PROLOGO: La lunga guerra contro Set e le sue forze ormai datava centomila anni.

 

Il primo round, svoltosi in un tempo ben antecedente alla storia registrata, vide la fuga del dio-serpente ad opera del potente Demogorgo, mentre la prima battaglia contro le sue forze vide vittoria della coalizione formata dagli esseri umani, i licantropi ed i grandi draghi. Ma Set, per bocca del suo alto sacerdote, Thulsa Doom, lanciò una terribile maledizione. Così, coloro che un tempo erano stati alleati divennero nemici giurati. I draghi scelsero di abbandonare a sé stessi i loro alleati, mentre l’umanità quasi portò all’estinzione i meno numerosi licantropi. Questi, per sopravvivere, si sparpagliarono per il mondo dove fondarono tante comunità isolate l’una dall’altra. Se da un verso ciò rese difficile all’Uomo trovarli, al punto che la loro esistenza divenne leggenda, il recente ritorno delle armate di Set e del suo nefasto Alto Sacerdote spinse il Consiglio del Popolo Lupo a fondare uno speciale gruppo volto a difendere tutte le comunità esistenti. Un gruppo, un branco, il Power Pack, la cui missione, dopo una lunga serie di scaramucce, era ora riunire quelle comunità in vista dello scontro finale con l’antico nemico…

 

 

MARVELIT presenta

WOLF TRACKS

Episodio 1 di 6 - La ballata dei lupi guerrieri

Di Valerio Pastore (victorsalisgrave@yahoo.it)

 

 

Mese 1

 

Starkesboro, Massachusetts. Sei ore prima della partenza

 

La donna dai lunghi capelli biondi indossava un’elegante veste bianca e oro che le arrivava fino ai piedi. La sua espressione era perplessa, incuriosita, mentre poneva una semplice domanda. “Perché l’Australia?[i]

China su un ginocchio davanti a lei c’era una coppia di lupi mannari -il maschio era un esemplare magro ma dai muscoli ben pronunciati e ferrei, dalla pelliccia nera di una sfumatura blu, bianca all’estremità degli arti, sul ventre, sul muso e in spruzzi lungo la folta criniera. Accanto a lui, stava una giovane femmina dal pelo uniformemente rossiccio; era a lei che la donna conosciuta come la Sacerdotessa aveva posto la domanda.

Wolfsbane, senza sollevare lo sguardo, rispose semplicemente, “Non lo so. È stata come un’ispirazione improvvisa. Ricordo che una volta gli X-Men, quando furono dati per morti, si erano in realtà rifugiati per un certo periodo in Australia. Un’associazione puramente inconscia.

“O forse qualcosa di più,” disse la Sacerdotessa. “Guardate bene, lupi.”

Nella navata della chiesa dedicata al culto licano di Gaea, erano altresì presenti gli altri tredici membri del più potente branco licano, il Power Pack:

 

Ø  Sir Wulf, lupo geneticamente modificato, ex cavaliere di Wundagore, beta e consigliere tattico.

Ø  Karnivor, anche lui un lupo potenziato, dotato di grandi poteri mentali e conoscenze, consigliere scientifico e compagno di vita di Wulf.

Ø  El Espectro, ovvero Carlos Lobo, assistito dallo spirito del suo defunto fratello Eduardo. Ex spacciatore e capobanda, conosceva bene il sottobosco della criminalità organizzata.

Ø  Maximus Lobo, nonno di Carlos, industriale rampante e lupo tanto ambizioso quanto forte.

Ø  Hellwolf, ultimo discendente di una stirpe russa di sangue nobile. In compenso, Nikolai Yurievich Apocalov era un sadico come pochi.

Ø  Volk nome poco originale, visto che in russo significava ‘lupo’. Ma questo era anche il nome in codice che Ilya Dubromovitch Skorzorki aveva avuto, quando lavorava per il KGB, e che aveva deciso di tenere.

Ø  Behemoth (Kody), come Rahne figlio di due specie diverse. Suo padre era un licantropo, sua madre una strega. E lui aveva ereditato il meglio di entrambi.

Ø  Nightwolf (Davy ‘Rocket’ Hutch), il solo essere umano di quel branco, un ragazzo che aveva ricevuto dei poteri legati al Lupo per pura coincidenza.

Ø  Fera, un’antica strega dell’era Hyboriana reincarnata in una lupa di K’un Lun.

Ø  Pleias (Bethany Rose MacCarthy), una licantropa che in comune con Rahne aveva l’essere stata educata in un severo ambiente religioso. Fra tutti i lupi del branco, ovviamente escluso suo marito, era a lei che la giovane si sentiva più vicina.

Ø  Il Predatore nel Buio, un raro Deviante licantropesco dal DNA stabile.

Ø  Fenris, il dio-lupo asgardiano in persona.

Ø  Warewolf, l’enigmatico mannita.

 

Tutti, pur restando in ginocchio, sollevarono la testa. La donna tese una mano, il palmo rivolto verso l’alto. L’aria tremò, ed apparve l’immagine inquietante di due licani, un maschio ed una femmina, enormi, indistinguibili se non per i sessi, due montagne di muscoli coperte da una pelliccia ispida, bianca, e decorata da elaborati dipinti neri e rossi. Le iridi degli occhi erano due pozze color sangue con al centro pupille nere come carbone, Dalle zanne, pure di un colore sanguigno, che sporgevano dalle labbra, alla postura delle zampe, alla forma del cranio -tutto faceva invero pensare agli antenati ferali di tutti i licantropi. Nella mano (zampa?) sinistra, i mostri reggevano un’enorme ascia bipenne dalla lama nera e lucida.

Pleias emise un verso strozzato di paura.

“Non dovete temerli,” disse la Sacerdotessa, “perché questi sono i Gahra. Sono i primi figli dell’Uomo e del Lupo, nati dalla benedizione di Gaea  per combattere le armate di Set. Secondo le leggende, quelli di loro che sopravvissero alla guerra si ritirarono nella più isolata delle terre.” L’immagine dei licani fu sostituita da quella del globo terrestre -ma una Terra diversa, quasi irriconoscibile per la disposizione di terre emerse che ora non c’erano più, di folte giungle e deserti e montagne e mari che nessun geologo avrebbe immaginato potessero esistere. Il globo roteo e zumò sull’Australia, allora una penisola unita al continente asiatico. Una terra lussureggiante di vegetazione e acque. “È qui che fondarono la loro comunità, rimanendo da allora in totale isolamento.” L’immagine scomparve e la Sacerdotessa abbassò la mano. “Rahne, segui il tuo istinto: porta il tuo branco dai Gahra. Se davvero in qualche modo ne hai percepito la presenza, questo contatto diventa vitale. In tutto il Popolo non esistono guerrieri più potenti.”

“Solo una domanda, Sacerdotessa,” disse Jon. “Perché il Consiglio del Popolo non ci ha informati prima della loro presenza?” Il Consiglio era composto da quattro enigmatici licantropi che stavano al Popolo come gli Dèi stavano all’umanità. Persino Fenris, un dio egli stesso, si comportava come un sottomesso di fronte a loro. La loro autorità era universalmente riconosciuta da ogni licano.

La donna aggrottò la fronte. “Posso solo ipotizzare che stessero aspettando il momento giusto, Sidar-Var. Attraverso te e Rahne si stanno tessendo concatenazioni uniche verso la risoluzione della guerra. Questo è solo un altro tassello.” Il suo tono fece capire che di più non avrebbe detto. “Ora andate: in quelle terre troverete un’altra comunità, vi farete aiutare dai loro Votati.”

 

All’uscita della chiesa, un giovane licantropo, praticamente un cucciolo, corse ad abbracciare Maximus. “Cosa vi siete detti? È per la nuova missione? Posso venire anch’io?”

Maximus accarezzò la testa di Scratch, l’ultimo acquisto, o meglio adozione, del branco. “No, piccolo: staremo lontani forse per molto tempo, e non voglio che possa succederti qualcosa. Dovremo concentrarci molto su queste missioni, e devi ammettere che non ci saresti utile, lo capisci?”

Il cucciolo uggiolò. “Io…capisco, padre.” Lo disse come se stesse inghiottendo veleno ad ogni parola, e in un certo senso era così. Quel branco era letteralmente la sua famiglia, e Lobo era tutto il suo mondo. Essere separato da loro gli era insopportabile. “Vi aspetterò qui.”

 

Pleias fissava quella scena con curiosità. Poi il suo sguardo andò ai suoi capobranco, intenti in un bacio appassionato, mentre si abbracciavano. Sospirò: voleva tanto credere alla normalità di tutto questo, ma non poteva non sentirsi ancora terribilmente a disagio, come se stesse contemplando la parodia oscena dei valori dell’uomo. E poi, in quel branco erano quasi tutti nudi. Certe volte doveva concentrarsi solo per non sentire il loro odore…

“Tutto bene?” le chiese qualcuno da dietro le spalle. Lei sussultò, e si trovò di fronte Kody, dal pelo rossiccio e biondo, con indosso un abito lacero nero e rosso. Il cuore le batteva all’impazzata. “Io, io sto bene, sì!”

Lui rise, un latrato strano ma gradevole. “Non fare così, qui nessuno vuole mangiarti.” Le prese le mani fra le proprie. “Senti, abbiamo ancora un po’ prima di partire: ti va di scambiarci quattro chiacchiere magari davanti a un gelato? C’è un bar eccezionale, qui. Certo, è il solo bar…”

“Va bene,” lo interruppe lei, lieta di potersi separare dagli altri anche se solo per poco. Per quanto fosse grata a questa gente di averla salvata da una morte terribile, aveva bisogno anche di respirare un po’, ogni tanto!

 

“Chissà se quei due riusciranno a combinare qualcosa,” disse Jon, osservando la giovane coppia allontanarsi. “Povera Beth, è sempre così tesa, ma non vuole farlo pesare.”

Rahne strofinò il muso contro quello di lui. “Se c’era speranza per me, a maggior ragione ce ne deve essere per lei.” Si toccò il ventre, e sentì come una benefica ondata di calore irradiarsi per tutto il suo corpo. Jon le prese una mano fra le sue, una presa delicata per degli arti capaci di tagliare facilmente l’acciaio di un carro armato. Il loro nuovo rango era stato automaticamente riconosciuto dagli altri licantropi per il solo fatto che lei fosse incinta...

Ripensando al suo passato, Rahne rivedeva la ragazzina timida, attratta e insieme terrorizzata dalla propria natura, al punto di avere un disperato bisogno di appoggiarsi agli altri per trovare un po’ di equilibrio. Ripensando al proprio passato, Rahne doveva ammettere che solo due persone avevano davvero contato per lei in quella vita: Douglas Ramsey e Hrimhari di Asgard. Il primo, un ragazzo gentile, come lei un Nuovo Mutante, ucciso dal folle dottor Animus Il secondo, il primo vero lupo per il quale avesse provato un sentimento d’amore, sentimento che non avrebbe più provato se non per Jon. Ma allora Rahne era troppo giovane ed inesperta, troppo spaventata per capire: con il cuore a pezzi, aveva lasciato Hrimhari per ben due volte, convinta che si trattasse solo di ‘attrazione animale’…

Così, quando Jon aveva iniziato a corteggiarla, si era imposta di smettere di farsi condizionare dalla sua educazione. Si era imposta di imparare quanto più possibile dei suoi simili, di lui, e di lasciare che le cose venissero da sole, in modo naturale. Se la loro amicizia fosse destinata a diventare qualcosa di più o no, non sarebbe successo a tappe forzate.

E alla fine, Jon era diventato l’incarnazione del sogno di lei: compagno, marito, e padre dei loro figli. Certo, la ragazzina di un tempo sarebbe inorridita di fronte ad un simile sviluppo. Ma Rahne era cresciuta ormai. Era una donna ed una lupa conscia di sé e del suo ruolo, per quanto difficile. Più ci pensava, più era sicura di potere contare sul branco per la difesa della sua cucciolata, e questo le infondeva sicurezza: toccava a lei, insieme al suo maschio, infonderne altrettanta a loro…

 

Paese di Hinterland, Australia Orientale. Ora.

 

Votato.

Un essere umano che per qualche ragione non solo non era affetto dalla Phobia, ovvero la maledizione che spingeva l’uomo a temere il lupo in qualunque sua forma, ma un essere umano che si era dedicato anima e corpo ad aiutare i licantropi, che fossero singoli o intere comunità.

Naturalmente, non tutti i Votati erano come la Sacerdotessa. Ce n’erano di tutti i colori, ceti sociali, religioni…

Uno di loro era questo individuo: un omaccio dall’aria truce, tarchiato, vestito solo di una canottiera impolverata e macchiata di olio da motori e un paio di logori pantaloni kaki. Dormiva beatamente su una branda incurvata da anni di uso, nel mezzo di un’ampia officina in cui erano sparsi pezzi per i più disparati tipi di riparazioni e un paio di relitti di camioncini…

Improvvisamente, quel quadro fu spezzato da un coro di ululati! Versi frenetici, corti, e soprattutto allarmati!

L’uomo fu sveglio in un attimo, saltò giù dalla branda e prese dalla vicina scrivania un fucile a canne mozze. Allo stesso tempo, una luce intensa riempì il locale attraverso le finestre rotte. E si udì il suono di una specie di aviogetto. “Ma che cazzo..?” imprecò l’uomo, andando alla porta. Aprì, e si ritrovò a fissare uno spettacolo davvero curioso.

Un aereo, di un modello che non aveva mai visto, pieno di luci di posizione, stava atterrando nella piazzetta del paese. Un branco di un paio di dozzine di lupi magri, dal pelo rosso e la criniera nera, stavano latrando e ululando contro l’invasore.

Onestamente, l’uomo non sapeva che pesci pigliare! Se erano dei fottuti bracconieri, si erano davvero attrezzati di tutto punto. Ad ogni modo, già che c’era, sollevò il fucile, e tenendolo mirato allo scafo si avvicinò, affiancato da un paio di lupi ringhianti. “Va bene, buffoni! O vi giocate le vostre carte ora, o vi riempio di buchi il vostro macinino!”

Tre aste terminanti in pattini furono estroflesse dal ventre, e il velivolo atterrò. Uno sportello si aprì sul ventre, e da esso partì una rampa.

Il ringhio dei lupi si fece un verso infernale, proveniente da tutto il branco ormai radunato intorno all’aereo. “Conto fino a tre,” disse l’uomo. “Poi vi…” Ammutolì, e non solo lui, alla vista dei passeggeri che si rivelarono alle luci del velivolo. “Che mi venisse una sincope..!”

“Sono onorata di incontrarti, Votato,” disse Wolfsbane, avvicinandosi insieme a Jon, tendendo la mano.

Lui la prese meccanicamente. “Mai vista una simile accozzaglia di bestiacce, e dire che dovrei intendermene. Siete davvero quel Power Pack di cui si parla? Sapete, le comunità non sono molto comunicative.” Ridacchiò.

“Siamo noi,” rispose Jon, per poi passare a presentare l’intero branco. L’uomo vide tutti i lupi prostrarsi di fronte ai nuovi venuti, e anche a lui scappò un inchino. “Mi chiamo Leo Brisby. Sono un po’ il cane da guardia locale…”

Uno dei lupi assunse la forma di un uomo sui quaranta anni, biondo e abbronzantissimo. “Io sono il sindaco Morton. Siamo onorati di avervi fra noi, lupi. Volete seguirmi nella sala riunioni municipale?”

Rahne annuì. “Con piacere.” A quelle parole, il velivolo si trasformò rapidamente in Warewolf, sotto gli occhi sgranati di Leo.

 

La sala riunioni consisteva nella palestra della scuola, l’unico locale sufficientemente ampio da contenere il Pack e una folla di licantropi eccitati di tutte le età. Morton era l’unico a possedere aspetto umano.

“Come potete immaginare, per preservare la nostra sicurezza, le singole comunità non si scambiano contatti frequentemente, e quando lo facciamo prestiamo la massima attenzione ad ogni riferimento ‘pericoloso’. Eppure, le vostre imprese hanno superato anche le barriere della prudenza.” Morton si versò un bicchier d’acqua ghiacciata e lo bevve di gusto. “Siamo felici che si sia radunata una simile forza contro i servi di Set. Cosa possiamo fare per voi?”

“Stiamo cercando i Gahra,” disse Espectro. E fu sufficiente a fare precipitare la folla nel silenzio.

“Il vostro silenzio vuol dire che li conoscete?” fece Volk.

“Sono i fantasmi sanguinari, gli assassini del buio,” disse una femmina dal muso spruzzato di bianco. In tanti annuirono decisamente a quelle parole. Parole pronunciate come una sinistra cantilena. “Vivono nelle terre al confine fra il deserto e l’oblio. In tanti li hanno cercati, nessuno è tornato vivo. Dei cercatori, non sono rimasti che i corpi mutilati, squarciati e privati degli organi interni, neanche fossero state prede da divorare e non fratelli licantropi.”

Leo si servì a sua volta di un bicchier d’acqua. “Ragazzi, quelli sono veri figli di una cagna rabbiosa. Come mai volete cercarli?”

Wolfsbane spiegò le sue intenzioni. Alla fine, aggiunse, “E non solo loro, ma tutte le comunità licane del mondo.” Il suo sguardo spaziò sulla folla, osservando come ormai fossero tutti identici l’uno all’altro, delle fotocopie genetiche… “Quando incontrai la comunità dei Tuatha da Danaan, erano sull’orlo dell’estinzione: il loro isolamento li ha costretti ad accoppiamenti fra familiari, al punto da appiattire il loro patrimonio genetico, come sta succedendo con voi. Noi Power Pack cercheremo una terra dove ricostruire una nuova Lykopolis, una terra dove rappresentanti di tutte le comunità potranno dare alla luce nuove generazioni, prima che Set possa danzare sui corpi sterili di un Popolo incapace di riprodursi. E i Gahra saranno parte di questa nuova grande comunità: non è più il tempo di vivere separatamente, e lo ficcheremo nelle loro dure zucche a morsi se necessario.” Una risatina nervosa percorse la sala.

“Vi porterò io da loro,” disse Leo. “Almeno, dove dovrebbe trovarsi il loro territorio.”

“Non posso che augurarvi buona fortuna,” disse Morton. “Per quanto ritenga questa impresa una follia, una cosa ve la posso promettere: se una nuova Lykopolis tornasse a splendere su questo mondo, noi saremo fra i primi a colonizzarla e a darle nuove cucciolate. Se lo desiderate, ci impegneremo a spargere il messaggio presso le altre comunità.”

Rahne annuì. “Se ci riuscirete nella dovuta segretezza, lo apprezzeremo.”

 

Un paio di ore dopo, le luci solitarie di un paio di fari rompevano l’oscurità del deserto, lasciandosi  dietro una scia di polvere. L’autobus, un esemplare che aveva visto giorni migliori, procedeva ad una velocità sostenuta in quella terra impietosa.

“Scusate i sobbalzi, gente, ma ai turisti piace così: dicono che fa più Indiana Jones!” Leo doveva quasi  urlare per farsi sentire sopra il rombo del motore. “Saremo a destinazione in una mezz’ora!”

“Non capisco perché non ci ha semplicemente detto dove andare,” ringhiò Hellwolf. “Ci avremmo messo un attimo, da soli!”

“Ci sareste passati davanti senza neppure accorgervene!” rispose Leo senza togliere lo sguardo dalla guida. “Non si tratta di trovare loro, pelliccioni: sono loro a trovare voi!” e rise come se quella cosa fosse particolarmente divertente. “Scommetto che avranno una bella sorpresa, questa volta!”

 

L’autobus si fermò in mezzo al nulla. Non c’era alcun punto di riferimento che distinguesse quella zona di deserto dal resto del panorama.

Leo fermò il motore. “Ecco, comincia qui. Superate il paraurti ed entrate nel loro regno. Io vi aspetterò qui, per riportarvi indietro, vivi o no. Al Sindaco Morton non piacerebbe che vi lasciassi qui; e non vi preoccupate per me, quei cagnacci godono a lasciarsi dietro dei trofei.”

“Consolante,” disse Nightwolf.

 

Il branco scese dal veicolo. L’aria era come elettrica, era come se decine di occhi ostili li stessero osservando. Wolfsbane rispose a quella sensazione assumendo la sua forma più potente, torreggiando facilmente sugli altri lupi. “Karnivor, li percepisci?”

Gli occhi del lupo rosso brillarono di energia. “Avverto la loro presenza, ma i loro pensieri sono indecifrabili. È notevole, persino il dannato Adam Warlock era incapace di nascondere a me i suoi pensieri, ed era il solo che potessi considerare mio pari in pura potenza.”

“Puoi localizzarli?”

“No. È come se fossero ovunque davanti a noi. L’umano ha ragione: è come se davanti a noi si stendesse un velo, una sovrapposizione di mondi. Ci sono e non ci sono, non saprei come altrimenti descrivere questa sensazione.”

“Oddio…” improvvisamente, Nightwolf avanzò fino ad affiancare la femmina alfa ed il maschio beta. “Li vedo!”

Questo attirò l’attenzione generale del branco. Lui insistette, senza esitare. “Come fate a non vederli? Saranno una dozzina, proprio come in quell’immagine, e sembrano pronti ad attaccarci non appena muoveremo un passo verso di loro!”

“Ragazzo,” disse Leo, “parli come un ubriaco.”

Nasi, orecchie ed occhi capaci di percepire ben oltre la sensibilità umana si tesero al massimo alla ricerca di una seppur minima traccia. Neppure il Predatore nel Buio, la cui cecità moltiplicava i suoi altri sensi ed era fornito di un suo senso radar, avvertì nulla.

Improvvisamente, Fera disse, “Fera ricorda, adesso! Ella sa il perché di questa stranezza!” Si avvicinò a Nightwolf, che non osava fare un passo in avanti. Gli prese la mano in una presa salda.

“Ehi, cosa..? Aspetta un attimo, che vuoi fare?” ma a quel punto, la licantropa bianca aveva allungato la sua mano in avanti. E tutti i lupi e l’uomo videro la mano sparire, come se l’aria l’avesse inghiottita.

Davy non vide la mano sparire, ma vide i licantropi ferali fare un paio di passi in avanti, serrando la presa sulle loro armi, ringhiando orribilmente, e ritirò la mano così in fretta da liberarsi della presa di Fera. “Yowza! Non farlo più, cristo! Ma perché dovevi provocarli a quel modo?!”

Fera annuì, quindi si rivolse a Wolfsbane. “Il vecchio padrone di Fera ne parlava durante i suoi studi: quello che abbiamo di fronte è un varco sul Darkmere.”

“Credevo che fosse una leggenda!” disse Jon. Poi, agli altri, “Un mondo dentro e fuori del mondo, una dimensione nascosta fra le ombre della nostra, parallela in tutto e per tutto. Invano il Popolo l’ha cercata come il rifugio definitivo per millenni dopo la fine della guerra e l’inizio delle persecuzioni.”

“È per questo che chi varcava questa soglia non aveva scampo,” disse Wulf. “I Gahra possono uscire ed entrare dal Darkmere a piacimento. Non chi li cerca.”

“Nightwolf può, evidentemente,” disse Wolfsbane. “Ma come possiamo estendere questo potere al resto del branco?”

Fera disse, “Occorre il potere di Pleias.”

“Il mio potere??” fece la giovane licantropa.

“Tu sei in costante contatto con il cancello dell’aldilà,” disse Fera. “Il potere delle anime dei caduti dell’Alleanza è tuo, e può essere usato per farci attraversare il varco.”

“Come?”

Gli occhi rossi si fissarono sui suoi. “Chiedi alle anime del Darkmere di darmi la forza di aprire un varco. Chiedi alle loro essenze di fondersi al potere di Shirrair di Hyboria che scorre in Fera.”

Bethany già non era abituata ad essere al centro dell’attenzione, figurarsi quando si trattava di un branco di lupi mannari! “Cosa...devo fare?” deglutì.

“Invocali. Chiedi il loro aiuto. Fera farà il resto.”

Pleias fece quello che le veniva naturale. Si mise in ginocchio, e giunse le mani in preghiera. Respirò profondamente un paio di volte. Ripensò a quello che le aveva detto Kody…

 

“Cosa ti disturba di più, della tua gente?”

Il gelato era davvero ottimo, e anche per nervosismo, Bethany, nella sua forma umana, l’aveva mangiato in fretta. Davanti alla coppa vuota, disse, “Non so se posso ancora chiamarla così, Kody.”

Lui, rimasto nella sua forma ibrida, scosse la testa. “Lo è, Beth. Non puoi continuare a credere di essere quello che non sei. Essere una ‘persona normale’, significa essere licantropi, per noi. Non è uno stile di vita, e quelli che hanno cercato di vivere agli estremi, rinnegando l’una o l’altra metà di sé stessi sono impazziti. Ne so qualcosa: quando lavoravo con il Circo Quentin, ho passato il tempo a reprimermi, e non è una bella sensazione.”

“Lo so,” Beth giocherellò con un tovagliolo di carta. “In realtà, non so neppure se ‘disturbata’ è il termine adatto. Vedo come siete liberi, spontanei, fra voi, ma ogni volta che sento il desiderio di avvicinarmi a questa spontaneità, la mia mente volta verso la parola ‘perversione’. Come se volessi unirmi ad un’orgia, e non…non ad un semplice modo di vivere.” Sospirò. “Invidio molto Jon e Rahne, sono una così bella coppia. Vorrei trovare qualcuno capace di amarmi così, incondizionatamente.”

“Ci riuscirai,” disse Kody, sorridendole, per quanto il suo aspetto e la sua stazza non le suggerissero immediatamente conforto. “L’importante è che tu creda in noi e soprattutto in te stessa. Qualunque cosa succeda, non sarai mai sola.”

 

Le parole le vennero spontanee, insieme ad una grande calma. “Anime dell’Alleanza, voi che ci osservate e che accompagnate ogni nostro passo, voi che insieme a noi vi preparate all’ultima battaglia contro l’Antico Nemico, ascoltate la mia preghiera. Date ai vostri discendenti, ai vostri guerrieri in terra, la forza di aprire un varco fra i mondi perché ancora una volta il Popolo possa procedere verso la sua riunione.

E il cielo rispose. Nella volta celeste, le stelle azzurre brillarono con una nuova intensità. Poi, decine e decine di nuovi puntini dello stesso colore si manifestarono nell’aria, puntini che divennero immagini eteree di licantropi di ogni razza.

Gli spettri ballarono una danza muta intorno al corpo genuflesso della femmina, per poi radunarsi intorno al corpo di Fera.

Nightwolf vide i mostruosi licani bianchi arretrare, i volti deformati dalla sorpresa.

Leo avvertì come una profonda commozione. Era come se fosse vissuto solo per potere testimoniare quel miracolo…

Fera pronunciò delle parole in una lingua incomprensibile, mentre la danza degli spettri intorno a lei si deformava fino a diventare un’aura sempre più luminosa.

Poi, Fera saltò! Emise un ruggito spaventoso, che sembrò fare tremare l’aria stessa, e calò il braccio in un fendente. E da quel fendente, la luce che la circondava si condensò nella figura di un lupo ferale ringhiante in corsa, a zanne spalancate ed artigli protesi come se fosse pronto ad aggredire la sua preda…

La figura luminosa esplose contro la barriera fra il nostro mondo ed il Darkmere! E il varco fu aperto, ora tutti poterono vedere il branco dei Gahra!

“Gesù santo!” esclamò Leo, che di quelle creature aveva sempre e solo avuto descrizioni di seconda mano. Si fece istintivamente il segno della croce.

Fera ansimava, esausta. Wolfsbane la aiutò a reggersi. “Sei stata eccezionale. Ora resta con me.” Fece cenno con la testa al branco, che la seguì. Fenris e Karnivor si affiancarono alla coppia alfa. Il resto del branco si dispose in cerchio, pronto a tutto…

Ma quando il varco fu attraversato, i dodici licani guerrieri…si inginocchiarono. Si misero su un ginocchio, la mano/zampa sinistra chiusa a pugno e posata contro il petto. “Siate i benvenuti, forestieri,” disse la femmina in testa al branco. “Io sono Ma’alut dei Gahra. Voi siete i primi figli del Popolo ad avere raggiunto il nostro rifugio, siete quindi degni del nostro rispetto se venite in pace.”

Wolfsbane si guardò indietro per un momento…e vide che Leo e il suo autobus erano scomparsi. Il varco si era richiuso, ora il branco era chiuso nel Darkmere. Si rivolse a Ma’alut. “Veniamo in pace, veniamo in nome del Popolo e veniamo per chiedervi di tornare in seno a Gaea.”

Ma’alut si alzò in piedi. Era abbastanza alta e robusta da potere fissare Rahne negli occhi e farla sembrare una cucciola. La giovane femmina vide in quegli occhi color del sangue una saggezza vecchia come il mondo.

“Sappiamo cosa vi spinge a noi,” disse Ma’alut. “Sono stata io stessa a suggerirti di venire da noi.”

Rahne sobbalzò.

Ma’alut annuì. “Dal Darkmere, abbiamo seguito le vostre imprese dal giorno in cui la Sacerdotessa ed il Consiglio del Popolo hanno radunato il tuo branco per fare quello che da troppo tempo non era stato fatto: muovere a battaglia contro Set e ricostruire l’Alleanza. Abbiamo seguito i vostri progressi e gli eventi che intorno ad essi stanno sviluppandosi. E ora che hai deciso di riunire il Popolo, restava solo da vedere se anche le anime dei caduti avessero concesso la loro benedizione.” Porse la sua ascia bipenne alla capobranco. “Accetta questo dono, questa arma che appartenne alla primogenita di Primeus, che a sua volta fu il primogenito della prima coppia di donna e di lupo. Il suo potere ti sarà di grande aiuto, nobile femmina. Questo dono è il simbolo della nuova Alleanza, e ad essa aderiremo incondizionatamente.”

Wolfsbane prese l’arma, sorprendentemente leggera. Il suo metallo era così nero che sembrava volere assorbire ogni luce. La sua sola decorazione era una fascia di cuoio, terminante nel manico da avvolgere intorno al polso. “Ti ringrazio, Ma’alut, ma c’è una cosa che debbo sapere.”

“Vuoi sapere dei morti?”

“Un lupo non può e non deve spargere sangue di altri lupi. E con le tragedie che già ci affliggono, il vostro diventa un crimine ancora più grave!”

La potente femmina non ne fu turbata. “Dunque non ti è stato detto?”

“Detto cosa?”

“I morti che abbiamo lasciato non erano ne’ trofei ne’ un gioco: erano creature irrimediabilmente sterili.”

“Cosa?!”

“La comunità di Hinterland è entrata nella sua ultima generazione, Rahne Sinclair. Coloro che ci hanno cercato erano giovani che non avevano più nulla da perdere, non potendo più generare. Ci hanno invocato, ci hanno pregato di giudicarli almeno degni di attraversare il varco o di morire lottando. Non sopportavano l’idea di spendere cento e più anni sapendo che dopo di loro non sarebbe più giunto nessuno. Non hanno chiesto pietà, se non avessero superato la prova, e noi non l’abbiamo loro concessa. Non sapendolo, gli altri lupi hanno solo pensato che fossimo dei barbari assetati di sangue.”

“Quanti..?” ma Rahne soffocò subito ogni domanda. Che senso aveva chiedere quanti fossero già morti così? Se almeno questa idea della riunione le fosse venuta prima… Le sue mani serrarono con forza l’ascia. “Ma’alut, tu e la tua gente state vegliando su questa comunità, dunque?”

“Sì.”

“Allora continua a farlo. E se anche l’intera comunità dovesse implorarti, tu non verserai più un goccio del loro sangue, mi sono spiegata?”

“Così comandi e così sarà fatto. Posso esserti di aiuto in qualche altro modo?”

“Avete tenuto le altre comunità sotto controllo, giusto? Cosa sai dirci di esse?”

 

Leo strofinò un cerino contro la lamiera corrugata del bus, e si accese l’ennesima sigaretta. Inalò un paio di boccate, poi la buttò a terra e la calpesto fino a ridurla ad un ammasso informe come quelle che l’avevano preceduta negli ultimi cinque minuti. Non riusciva ad immaginarsi la sfuriata del Sindaco, se fosse successo qualcosa a quei pelliccioni… Ma non riusciva neppure ad immaginarsi capace di varcare la soglia verso quel ‘Darkmere’. Verso quei mostri tremendi. Sto diventando troppo vecchio per queste stronzate! Si chiese se qualcuno si fosse mai sentito abbastanza Votato da stare dietro a quei cagnacci!

Improvvisamente, il Power Pack emerse dal  nulla…insieme a Ma’alut. Leo divenne pallidissimo.

“È tutto finito,” disse Wolfsbane, tornando alla forma depotenziata, e presentò Ma’alut. “Riportaci ad Hinterland. Abbiamo molte cose di cui parlare.



[i] Questo colloquio si aggancia direttamente all’episodio #26 di POWER PACK