Marvelit presents:
a Yuri N. A. Lucia’s idea.
Invasori: Revival.
Chapter II:
Choises.
Duang, Cambogia
– Febbraio del 1966. Ore 6.00 a.m.
Osservare era una vera a propria
arte, e in questa il Camaleonte era un maestro. L’occhio umano in realtà,
percepisce un gran numero di particolari ma il cervello ne seleziona solo
alcuni, dal tre al tredici per cento scarso, etichettando gli altri come non
necessari. Si tratta di un meccanismo naturale che grazie ad un severo auto
disciplinamento e alle tecniche di memorizzazione rapida appresa da quelli
dell’ MK Ultra, lui aveva imparato a controllare. C’erano anche quegli impianti
sperimentali sottocutanei che gli davano un aiuto non indifferente ma gli
piaceva pensare fosse tutto merito suo. La cosa più difficile dell’osservare
comunque, era non far capire agli altri che si sta osservando. La posizione
migliore per l’osservazione è quella più anonima possibile e mantenerla non era
certo una cosa semplice. Con movimenti apparentemente casuali, riusciva a
scrutare tutto e tutti, cercando senza sosta, e senza successo, il dottor Zao
Ming, che era mescolato alla scorta
dell’arma per non essere riconosciuto, e l’arma stessa. Tutto quello che
riusciva a vedere era lo squallore di Duang, un villaggio solo di nome ma in
realtà poco più che un ammasso di capanne sprofondato in una palude.
“… i francesi piansero lacrime di
sangue a Diem Biem Phu! Io c’ero e ne ho uccisi una decina di quei luridi
porci.”
Questo era uno dei tanti brani di
conversazione che gli capitava di ascoltare, una delle tante vanterie dei
soldati vietnamiti misti a quelli cinesi.
“ Avresti dovuto esserci quando
invece abbiamo massacrato i nippo a Pekino!”
Rispose il suo interlocutore. Dentro
di sé sorrise, divertito per l’assurdità dei racconti di entrambi,
evidentemente troppo giovani per aver preso parte alle azioni di cui si
andavano vantando e pensò che in un certo senso aveva ragione chi predicava
l’eguaglianza: in tutto il mondo uno spaccane era sempre uno spaccone.
“Tang… Tang…”
Riconobbe subito la voce,
memorizzata dalle registrazioni dell’intelligence. Una voce leggermente nasale,
con un piccolo difetto di pronuncia che le faceva pronunciare la t seguita da
una leggera, quasi impercettibile, s.
“Sien Sien… non vedi che ho da
fare ora? Janguy mi ha invitato a vedere i venerabili ospiti, gli eroi delle
rivoluzioni di Mao e di Ho Chi Min.”
La rimproverò bonariamente, come
avrebbe fatto il vero Nui Tang e si sorprese nel pensare che il ragazzo fosse
stato maledettamente fortunato, lei era un bella come una ninfea e
probabilmente fresca come un fiore del mattino, anche se i due avevano già
consumato da tempo il loro amore. Lei gli sorrise, scusandosi debolmente,
attenta che nessuno si accorgesse di quella conversazione e gli diete
appuntamento nella stalla del vecchio Hong Hong, di lì a una mezz’ora. Lui le
assicurò che sarebbe venuto e la salutò con un cenno appena visibile del capo,
tornando a guardare la scena davanti a sé. Non ci voleva proprio, questo si
disse ma non poteva farla insospettire, doveva passare almeno un quarto d’ora
con lei. Pensò al suo corpo, la cui grazia ricordava quella del ciliegio in
fiero, e al suo volto dai lineamenti delicati, come accennati da un pittore
rinascimentale e messi ancora più in risalto dalla brillare delle prime luci
mattutine, incorniciato da una folta e nera cascata di morbidi capelli. Aveva
intravisto la forma del suo seno, piccolo ma ben modellato, e dei suoi
capezzoli, già duri forse per l’eccitazione del prossimo incontro, dietro la
casacca di fibre vegetali e tal taglio rozzo che indossava. Sorrise pensando
che Tang era stato proprio fortunato, almeno prima di incontrare gli Invasori.
“Dico solo che non si può ignorare
la cosa! Il fatto che dei bonzi si siano dati fuoco per protesta è stato preso
troppo sotto gamba! Il governo di Diem ha posto troppe restrizioni al culto
buddista e non ha certo fatto una mossa intelligente scegliendo i propri membri
esclusivamente tra la minoranza cattolica.”
Gremlin si stava accalorando mentre
esponeva le sue idee al compagno di squadra che dal suo canto gli rispose con
un sorrisetto.
“Forse la cosa è stata sottovalutata
come dici tu, però ormai è troppo tardi per rimediare, non credi?”
“No, non sono d’accordo Toro. Si può
ancora rimediare, se solo si volesse.”
“E quale sarebbe la soluzione per
te?”
Gremlin si bloccò appena un attimo
prima di parlare, rimanendo qualche secondo con la bocca semi aperta. Poi, dopo
averci riflettuto su, rimase in silenzio.
“Secondo te l’unica soluzione
sarebbe cessare il fuoco, vero?”
Temeva di rispondere a quella
domanda. Avrebbero potuto bollarlo come traditore ed era abbastanza sveglio da
capire che i traditori non duravano molto tra gli Invasori. Tuttavia,
considerava Toro in modo diverso dagli altri compagni di squadra ed era
convinto che con lui si potesse confidare.
“Andiamo, anche tu la pensi così, ne
sono sicuro. Da quando il regime di Diem è stato abbattuto, c’è stato un
alternarsi quasi ininterrotto di pretendenti al trono che ha solo aumentato la
confusione e il malcontento tra la popolazione civile. I vietcong hanno potuto contare sul loro appoggio e
anche se abbiamo aumentato il numero delle operazioni di Rolling Thunder e la
presenza dei militari, non siamo riusciti a debellarli. Stiamo diserbando i
campi, le risaie, per togliergli ogni possibile nascondiglio e nel farlo
abbiamo ridotto alla fame un paese che era già stremato. McNamara e gli altri
al Governo devono prenderne atto e avere il coraggio di ammettere i propri
errori: non avremmo dovuto venire qui in Vietnam.”
“La decisione la prese Kennedy.”
“Ma è stato Johnson ad approvare l’invio
di ulteriori truppe!”
“Johnson aveva il fiato sul collo di
tutti i falchi del Governo, west Moreland compreso.”
“Westmoreland è passato per
McNamara! Questo lo sanno tutti.”
“McNamara è un buon Segretario,
questo non lo puoi negare. Era sinceramente preoccupato per le sorti degli
Stati Uniti. Ha dato il suo consiglio, imparziale e spassionato. Ha sbagliato,
non credo però ci fosse stata malafede da parta sua.”
“Aveva ragione Goldwater… McNamara è
come una macchina IBM con le gambe.”
“Goldwater ha solo tirato fuori uno
dei suoi slogan politici, tutto qui. McNamara è più umano di quanto non sembri.
Non ti sei accorto di niente?”
“A cosa ti riferisci?”
“Hai sentito del quackero che si è
ucciso davanti al suo ufficio, dandosi fuoco?”
“Oh Dio! Quello che per poco non
dava fuoco anche alla figlioletta?”
“Quando McNamara mi ha visto al
Campo, gli è preso un colpo. Era letteralmente paralizzato, non riusciva a
staccarmi gli occhi di dosso. Sapevi che a l’ultima riunione a Camp David lui e
Clifford si sono trovati su posizioni diverse?...”
“Non è una novità, Clifford è
contro…”
“Clifford era d’accordo con l’invio
di altri marines.”
“Cosa?”
“Clifford ha appoggiato
Westmoreland, McNamara era contrario. Il falco e la colomba si sono scambiati
di posto.”
“Ma come è possibile?”
“Clark Clifford è amico di Johnson,
molto più di McNamara e teme che arrivati a questo punto, ritirandoci, il
Presidente ne riceverebbe un colpo all’immagine troppo forte e non vincerebbe
di nuovo le elezioni.”
“Non riesco a crederlo, pensavo che
Clifford fosse…”
“Cosa, esente da difetti come tutti
gli altri esseri umani? Non è così e mi chiedo se a questo punto non farà
ancora più danni di quanti ne siano stati fatti.”
“Allora anche tu sei contro la
guerra in Vietnam!”
Esclamò a bassa voce Gremlin, quasi
con tono di trionfo.
“Contrario o favorevole non ha
importanza e credimi, le cose sono state poste male da tutte e due le parti:
non si tratta più di una questione di principio, di interventismo o meno ma di
rimediare ad una situazione che sta rapidamente degenerando. Ivanohe aveva
ragione, l’America vuole vedere tutto in un’ottica bipolare, ossessionata dal
continuo confronto con i commise. E’ dai giorni del ponte aereo a Berlino ovest
che è così e questa mentalità ci condurrà alla rovina. Sono fermamente convinto
che il Vietnam sarebbe divenuto comunista ma con il nostro intervento, abbiamo
spostato i paesi confinanti a simpatizzare con Ho Chi Min e presto ci
ritroveremo tutto il sud est asiatico spostato sull’asse di Pekino.”
“Esattamente il contrario di quello
che…”
“Vi ricordo, signori, che siamo in
missione per gli U.S.A. e non ad un dibattito in campus universitario.”
Capitan America era intervenuto con la sua voce autoritaria e profonda,
l’espressione costernata di chi prende atto della scarsa disciplina dei propri
sottoposti, il volto di Bucky che faceva capolino alle sue spalle, ghignante e
soddisfatto. Aggiunse severo” Siete ambedue soldati al servizio del
Governo U.S.A., Governo che vi aiutato, nutrito e protetto sino ad ora e certi
discorsi sono da considerarsi decisamente fuori luogo. Gremlin è un ragazzino,
e per questa volta passerò sopra questo suo atteggiamento ma tu, Toro, tu sei
un veterano e da te non me lo sarei mai aspettato… a cosa devo attribuire le
parole che ho sentito prima? Al caldo? Alla stanchezza?”
Capitan America aveva ascoltato
silenziosamente tutta la conversazione, dopo essersi avvicinato insieme al suo
partner di soppiatto. Era da tempo che nutriva dubbi sulla reale fedeltà di
Toro al Governo, anche se fin’ora non si era mai sbilanciato nei suoi commenti.
Toro era un mutante e a Steve i mutanti non piacevano affatto. Nascevano dotati
di poteri che li differenziava dal resto dell’umanità, erano capaci di imprese
per le quali il Buon Dio non aveva pensato l’Uomo. I mutanti non erano umani e
quindi, si poteva affermare che non fossero neanche veri americani. Gli
dispiaceva aver avuto la conferma di quel sospetto proprio con Toro, l’unico
sopravvissuto della formazione originale dei gloriosi Invasori ma il fatto che
non avesse mai veramente legato con i membri del gruppo eccezion fatta l’altro
mutante, era stato già di per sé un segno indicativo. Mutante con mutante,
isolati dal resto del mondo. Quanti erano? Cosa pensavano? Forse esistevano
comunità mutanti numerose e organizzate. Sicuramente i commies avevano cercato
di contattarle e portarle dalla propria parte. Il caldo umido era già
insopportabile a quell’ora del mattino e tra il giunchiglio non soffiava un
alito di vento. I quattro avevano i piedi affondati in una sorta di mota
torbida e densa, un maleodorante miscuglio di fango, piante morte e sterco di
diversi animali. Si fronteggiavano divisi in coppie e Gremlin cominciò ad avere
paura che di lì a breve si sarebbe consumata una tragedia. Toro, con assoluta
calma, quasi non fosse successo nulla:
“Più che di disquisizioni politiche,
dovremmo tenerci pronti in caso servissi aiuto al Camaleonte. Ormai è più di
due ore che si è infiltrato nel villaggio. Quando troverà i bersagli, dovremo
agire rapidamente.”
“Concordo.”
Anche Capitan America aveva
improvvisamente cambiato tono, quasi fosse stato desideroso di dimenticare
l’accaduto e non dargli troppo peso.
“Bene, allora io e Gremlin
cominciamo a pattugliare il sentiero a nord, in caso stessero arrivando altri
soldati e tu e Bucky vi occuperete della zona circostante al villaggio. Ci si
rivede qui tra un ora.”
Non venne aggiunto altro ma quando
lo scudiero a stelle e strisce rimase solo con Bucky, quest’ultimo protestò
rabbiosamente:
“Lasci andare così quei due fottuti
traditori?!”
“E dimmi, cosa dovrei fare? Iniziare
uno scontro qui nella giungla? Così riveleremmo subito la nostra posizione al
nemico. No, per risolvere la questione ci sarà tempo una volta tornati in
patria e ti assicuro che farò rispondere entrambi delle loro affermazioni
davanti ai nostri superiori. Per ora la questione è chiusa, e desidero che tu
non la riprenda, intesi?”
L’ultima parola suonava più come una
minaccia che non come un ordine e Bucky, di malavoglia, assentì con il capo.
Steve fissò per un attimo in direzione dei due che si allontanavano e provò una
fitta al petto: li aveva considerati fino a poco prima due compagni di squadra.
Ivanohe si era appostato su di una
collinetta, l’unico punto da cui era possibile avere una panoramica decente dal
villaggio e cercava di tenere agganciato con il binocolo il Camaleonte. Non
c’era che dire: aveva svolto un ottimo lavoro ed era realmente irriconoscibile.
Sin da piccolo aveva dimostrato di possedere un talento unico per le
imitazioni. Non solo copiava alla perfezione la mimica altrui ma anche la voce,
gli sguardi, i piccoli tic. Quella di Tang era un interpretazione perfetta e
sicuramente il ragazzo ne sarebbe stato impressionato, ovviamente se fosse
stato vivo per potersi godere lo spettacolo. Gli era dispiaciuto davvero tanto:
gli dispiaceva sempre quando dovevano morire così giovani. Gli pareva una cosa
arbitraria e crudele ma del resto non era la prima volta che partecipava ad una
missione dove si dovevano sacrificare ragazzi o persino bambini. Mise a fuoco
con il binocolo il Camaleonte che si stava dirigendo con una giovane ragazza
verso una stalla. Si chiese se sarebbe uscita da lì oppure no. Non pensava l’avrebbe uccisa, sarebbe sorto
il problema di nascondere il cadavere. Sorrise tra il malizioso e il cattivo,
pensando che anche se sembrava un adolescente in quel momento, aveva più del
doppio degli anni di quella.
“Decisamente amorale, vecchio mio.”
Disse scherzosamente tra sé e sé.
Sien Sien si lasciò cadere sulla
paglia, con un grande sorriso che si allargò sul grazioso viso illuminandolo
tutto. Lo teneva per un polso e, preso alla sprovvista, cadde su di lei finendo
a pochi centimetri di distanza dalla sua bocca. Ne sentiva il respiro sommesso
infrangersi sulle sue labbra, piccole e delicate, come due petali di ciliegio
disegnati da un pittore e provò per alcuni istanti la bruciante curiosità di
sentirne il sapore.
“Se tuo padre venisse a sapere
tutto questo, sai dove metterebbe la mia testa?”
“Sul manico della sua zappa
buona, piantata al centro della piazza.