MARVELIT presenta:

 

#4 - Amore che vieni, amore che vai - parte 1

"Sogni"

 
 
 Storia:       Ermanno Ferretti
 Supervisione:    Fabio Volino
 Copertina:    Ermanno Ferretti
 Editor-In-Chief:

   Carlo Monni

 

Uscirò, finalmente. L'aria aperta deve avere un odore strano, in questa stagione. O forse no, forse sto solo fantasticando. Ma d'altronde è normale, in carcere. Si sogna sempre di essere fuori, di venire a contatto con gente nuova, di farsi degli amici, di farsi amare. E invece poi magari esci, e stai come stavi dentro. Fantastichi anche fuori. La mia vita? La mia vita è stata sempre un sognare ad occhi aperti. Ed è per tentare di far diventare realtà quei sogni che sono finito qui dentro. Bisognerebbe non sognare più, non sperare più e imparare invece a prendere quello che viene. Sembra facile, detta così. Ma so bene che non lo è. Non serve neanche che le cose vadano poi bene, il sogno fa parte di me. Voglio dire, non è che se fossi fuori, ricco e pieno di amici, smetterei di fantasticare. Continuerei, invece, a sognare altre cose, altre persone, altri obiettivi. Il sogno fa parte di me. E qualcuno potrebbe dire che sono eternamente insoddisfatto. Sì, però intanto sono in prigione. Penso di avere anche qualche motivo per ritenermi insoddisfatto.

Che sonno, stamattina. Volteggiare per i tetti di New York può essere a volte un'esperienza veramente esaltante, ma in certi altri casi particolarmente noiosa. Esco per sgranchirmi i muscoli e cogliere sul fatto qualche piccolo delinquente con cui fare a botte, e invece mai vista la città così piatta. Credo ormai, dopo tutti questi anni, di essermi abituato a certi ritmi, anche di sfogo. Ci pensavo proprio mezz'ora fa, sopra la quinta strada. Bene o male quasi ogni giorno ho la mia bella scazzottata e l'essere riuscito a superare tutte le crisi che mi hanno colpito in questi anni è, credo, anche in parte dovuto al fatto che la rabbia riuscivo in qualche modo ad espellerla fuori di me. C'è chi gioca a football americano, chi fa il pugile, chi fa jogging, per riuscire a togliersi di dosso lo stress. Io faccio l'Uomo Ragno.
Hey, aspetta un attimo. Ma sbaglio o quello è Joe Steers? L'ho mandato in carcere tante di quelle volte, ormai. Che ci fa fuori e, soprattutto, così di fretta? Mi sa che sta per arrivare un po' di moto per il nostro ragnetto!

- Hey, piccolo Rob! Ehi, cretinetto!
Ancora loro, cavoli. Ma mi pedinano proprio, non riesco nemmeno a trovare un angolo del giardino dove nascondermi. Che vogliono ancora da me?
- Rob, dove scappi? Vieni qua che ti vogliamo solo parlare! Rob!
Uff, appena in tempo. Qui, davanti all'ufficio del preside, non hanno il coraggio di venirmi a prendere. Ma dopo?
Perchè mi hanno preso di mira? E' stato dopo che ho invitato i miei compagni a casa, per il compleanno. Sì, effettivamente non è andata bene, quella volta. Certe volte penso che--
- Ehi, Rob! Cosa fai qui tutto solo? Va' fuori a giocare con gli altri - oddio, anche la signorina Weston ci si doveva mettere adesso...

Le ultime scartoffie da firmare. Poi potrò riavere la mia roba e uscire. Sì, ci vorrà ancora un'ora o due, mi dicono. Ma ormai non sono nemmeno più impaziente. Potrei aspettare anche un altro giorno o un'altra settimana. Ho aspettato tre anni e due mesi. Cosa sarà un po' d'attesa ulteriore? Tempo chiuso in gabbia, tempo in cui m'hanno fatto parlare con degli psichiatri, tempo sprecato? No, ho avuto tanto tempo per sognare. E forse è giunto il momento di ritentare di far diventare quei sogni realtà. Magari non tutti, magari non subito. Andrò per gradi. Ecco cosa farò in quest'ora o due di attesa. Sceglierò il mio primo obiettivo, quello su cui concentrare tutte le mie forze. E poi agirò di conseguenza, costi quel che costi. Finchè non l'avrò ottenuto.

Joe Steers, Joe Steers. Ti sto dietro da un quarto d'ora ormai. E dove te ne stai andando così guardingo? E a quest'ora del mattino, poi. Sarà il solito affare di ricettazione? Qualcosa che hai rubato in questi giorni che porti al tuo smerciatore di fiducia?
Dunque, l'ultima volta mi pare d'averlo beccato sei mesi fa, ed era un furtarello. Probabilmente non si tratta di evasione, probabilmente l'ha scontata, la pena, ma i tipi come Joe li conosco ormai da anni. Entrano ed escono dal carcere, senza riuscire a interrompere questo circolo vizioso. Dicono che vorrebbero, ed in effetti è vero. Ma dentro, dentro di loro intendo, vogliono continuare sulla via che ritengono più semplice. Almeno questo mi dicono tutti questi anni di esperienza. Certo, ci sono le eccezioni, ma sono talmente rare che confermano la regola. E la via per loro più semplice, sembra paradossale ma è proprio così, è vivere dentro questo circolo vizioso, abituarsi alla routine del furto, delle speranze di successo, della cattura e del carcere. O forse dipende solo dal fatto che questi ladri sono tutti ottimisti e sperano sempre che i loro sogni possano diventare realtà. E purtroppo i loro sogni non possono aspettare le vie legali.

La campana è suonata da pochi secondi, e già sento il loro alito sul collo. E' diventato un incubo, ormai. Non sopporto questa scuola. Non sopporto questi ragazzi stupidi. Non lo sopporto proprio.
- Rob, dove corri? C'è la mamma che ti aspetta qui fuori?
- Lasciatemi stare - in effetti, speravo di arrivare sano e salvo al cancello del giardino, dove c'era mia mamma ad aspettarmi.
- Lasciatelo stare - e per fortuna, ogni tanto, Al mi vede e viene in mio soccorso. Al è mio amico, un buono, un amico magari non di quelli veri, nel senso che non c'è chissà che legame tra me e lui. Ma buono. E ha anche un certo prestigio a scuola, pur essendo ancora uno studente come gli altri. Di solito i buoni rispettati sono tutti professori. E' uno che già a dieci anni sapeva come fare a non farsi mettere i piedi in testa, senza bisogno di menare le mani. Infatti, la banda di Jack è già in ritirata, con fare disinvolto, come a non far vedere la loro momentanea sconfitta.
- Come va, Rob?
- Bene, adesso bene. Grazie dell'aiuto.
- Non c'è di che. Vuoi che facciamo la strada insieme? - abita non troppo distante da casa mia, e per un bel pezzo la strada che dobbiamo fare è la stessa. Ma io ho mia madre ad aspettarmi fuori, in macchina. E so che non sopportava idee come questa.

La porta del carcere è uno di quei grandi cancelli automatici, con la guardia armata a controllare. Si apre lentamente, in maniera esageratamente meccanica. In carcere si perde quasi la conoscenza della tecnologia, il contatto fisico che invece, nel mondo esterno, abbiamo tutti i giorni. Sopravvivono solo gli elettrodomestici più comuni, la tv. E le pistole. Il cancello, con le sue braccia meccaniche, è quasi una novità ora. Il ritorno alla tecnologia, potrei vederla così. Ma, alla fine, anche questo cancello arrugginito si apre, e posso uscire.
Non so cosa mi aspettavo, forse che dal sole partisse un raggio di luce ad illuminarmi la faccia. O forse che l'aria sapesse di un odore diverso, ora che sono libero. Invece le cose sono come prima. Anche la tecnologia, in questo luogo quasi desertico, ancora non si vede.
Non c'è nessuno che sia venuto a prendermi, come invece succede nei film. Mi toccherà aspettare l'autobus. Il che vorrà dire che, quando salirò, tutti i passeggeri sapranno che sono un ex detenuto. D'altronde qui attorno non c'è niente oltre al carcere. Chi sale è una guardia o un galeotto. E le guardie le conoscono tutti.
Non c'è nessuno perchè mio padre è morto, e l'unico mio amico non ce l'ho voluto lì, davanti al penitenziario. E' successa un anno fa, la morte: mi hanno anche permesso di assisterlo negli ultimi giorni e di partecipare al funerale. Ora, però, sono solo, senza nessun parente prossimo. Ho un po' di soldi da parte, questo sì, e anche una casa che aspetta di essere risistemata. E forse bisognerà che mi trovi un lavoro. Ma, prima di tutto, ci sarà il mio obiettivo. Non dovrò lasciarmi distrarre dagli agi di una vita comune, libera, tranquilla. Ho covato quest'obiettivo per giorni, per mesi, sempre con foga, rabbia e passione. Non ho nessuna intenzione di rinunciarvi proprio ora che ci sono così vicino.

Mamma mia che barba. Dov'è Electro? Dov'è l'Avvoltoio? Mi accontenterei anche di un misero Boomerang o qualche altro criminale di serie B. Niente. Nada. Ormai i poliziotti sono troppo zelanti per i miei gusti e queste operazioni "Tolleranza Zero" troppo efficaci. Sembra quasi che rimangano in giro solo i tipi come Joe, troppo sfigati o troppo incalliti. E girano parecchio. E' quasi mezz'ora che cammina, evita passanti, chiede permesso. Me lo ricordavo più sgarbato. Inizio a sospettare che anche questo pedinamento finirà con un bel buco nell'acqua.
Ma... Chi l'avrebbe mai detto? Una sorpresa così, da Joe Steers, proprio non me l'aspettavo. A giudicare male la gente prima di vedere dove sta andando... Sono davanti ad una scuola, una scuola elementare! A meno che non sia venuto a rapire il figlio di un banchiere, direi che Joe s'è convertito alla famiglia. E comunque, penso che un banchiere non mandi i propri figli ad una scuola così "normale". Dev'essere proprio qui per un figlio o una figlia. Come al solito, ho parlato troppo presto, riguardo a 'sto tipo. Finito in carcere chissà quante volte, e chissà per quanti motivi. Ogni storia è una storia diversa, anche se sembro non capirlo.
Anzi, a guardarla bene, questa è anche la scuola dove ho fatto le elementari io. Le elementari. Tutta la vita non ho fatto altro che essere tormentato dalle mie esperienze liceali. Dai bulli modello "Flash Thompson" o dal fatto di essere stato un nerd, un secchione, e un fallito con le donne. Almeno finchè i miei poteri di ragno e il mio nuovo ruolo di eroe non mi avevano spinto, pian piano, a maturare e a diventare il Peter che sono. E non sono venuto male, dopotutto. Ho una moglie stupenda, una figlia stupenda. Una vita difficile, questo sì, ma che sono sempre riuscito, nel bene e nel male, a portare avanti, giorno dopo giorno. Cielo, ricordo ancora la paura e insieme l'emozione che provai il giorno in cui MJ mi rivelò di conoscere il mio segreto, di sapere che ero in realtà l'Uomo Ragno, e... Ma sto divagando.
Com'ero io allora? Alle elementari, intendo. A prendermi venivano già i miei zii, Ben e May, e non queste mamme con la station wagon. Ma, a parte questo, non è cambiato molto. Le facce sono le stesse. Gli stessi i bambini, le stesse le mamme. Solo, ogni tanto, qua e là, si vede qualche papà. Una volta erano più rari.

- Accosta qui, Carl. Stanno già uscendo.
- Ok.
- Sono stufa che Rob torni a casa da solo dopo la scuola.
- Sarà successo tre volte in tutto.
- Non passo mai tempo con lui, e se poi lo lasciamo in giro da solo finirà per frequentare brutte compagnie, non credi?
- Sì.
- E' meglio che d'ora in poi ritorniamo ai vecchi metodi, che lo veniamo a prendere ogni giorno.
- Ogni giorno?
- Eh, sì. Ogni giorno.
- Ma Cristo! Lo sai che certi giorni lavoro! E' per questo che gli abbiamo detto di tornare da solo il lunedì e il martedì!
- Non m'importa. Chiederai un permesso. Lo sai che io non posso guidare.
- Sì, lo so...
- Ma quanto ci mette? Chissà cosa starà facendo.
- ...
- Comunque dopo glielo dici tu questo discorso.
- Quale?
- Che l'esperimento è finito. Che lo veniamo a prendere noi all'uscita tutti i giorni.
- Va bene.
- E che lo portiamo anche.
- Lo portiamo già tutte le mattine.
- Sì, beh, tu ribadiscilo.
- Va bene.
- Ma dov'è? Non lo vedo ancora...
- E' sempre l'ultimo!
- Non iniziare!
- Va bene. Scusa.

- No, grazie, penso che siano venuti a prendermi i miei - e con questo saluto il buon Al, il mio "angelo custode".
- D'accordo. Comunque, quando vuoi.
Al è una di quelle persone che mi mette allegria, voglia di sorridere. Ma non a lui, o almeno non solo a lui. Sorridere a tutti, in un certo senso. A tutti tranne la banda di Jack, chiaro. Un altro bambino si sarebbe offeso per un rifiuto. Al invece capisce. Deve avere dei bravi genitori, penso.
- Umpf - una spinta improvvisa alla schiena interrompe i miei pensieri positivi.
- Eh, bravo Rob. T'abbiamo preso, finalmente. Il tuo protettore se n'è andato, eh? - la banda di Jack, purtroppo, è tornata.
- Co-cosa volete?
- Tu vieni con noi, usciamo dall'uscita laterale e ti accompagniamo fino a casa a piedi.
- Ma ci sono i miei davanti all'ingresso...
- Ma quanto sei piagnone, Rob! T'abbiamo detto che t'accompagniamo noi! Non serve che vai in macchina, un po' di moto fa bene, non lo sai?
Mi buttano avanti un po' a forza ed inizio a preoccuparmi. Non tanto per Jack o non solo per Jack. So cosa mi aspetta. Mi prenderanno un po' in giro, mi ruberanno lo zaino e se lo lanceranno tra di loro, prima di lasciarlo in una qualche pozzanghera. Mi spingeranno un po' di qua e di là. Mi è già toccato lunedì e martedì, gli unici giorni in cui mamma e papà mi hanno permesso di tornare a casa a piedi da solo. L'aveva convinta una sua amica, Lisa, che diceva che lei i suoi figli li mandava sempre a scuola da soli, che erano ormai maturi e autosufficienti. Certo, ha due figli che sono alti il doppio di me! Ma per non dimostrare di essere da meno, anche io ho avuto la possibilità di sperimentare le gioie e i dolori del ritorno a casa a piedi.
Ma la cosa che più mi spaventa, di tutta la faccenda di Jack, è mia madre. Cosa starà pensando, adesso, vedendo che non esco dal cancello? Rientrare in casa sarà di certo più tremendo di ogni tortura che Jack può infliggermi.

Casa dolce casa. Si dice così, no? Dio mio, quanta polvere. Bisognerà dare una bella lustrata. O aspettare qualche settimana per riuscire a elaborare un robot che possa fare i lavori domestici al mio posto. Bah, farei in tempo ad intossicarmi con la polvere prima di essere riuscito a creare qualcosa. Certo, son passati tre anni, mi sono diplomato in riformatorio. Già tre anni fa ero considerato un genietto della robotica e dell'informatica. Adesso lo sono davvero. Ma sarà meglio prendere una scopa e darsi da fare. Dovrei chiamare anche Jake. L'ultima volta che era venuto a trovarmi in carcere mi aveva chiesto di sentirci, quando uscivo. In fondo, è l'unico che ha continuato a ricordarsi di me. Ma dopo, adesso è ora di pulire. Poi lavorerò un po' al mio progetto. E poi chiamerò Jake.

Bof. Sono ormai usciti tutti. Le famiglie se ne vanno verso casa, anche Joe ha preso per mano una bella bambina che lo chiama papà. E forse sarebbe meglio che anch'io tornassi dalla mia famiglia, però, lo ammetto, è bello spiare da qui, sopra ad un albero, qualche famiglia felice. Non se ne vedono molte. E magari nemmeno queste lo sono realmente, ma mi piace pensarlo. Certo, dal punto di vista super-eroistico la mia mattinata libera dal lavoro si è conclusa con un nulla di fatto. Peccato. Sarebbe bello se tutti i criminali agissero solo nella tua mattinata libera, e ti lasciassero dormire di notte e non ti interrompessero nei momenti peggiori. Invece il mondo non va come nei sogni.
Ma... cosa sta succedendo là sotto?
- Prendi! - dei ragazzini si stanno tirando uno zainetto, probabilmente quello del bambino che è in mezzo al cerchio.
- Ridatemelo - già prepotenti a quell'età. Forse sarebbe meglio intervenire.
- Vienitelo a prendere, Rob! Guarda è qui! Prendilo!
- Datemelo, datemelo.
Sbam. Cavolo, gliel'hanno sbattuto in faccia! Nemmeno a me andava così male quando mi sfottevano.
- Uhh - il ragazzino si lamenta, a terra, perchè oltretutto il colpo in faccia l'ha anche fatto inciampare.
- Rob, sei la solita piattola! Rialzati! Non abbiamo ancora finito.
- Hai ragione ragazzino, abbiamo appena iniziato - mi piace fare queste entrate ad effetto!
- L'U-l'U-l'U... - biascica uno dei ragazzini.
- L'Uomo Ragno. Sì, sono io. Guarda che è meglio che inizi a curarla da subito quella balbuzie, che se no ti peggiora!
- Naa, non sei quello vero - interviene quello che sembra essere il capo della banda - sei uno degli amici sfigati di Rob! Fatti da parte!
- Co-come scusa?
- Vedi che balbetti anche tu?
- I-io n-non... ahem, i-o n-o-n b-a-l-b-e-t-t-o, capito?
- Sì, vabbè, ora togliti dai piedi. C'ha già fatto perdere abbastanza tempo Al. E tu non sei l'Uomo Ragno: io l'ho visto quello vero, una volta. Mi ha salvato da una macchina che stava per investirmi. Era molto più alto di te e due volte più muscoloso.
- Ma davvero?
- Proprio così.
Cavolo, questo ragazzino è riuscito a zittirmi! Alla faccia del mio sense of humor! Che gli dico adesso? Potrei portarlo a farsi un giretto su per i tetti, ma non credo che sia uno dei metodi migliori per trattare coi bambini. Potrei... Oh, basta!
- Insomma, questo ragazzino viene via con me - dico, cercando d'impormi.
Il ragazzino, il capo della banda, invece, non accetta molto facilmente la mia imposizione. "Ma figurati! - mi dice, tirandomi un calcio sulle caviglie - Lui vuole che lo accompagniamo noi, vero Rob?"
- Ragazzino, adesso m'hai proprio stufato!

- Mi ha proprio stufato! Dov'è finito!?
- Non lo so - risponde Carl.
- Beh, vai a cercarlo, no? Scendi, muoviti. Su, su.
Cosa gli sarà successo? Glielo avevamo detto che saremmo passati a prenderlo. Glielo avevo detto io, personalmente. Che se ne sia andato a casa a piedi? Perchè? Forse se n'è andato con qualche suo amico, forse adesso è con lui, in qualche altra casa, con qualche altra famiglia... Oddio, Rob. Anche lui mi vorrà lasciare, lasciare sola, senza nessuno che--
TOC TOC. Mamma mia, che colpo. Questa mania di bussare ai finestrini...
- Allora? L'hai trovato?
- Una maestra dice che l'ha visto uscire per la porta laterale...
- Ecco, lo sapevo! Chissà dove sarà andato adesso!
- Magari è andato a casa.
- No, non sarà andato a casa!
- Beh, adesso andiamo con la macchina lungo la strada, finchè non lo troviamo... Eppoi gli do due sberle, così impara.
- Sì, deve aspettare sempre noi.
- Sì, non ho più voglia di mettermi a cercarlo per mezza città e di penare così...

Wow. Wow. Wow. Sto volando. Volando! Ho il cuore che mi batte, mi pulsa, mi blocca la saliva. Penso, penso che potrei morire soffocato, in questo momento. Sto volando con l'Uomo Ragno. Sì, non proprio volando, ma quasi. Saltiamo da tela a tela, da palazzo a palazzo. In realtà è lui che salta, ma io gli sono attaccato. Lo sapevo, lo sapevo che era quello vero, non un Uomo Ragno fasullo! Jack dice un sacco di balle e non capisce niente. Se lo merita quello che gli è successo! Cavoli, questo è il più bel ritorno a casa del mondo! Wow!

- Lo vedi?
- No, ma quando lo becco...
- Tu pensa a beccarlo, adesso, poi penseremo a fargli capire che deve sempre aspettarci.
- Sì, e che soprattutto quando gli diciamo una cosa...
- Aspetta, Carl, fermati un attimo. Cos'è quella... roba lassù?
- Sembra... sembra... non saprei cosa sembra...
- Cosa fai ancora qua? Scendi e vai a vedere, no?
Carl esamina quella strana cosa bianca appesa a un muro per qualche secondo, poi lo vedo che parla verso questa cosa. Oh, sta lì a blaterare e a perdere tempo mentre il mio Rob, chissà dov'è? E se se ne fosse andato via, via per sempre? Ma cosa sta a fare ancora là, quell'imbecille! Oh, eccolo che ritorna.
- Ma che stavi facendo?
- Dentro a quella cosa c'erano dei ragazzini?
- Ragazzini? Rob?
- No, non Rob. Dicono che è andato a casa con l'Uomo Ragno...
- Con chi?

Che roba! Pensa quando lo racconterò a mamma e papà! In giro per New York con l'Uomo Ragno! Scommetto che a loro non è mai successa una roba del genere! Al massimo avranno visto volare in cielo, da lontano, la Torcia Umana! Ma l'Uomo Ragno! Ed è mio amico, mi ha parlato, prima di andarsene via, quando mi ha lasciato davanti al palazzo, ha rivolto la parola proprio a me, a Rob Browning!
Peccato solo che sono senza chiavi e che non ci sia nessuno in casa. Saranno venuti a prendermi e adesso mi staranno cercando. Sì, ma appena tornano glielo dico, com'è andata, che non è stata colpa mia ma di Jack-- uh, eccoli.
- Adesso telefono subito alla polizia e... Rob! Sei qui!
- Ciao mamma. Ciao papà!
- Come stai, Rob? Dammi un abbraccio, presto! - obbedisco, un po' sorpreso. Devono essersi proprio preoccupati.
- T'ha fatto male, ti ha picchiato? - continua la mamma.
- Chi?
- Quel mostro...
- Jack?
- No, quel... come si chiama Carl?
- L'Uomo Ragno.
- Sì, l'Uomo Ragno. Che ti ha fatto?
- Oh, l'Uomo Ragno niente. Mi ha dato un passaggio fino a casa...
- Rob - interviene papà - lo sai che ti abbiamo detto mille volte di non accettare passaggi dagli sconosciuti...
- Sì, ma io adesso telefono alla polizia - continua la mamma, molto ma veramente molto agitata - e lo denuncio quello stronzo! Come si permette, portare a casa mio figlio senza dire niente!
- Ma mamma, mi ha aiutato...
- No, tu devi tornare con me e con me solo, hai capito? Carl, tu adesso gli fai quel discorsetto che volevi fargli e io intanto telefono alla polizia. Ed entriamo in casa che qui sul pianerottolo i muri hanno orecchie!
Entro in casa con papà. Le cose non sono andate esattamente come speravo...

Ecco fatto, finito. Adesso la casa è di nuovo a posto. Adesso posso concentrarmi sul mio obiettivo, anzi sui miei due obiettivi primari. Mi chiamo Steve Petty e voglio due cose: distruggere l'Uomo Ragno e avere Mary Jane Watson Parker.

CONTINUA

***

LE NOTE:
Su invito di Mickey, ho concepito questa saga che occuperà per alcuni numeri le pagine virtuali de "La tela del ragno". Unica nota sui personaggi: Steve Petty, il giovane che viene scarcerato e che diverrà protagonista dei prossimi episodi, non l'ho inventato io. Anzi, ha fatto la sua prima (e, credo, unica) apparizione nel primo albo dell'UR (il numero 89) che io abbia mai letto (quindi questa è una specie di "operazione nostalgia"... ^__^, ma mi raccomando: aspettate ad andarvi a rileggere quell'albo, chè vi rovinereste una sorpresa!!). Tenete d'occhio anche la famigliola di Rob, che avrà un ruolo decisivo nella saga.
I commenti, come al solito, mandateli alla mia e-mail.

***

Prossimo numero:
Il ritorno di un vecchissimo nemico dell'arrampicamuri e in più: un corteggiamento, una fuga e un incidente stradale. Non mancate!

***

-EF
ottobre 2002