(CAVALIERI MARVEL)

 

N° 24

 

GIOCHI DI MORTE E D’INGANNI

 

(PARTE PRIMA)

 

 

IL DIABOLICO CINESE

 

 

 Di Carlo Monni

 

 

PROLOGO

 

 

            Nel cuore dell’antica Provincia di Honan, in Cina, si erge una fortezza. Quanto sia antica, nessuno lo sa con esattezza. L’accorto viandante evita, sin dai giorni in cui era il cavallo il principale mezzo di trasporto, di avvicinarsi a quella zona. Si  narra che gli Imperatori in persona temessero l’uomo che abita in quella fortezza e che nemmeno i giapponesi osarono avvicinarvisi, durante l’occupazione della Seconda Guerra Mondiale e che, infine, neanche Mao Tse Tung avesse osato sfidare il potere del Signore della fortezza di Honan. Ma chi era, infine, questo temuto Signore? O meglio, chi è? La sua vera età è sconosciuta, si dice che suo Elisir Di Lunga Vita gli abbia permesso di superare indenne oltre tre secoli, se non più. Il nome con cui è universalmente conosciuto è: Fu Manchu, ma coloro che, per decenni, l’hanno combattuto in Cina ed in Occidente, lo conoscono anche col soprannome di Dottore del Diavolo, per via della sua astuzia non comune e della sua quasi sovrannaturale abilità  in molte branche della scienza, comprese discipline segrete, note solo a pochi iniziati. Per oltre 90 anni ha condotto un gioco teso alla conquista del mondo, in cui i suoi avversari  principali sono stati l’Inglese Sir Denis Nayland Smith, dapprima funzionario del Governo Coloniale Britannico, poi dell’Interpol e, successivamente, capo del Controspionaggio britannico, il famoso MI6, ed il suo amico Dottor Petrie. I due sono stati per decenni, una vera spina nel fianco di Fu Manchu, grazie anche al fatto che, in un’occasione, ebbero la possibilità di bere l’Elisir della Vita. Fu una sola volta, ma basto a rallentare il loro invecchiamento normale per decenni. Oggi il Dottor Petrie è morto e Sir Denis, alla veneranda età di 120 anni, è, ormai  da tempo,  in pensione in una villa del Sussex, accudito da capaci infermiere. Fu Manchu è diventato, oramai, una favola all’interno del MI6, l’ossessione di Nayland Smith, lo chiamano e scherzano sul Pericolo Giallo. Non tutti, però, qualcuno che ricorda la verità c’è ancora e non ha intenzione di abbassare la guardia.

            Fu Manchu lo sa, assiso nel suo trono, finemente lavorato, nella sala centrale della sua Fortezza, sa chi merita il suo rispetto, chi è un degno avversario,. Sotto i lunghi baffi spioventi, sorride:

-È tempo di una nuova partita.- dice, semplicemente.

            Il Mondo comincia a tremare.

 

 

1.

 

 

            Il mio nome è Shang Chi, nella mia lingua natale, il cinese mandarino, significa: “Lo Spirito che Avanza”. Vivo ancora secondo il mio nome? Vorrei davvero esserne certo, ma, ultimamente, le mie certezze sono state messe in discussione e, forse è per questo che mi sono avventurato in questa sezione del paese in cui sono nato, la Cina, dove sorge la fortezza proibita di mio padre. Un tempo, non molto lontano, mio padre stesso aveva ordinato ai suoi sicari di uccidermi. La mia colpa? Essermi opposto ai suoi folli piani per imporre la sua volontà ad un’umanità a cui non si può negare il diritto di vivere libera come le aggrada. Mio padre, sia come sia, non approva che si discuta la sua volontà, è il potente Fu Manchu e non ama perdere. Mentre mi avvicino alla sua fortezza, so, con certezza, di essere già stato individuato e che i Fansicari, la sua scelta elite di assassini, sono pronti ad assalirmi in ogni momento. Non ha importanza, sono sempre stato pronto per questo e non mi tirerò indietro.

            Eccoli! Spuntano quasi dal nulla e sono quasi una dozzina. È quasi troppo facile sbarazzarsi di loro, ma, poi, eccone altri. Sarebbe un’impresa impari, forse, se, all’improvviso, uno di essi non si togliesse i paramenti di Fansicario e, rivelando un petto su cui spicca un dragone tatuato, non si lanciasse sugli altri con un urlo, abbattendone, subito, uno con un calcio, per poi atterrare, schiena contro schiena con me.

-Coraggio, inglese…- dice. –Questi sgherri non sono nulla per due come noi.-

            I miei occhi si spalancano, mentre riconoscono Shen Kuei, detto il Gatto, il mio compagno scomparso da tempo.[1] Comprendo subito che le sorprese sono solo iniziate.

 

         <<…. Dunque, tutto è registrato eh? Bene, bene, vecchio mio, cominciamo, allora, con i dettagli essenziali. Il mio nome è Reston, Clive Reston e sono un agente del MI6 in missione per conto di Sua Maestà Britannica. Volete anche il numero di matricola? Magari vi sorprenderebbe. Beh, cominciando dall’inizio… Questo giro dell’oca è cominciato a Macao, dove io e la mia collega Leiko Wu stavamo alle costole di un trafficante di droga ed armi di nome Carlton Velcro. Avevamo ricevuto l’ordine di occuparci di lui in modo permanente. Si, è proprio quel che pensate. D’altra parte, è per situazioni come questa che mi è stata data la Licenza di Uccidere. Anche mio padre l’aveva, sapete? Certo, i suoi erano altri tempi, più divertenti, in un certo senso: giocatori di carte dai nervi d’acciaio, uomini col tocco di Mida, killers con la pistola d’oro. Ma sto divagando ancora, scusate, torniamo alla vicenda principale. Come stavo dicendo, iniziò tutto a Macao…

-E adesso che facciamo Clive?- mi chiese Leiko, fasciata in un kimono di seta, che le lasciava scoperte le lunghe gambe e non copriva abbastanza i suoi seni, abbastanza da non distrarmi, almeno. Vi aspettereste che, da perfetta orientale, fosse piccolina, invece, era più alta della media e con un fisico slanciato da indossatrice. Non è così insolito in certe etnie cinesi, mi dicono, io stesso conosco un… vecchio cinese, diciamo… alto almeno un metro e novanta, ma torniamo a Leiko. Suo padre era cinese e sua madre giapponese e lei aveva preso il meglio dai due popoli, a parte che non aveva nulla dell’umiltà e sottomissione tradizionalmente associate alle donne di qui due paesi, ammesso che esista ancora; piuttosto non le mancava quel pizzico di alterigia, che, forse le derivava da una nonna britannica, che si diceva, aveva dato scandalo in famiglia, sposando un ricco mercante cinese. Lasciamo perdere, questo, però e torniamo al punto di partenza, con Leiko che mi stava chiedendo quali fossero le mie intenzioni.

-Riguardo il caso o riguardo noi?- le chiesi, a mia volta, con un pizzico di malizia, Ora, nel semplice caso che ve lo steste chiedendo: no, non è un’abitudine del MI6 che i suoi agenti discutano le loro mosse in pigiama o poco meno e se questo vi fa pensare che tra me e Leiko ci fosse una certa intimità, beh, pensatelo pure.

-Non essere stupido, Clive, non esiste nessun “noi” di cui discutere.- ribatté Leiko

-Oh già, dimenticavo, io sono solo quello con cui vai a letto quando il cinesino non è disponibile per soddisfare le tue voglie.-

-Sei un vero bastardo Clive, lo sai?-

         Sogghignai, nel rispondere:

-Grazie cara. Ora, visto, che volevi parlare del nostro amico Velcro, beh, penso che sia ora di rompere gli indugi e passare all’azione.-

-Come vuoi procedere?-

.Ho saputo che domani lui e la sua bella, Pavane, prenderanno un volo per Madripoor. Ho prenotato un posto sullo stesso volo. Pensavo di eliminarlo qui a Macao, ma credo che a C piacerebbe sapere chi è il destinatario dei suoi traffici e, magari, vederli fuori dagli affari entrambi.-

-Molto bene. Partenza alle…-

-Un po’ presto, temo, otto del mattino, ma non c’erano molte scelte.-

-Qualche idea su come passare il tempo che ci resta?-

         Sogghignai.

-Una o due.- le risposi –Intanto, vuoi qualcosa da bere? Spero vada bene quel che stavo preparando per me.-

-Cocktail Martini agitato, non mescolato. Come tuo padre, giusto?-

-Mi conosci bene Leiko.-

-Purtroppo si.-

         …Ora, signori, qualunque cosa pensiate di me, vi assicuro che sono un gentiluomo e, quindi, mi spiace per voi, ma non avrete altri particolari sul seguito di questa conversazione.>>

 

            I neri capelli della donna sono scarmigliati, sul suo elegante abito ci sono numerosi strappi. La testa le viene sollevata tirandola per i capelli ed una voce maschile l’apostrofa brutalmente:

-Allora, stupida sgualdrina, vuoi dirci ci sei e chi ti manda?-

-Il… il mio nome è Alexandra Fiodorovna Bezuhkova… sono ucraina… mio marito… Igor Yurievitch Bezuhkov… è… un ingegnere russo…. inviato in Camciatca per studiare la possibi… lità di…. un tunnel… sotto… sotto lo stretto di…. Be… Bering.-

            La voce affannosa ha appena terminato di parlare, che l’uomo di fronte a lei le sferra un manrovescio, che fa tremare la sedia a cui è legata e le lascia un segno rosso sulla guancia.

-Non mentirmi puttana!- urla l’uomo –Tu sei una spia, una schifosa spia e mi dirai per chi lavori. Dimmelo, hai capito?-

            La donna non risponde, stringe le labbra, sente in bocca il sapore del suo stesso sangue. Lentamente, solleva la testa verso il suo aguzzino, puntandogli contro i suoi profondi occhi neri. È un uomo di evidente etnia orientale: Cinese, Coreano, Vietnamita? Non sa dirlo con certezza e non è certa nemmeno che sia importante. Indossa una divisa i cui colori ricordano quelli dell’Esercito Popolare Cinese e di altri eserciti delle “Repubbliche popolari” dell’Estremo Oriente, ma senza alcuna mostrina particolare, decisamente anonima.

-Non…ho… niente… da dire… non so niente.- ripete lei

-Lo vedremo. Ci costringerai ad usare maniere un po’ più forti. Peccato per il tuo bel viso. Torneremo presto.-

            I suoi torturatori escono e la donna rimane sola, legata alla sedia, la testa reclinata in avanti.

            Passa un minuto, poi due, infine, all’improvviso, la donna che ha detto di chiamarsi Alexandra Fiodorovna Bezuhkova, alza di scatto la testa e comincia a far dondolare la sedia. Liberarsi dalle corde che la tengono, non è un problema, era ancora una ragazzina quando ha imparato come fare, pensa, ma deve fare in fretta, prima che quelli tornino e deve anche scoprire cosa ne è stato del suo compagno.

 

 

2.

 

 

            Il Gatto, qui? Era sparito misteriosamente a Macao, mentre davamo la caccia al misterioso Ladro Ombra e mi ero chiesto se l’aveva fatto di propria volontà o se fosse stato rapito. A quanto pare, sembra proprio che la prima ipotesi fosse esatta, visto che lo ritrovo infiltrato nientemeno che tra i Fansicari.

-Sei pronto a combattere, Inglese?- mi chiede, dandomi, ancora una volta, quell’appellativo con cui vuole sottolineare che, ai suoi occhi, io non sarò mai un vero cinese e questo, non perché mia madre sia americana, ma, perché, a suo dire, avevo ceduto la mia lealtà ai Servizi Segreti Britannici e questo faceva di me nient’altro che un Inglese. Fin da piccolo ho appreso che la lealtà non è dovuta, come una fede cieca, ad una nazione od una bandiera o alla cieca volontà di un uomo. Piuttosto, la lealtà va conquistata con la saldezza dei principi, con la giustizia dei cuori, con la bontà delle motivazioni. Questo mi ha portato spesso a ricevere delusioni, ma quasi mai, a mettere in dubbio le basi della mia esistenza. Anni fa scoprii che quanto credevo giusto era sbagliato e che un uomo che io credevo l’incarnazione della saggezza, era in realtà, spietato e crudele, disposto anche allo sterminio indiscriminato per raggiungere i suoi scopi di dominio sull’umanità. Quell’uomo era, è, mio padre: il terribile Fu Manchu. In nome degli stessi valori di pace e fratellanza che egli mi fece insegnare, mi ribellai a lui e mi opposi con tutte le mie forze ai suoi piani.[2] Da allora, mi ha disconosciuto come figlio ed ha dato ordine di uccidermi, ma io sono ancora qui, sempre qui, per continuare ad oppormi a lui.

-Non approvo la violenza…- rispondo a Shen Kuei -… gli uomini dovrebbero saper trovare altri modi per risolvere i loro conflitti, tuttavia, a volte, gli eventi non ti danno scelta ed allora, si: sono pronto a combattere.-

-Tu parli sempre troppo, Inglese.- replica lui.

            La battaglie è breve, ma intensa. Per quanto superbamente addestrati, i Fansicari non sono in grado di opporsi efficacemente all’abilità di due veri maestri del Kung Fu e delle altre arti marziali.

-E adesso?- chiedo –Io sono venuto qui, attirato da un messaggio, che mi diceva che qui avrei trovato la risposta a certe mie domande. Chi l’ha scritto sapeva due cose: che io sono abbastanza curioso da venire qui a tentare di scoprire il mistero e che tu eri qui, nei panni di un Fansicario. Quel qualcuno, a meno che non sia stato tu stesso, Gatto, ad inviarmi quel messaggio, potrebbe essere mio padre.-

-Io non ti ho mandato messaggi.- risponde Shen Kuei –Chi mi ha mandato qui sarebbe molto seccato di sapere che ho rinunciato alla mia copertura per aiutarti; anche se, a pensarci bene, come copertura non era, forse, tanto efficace.-

            Non gli chiedo per chi lavori, non me lo direbbe e, comunque, anche se ho i miei sospetti, in realtà non m’importa. Quel che importa è che ci sono sospetti di nuove attività di mio padre ed io voglio saperne di più.

-Io entrerò nella fortezza, verrai con me?- mi chiede il Gatto

-Ci sarei andato anche senza di te…- rispondo -…ma sarò lieto di avere un compagno tanto valoroso.-

            Lui abbozza quello che sembra un sorriso e poi, mi getta la tunica di un Fansicario.

 

            New York. L’uomo di nome Marc Spector chiude una cartella rilegata in pelle. Contiene una proposta dettagliata per la gestione del suo Gruppo. Dopo la sua presunta morte (presunta? Per quanto lui stesso ne sa, era morto davvero, e solo l’ennesimo intervento di Konshu, il dio egizio della Luna e della Vendetta, l’aveva resuscitato.) Marlene, la sua donna, aveva tenuto insieme la Spectocorp, ma, nell’incertezza su chi fossero i suoi veri eredi (Un testamento, chiaro e semplice, era stata la prima cosa a cui aveva pensato, ritornando nella terra dei vivi.), la società era rimasta pericolosamente esposta agli attacchi di raiders senza scrupoli e le sue risorse finanziarie si erano pericolosamente assottigliate. Per sua fortuna, Marc era riuscito a trovare dei finanziatori, senza nemmeno limitare molto la sua autonomia. Ed ora, ancora qualche sforzo e sarebbe riuscito a ripianare tutti i debiti.

            Tuttavia, questi pensieri non erano i più importanti stasera. Marc Spector era stato molte cose nella sua vita, prima di diventare un uomo d’affari: agente della C.I.A. mercenario in Asia ed Africa e, soprattutto, negli ultimi anni, supereroe col nome di Moon Knight. In quest’ultima veste, aveva avuto un’esperienza con l’amica/nemica Stained Glass Scarlet e con l’antico nemico Spettro Nero.[3] Tutti e tre erano, a modo loro, anime inquiete e tormentate dal loro stesso passato e le loro azioni erano dettate da ciò che quel passato li aveva resi. Con questo, lui non condona le azioni di Carson Knowles, ma le comprende, questo si. Loro due sono il riflesso distorto l’uno dell’altro e solo un capriccio del fato ha fatto sì che i loro ruoli non fossero invertiti. Quanto a Scarlet Fasinera… se c’era un’anima segnata dagli abusi di una vita, quella era la sua. Marc sa di amare Marlene Alraune come mai gli era capitato con nessun altra donna, ma Scarlet… quel che provava solo vedendola, lo spingeva ad abbassare le sue difese ed infine lo faceva sentire in colpa verso la sua donna.

            Scaccia questi pensieri e da un’occhiata all’orologio. Il sole è tramontato, è l’ora della ronda di Moon Knight. Indossa, rapidamente, il costume, poi, usa il microfono incorporato nella maschera:

-Frenchie, raggiungimi sul tetto.-

<<Oui Marc, ci sarò tra cinque minuti.>> risponde il suo fido pilota Jean Paul Duchamp.

            Moon Knight si muove rapido. Da qualche parte di questa città c’è un assassino che deve essere trovato e lui ha giurato di farlo.[4]

 

            Paul Hamilton, direttore del New York Express sospira. Immagina di dover sentire le lamentele dell’Editore. Hobbs è un brav’uomo, ma non potrà, certo, fare a meno di sottolineare come fidarsi di uno come Eddie Brock era stato un vero azzardo. Se le voci che vogliono che si sia di nuovo fuso col simbionte alieno, per tornare ad essere Venom sono vere,[5] allora il giornale avrà qualche problema. I problemi sono l’ultima cosa che Paul vuole. Lui e Hobbs hanno lavorato duro per fare di questo quotidiano una delle voci più autorevoli della città e lui vuole che funzioni, a dispetto di chiunque, compreso il suo sfuggente proprietario.

            Il telefono sulla sua scrivania squilla e Paul lo afferra rapido:

-Pronto?- risponde secco.

<<Non sono abituata a telefonare agli uomini, ma con te faccio volentieri un’eccezione.>> risponde una voce femminile, in cui un sottile accento, vagamente francese, traspare, dando un’insolita tonalità alle sue parole, una tonalità molto sensuale, pensa subito Paul.

-Val!- esclama –Scusami, ma il lavoro mi mette davvero stress ultimamente.-

            Dall’altro capo del filo, la Contessa Valentina Allegro De La Fontaine, Vice Direttore Esecutivo dell’Agenzia di Spionaggio e  pronto intervento delle Nazioni Unite, chiamata S.H.I.E.L.D., sorride amaro.

<<Ti capisco.>> risponde <<Abbiamo avuto giorni d’inferno qui, letteralmente. Stasera è la prima sera che, forse, riesco a staccare ad un’ora decente. Ti andrebbe una cenetta intima e poi un po’ di musica nel mio attico?>>

-Non è un invito che si può rifiutare, Val, ci sarò.-

            Mentre riappende la cornetta, Paul riflette sulle circostanze che lo portarono a conoscere quella donna. Non prevedeva certo l’evoluzione del loro rapporto, ma non si lamenta di certo, oh no!

 

 

3.

 

 

            <<… se non sbaglio, eravamo rimasti alla partenza per Madripoor. Giusto? Posso avere un bicchiere d’acqua? Bene, ecco quel che accadde.

         Il volo per Madripoor fu una passeggiata, a parte il fatto che Carlton Velcro ci individuò subito. Niente di tanto terribile, dopotutto, sapeva che gli stavamo alle costole e sapeva benissimo che non era l’aereo il posto più adatto per farci fuori. Confesso che mi piaceva innervosirlo. Sia come sia, atterrammo all’aeroporto principale di quella perla dell’Oceano Indiano che è Madripoor, la Tortuga dell’Estremo Oriente. Vi ho detto che conosco la Principessa Regnante? Potete, anzi, dire, che è salita al Trono anche per merito mio. Forse non lo sapete, ma sono stato io a far fuori il precedente sovrano, la letale Viper. Certo, ho sentito che è tornata a farsi vedere in giro, di recente,[6] cosa alquanto seccante, lo ammetto. Resta il fatto che se Jessan Hoan, o, se preferite, Tyger Tiger, è diventata la Principessa Regnante di Madripoor è perché ha occupato un vuoto di potere creatosi a seguito dell'apparente morte di Viper e.. ma sto divagando ancora, vero? Torniamo a noi allora, sul Taxi che portava me e Leiko Wu verso il nostro Hotel nella Città Alta.

-Ho cercato Shang Chi, prima di partire…- mi stava dicendo Leiko.

-Non volevi parlargli, spero, dei nostri exploits notturni.- le dissi –Non sarebbe molto opportuno, direi.-

-Continui ad essere un bastardo, Clive.- mi ribatté lei –No, volevo… sentire come stava. Era partito, ha lasciato detto che doveva andare a Honan.-

-Nella fortezza di suo padre?- esclamai –Avresti dovuto dirmelo prima, Leiko, se c’è di mezzo Fu Manchu, questo significa solo guai per tutti, puoi credermi. Sir Denis diceva sempre che…-

         Non finii mai la frase, il taxi si fermò di colpo, l’autista si gettò fuori dalla vettura e, subito dopo, scoppiò la guerra o, almeno, un discreto facsimile.>>

 

            La donna è riuscita a liberarsi ed ora è in piedi. L’abito lungo è un impiccio, ormai; senza esitare, lo strappa fin sopra il ginocchio. È contenta che non ci sia uno specchio, deve avere un aspetto orribile. Passerà, come è sempre successo. Ora ha altre priorità: deve scoprire dove si trova, trovare il suo compagno e cercare di capire cosa è andato storto. Il posto sembra una specie di magazzino e non c’è dubbio che i suoi avversari lo usino per i loro loschi scopi. Bene, ora bisogna pensare ad uscire. . La donna si toglie una delle lenti a contatto nere che portava, rivelando una pupilla verde, non meno bella di quella fasulla. Chissà se funziona come Alexei Sergeievitch le ha detto? C’è un solo modo per scoprirlo. Getta la lente contro la porta e, subito, si sprigiona una fiammata che apre un buco nella stessa.

            Natalia Alianovna Romanova, la Vedova Nera sorride soddisfatta.

 

            Da qualche parte, in Cina, colui che si chiama Fu Manchu, sorride, mentre sulla sua scacchiera muove un’altra pedina.

 

 

FINE PRIMA PARTE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Solo pochissime cose da dire su quest’episodio, forse troppo breve per qualcuno, ma che funge da introduzione all’azione che sarà il fulcro del prossimo episodio, il 25° di quest’anomala serie.

            Che dirvi se non:

1)       Torna, alla grande, Fu Manchu, il villain che ebbe l’onore (?) di inaugurare questa serie. Su di lui non mi soffermo, ne riparleremo nel prossimo episodio. Vi dico solo che il titolo dell’episodio è un omaggio alla prima storia che lo vide protagonista, oltre ottanta anni fa;

2)       Avete avuto l’impressione di essere saliti a bordo a metà film e che ci sono cose che non capite? Abbiate pazienza e vi sarà tutto svelato, lo prometto.

Nel prossimo episodio: Shang Chi ed il Gatto, Clive Reston e Leiko Wu, la Vedova Nera e... possibile che i loro casi siano tutti collegati e che dietro si agiti la nera ombra di Fu Manchu, il Dottore del Diavolo? Certo che è possibile, sennò, perché mi disturberei a segnalarvelo? Ma se volete tutte le risposte, non perdetevi il prossimo episodio e non dite che non vi avevo avvertito.

 

 

Carlo



[1] Per la precisione dall’episodio #17 di questa serie.

[2] Tutto questo avvenne in Marvel Special Edition #15 (Shang Chi, Maestro del Kung Fu, Corno, #1) ed in successivi albi della stessa serie, ribattezzata, pochi numeri dopo: Shang Chi, Master of Kung Fu, mantenendo la stessa numerazione.

[3] Negli ultimi due episodi.

[4] Negli ultimi tre episodi.

[5] Voi non fidatevi delle voci, leggete l’Uomo Ragno MIT #33

[6] In alcuni episodi dei Difensori, ad esempio.