artistico di Roberto Recchioni?

Il 2012 è stato uno dei miei anni più intensi, editorialmente parlando: ho concluso John Doe, pubblicato due storie di Dylan Dog, pubblicato due libri a fumetti (Ammazzatine e Asso), dato alle stampe La Redenzione del samurai e ho messo il naso in tutta un’altra serie di progetti piccoli e grandi.
Il 2013 non dovrebbe essere da meno: dovrebbe uscire almeno una delle mie ultime storie di Dylan, ci dovrebbe essere uno o due miei nuovi libri, e poi anche una storia di samurai sempre per Le storie e sempre con Accardi e poi Gli Orfani, a fine anno. La mia prima storia di Tex, invece, che ho finito da qualche tempo, non dovrebbe vedere le stampe prima del 2015, temo. Nel frattempo, però, sto iniziando a lavorare a una nuova avventura del ranger.

Le Storie 2 - La Redenzione del Samurai

L’appuntamento di questo mese del nuovo mensile Bonelli, Le Storie, è affidato alla penna di Roberto Recchioni e alle matite di Andrea Accardi: i due ci portano nell’antico Giappone e ci fanno vivere l’avventura di un ragazzo devoto al codice d’onore dei samurai (il Bushido) e incaricato dal nobile del luogo (il Daimyo), di trovare e scortare al suo destino, e a palazzo, il suo stesso maestro colpevole di aver disobbedito agli ordini.
Siamo, quindi, in un periodo dove l’onore si misura in base alla devozione riposta in chi si serve, in un’epoca in cui gli errori, reali o presunti, si pagano con la morte che, sola, può ridare lustro a chi si immola per correggere i propri passi. Un’era di grandi menti, scritti filosofici che ancora oggi permangono per valenza, bellezza e fascino, eppure in un periodo ricco di fame e miseria, terrore e ingiustizia sociale.
Uno di quegli squarci temporali, in pratica, di grande ispirazione letteraria; ispirazione che il romano Recchioni ha assorbito e trasferita nelle 114 pagine che compongono il volume.

Leggendo l’opera, ci si innamora subito delle ambientazioni e delle caratterizzazioni dei personaggi che simbioticamente si intrecciano in un piacevole gioco: il giovane Tetsuo Kogawa percorre le strade nipponiche ricoperte dalla neve per riportare a palazzo il suo Maestro, il samurai Jubei Sgimada, colpevole di avere assassinato altri samurai inviati dal Daimyo in un villaggio per riscuotere le imposte stabilite dal feudatario.
In questo viaggio c’è il dolore di un allievo che vede nel proprio maestro una persona di famiglia, l’esuberanza di un giovane che tenta in tutti i modi di entrare in un sistema brutale ma millenario, senza capire il suo posto né i giochi che lo muovono. È, in pratica, il percorso che porta alla crescita interiore necessaria per passare dall’apprendistato alla maturità.
Per giungere a questa maturità interiore, il giovane Tetsuo si imbatterà nell’evidenza di un popolo che ha fame e paura; nella battaglia contro i briganti inviati a fare terra bruciata del villaggio “colpevole” di non aver pagato i dazi stabiliti; nell’amarezza di avere solo una strada per rendere giustizia al proprio Maestro.
Lotterà al fianco del proprio mentore, inizierà a capire la vita del samurai guidato dal “grillo parlante” che per parte del viaggio lo seguirà, il vecchio Ichi. Giungerà alle scelte per lui più giuste, trovando la sua strada.

I disegni sono magistralmente condotti dal già citato Accardi, che coglie molto bene quelle ambientazioni orientali care ai manga e che difficilmente avremmo pensato di trovare in un volume Bonelli, ma utilizzando quel tratto “realista” del fumetto occidentale e nazionale che contraddeistingue il fumetto seriale italiano.
Le scelte linguistiche utilizzate dall’autore, sono quelle a lui più consone: ogni vignetta comunica, ma lo fa con poche parole. Recchioni affida, gran parte del messaggio narrativo ai disegni, riversando in questo modo su Accardi fiducia e libertà espressiva capaci di produrre brillanti risultati, visibili in ogni scena.

La storia cattura il lettore e lo fa molto bene. Possiamo attribuire questo trasporto, non solo alle capacità narrative di Recchioni, ma anche alle similitudini che noi tutti abbiamo con la cultura nipponica, più vicina di quanto si pensi. Inutile negare che siamo un popolo in cerca della nostra identità nazionale, come lo è sia  l’eroe di quest’avventura sia il Giappone di quei tempi, e siamo anche in cerca di una nostra personale redenzione. Siamo circondati dalle bellezze naturali e culturali più profondamente marcate in ambito occidentale, come il Giappone lo è in ambito orientale e siamo, allo stesso tempo, circondati dalle più grandi ingiustizie del mondo: dall’alba dei tempi ad oggi. Questo trait d'union così preponderante tra la nostra cultura e quella nipponica fa da perfetto scambiatore emozionale di fondo di questa storia.

L’avventura editoriale de Le storie si sta dimostrando davvero ricca di sorprese e scelte indovinate: dalle copertine agli autori fino a questo momento intervenuti e dai nomi dei prossimi che interverranno.
L’unica nota stonata, per questo secondo numero, è la scelta dei tempi per alcune scene, che bruscamente cambiano. In pratica, si può avere l’impressione che il contenuto della storia avesse bisogno di una tempistica narrativa differente, che facesse scorrere più dolcemente il racconto verso la fine. Molto probabilmente, se invece di inserire l’opera in questa nuova collana, la Bonelli avesse scelto un formato come quello dei Romanzi a Fumetti Bonelli, il risultato, già eccellente, sarebbe stato addirittura migliore.

Axe Cop

Non c’è limite a cosa in un fumetto può essere rappresentato. Un disegnatore può rappresentare un uomo chiuso in una stanza con solo una scrivania davanti a sé, oppure l’universo tutto. Servono “soltanto” idee geniali e tanto talento nel metterle su carta.
Normalmente la regola è quella di trovare una storia con uno o più protagonisti,  con un eroe che avesse dei limiti, dei poteri, un credo o uno scopo. L’inibizione della storia dipende non solo dalle capacità dell’autore, ma anche da quelle imposte dall’universo narrativo in cui la storia si svolge e dal pubblico a cui essa è rivolta.

Con Axe Cop scordatevi questo limite. Le barriere sono infrante e il risultato, su molti punti di vista è eccellente. In Axe Cop non c’è solo la storia di un personaggio, bizzarro e per certi versi assurdo, ma anche la storia di due fratelli che, per gioco e in un gioco, decidono di realizzare una serie di avventure su questo personaggio.
Il processo grafico è organizzato da Ethan Nicolle, cartoonista underground, mentre la parte creativa è responsabilità di una persona insolita per il mondo del fumetto, ovvero Malachai Nicolle, fratello di Ethan. Cos’ha di insolito questo ragazzo? La bizzarria sta proprio in questo, Malachai non è un ragazzo né un uomo, né una donna, ma un bambino di 5 anni.

In questo fumetto, quindi, dovete aspettarvi tutto quelle che un bambino è capace di pensare durante l’infanzia, e se ricordate un po’ i vostri 5 anni, belli o tristi siano stati, vi renderete subito conto del limite della fantasia di un bambino di quell’età: nessuno!
Aspettatevi quindi le più assurde e geniali mirabilia di sempre. Direttamente dalla mente del giovane Malachai arriva Axey Smartist, in arte Axe Cop, poliziotto & eroe, capace delle azioni più folli e (apparentemente) insensate di tutti i tempi, capo di una stazione di polizia tutta sua, collega di un gruppo di eroi di ogni genere, catapultato in un mondo popolato da robot giganti, mostri, zombie, comuni ladri, unicorni, tritoni, sirene, cani parlanti, dinosauri da guardia, e molto di più. Non bisogna essere amanti di nessun genere fumettistico per apprezzare questo fumetto, basta solo avere voglia di sorridere, ripensando al “fantastico” della propria infanzia.
Il risultato: un piacevole e avvolgente sorriso e un senso di benessere assicurato.

Il volume, edito dalla Bao Publishing, è la raccolta di molte delle storie brevi apparse sul sito creato appositamente da Ethan Nicolle per il personaggio; il web-comic sito è stato una sorta di fenomeno sociale in rete ed è stato pubblicato successivamente su carta, in originale, dalla Dark Horse Comics.

L’opera è divista in capitoli, costituiti per lo più da storie autoconclusive di poche vignette, ma non mancano storie di più pagine, e un’epica e travolgente storia lunga dal titolo Battaglia finale. Le avventure aumentano di numero di vignette all’aumentare della dimestichezza nel “gioco” che Malachai compie con suo fratello.  La composizione della  dei disegni è chiara, ha carattere e non stona con il livello narrativo delle varie (mini)avventure.

La cosa più interessante di questo volume è il valore pedagogico che possiede. Axe Cop è il frutto della fantasia di un bambino e, di conseguenza, anche l’interpretazione del mondo visto dagli occhi di un giovane americano di Washington. Un mondo dove il male viene sconfitto, dove si è fortunati se si ha la possibilità di combatterlo non solo di giorno ma anche di notte, ma anche dove si fanno conoscenze pazzesche e, calciare per aria, fa capire se si è dalla parte dei buoni oppure no. Di conseguenza è, se vogliamo, il luogo primordiale dei “credo” e delle “paure”. La parte della mente che inizia a prendere dimestichezza con la realtà e a darne una propria spiegazione.
In questo mondo basta possedere un’ascia da pompiere per essere un eroe e un mostro è cattivo o buono a prescindere dal suo aspetto. In questa realtà, che è un po’ quella di tutti i bambini, l’eroe è imbattibile e gioca ai videogame. Nel mondo di Malachai tutto quadra perché è Malachai stesso che crea le logiche, non c’è cioè la ricerca del senso della vita, ma una sua nuova stesura.

Insomma, Axe Cop è un progetto che non è trasversale ad alcun genere o ad alcunché, può essere definito come “le nuove avventure di Peter Pan”, scritte da un autore che aveva solo voglia di divertirsi con suo fratello maggiore.
Un divertimento privo di filtri, ma anche geniali.

Sul pianeta perduto

Il nuovo numero dei “Romanzi a fumetti Bonelli”, dal titolo Sul Pianeta Perduto vede scendere in campo due nomi storici del fumetto italiano: Antonio Serra e Paolo Bacilieri.

Per iniziare a parlare di questa storia possiamo partire dalla copertina, che è opera dello stesso Bacilieri, la quale rappresenta un sunto ben realizzato della storia stessa. Ci si trova su un pianeta lontano dalla terra, per posizione e linea temporale,  diviso da un “muro” naturale che ha una sua spiegazione scientifica, e abitato da esseri umani che, a differenza di noi terrestri, hanno perso quasi del tutto la voglia di guardare le stelle. A rompere gli schemi ci sono due ragazzi, protagonisti del racconto, Jim & Rose, che intraprenderanno un viaggio per trovare la loro nuova casa, il pianeta Yird, e per scoprirsi liberi da paure e preconcetti che rischiano davvero di pietrificare quella virtù che fa grande l’uomo, la libertà di vivere e sognare.

In quest’avventura c’è tutto ciò che serve: la paura del passato (provata dagli abitanti dell’isola di Maa e rappresentata dalla presenza del robot Bota), la richiesta di accettazione da parte del prossimo (sentimento provato dallo stesso robot che non chiede altro che essere accettato dagli abitanti del posto), la voglia di scoperta di Sam, animale facente parte della razza autoctona dei Fur, che accompagnerà i ragazzi nella loro avventura e la voglia di riscatto, ancora tutta da maturare, di Ezra, co-protagonista della storia.

È un’avventura che non è difficile definire “romantica” in quanto spiega molto bene il nostro quotidiano e la nostra natura. Il tema della diversità è affrontato minuziosamente e lascia grandi speranze sulla capacità della razza umana di rimediare ai propri errori, sia presenti che futuri.
Ci si può interrogare a fondo su quali sono i confini che l’uomo può realmente avere e quali, in realtà, si impone da solo. Infatti, come due facce della stessa medaglia, si scoprirà quella parte dell’animo umano che, per reagire, ha bisogno di essere prossima al baratro e quella d’antitesi, che farà emergere lo spirito distruttivo che ci portiamo dentro; tutto ciò è racchiuso magistralmente in una scena bellica che vede contrapporsi uomo contro uomo per il futile, ma umano, sogno di conquista chela nostra razza porta con sé da sempre e che non è difficile immaginare attraverserà, con essa, le stelle.

Anche la presenza della “muraglia di schiuma” offre interessanti spunti di riflessione: nella storia questo elemento divide in due il nord e il sud del pianeta in parti che non sono in grado di comunicare e interagire tra di loro. Ai giorni nostri questa “barriera” la si può trovare nelle cose che crediamo di aver capito e in quelle che non vogliamo accettare: a volte poi è il coraggio di un uomo, o magari la sola sua sfrontatezza davanti agli schemi, che rompe e supera dette barriere.

Emerge in tutto il volume una visione antropocentrista di parte della razza umana: lo sfruttare la natura, le sue risorse, le specie viventi che la popolano è, da sempre, il modo che l’uomo ha escogitato per ergersi al vertice della catena alimentare, stratagemma che, in qualche modo, dovrà essere vinto per poter definire l’uomo una razza davvero privilegiata (e nel volume anche questa semi-utopistica idea trova una brillante soluzione).

Parlando della struttura narrativa, si nota come la Bonelli e i suoi autori stiano riuscendo a elaborare quella che è sempre più vicina a una Letteratura Disegnata con un formato che è sempre più simile, per prezzo e foliazione, ai "best seller Mondadori", dove la qualità narrativa è indiscussa ed il prezzo invitante.
In questo Sul Pianeta Perduto la freschezza dei dialoghi è alta e la storia scorre fluidamente non interrompendo mai il suo piacevole andare. I disegni di Bacilieri non sono solo lo strumento col quale raccontare parte della storia, ma parte integrante di una ben studiata architettura narrativa che arricchiscono enormemente l’opera che attraverso le tinte e le minuzie del disegnatore, offre la visione più similare a quella che Serra voleva trasmettere, cosa che si percepisce enormemente.
Alcune pagine del volume sono datate 2010, e questo ci fa capire la durata dei lavori intrapresi per realizzare il racconto. Inoltre, tutti gli elementi di flora e fauna, spiegati nella parte introduttiva del volume, sono magistralmente descritti in ogni tavola del racconto: dettagli quali tane sotterranee di animali originari di Yird, specie marine o terrestri differenti da quelle che siamo abituati a vedere, non mancano, e non stonano, in nessuna vignetta. Animali come le cavalcanuvole  ricordano la specie delle mante, ma anche un gradito omaggio al Maestro Moebius e alle sue creature volanti.

In definitiva Sul Pianeta Perduto è un volume che attesta l’alta qualità degli autori Serra e Bacilieri, capaci come pochi di reinterpretarsi e reinterpretare un genere, quello fantascietifico, ma attesta anche la grande lungimiranza della casa editrice e del suo, ormai compianto, proprietario Sergio Bonelli che hanno, e stanno, portato avanti un progetto editoriale che nel tempo sta ripagando gli appassionati di ogni livello con ottimi frutti.

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