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2099 Chronicles #4

Avengers 2099 #2

Assemble! Pt1.

Vittoria di Pirro. Pt2

 

Di Yuri N. A. Lucia

 

 

 

Chiunque fosse il risorto, era ben chiaro a tutti trattarsi di un essere dall’estrema potenza, visto come il suo pugno scheletrico aveva mandato a sedere in terra la titanica figura di Hulk. Lachryma richiamò l’ancestrale capacità dei notturni di modificare parzialmente la propria struttura molecolare, e tentò di avvolgere in una scura cappa quella figura ardente, con devastanti effetti per sé stessa: avvertì un bruciore insopportabile in tutto il suo etereo corpo, e per alcuni istanti fu sull’orlo di perdere il controllo della propria forma; si ritirò urlando, mentre Metalscream alzava un campo di protezione mistico intorno alla sua figura che andava solidificandosi.

“Non dovevi partire alla carica così! Hai rischiato grosso! Non provare più a fare una simile sciocchezza.”

Ad ammonirla era stato Hulk, nel frattempo rialzatosi e postosi al suo fianco.

“Da quando in qua sei diventato mio padre? lo apostrofò caustica la vampira E da quando dovrei prendere ordini da te?”

“Da quando sono il più forte e da quando siccome ci troviamo ad agire come una specie di gruppo, abbiamo bisogno di un capo! Qualcuno ha qualcosa da ridire?”

“No.”

Rispose Metalscream, la fronte sudata, i denti digrignati mentre richiamava dalla terra circostante la magia necessaria a tenere in piedi lo scudo di color verde evanescente.

“Al tavolo di tri – jack, quando ci facevo dei salti a scopo promozionale per i miei film, puntavo sempre sul verde!”

Esclamò allegramente Hazard.

Invero, anche se esuberante, puro e sincero ho avvertito essere il core del nostro compagno. Che sia il suo forte braccio e l’alma sua impetuosa esserci guida. Galahad pone le sue armi al servizio della sua causa.

Aggiunse Galahad.

“Razzo! Bastava un semplice si! Ma cos’è? Te le studi la notte? Dimmi piuttosto chi è il nostro amico! Prima hai detto che era qualcuno di peggio che un uomo degli studios, e questo vuol dire che ne sai qualcosa in proposito, perciò risparmiati le tue razzute circonlocuzioni e spiegami in due parole di chi si tratta.”

E’ stato un tempo potente alleato di Arthur.

“Alleato di Arthur?!”

Fece Metalscream tra i denti, il volto illuminato dai bagliori rossastri delle scariche dirette contro le sue difese, sempre meno salde.

Metalscream mandò un grido strozzato, ma prima che i colpi del nemico potessero raggiungerli passando attraverso le ormai inesistenti barriere, Hazard rispose con una serie di raffiche fotoniche che, ad ogni emissione, facevano tremolare la sua forma, quasi fosse un fantasma.

Ci furono una serie di lampi accecanti, che spinsero Metalscream e Lachryma a coprirsi il volto, mentre Hulk e Galahad fissavano la scena senza battere ciglio. Gli occhi del gigante avevano rapidamente generato una membrana protettiva supplementare, una cappa scura che gli avrebbe permesso di fissare direttamente il sole senza nessuna conseguenza.

“Metalscream è a terra, e la ragazza sembra molto sensibile alla luce, Hazard non resisterà molto. Agiamo in fretta, io lo prendo sul fianco destro e tu sul sinistro, io lo distraggo e tu lo finisci con uno di quei colpi d’energia che hai usato ieri. Tutto chiaro?”

Tutto chiaro.

Senza aggiungere altro il golia scattò sulla destra, descrivendo una parabola il cui termine era lo scheletro ormai interamente avvolto nel fuoco. La temperatura era tale che l’aria stessa nelle sue immediate vicinanze bruciava quasi fosse benzina. Hazard scomparve improvvisamente, lasciando la magione sguarnita, ed un colpo raggiunse una delle colonne che sorreggevano un frontone grecizzante, facendola esplodere in un numero incalcolabile di schegge infuocate, ma prima che un altro attacco potesse essere sferrato, le nocche smeraldine di Hulk colpirono con la potenza di un terremoto le ossa del volto nemico. Alcuni denti saltano via dalla mascella, e il teschio, la cui sostanza pareva essersi fatta simile alla luce, parve destinato ad andare in frantumi ma, anziché esplodere all’interno dell’aura infocata, resistette e con un urlo stridulo contraccambiò con un calcio all’inguine. Riuscì ad allontanare il formidabile avversario, ma venne avvolto da una luminescenza verde chiara, come composta da milioni di lucciole che mangiò quanto rimaneva dell’antica corazza e tentò di attaccare la colonna vertebrale. La sofferenza minacciò di farlo impazzire, persino di più di quanto già non fosse, ma mantenne la concentrazione, e lasciò che da dove un tempo c’era stato il midollo, fluisse all’esterno altra energia per ricacciare indietro la forza distruttiva. Fu come un balletto senza corpo, in cui erano i colori a danzare, sfiorandosi l’uno con l’altro, abbracciandosi e poi lasciandosi andare nell’oblio. Il fattore rigenerante di Hulk aveva riparato rapidamente un danno altrimenti mortale, e già ringhiava per la voglia di vendetta.

“Calmati Hulk! lo rimproverò improvvisamente una voce dall’interno. Anche se hai voglia di strappargli la testa e giocarci a palla, devi trattenerti dal farlo. Dobbiamo sapere chi è, cosa vuole da noi, e come ha fatto a trovarci. Potrebbe anche sapere qualcosa di più sul nostro misterioso Arthur e su Galahad. Lattina colorata è stato evasivo, non ha risposto alla tua domanda.”

Decise di ascoltare quella voce, e anziché colpire con i pugni a martello la testa del Risorto, così come avrebbe voluto, gli bloccò le braccia in una morsa d’acciaio, immobilizzandogliele lungo i fianco.

Invano il Risorto tentò di divincolarsi, e anche se la sua forza gli permetteva di demolire con un pugno una villetta, non poteva nulla contro il mortale più potente della terra.

“Allora, Risotto, o Risorto, o chi diavolo sei! Adesso risponderai ad alcune delle mie domande…”
“No!”

Urlò questi quasi con disperazione, e dalle vuote orbite fuoriuscì una vampata calorica che distrusse il volto del giante smeraldino. Il quale, anziché cadere in terra morto, strappò per reazione gli arti che aveva stretti in pugno, lanciandoli oltre l’orizzonte, e portandosi poi le mani al viso che già veniva ricostruito.

Galahad afferrò con una presa dell’orso il Risorto alle spalle, e ogni tentativo di emettere calore da parte della preda per liberarsene risultò essere vano.

Arthur fissava da dietro la copertura ai polimeri trasparenti la scena, sopracciglio alzato, in segno di interdizione.

“Il campo di forza protegge la base, ma il giardino ormai è completamente distrutto! Che peccato!”

Anche a me piaceva il giardino, ma attualmente, come puoi vedere, abbiamo problemi ben più urgenti del suo stato. Non avrei mai creduto che ci avrebbero trovato così presto, e da parte nostra è stata una vera imprudenza non considerare una simile eventualità.

“Non ce la stiamo cavando così male, e i sistemi di difesa automatici sono perfettamente in grado di proteggerci.”

Non scherzare, sai benissimo che se non fossero stati presenti anche gli altri sarebbe penetrato qui dentro senza troppi problemi.

“Lo avresti fermato anche da solo. Adesso che cosa hai intenzione di farne?”

Vuoi prendermi in giro? Sai benissimo che cosa devo fare. Non posso permettergli di andarsene, né di parlare con gli altri della squadra. Non voglio che scoprano la verità, non ora e non così.

Farò quello che devo, anche se non mi piace affatto e anche se so che me ne pentirò vita natural durante.

Arthur alzò le spalle, e tornò a concentrarsi sulla scena sottostante.

Galahad cominciò ad alzarsi verso il cielo, sollevandosi con una improvvisa accelerazione che cominciò a disgregare il corpo ancora stretto tra le sue braccia.

Hulk si era riavuto, e dopo essersi scosso cercò l’improvvisamente scomparso cavaliere. Intuì cosa stava per accadere, alzò il capo e strizzando gli occhi mise a fuoco il puntino che stringeva a sé una fiamma rosso scuro, diretto verso lo spazio. Imprecò, voltandosi all’improvviso verso le finestre della villa, e ad una di esse vide Arthur, intento a guardare in su.

“Bastardi!… mormorò tra sé e poi in tono autoritario aggiunse Metalscream, Lachryma, Hazard, ci siete?”

“Eccoci qui…”

Lachryma stava aiutando il mago a rialzarsi, e aveva l’aria di chi era decisamente arrabbiato. Metalscream fece un cenno con il capo, portava ancora il volto i segni della sofferenza, mentre da Hazard non giunse nessuna risposta.

“Metalscream, devi fermare Galahad.”

“Non credo di riuscirci… è troppo veloce… troppo potente… ed io troppo stanco…”

“Allora rallentalo, al resto ci penso io. Lachryma, mi servirà il tuo aiuto. Farò in modo di fargli perdere quota. Quando saremo vicini al terreno, devi ritentare il trucchetto della nebbia che nasconde le cose, ma stavolta devi superarti, siamo intesi?”

“Contaci, bellezza.”

Metalscream alzò entrambe le mani nella direzione in cui Galahad si stava allontanando. Vibrarono, e si illuminarono di luce verdina, mentre il cuore trasparente brillava come una piccola stella, nel tentativo di raccogliere magia da dove ne aveva estratta fino all’inverosimile, chiedendo aiuto alle anime dei defunti per ottenere potenza supplementare, ed attingendo al suo stesso spirito, ben sapendo il rischio che correva e il prezzo che avrebbe pagato un giorno, allo scoccare della sua ora. Si aiutò cantilenando un mantra la cui origine era sconosciuta, ma a cui gli spiriti dell’abisso ancestrale reagirono mandando grugniti che attraversarono per alcuni istanti le barriere tra i mondi. Ogni dito venne avvolto da cinque anelli d’energia, e questi vennero lanciati con un ampio movimento. Raggiunsero quasi subito il bersaglio, e Metalscream cominciò a gesticolare, guidandone i movimenti, facendoli ruotare vorticosamente intorno al cavaliere, finché non glieli strinse addosso, prima come una specie di catena, e poi fondendoli in un unico grande anello. Del sangue scivolo al lato della bocca, quando lo frenò improvvisamente, e Lachryma continuava a sostenerlo per la vita, colpita dall’evidente sofferenza che si stava imponendo.

Galahad era sorpreso, sia per la forza che si opponeva alla sua accelerazione, sia dal fatto che l’origine di quella forza era Metalscream. Aumentò il polo d’attrazione gravitazionale, ma proprio un attimo prima di riuscire a sfuggire alla presa mistica si trovò addosso la massa di Hulk.

“Ciao, Galahad! Vai di fretta?”

Compagne d’arme io…

“Si, lo so: te la volevi battere con il nostro amico, il Ristoratore, e accopparlo prima che ci potesse dire qualcosa di utile, ma ho una pessima notizia per te: gli disse ghignando mentre gli stava avvinghiato con le gambe alla vita “tu non vai più da nessuna parte, ed io sono terribilmente incazzato! E più Hulk si incazza… lo spinse usando la pura forza bruta, mandandolo verso il suolo “più diventa forte! Oh razzo! Da quant’è che volevo dirlo!!!”

Si protese avanti mentre la sua mole cadeva versa il basso, la dove il corpo indistruttibile di Galahad, Risorto ancora stretto tra le braccia, si era schiantato sollevando una grande nube polverosa.

Galahad, il cui corpo di vetro soffiato era un vorticare di colori cangianti, emerse dal cratere formatosi, cercando di regolare i sensori ottici in modo da ritrovare il Risorto, perduto al momento dell’impatto, ma senza ottenere nessun risultato.

Ma dove razzo è finito? Non può essersi allontanato tanto da uscire dalla portata dei miei rilevatori e poi perché questa polv… un momento… questa non è polvere ma è…

Lacrhyma, vi prego, non costringetemi a reagire alla vostra insensata aggressione.

“Insensata? Chiese con rabbia la voce che si spandeva tutta intorno a lui. Insensata? Ad essere insensata, qui, è solo la messa in scena operata da te e dal tuo amico. Ci spiate, violate le nostre intimità, ci portate qui con l’inganno e con l’inganno ci spingete in una missione che ci mette contro i peggiori figli di puttana del pianeta, ci dite che ora siamo in nuovi Avengers, ed osi dire che ad essere insensata sia la mia aggressione? Mi dispiace che tu sia una lattina, e non un vero essere umano, altrimenti mi divertirei ad affondare le zanne nella tua gola, facendoti soffrire un poco alla volta.”

Galahad si sentì torcere lo stomaco all’idea di dover prendere delle misure drastiche contro la ragazza.

 

“Allora, sarò breve: Galahad stava per eliminarti, io sarei dello stesso avviso, ma se mi dici quello che voglio te ne torni a casa, altrimenti ti rispedisco dritto dritto da lui. Chi diavolo sei? Come ci hai trovato? Chi ti manda? No, dimentica tutto! Dimmi chi diavolo sono Galahad e Arthur.”

Il teschio fiammeggiante ridacchiò, gracchiante, mandando alcune scintille di fuoco dalla bocca, mentre le ossa tornavano ad illuminarsi, anche se debolmente, di luce rossastra.

“Del porco galoppino di quello che chiami Arthur, non so dirti molto, se non che è morto anche lui per quel che mi riguarda. Lui… lui è un figlio di cagna, un traditore, nel cui cuore c’è posto solo per gli inganni… le sue parole sono sempre menzogne, anche se dolci come il miele, e in lui riporre fiducia è… follia… se io sono così… se sono caduto e mi sono perso… se ora vivo di questa non vita… lo devo solo a lui e al suo tradimento… perché quello che mi ha… che ci ha fatto… è quello che tu vedi!!! Lui è…”

La fiamma lo colpi alle spalle, facendolo cadere per la sorpresa faccia in avanti, e il teschio gli rotolò via dalla enorme mano. Si voltò rapidamente, e si trovò di fronte ad un corpo avvolto dalla fiamma: le ossa del Risorto si erano ricomposte, e lo avevano attaccato;

“Cane figlio di puttanta!”

Batté la mani, e l’onda d’urto generata fece volare quel corpo all’indietro ma quando tornò a cercare il cranio non lo trovò. Lo cercò, guardando in ogni dove, sinché non si imbatté nei piedi di Galahad.

Salve, compagno d’arme.

Hulk alzò lo sguardo, sbuffando infastidito.

“’sta giornata è proprio cominciata di merda… e misà che finirà di merda.”

 

 

Jagger City, Stati Uniti dell’Ovest – 9.00 a.m.

 

 

 

Albert aveva riempito il secchio con dell’acqua gelata, e, arrivato davanti la portiera ammaccata della sua macchina, glielo lanciò addosso. La memoria del titanio P entrò in funzione, e riprese la forma precedente al tamponamento. Fernando era intento in allegra conversazione con la ragazza che li aveva tamponati poco prima, e provò un moto di rabbia nel vederlo così preso. Avevano un lavoro da fare, e se erano giunti in quell’angolo sperduto di mondo era proprio per quel motivo, non per divertirsi con le pollastre locali. Possibile che suo fratello fosse ancora così infantile? Sentì una scossa alle gengive, e desiderò ardentemente un po’ di narco gomma e la sua poltrona preferita, ma non c’era tempo per il piacere. Talbert li pagava ad ore, e pretendeva che i soldi spesi fruttassero: era imperativo presentargli entro ventiquattro ore un rapporto contenente qualcosa di interessante, e non le misure della bella signorina incontrata in quel deserto. Albert indugiò con lo sguardo sulle sue curve e si trovò costretto ad ammettere che effettivamente era parecchio attraente.

“Fernando! La portiera è apposto, dobbiamo andare.”

“Oh, di già? Non possiamo prendere un caffè alla stazione di servizio? Magari con la signorina, come ha detto di chiamarsi?”

“Prue, Prue Charlton.”

Disse lei con un luminoso sorriso e lo sguardo civettuolo.

“Con la signorina Prue Charlton.”

“Fernando, siamo già notevolmente in ritardo sulla nostra tabella di marcia… abbiamo molti musei da visitare.”

Sottolineo quasi rabbiosamente quelle ultime parole.

“Andiamo! Cinque minuti in più o in meno che cosa cambia?”

Albert ringhiò, consapevole che il fratello non stava più ragionando con la testa ma con i testicoli.

 

Littman lo avrebbe fatto scorticare vivo, e questo perché se non avesse avuto nulla in mano da presentare al suo capo, sarebbe a sua volta stato scorticato vivo. Si guardò la mano, pensando che per la sua età e per lo stile di vita che conduceva aveva ancora una bella pelle, morbida e luminosa, e perderla gli sarebbe dispiaciuto parecchio. Odiava quello che faceva, odiava il suo mestiere, odiava persino il fratello, e tutto quello che voleva era ritirarsi a vita privata e dedicarsi ai suoi interessi. Si chiese quali fossero i suoi interessi, se dopo tanti anni ne avesse ancora qualcuno. Il caffè della stazione di servizio era arredato in uno squallido stile finto country, con corna di torno appese al centro della parete, rivestimenti di legno alle pareti, cotto al pavimento, un bancone in finto noce, sudicio e pieno di bicchieri vuoti, un forte odore di pancetta bruciata e di qualcosa di indefinibile.

Socchiuse gli occhi, cercando di isolare quell’odore e capire di cosa si trattasse ma alla fine rinunciò e bevve un sorso di whiskey, tenendolo un po’ in bocca per assaporarlo, poi lo fece scivolare lentamente in gola.

“Allora sei una fotoreporter?”

Tornò a percepire distintamente le voci intorno a sé, compresa quella nasale di suo fratello Fernando che stava cercando in tutti i modi di portarsi a letto Prue. Fernando aveva soprattutto due punti deboli: il burbon e le donne; per un bicchiere di quello buono e per una bella figliola, avrebbe ucciso anche lui, e questo lo sapeva bene.

“Si, fu la risposta di lei, che parlava con uno spiccato accento del sud e un piacevole timbro da soprano, morbido e vellutato lavoro per il Modern, lo hai mai sentito?”

“Ah, si, non è quella rivista che propone articoli sui fenomeni di costume e sulle curiosità del mondo moderno?”

“Si, proprio quella, anche se più che altro si occupa di gossip sui vip. Sono qui per fare un articolo sulla bella vita di Jagger city.”

“Perché, a Jagger city si fa la bella vita?”

“Nonostante l’apparenza pittoresca, nel quartiere nemoriano vivono numerosi vip che vogliono un po’ di intimità. Passano tutto il giorno facendo finta di essere persone intelligenti, sperimentando droghe e dandosi ad orge selvagge.”

“Mi piace la storia delle orge selvagge… prima di continuare la nostra piacevole conversazione, ho da sistemare una questione alla toilet, sai, ho bevuto troppo bourbon. Dammi un minuto e sarò subito da te, bellezza.”

Le fece un cenno con il capo e si allontanò. Prue lo seguì con lo sguardo, finché non svoltò a destra per andare al bagno e cominciò a fissare la figura di Albert, che se ne stava appollaito su di un alto sgabello. Era sulla quarantina, capelli neri lunghi oltre le spalle, occhi ugualmente neri, leggermente allungati, volto scarno, adornato da una barba ben curata, orecchino, un espressione rattristata e solitaria.

“Allora cowboy, sei sempre così silenzioso?”

“Solo quando non ho nulla di intelligente da dire.”

Lei sorrise compiaciuta:

“Piuttosto sagace! Allora, il tuo nome è Albert. Molto carino, un po’ retrò, come mai ti hanno chiamato così?”

“L’alternativa era Fernando.”

“Ma è il nome di tuo fratello.”

“Vantaggi di essere il primogenito.”

“Ahahahahah, potrebbe prendersela a male se sentisse il tuo commento.”

“Sa benissimo come la penso.”

“Tuo fratello beve parecchio.”

“Ognuno ha i suoi vizi.”

“E tu mastichi narco gomma.”

“Ognuno ha i suoi vizi.”

“Non ti interessa sapere come l’ho capito?”

“Sei una buona osservatrice ed io non faccio nulla per nasconderne i segni.”

“Sembra che non te ne importi nulla…”

“Non faccio nulla di illegale.”

“E’ comunque un brutto vizio.”

“Il bere è peggiore. Mio fratello quando beve tende a parlare molto, troppo. Tu hai fatto parecchie domande, e parlato molto poco di te.”

“Deformazione professionale. Scusami, non volevo sembrare invadente.”

“Non lo sei sembrata, lo sei stata.”

“E’ solo che sono affascinata dalla vita degli investigatori…”

“Non c’è nulla di affascinante. Mio fratello sta tornando, e noi ora abbiamo da svolgere un lavoro.”

“A proposito dei musei?”

Chiese in tono provocatorio.

“A proposito dei musei.”

Ribatté lui, del tutto indifferente alla frecciatina.

“Ah, finalmente vedo mio fratello che socializza un po’. Allora, non è simpatica la nostra amica?”

“Un vero sballo. Ora andiamocene Fernando.”

Senza aggiungere altro, Albert si alzò e si diresse all’uscita.

Fernando sembrava smarrito, si passò una mano sulla nuca e guardò imbarazzato la ragazza.

“Devi scusarlo, sai, lui è fatto così! Comunque ci tratterremo tutto il giorno qui a Jagger city, e forse anche domani. Questo è l’albergo dove alloggeremo, scrisse l’indirizzo sul suo book e glielo trasferì fatti viva stasera, così potremo approfondire l’argomento.”

Le fece l’occhietto, e seguì il fratello.

Prue lo guardò maliziosa, e riprese a sorseggiare il suo drink.

 

Jagger City, Nevada, era un porto franco, una delle nuove città del ventunesimo secolo,  dove era possibile trovare tutto. L’aereo che aveva trasportato i sedicenti Avengers, sembrava essere una variante della classe Cristoforo Colombo, e c’era un unico posto al mondo dove si poteva reperirne le parti senza dover passare per le mega aziende, ovvero Jagger city, o quanto meno era uno dei pochi posti dove sarebbe stato possibile farlo. Partire da lì era un buon inizio.

“Ho recitato bene la parte dell’alcolista chiacchierone?”

“Tu non hai recitato, Fernando. Tu sei davvero un alcolista chiacchierone.”

“Si, però mi sono prestato bene al tuo gioco. Che dici, ora starà ascoltando quella finta conversazione che sta mandando la nostra scatola dissimulante?”

“Probabile.”

“Ma chi diavolo è?”

“Troppo presto per dirlo.”

“Ma non hai neanche una mezza idea? Non ci credo, qualche sospetto tu ce l’hai.”

“Ho detto che è troppo presto.”

“Ecco, sei sempre il solito. Non sei mai stato il tipo che gioca d’azzardo, ami sempre andare sul sicuro. Nella vita non puoi pretendere di giocare senza rischiare un po’. Ecco perché sei in società con me: tu sei il razionale, il calcolatore, ed io lo scavezzacollo che ti completa con la sua spericolatezza.”

“Io sono in società con te perché sei mio fratello minore, e perché la mamma ha voluto così, altrimenti non mi avrebbe più guardato in faccia finché campavo.”

“La mamma mi ha sempre voluto bene, e credeva nel mio talento naturale come detective.”

“La mamma ti vuole bene, visto che grazie a Thor è ancora qui tra noi, e la corte si è decisa a firmare per la tua scarcerazione solo quando mamma gli ha garantito che avresti trovato un lavoro vero, e che io ti avrei sempre tenuto d’occhio. Non sono semplicemente il tuo socio, sono il tuo custode.”

“Lo sei sempre stato.”

Il tono di Fernando si era improvvisamente ammorbidito, e guardò con gratitudine il fratello. Albert sospirò:

“Sei il mio fratellino: è mio dovere e… mio privilegio.”

“Privilegio?”

“Togliti quel sorriso compiaciuto dal viso, altrimenti te lo tolgo a suon di pugni.”

“Anche tu stai sorridendo.”

“Sei fortunato, altrimenti ti avrei già fatto un occhio nero.”

“Comunque, tornando al lavoro, pensi che questo tuo contatto sia utile?”

“Martin Yong è uno dei più grossi trafficanti di pezzi per navette aereo spaziali del Nevada e forse di tutto il Nord America. Il Classe Colombo era considerato un vero e proprio mostro di tecnologia, e se non fosse stato per i costi proibitivi per le aziende che avevano appena sostenuto le eco guerre, a quest’ora sarebbe stato messo in produzione su larga scala, e sarebbe stato quello e non il Classe Gazer ad essere la navetta ideale per i viaggi aereo spaziali nel sistema solare. Gli Avengers usano solo il meglio. C’è anche un'altra pista che voglio battere.”

“Quella degli investigatori privati, quella dei nostri colleghi. Come mai?”

“Hulk, Metalscream, Hazard… nessuno di loro aveva avuto contatti con gli altri prima di due giorni fa. Non contatti noti, quanto meno, ma al momento dobbiamo lavorare su quello che abbiamo. Supponiamo che siano stati ingaggiati da qualcuno, credo che questo qualcuno non li abbia scelti a caso, e prima si sia voluto informare sul loro conto.”

“Quindi si è rivolto a degli investigatori privati? Strano che non si sia rivolto a noi.”

“Chi ti dice che non lo abbia fatto?”

Fernando lo guardò con aria stupita.

“Cosa dici? Noi avremmo indagato su Hulk, su Metalscream e su Hazard?”

“No, ma due su tre potrebbero avere un identità segreta, o comunque identità false, e ci scommetto che anche la tizia dark ne ha una.

L’ipotesi è questa: il nostro mister X, ha già un idea su chi possano essere in realtà le persone che cerca, ma gli servono delle conferme. Noi lavoriamo su parecchi casi, e tra i nostri passati, potrebbero esserci quelli inerenti agli Avengers.”

“Ma scusa, non ce ne saremmo dovuti accorgere?”

“Non necessariamente. Ci avrebbero potuto chiedere di indagare su un caso di infedeltà, e i dati da noi ricavati, magari del tutto insignificanti ai nostri occhi, potevano essere invece fondamentali per qualcun altro. “

“Aspetta un secondo, aspetta un secondo. Mr. X non avrebbe però potuto chiederci di indagare su più di una persona, altrimenti avrebbe dovuto ideare una balla credibile per giustificare il perché indagare su tanta gente.”

“Neanche questo è necessario, di scuse se ne possono trovare quante se ne vuole. Però credo non ci avrebbe fatto indagare su tante persone insieme, per evitare che a posteriore potessimo capire qualcosa. Supponiamo che ci abbia dato parecchi incarichi, passando per contatti diversi.”

“Ah! Ci sono! Credevamo di lavorare per committenti diversi, ma era sempre la stessa persona, dico bene?”

“Perfetto.”

“Accidenti, ed io che credevo di giocare d’azzardo!”

“Ricordati di non giocare mai a Poker con me.”

“Infatti non ci gioco! L’ultima volta effettivamente mi hai messo in mutande. Senti, visto che siamo nel territorio della pura speculazione, secondo te chi è la nostra amica?”

Una detective professionista, esperta in tecniche per far raccogliere informazioni in modo discreto. Se io fossi Mr. X, avrei ideato tutta una serie di sistemi di sicurezza per evitare di essere rintracciato, e metterci qualcuno addosso, potrebbe essere un buon sistema.”

“Assumi un investigatore per seguirne due? Ma allora perché non servirsene direttamente per avere informazioni sugli Avengers.”

“Potrebbe essere così. Quella di prima era solo una supposizione dovuta all’istinto. Ammetto che la mia teoria non è del tutto chiara neanche a me.”

“Però anche se piuttosto arzigogolata, è credibile.”

“Una teoria, per essere credibile, non dovrebbe essere troppo arzigogolata.”

“Allora vediamo un po’ di smussargli gli angoli.”

“E’ questo lo spirito di un vero investigatore.”

I due si scambiarono un sorriso, e si tuffarono con la propria auto nel dedalo di strade che era Jagger city, con la macchina di Prue che li seguiva a distanza.

 

 

Base Segreta degli Avengers.

 

Hulk e gli altri  avevano letteralmente accerchiato Galahad che stava tranquillamente con le braccia conserte, in piedi.

Arthur, ti ho detto di stare tranquillo, non c’è nessun problema.

“A parte il fatto che i nostri amici ti vorrebbero pestare per bene.”

Sono comprensibilmente arrabbiati, e credo che dovrò dargli alcune spiegazioni. No, non fare quella faccia, stai tranquillo: non gli dirò tutto, non ora.

Compagni d’arme! Non v’è bisogno alcuno di codesto assembramento.

“Magari di codesto assembramento no, ma di un cazzotto sulla testa si!”

Hulk era decisamente su di giri, e la sua statura era visibilmente aumentata.

Lachryma gli pose la mano su uno dei grandi bicipiti e gli sussurrò di calmarsi. Prese la parola ed incalzò il cavaliere:

“Ora ci dirai tutto quello che vogliamo sapere: chi sei tu, chi è Arthur, qual è la connessione con il Risorto, chi è il Mastro dei Risurgenti. Vogliamo sapere tutto, e senza giri di parole.”

Il Risorto conosceva Arthur.

“Un po’ vago. Che tipo di conoscenza?”

Il Risorto faceva parte di una squadra speciale, insieme ad Arthur. La squadra in questione cominciò ad agire in maniera immorale, e Arthur decise di abbandonarla. Il Risorto pensò che fosse colpa sua la caduta in disgrazia propria e dei propri compagni.

“ E come mai Arthur non ci ha parlato di questa sua precedente esperienza? Che squadra era, come si è formata, quali erano i suoi obbiettivi, e perché dici che è divenuta immorale?”

Lachryma sapeva che Galahad avrebbe continuato a dare mezze risposte, ma sperava che trattenendolo in conversazione avrebbe dato modo ad Hazard di fare la sua parte nel loro piano.

L’energia usata durante il combattimento con il Risorto e l’impossibilità di collegarsi ad una adeguata rete energetica, l’avevano indebolito sino al punto di non permettergli più di mantenere compatta la sua forma. Poco dopo che Hulk era partito all’inseguimento del loro amico, lui si era rimaterializzato, e avendo visto cosa era successo, aveva proposto quel piano per poter scoprire qualcosa.

Hazard aveva usato tutta la sua abilità per cercare di penetrare nei sistemi interni dell’armatura di Galahad senza farsene accorgere. Aveva subito scoperto che era impossibile: non c’era nessun ingresso ai suoi sistemi computerizzati, e la cosa gli parve subito strana. Invece notò un onda di tipo sconosciuto che gli passava attraverso e la seguì a ritroso, cercando di individuarne l’origine. Questa era la magione stessa, o meglio i suoi sotterranei, sotto il livello in cui si trovava l’hangar del Sea Biscuit.

“Cavoli se è ben blindato qui!”

Le pareti erano rivestite da un sottile campo di forza a fase variabile, che gli impediva di attraversarle. Hazard sembrava piuttosto smarrito, non riusciva a trovare una fonte di alimentazione esterna, o una connessione via cavo, via etere alla rete dei computer interni. Solo quell’onda sembrava passare, e non era in grado di seguirla perché non ne conosceva il tipo e sfuggiva alle sue analisi.

“Oh cielo, ma deve esserci una porta, un collegamento con l’esterno, anche solo virtuale, possibile che sia solo quell’onda l’unico?”

“Credo proprio di si.”

Hazard si ritrovò a fronteggiare la proiezione olografica di Kid Current.

 

“Allora? Cosa ci vuoi dire in merito a questa fantomatica squadra?”

La squadra era stata messa insieme con l’inganno: i candidati erano sinceramente convinti di agire per il meglio, per il bene comune, per una nobile causa ed essi stessi erano nobili e giusti; ma presto fu chiaro che erano stati ingannati. Arthur se ne accorse prima degli altri e se ne chiamò fuori, come vi ho già detto, per gli altri fu troppo tardi.

“Dietro c’era qualche corporazione?”

Si.

“Ti rendi conto o no che la storia che ci hai raccontato assomiglia terribilmente alla nostra? Chi ci dice che qui non stia avvenendo la stessa cosa?”

Nessuno. Però vi chiedo di ascoltarmi. Quanto ho detto davanti alle  cam, lo pensavo davvero. Questo mondo è pieno di sofferenze, ed iniquità, e poveri diseredati che vengono trattati senza dignità, sono prede indifese del più forte. Il nostro pianeta è al collasso, e se non viene subito fatto qualcosa, sarà la fine per noi tutti. Arthur ha fatto parte di un progetto che avrebbe dovuto portare nuova speranza a questo pianeta, ma quando ne ha scoperto la vera natura, se ne andò sdegnato, ma il sogno, quello è rimasto. Arthur ha cercato di realizzare quelle promesse mancate dalle persone che lo avevano contattato, e come modello ha preso la più grande tra tutte le squadre di eroi che abbiano mai calcato questa terra: gli Avengers.

Gli Avengers sono stati la sua fonte di ispirazione, e quando mi ha coinvolto nel suo progetto, anche io avevo non pochi dubbi, ma adesso, conoscendolo e con la chiara consapevolezza di quanto accade tutto intorno a noi, io voglio aiutarlo! E’ vero, siete stati condotti qui in maniera poco pulita, ma ormai è fatta! Dannazione, siete adulti e dovreste sapere come va il mondo. Le cose non sono sempre perfette, e sono convinto che neanche voi siate dei santi, che anche voi abbiate le vostre colpe. Per una volta tanto, una scorrettezza, è servita a permettere un bene superiore. Andate a domandarlo a quei poveri disgraziati nel deserto, che grazie ad un inganno, un singolo semplice inganno, sono ancora vivi, loro ed i loro figli, e forse hanno una vera speranza per il domani. Se volete saltarmi alla gola tutti quanti insieme per vendicarvi di quanto vi è stato fatto, bene, accomodatevi pure. Non reagirò, non fuggirò, non farò nulla.

Se dovessi tornare indietro, rifarei tutto d’accapo, perché ne valeva la pena. Ecco, così stanno le cose… ed ora?

Metalscream lo fissava, fissava le geometrie all’interno del suo corpo modificarsi e cambiare di colore, le studio quasi ci si aspettasse di trovarvi qualcosa, forse persino una risposta, ma alla fine si rivolse ad Hulk e Lachryma, silenziosi e pieni di dubbi.

“Credo, amici miei, che al momento dovremmo rimanere… a patto che Arthur la smetta di eludere le nostre domande e cominci a darci delle risposte. Adesso, con il vostro permesso, io mi ritirerei nella comoda stanza che il nostro ospite ha avuto la cortesia di prepararci e mi metterò a dormire. Ne ho un bisogno disperato.”

Hulk alzò l’ampia arcata sopraccigliare, coperta da quella che sembrava una cresta ossea, rivestita da un sottile strato di pelle verde, e aggiunse a malincuore:

“Abbiamo tutti bisogno di almeno quattro ore di sonno. Non dimenticatevi di mettere i vostri orologi, perché dopo vi voglio tutti nella biblioteca, dove terremo una riunione per discutere della faccenda. Dovremo cominciare a stabilire dei protocolli di sicurezza, oltre ad essere informati di quelli che già esistono, e poi dovremo stabilire delle linee d’azione con tutto quello che ne comporta e cominciare a darci uno statuto un po’ più definito e tu, Galahad, dovrai spiegarci come mai volevi far fuori il Risorto, no, non parlare, adesso non voglio sentire nulla, sono stato chiaro? Voglio che prepari dei manuali sui sistemi difensivi della base, sul come accedere alla banca dati, tutto quello che serve ad un gruppo insomma.”

“Allora sarai tu il nostro capo?”

Sorrise divertita Lachryma.

“Qualcosa in contrario?”

“No, no. Dopo la prima riunione ufficiale degli Avengers, o meglio, dei nuovi Avengers, ci faremo una bella bevuta per festeggiare.”

“Io ci sto!”

Esclamò divertito Metalscream.

Galahad e Arthur sorrisero: quella era una prima vittoria, e gli avrebbe dato un po’ di tempo per pensare al modo di calmare le acque.

 

 

Presidents of America Casinò, Las Vegas – Ore 11.00 p.m. ( il giorno prima.)

 

Largo Maxx dette una botta al suo soprabito per scollarsi la polvere, provocando nel povero Leftky un violento attacco di tosse. Riss era seduto alla sua scrivania e squadrò l’uomo con un occhiata indagatrice: erano due anni che non vedeva Largo, e l’ultima volta era stato suo padre ad ingaggiarlo, per risolvere la questione di Douglas Mao Repley; era cambiato poco e niente, solo i baffi tagliati e i capelli un po’ più corti di come li portava prima. A guardarlo meglio, notò che doveva aver perso un paio di chili, ma per il resto era il solito chiassoso e indisponente Largo Maxx, uno dei migliori investigatori privati sulla piazza.

“Signor Maxx, esordì in tono amichevole “sono felice di averla qui. I suoi servigi ci sono necessari.”

L’altro non si scompose più di tanto, gli lanciò un occhiata di sufficienza e replicò con sarcasmo:

“Avevate bisogno dei servigi dei fratelli Abbot, ma erano già stati messi sotto contratto dalla Warner. Io sono la seconda scelta ma non me la prendo troppo a male, e comunque i soldi, sono pur sempre soldi. Quale è il problema e come mai non me ne ha voluto parlare in teleconferenza?”

Riss sfoggiò un sorriso stanco e amareggiato, fece un cenno a Leftky che uscì, provvedendo ad abbassare leggermente le luci e chiudere la porta. Largo avanzò, e prese posto su di una poltrona Hartman, fuoriuscita dal pavimento stesso, indicatagli dal suo ospite. Quando si accomodò, sentì il cuscino incurvarsi e avvolgerlo, prendendo la sua forma, e realizzò dovesse trattarsi di un sistema a campo di forza variabile, estremamente confortevole, estremamente costoso. Alle spalle di J. F. Riss jr., notò che un paio di sezioni del muro tremolavano leggermente, un tremore appena percettibile, e capì trattarsi di ologrammi che nascondevano due nicchie in cui certamente attendevano silenzioso un paio di robot della sicurezza. Riss Jr. era da tempo considerato il vero padrone di Las Vegas, più potente persino del padre, per cui tuttavia continuava a nutrire un rispetto reverenziale. Era un uomo d’aspetto piacevole e ben curato, alto un metro e ottanta, un ampia mascella e zigomi prominenti, lineamenti virili, labbra larghe e carnose, pelle chiara, occhi azzurri e luminosi, capelli castano scuri acconciati in una foggia piuttosto retrò, dotato di un carisma virile e accattivante, vestito in modo sobrio ma elegante, colori chiari e morbidi.

Senza dire nulla, gli passò un dossier cartaceo, cosa che lo lasciò per qualche istante spiazzato. Nell’era della comunicazione globale, da un uomo così dinamico e moderno, non si sarebbe mai aspettato di vedere un segno così evidente di medievalismo. Ma nell’era in cui costrutti virtuali e cyber viaggiatori potevano entrare praticamente ovunque ed avere potenzialmente accesso od ogni sorta di informazione, la comunicazione su carta stampata poteva rappresentare uno dei modi più sicuri per comunicare informazioni riservate. Largo aveva studiato tecniche di lettura e memorizzazione rapida, e si era sottoposto ad un paio di interventi per il potenziamento del cervello. Gli ci volle un quarto d’ora per leggere tutto e alla fine posò il dossier sul tavolo, tornò a guardare il suo ospite che se ne stava con il gomito appoggiato al bracciolo della sedia e la testa sull’indice e il pollice.

“Direi che è piuttosto grave, ma avete tenuto ben nascosta la cosa. Non c’è che dire, Las Vegas è a prova di fuga di notizie. Sarò onesto con lei, pensavo fosse impossibile barare alle Other World! Il fatto che siano riusciti a riconfigurare il flusso quantistico ha del miracoloso. Se posso permettermi, piuttosto che cercare questo tipo per ucciderlo, lo cercherei per fargli i complimenti.”

“Noi non vogliamo fare né l’una né l’altra cosa, ma chiedergli come ci sia riuscito, oltre naturalmente ad assicurarci che non tenti mai più una cosa del genere e soprattutto, che lavori in esclusiva per noi come responsabile della sicurezza.”

“Sareste disposti a perdonarlo?”

“Non mio padre, e lo posso capire. Lui è uno della vecchia  scuola: fracassamenti di mano, lancio dai tetti, moneta sul foro di proiettile; solitamente faccio sempre quanto mi dice, e in un primo tempo era così arrabbiato che volevo farlo io stesso, ma poi ho capito che sarebbe stato inutile, che una volta recuperato il danaro, o parte di esso, avremmo dovuto assicurarci di avere quel figlio di puttana nella nostra organizzazione.”

“Perché dice quello? Qui c’è scritto che questo deus ex machina si è servito di una squadra di complici per perpetrare il colpaccio, e quindi non lo avete mai visto. Potrebbe essere una figlia di puttana o dei figli di puttana per quel che ne sappiamo.”

“Era un modo di dire. Si, ci ho pensato su, e per quello che ne sappiamo potrebbe essere chiunque. Eppure qualcuno deve essere! Ed io voglio che lei lo trovi, prima o seconda scelta, sono disposto a pagarle, oltre al suo onorario, un premio extra. Io so essere molto generoso.”

“Allora in questo non ha preso da suo padre. Diamine, J.F. senior è un bel taccagno, quasi quanto lo era suo nonno Ronald!”

Riss non riuscì a trattenere una risata:

“Mio padre effettivamente ha sempre detto che ero uno spendaccione.”

“Suo padre deve nutrire molta fiducia in lei se l’ha messa a capo del casinò alla sua giovane età.”

“Qui comanda ancora mio padre.”

“Signor Riss, lo sappiamo entrambi che qui è lei quello che comanda. E’ una persona molto responsabile, e rispettosa dei propri genitori.”

“Ah, mi piacerebbe esserne convinto come lo è lei, ma dopo quanto accaduto… comunque, da dove vuole iniziare?”

“Jagger city.”

“Jagger city?”

“Jagger city, si signore. Se io avessi fatto un colpo del genere, fregando, con rispetto parlando, il clan dei Riss e la maggior parte dei baroni del vizio, la prima cosa di cui mi preoccuperei è cambiare identità, connotati, impronte, retina e mi farei anche impiantare dei depistatori per gli scan genetici. Se le volessi fare in modo veloce e anonimo lo farei a Jagger city. Comunque dovrebbe anche cominciare a pulire i soldi, e io punterei su preziosi, titoli, e carte.”

“E lo farebbe così vicino alla scena del crimine?”

“E lei? Nella lista dei posti in cui andrebbe a cercarlo, in quale posizione metterebbe Jagger city.”

“Ah, ho capito dove vuole arrivare! E’ vero, i fratelli Abbot erano la mia prima scelta, ma, testimoni mi sono Thor e Leftky, il suo nome è stato quello che ho urlato subito dopo e ne sono lieto. Quando ha intenzione di cominciare a muoversi?”

“Adesso.”

“Le verserò metà dell’onorario subito, sul conto indicatomi così come era stato concordato. Tenga una lista delle spese per il rimborso, pensi di avere a disposizione una carta d’oro, e mi tenga informato su questa linea.”

Gli passò un ‘gine come, e Largo, dopo averlo salutato, se ne uscì dalla stanza. Riss si allungò, poggiando i piedi sul tavolo, e gongolante disse:

“Occhio a te, figlio di puttana, ti ho messo un vero mastino dietro alle chiappe.”

 

Largo entrò nella macchina, dopo essersi congedato da Leftky, il curioso assistente di Riss, un tipetto così ansiogeno da fargli provare più volte un forte impulso omicida.

“Allora, come è andata?”

“Saresti potuta salire anche tu.”

“Non mi andava, sai che odio questo tipo di cose! Secondo me era deluso per non aver potuto ingaggiare quei cazzi mosci degli Abbot.”

“Ma che razzo di linguaggio! Quante volte ti ho detto di controllare quello che dici?”

“Hai ragione: il cazzo moscio è solo Fernando, ma quell’Alberto! Mhhhh, cosa non mi farei fare da lui! Mi sa che quello tra le cosce ha…”

“Basta così!”

“Comunque, cosa si fa adesso?”

“Si va a Jagger city.”

“Jagger city?”

“Czandra, devi proprio farmi l’eco?”

“Scusa fratellone, mi dispiace, ma lo sai com’è fatta la tua sorellina.”

“Lo so, e non capisco ancora come faccia a tollerarti.”

“Perché senza di me saresti perduto, lo sai tu, e lo so pure io.”

“Credo che a saperlo sia soltanto tu.”

“Bleee!”

“Alla tua età fai ancora la linguaccia?”

“Largo! Ho soltanto tredici anni!”

“Adesso ti ricordi di essere una ragazzina? E dire che fino ha due secondi fa parlavi come l’ultimo dei cosmonauti!”

“Ma tu mi vuoi bene?”

“Awn! Si, ti voglio bene! Ma adesso, mettiamoci al lavoro, ok?”

“Certo fratellone!”

“I fratelli Maxx sono di nuovo a caccia!”

Largo innestò il pilota automatico, e si diresse verso Jagger city, sinceramente incuriosito, perché voleva proprio vedere il volto del bastardo che aveva fatto tanto scalpore nella città del gioco.

 

 

La Zona di Sospensione. - Ore (?)

 

 

“ Maledizione! La mia crociata si è conclusa in modo patetico! Come potevo pensare di avere la meglio su di lui? Si è circondato di alleati per questo! Sapeva che non gli avrei dato tregua, che avrei tentato di mantenere fede ai miei giuramenti e portare a termine la mia vendetta. Sono stato avventato, sciocco, imprudente… ed ora l’ho pagata, e ho anche rischiato di essere completamente annichilito. Tuttavia, lui ha commesso un errore, un errore fondamentale ed io lo sfrutterò a mio vantaggio. Loro non sapevano, loro non sospettavano, solo il cavaliere sapeva, solo lui si… solo lui… ma gli altri sono stati mobilitati con l’inganno ed io avrò modo di riportare tutto ciò a mio vantaggio. I suoi inganni, i suoi intrighi, glieli ritorcerò contro, e presto, quelli che sono i suoi alleati, diverranno i suoi peggiori nemici. Si… il seme del sospetto già germoglia vigoroso, e quando vi sarà un fiorito albero, io sarò sotto i rami per coglierne i frutti… ahahahah!!!”

 

 

Base degli Avengers.

 

Allora Kid, che posto è questo?”

“Calma fratello, mi sembri un po’ nervoso. Che ne dici di farci prima un giretto nel cyberverso? Conosco un localino dove possiamo downloadare della roba niente male.”

“No, grazie. Ho smesso da un bel po’. Allora Kid, che cosa c’è la dietro?”

“Non so che dirti.”

“Non sai che dirmi?”

“Proprio così.”

“Ho capito, vuoi prendermi in giro. Sai, solitamente amo scherzare, ma stavolta sono piuttosto serio. Qui ci sono troppi segreti, anche per i miei gusti.”

“E quali sono i tuoi gusti?”

“Non quelli di questa squallida farsa.”

“Da te un termine così drammatico non me lo sarei proprio aspettato, lo sai?”

“Le mie equazioni d’oscillazione rendono il mio comportamento imprevedibile, proprio come quello degli umani. Tu sei stato programmato per evadere le domande, vero?”

“Le risposte vi saranno date, ma a tempo debito, per adesso invece…”

“Per adesso invece cosa?”

Hazard rimase congelato, mentre si rimproverava per non essersi accorto di cosa gli stava facendo mentre lo teneva occupato.

Era divenuto vittima della strategia che voleva usare contro di loro ed adesso invece…

 

“Allora Arthur, chi finanziava questa squadra?”

Hulk era stato schietto nel porre la sua domanda.

“Alchemax.”

“Niente poco di meno che!”

“Ci finanziarono, dicendoci che sarebbe stato per il bene dell’intera umanità.”

“E l’identità del finanziatore non vi mise subito in allarme?”

“No. Eravamo ingenui ed idealisti.”

Lachryma stava da parte e osservava lo scambio di battute tra il golia e l’impeccabile mecenate del gruppo.

“Salve ragazza.”

“Hazard…”

Disse sottovoce Lachryma.

“Felice di rivederti, bellezza. Cos’è? Il question time?”

“Direi di si. Cosa hai scoperto?”

Niente, i suoi sistemi informatici sono troppo ben protetti, disse indicando con il capo il cavaliere, che se ne stava perfettamente immobile alla destra di Arthur, si che sembrava essere privo di vita “ho consumato troppa energia nel tentativo di penetratrli.”

-Abbiamo fatto bene?-

-Kid, te l’ho già detto, era necessario.-

-Riprogrammarlo a quel modo? Ho messo mano alla sua mente, i suoi ricordi, la sua personalità.-

-          Non essere così drammatico. E’ stata una manipolazione di primo livello.-

-          Spero di non doverlo rifare… forse non hanno tutti i torti i nostri amici, forse stiamo esagerando… e poi io…-

Kid Current non terminò la frase, perché il sospetto stava cominciando a devastare anche lui.

Se avevano riprogrammato con tanta facilità Hazard, cosa poteva avergli impedito di fare lo stesso con lui?

-          Cosa stavi dicendo?-

-          Niente.-

Disse.

-          Niente. –

Ripeté.

 

 

 

 

Fine dell’episodio.

 

Per commenti, osceni o meno, proposte e controposte, scrivete a:

 

Spider_Man2332@yahoo.it

 

Green_Lantern832@yahoo.it

 

Grazie a tutta la Marvelit posse, al sostegno delle persone che mi conoscono e mi seguono e ad una persona molto speciale,  che ora fortunatamente sta meglio!

Un saluto a tutti quanti voi.