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Dodici

Dodici, quarta opera di Zerocalcare, racconta di un’invasione zombie a Rebibbia e delle vicissitudini dei quattro personaggi principali Zero, Secco, Katja e Cinghiale, fra i soli trentasei superstiti presenti nel quartiere romano.
Protagonista della storia è Secco: questi dovrà cercare un modo per sfuggire ad orde di non-morti famelici, in una lotta contro il tempo per salvare la vita del suo migliore amico, Zero, ferito e caduto in coma in circostanze misteriose.

La storia si svolge in un arco temporale di dodici ore esatte (da qui il titolo): questa, in termini cronologici, non è costruita in maniera lineare e sequenziale, ma risulta composta da una sequenza principale che si svolge nel presente (in bianco e nero), intervallata da una serie di flashback (a colori) che approfondiscono eventi avvenuti nelle ore precedenti, funzionali a svelare, a poco a poco, i misteri salienti del racconto. Questo tipo di montaggio ricorda il film Memento di Christopher Nolan oltre che la serie televisiva 24, citata apertamente non solo nell’apertura di ogni flashback (la prima vignetta mostra sempre il quadrante di un orologio digitale riportante l’orario nel quale la scena si svolge), ma anche nello stesso titolo Dodici, che altro non è che la metà di 24, quasi come se il racconto in questione volesse apparire come una versione proletaria di un classico fra i serial degli ultimi anni.

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Nel raccontare la sua personalissima versione di zombie invasion, Zerocalcare si ispira, con tanto di riferimenti sparsi qua e là, a due archetipi del genere, uno in ambito letterario, l’altro in quello cinematografico. Il primo è il libro Manuale per sopravvivere agli Zombie di Max Brooks: da questo infatti l’autore riprende, per esempio, l’elemento della gommapiuma da avvolgere intorno alle braccia con il nastro adesivo, al fine di evitare di essere morsi (e conseguentemente contagiati) dai non-morti; il secondo è il classico del cinema horror La notte dei morti viventi di George A. Romero: la caratterizzazione dello zombie, nel suo comportamento o nel modo di muoversi, è tipicamente romeriana. Non va dimenticato però anche il grande amore di Michele Rech per la serie The Walking Dead, più volte citata, con continui riferimenti al personaggio di Shane, stereotipo dell’amico bastardo per eccellenza.

Uno degli aspetti più originali del libro è l’ulteriore approfondimento fatto su personaggi già presenti nelle opere precedenti, i quali diventano protagonisti di spessore: scopriamo ulteriori dettagli e vicende del passato di Secco e Cinghiale, amici d’infanzia di Zero. I due sono protagonisti del racconto, insieme alla new-entry Katja, facilmente definibile come una via di mezzo fra il personaggio di Michonne di The Walking Dead e una delle tante protagoniste di videogame nipponici genere picchiaduro, da Street Fighter a Tekken (senza dimenticare la saga di Final Fantasy).

Analizzando la componente grafica, non vi è nulla da eccepire poichè il disegno di Michele Rech ha oramai trovato la sua più matura espressione: se da un lato non vi è un tratto particolarmente dettagliato, né una costruzione eccessivamente precisa, in termini geometrici, della pagina, dall’altro lo stile cartoonesco tipico del fumettista romano risulta essere assolutamente piacevole, tanto da strappare un sorriso nel solo imbattersi nelle versioni alla Zerocalcare di personaggi di altre opere, come, ad esempio, Lady Marian di Robin Hood della Disney. Anche in questo libro, infatti, l'autore non manca di proporre le sue grottesche e ironiche interpretazioni di personaggi celebri della TV e del cinema del passato: incontreremo elementi del cast di Ken il Guerriero, I Cavalieri dello Zodiaco e Star Wars, oltre che del su citato The Walking Dead.

Dodici è prettamente un’opera di evasione, atta a divertire più che a far riflettere: non manca, però, la componente introspettiva, riflessiva e malinconica, che contraddistingue i lavori di Michele Rech sin dai tempi de La profezia dell’Armadillo: questa ci appare quasi nascosta fra le molte situazioni dal tono caciaronamente splatter, come se l’autore stesse confessando a bassa voce alcuni dei suoi più intimi pensieri sulla realtà nella quale è nato e cresciuto, mentre fuori c’è la fine del mondo. Inoltre, Dodici è un’opera essenziale e asciutta: Zerocalcare riesce a esprimersi in modo maturo e convincente, senza perdersi fra le tante cose da raccontare, non eccedendo mai e dimostrando una buona consapevolezza nell’organizzare una storia che si svolge in più piani temporali e spaziali, incastrando molto bene tutte le tessere del suo mosaico.
Nel corso della storia ci si imbatte in alcune pagine nelle quali l’autore, con un vero e proprio flusso di coscienza, rende partecipi di alcune commoventi riflessioni sulla natura del suo quartiere e sul senso di appartenenza nei confronti di esso: queste sono il vero fiore all’occhiello dell’opera.
Da evidenziare è, inoltre, la storia di Er Carma, raccontata in una manciata di vignette che si intervallano al racconto principale per poi, alla fine, ricongiungersi ad esso: questa altro non è che una metafora con la quale Zerocalcare dice la sua sul concetto di karma, che è uno dei tanti temi presenti nel libro.

Michele Rech sembra apparentemente sposare il punto di vista di Romero secondo il quale la stessa apocalisse zombie altro non è che “il contrappasso per una società avida e vorace che divora il prossimo in nome del profitto”: in realtà questa non sembra altro che uno spunto grazie al quale l’autore può diffondere il suo pensiero analitico sulla società italiana attuale e su come le persone affrontano la propria vita.

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A voler trovare il proverbiale pelo nell’uovo va specificato che la storia si apre in medias res e allo stesso tempo si conclude con un finale fin troppo aperto, cosa che indebolisce leggermente l’opera: la mancanza di una vera e propria conclusione lascia il lettore un po’ spaesato dalla sensazione di aver letto un qualcosa di incompiuto; questa incompletezza rappresenta il proverbiale fianco che non andrebbe mostrato nella boxe e identifica quelli che possono essere i limiti del fumettista romano, sostanzialmente ancora all’inizio della sua carriera. Sperimentare un genere narrativo nuovo, quello horror, reso ancora più complesso dal tipo di costruzione della narrazione (della quale abbiamo parlato poco fa), è, da un lato, un esperimento coraggioso ed encomiabile, ma, dall’altro, richiede un certo tipo di conoscenza dei meccanismi interni del genere che andrebbero canonicamente rispettati: va benissimo non conoscere come, dove, quando e perche si è verificato il pandemonio, ma appare fisiologico, per il lettore, desiderare saperne un po’ di più su come la storia va a finire e qual è il destino dei protagonisti. Nelle ultime pagine, comunque, si farà luce su un paio di misteri inerenti alla sorte di due dei personaggi, sulla falsa riga della conclusione di Un polpo alla gola.

In conclusione, Dodici è un libro che si fa apprezzare, pur se (volutamente) distante dalla profondità delle opere precedenti dell’autore, grazie agli elementi che oramai contraddistinguono il lavoro di Zerocalcare: storie moderne e interessanti, mai scontate e superficiali, ricche di bombe di cultura pop, sganciate sapientemente e senza cadere nel banale o nel superfluo, in aggiunta a personaggi sempre in evoluzione, nei quali ci si riesce a identificare senza troppa fatica, il tutto accompagnato da quella nostalgia di fondo che riesce a carpire empaticamente il lettore, quasi come fosse una moneta attirata da un magnete.

Dati del volume

  • Editore: Bao Publishing
  • Autori: Testi e disegni di Zerocalcare
  • Formato: brossurato, 19x26, 96 pp., a colori
  • Prezzo: 13,00 €
  • Voto della redazione: 7
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