Numero 2

ECHI DAL PASSATO - Parte 1:
UNA DURA PROVA


di Andrea Garagiola

Palazzo dello S.H.I.E.L.D., Plymouth, Massachusetts, USA.
Era mattino presto. Le prime luci dell’alba si riflettevano debolmente sulla facciata a specchi del palazzo governativo che, all’apparenza, sembrava un edificio come tanti. Tra i suoi piani erano distribuiti alcuni uffici dello S.H.I.E.L.D., l’organizzazione spionistica e di difesa più vasta del pianeta. Erano uffici non operativi, la sicurezza era bassa, per quanto basso potesse essere il livello di difesa di un palazzo dello S.H.I.E.L.D., e al suo interno erano custodite le informazioni con bassi protocolli di segretezza. Era presto, gli agenti al suo interno erano ancora pochi e assonnati, e non si aspettavano certo quanto stava per accadere.
Il dodicesimo piano venne investito da una violenta esplosione che proveniva dalla stanza contenente le registrazioni di sicurezza dell’edificio. Non ci furono vittime, solo due agenti lievemente contusi che si trovavano nelle vicinanze durante la deflagrazione. Una figura si aggirava per i corridoi lasciandosi alle spalle una scia di agenti tramortiti.
La figura lasciò l’edificio e, pochi secondi dopo, una seconda esplosione mise fuori uso anche la stanza nella quale risiedevano i backup delle registrazioni delle telecamere di sorveglianza così da cancellare ogni traccia del suo passaggio.

Elivelivolo S.H.I.E.L.D. In volo sopra New York City, New York, USA.
Quando sentii la voce di Dugan dall’interfono chiamare “Nick, dovresti venire al più presto sul ponte di comando...”, capii subito dal suo tono che c’era qualcosa che non andava. Non era la solita voce di Dum Dum, sembrava preoccupato. Non che non lo abbia mai visto preoccupato, certo, ne avevamo passate parecchie assieme, ma quel giorno mi svegliai con la sensazione che tutto sarebbe filato liscio. E, come al solito, mi sbagliai in pieno.
Mentre attendevo che l’ascensore mi portasse sul ponte di comando, accesi il mio caro, vecchio sigaro con la speranza che, oltre a bruciarmi i polmoni, potesse cauterizzare i problemi che Dum Dum mi avrebbe comunicato a breve. Le porte pneumatiche si aprirono e mi ritrovai nella sala di comando, buttai fuori una boccata di fumo denso e mi diressi verso la plancia. Dugan mi attendeva immobile.
- Nick... -
- Dum Dum, che succede? - Arrivai subito al sodo.
- Guarda... - Dum Dum premette un tasto sulla consolle di comando e lo schermo davanti a noi prese vita. Le immagini mostravano uno dei nostri edifici, a Plymouth, sventrato come un maiale. I vetri infranti e i nostri agenti terrorizzati che venivano soccorsi dai paramedici. Un dannato attacco terroristico. - Fortunatamente nessuno è rimasto ucciso o ferito seriamente, chi ha compiuto il gesto è stato molto attento a non causare vittime... Ma lo è stato altrettanto a non lasciare traccia del suo passaggio. Non è rimasta intatta nessuna ripresa delle telecamere interne ed è riuscito a evitare qualsiasi altra telecamera lungo il tragitto della sua fuga. - Maledizione!
- Non abbiamo nulla, quindi? - Tirai un’altra boccata del sigaro per cercare di schiarirmi le idee. Ma non servì a nulla, ovviamente. - Niente di niente, dannazione... -
- Già, Nick... Niente di niente! -
- Per quanto riguarda l’altra cosa, invece? - Spostai il sigaro da un lato all’altro della bocca.
- È tutto confermato... Il contatto ci ha comunicato che il nostro bersaglio lascerà il porticciolo alle 23.30... Attendono il carico per le 21.00. - Dum Dum mi diede le spalle e digitò una serie di tasti sulla tastiera e una panoramica satellitare dell’area di un piccolo porto nascosto sulla costa a sud-est di Norfolk apparve sul monitor. Poco dopo, un riquadro luminoso evidenziò una nave delle dimensioni di un grosso peschereccio che attendeva indisturbata, parallela alla banchina. - Abbiamo tutto il tempo per preparare una squadra e raggiungere la zona. -
- Bene, Dum Dum... Quante guardie? - Mi portai a fianco del mio grosso amico e guardai meglio il monitor per studiare ogni minimo particolare di quella mappa.
- Per ora Casey ci ha comunicato che l’HYDRA ha posizionato in zona solo mezza dozzina di uomini che pattugliano qui... - Dum Dum indicò un punto sulla cartina e la zona si illuminò di rosso. - Qui... e qui! - Poi un altro punto, e un altro ancora. - Ma ci ha avvertiti che il carico sarà scortato da due camion, quindi prevediamo che gli ostili possano raggiungere tranquillamente la trentina di unità. -
- Le informazioni di Casey sono affidabili? -
- Casey sta lavorando sotto copertura da nove mesi ormai. È stato incaricato dall’agente HYDRA che sovrintende la missione in persona di organizzare le procedure per il carico e la partenza della nave dal porto. Crediamo che siano pianamente affidabili, non avrebbero avuto motivo di mentirgli... La buona riuscita del loro piano dipende anche dall’organizzazione di Casey sul posto. -
- Speriamo bene... Prepara una squadra e mostra loro dove dovranno posizionarsi... - Poi digitai il codice identificativo di Valentina, la bella contessina, e mi misi in attesa di una risposta.
- Perfetto, Nick... Ci vediamo dopo negli hangar... - Dum Dum stava lasciando la plancia. - Non fare tardi, mi raccomando... -
Risposi alla battuta con un cenno della mano mentre sentivo il ronzio degli altoparlanti della consolle che precedette la risposta di Valentina.
- Dimmi, Nick... -
- Valentina, immagino tu abbia saputo del nostro edificio a Plymouth... -
- Sì, sono in volo proprio ora per raggiungere il luogo dell’attentato... - Fece una pausa per ascoltare un avviso del pilota che era lì con lei. - Mi comunicano che tra venti minuti saremo lì... Per il momento non so nulla di più di quello che Dum Dum ti avrà già riferito... -
- Ascolta, io tra poco dovrò partire in missione con Dugan... L’HYDRA ha intenzione di trasportare qualcosa via nave verso il Sud America. Ci sono già scappati due carichi, questo non me lo voglio lasciar sfuggire... Ma voglio che la tua priorità rimanga l’attentato a Plymouth. Appena scopri qualcosa, anche la più misera traccia, avvisami subito... Anche se dovessi trovarmi sotto il piombo di quei maledetti nostalgici... Non avere scrupoli ad usare il tuo comunicatore, ok? -
- Chiaro, Nick... Buona fortuna... -
- A te, bellezza! - Chiusi il comunicatore e mi diressi verso le mie stanze. Dum Dum sicuramente era ancora impegnato a spiegare ai ragazzi le loro posizioni, avevo tutto il tempo per buttar giù un bicchiere di whisky.

Consolato Generale Russo, New York City, New York, USA.
Il colonnello generale Fyodr Shelkov era in piedi davanti all’enorme parete a vetri che copriva interamente il lato ovest del suo ufficio, all’ultimo piano dell’edificio. Era assorto nei suoi pensieri e rimirava una New York avvolta dalle calde luci del tramonto. Luci che, per un attimo, gli sembrarono delle immense lingue di fuoco che divoravano i palazzi. Ai suoi lati, si ergevano immobili come statue due energumeni con indosso le divise dell’esercito russo.
- Allora, agente Kulikovskij... - Shelkov mise le mani in tasca e fissò lo sguardo su un uccello che volteggiava in aria, serpeggiando tra i grattacieli. Non degnò minimamente di uno sguardo il suo interlocutore che sostava alle sue spalle. - Qual è lo stato della missione? -
- Generale... Le tracce del fuggitivo hanno condotto la mia squadra a Plymouth, nel Massachusetts. Il soggetto ha colpito una base dello S.H.I.E.L.D. per poi dileguarsi nel nulla... -
- Siete certi che si tratti proprio del numero 0003? - Shelkov finalmente si voltò e fissò l’agente con i suoi occhi di ghiaccio.
- Sì, signore... Nonostante abbia manomesso il suo microcircuito identificativo durante la fuga dai nostri laboratori, il chip emana ancora un debole segnale che riusciamo a tracciare... Anche se non con poche difficoltà... -
- E perché diavolo non lo avete ancora catturato? - Shelkov si fece più vicino, portò il volto a pochi centimetri da quello di Kulikovskij e lo inondò del suo forte aroma di fumo misto a dopobarba. Era visibilmente adirato. - Come faccio a farti capire che ogni minuto è prezioso? Se il soggetto dovesse essere recuperato dagli americani... Dallo S.H.I.E.L.D., prima di noi, per il nostro progetto sarà la fine... E lo sarà anche per tutti noi... -
- Signore, è molto abile a muoversi e a nascondersi... Come le dicevo, il segnale non è sempre chiaro e ogni volta che raggiungiamo le coordinate, lui è già riuscito a nascondersi nuovamente... Capisco l’urgenza, ma dobbiamo essere cauti, non possiamo agire tranquillamente sul suolo americano... -
- Stai cercando di insegnarmi il mio mestiere, soldato? - Shelkov tornò a fissare il paesaggio dalla finestra. La sua voce tornò calma e questo fece ancora più paura all’agente Kulikovskij. - Non voglio scuse, dovete catturarlo, vi do tempo fino a domani a quest’ora... -
- Vedrà che riusciremo a rispettare i tempi, signore... Abbiamo circoscritto la sua zona d’azione e ho già allertato la squadra di recupero. Si stanno preparando in questo momento... Questa notte agiremo. -
Shelkov rimase a lungo in silenzio, la sua mente rivide quelle fiamme rosse, gialle e arancioni avvolgere New York e uno stretto sorriso si abbozzò sulle sue labbra. - Bene, ora vai... -

Porto di Seabridge, piccola struttura privata a sud-est di Norfolk, Virginia, USA.
Arrivammo sul luogo con parecchio anticipo rispetto all’orario previsto per l’arrivo delle merci. Le sei guardie armate dell’HYDRA si trovavano esattamente dove l’agente Casey ci aveva indicato.
Mi piazzai con la prima squadra a nord del porticciolo, nascosti da un boschetto che fiancheggiava la strada da cui sarebbero giunti i camion. Dum Dum era appostato a sud con un piccolo gruppo di cecchini, per coprire l’azione dall’alto. A ovest, invece, nascosta tra gli anfratti di una formazione rocciosa, attendeva la terza squadra, pronta a chiudere il fianco destro del nemico non appena fosse giunto il carico.
Tutto era tranquillo, solo la brezza che arrivava dall’oceano smuoveva quei minuti di irreale immobilità. Le ombre della notte avvolgevano ogni cosa, ci calammo sugli occhi i visori notturni e misi in bocca il mio sigaro d’ordinanza. Lo lasciai spento, per evitare di disegnarmi un bersaglio in fronte. Un piccolo e inutile rito che mi aiutava a far passare i secondi e stemperare la tensione. Stava filando tutto liscio.
Con due minuti scarsi di anticipo, vedemmo le luci del primo camion di scorta. Dietro di esso, un secondo mezzo molto più grosso con un rimorchio di almeno otto o dieci metri seguito a sua volta dal secondo camion di scorta, a chiudere la carovana.
Mentre osservavo la parata di mezzi dell’HYDRA sfilare davanti ai nostri occhi, pensai a cosa potesse essere contenuto in quell’autocarro. La risposta più plausibile e spaventosa era: un’arma di enormi dimensioni. Banale, ma in pieno stile HYDRA.
Casey gesticolava per indicare ai mezzi la posizione migliore all’interno del piazzale antistante alla banchina, mentre gli addetti del porto correvano a destra e sinistra per prepararsi allo scarico della merce. Uno di essi mise in moto una piccola gru.
Dai due camion di scorta scesero sedici guardie che si aggiunsero alle sei già presenti sul posto. Dal camion in testa scese anche il responsabile della missione che subito andò a parlare con l’agente Casey mentre gli operai del porto attendevano l’apertura del rimorchio. Entro tre minuti saremmo entrati in azione.
Non facemmo in tempo a raggiungere il secondo minuto che un colpo di pistola mi fece cadere di bocca il sigaro e fece trasalire il resto della squadra. Quando capimmo che lo sparo era arrivato dal piazzale del porticciolo fu troppo tardi, il corpo senza vita di Casey giaceva supino in una pozza del suo stesso sangue. Poi altri spari rimbombarono da tutte le direzioni e gli operai caddero uno dopo l’altro. Diedi l’ordine a tutti gli agenti di intervenire.
- S.H.I.E.L.D., burattini degli USA... - Il capitano della squadra HYDRA urlò verso il cielo, come se sapesse che eravamo tutti intorno a loro. - Sbucate fuori dalle vostre tane e fatevi vedere, luridi conigli! - La sua frase fu accompagnata dal clangore metallico della saracinesca del rimorchio che veniva spalancata per far scendere almeno due dozzine di soldati HYDRA armati fino ai denti. Era una fottutissima trappola e ci eravamo cascati in pieno.
Mi gettati alla carica con la mia squadra. Mi aggrappai al fatto che eravamo in una zona con più ripari rispetto alla loro per sentire meno il peso dell’inferiorità numerica. Con la coda dell’occhio potevo vedere che la terza squadra stava facendo il nostro stesso ragionamento. Mancava solo la pioggia di piombo di Dum Dum e dei suoi.
Sentii degli spari e vidi del movimento nella zona in cui si trovavano Dum Dum e i cecchini, ma nessun colpo era diretto verso il piazzale del porto. Evidentemente un gruppo di agenti dell’HYDRA doveva aver aggirato la seconda squadra e aveva teso loro un’imboscata. Dum Dum era abbastanza in gamba per non dovermi preoccupare di lui e dei suoi agenti, ma una manciata di uomini in meno nelle nostre fila era una bella gatta da pelare.
Le nostre prime raffiche ne lasciarono a terra diversi, ma in un attimo i superstiti trovarono copertura dietro ai loro mezzi o ad altri ripari di fortuna. Una semplice azione si era trasformata in una piccola guerra di posizione.
La mia squadra si riunì con la terza, cercammo di avanzare il più possibile da un riparo ad un altro, per tentare di schiacciare il commando di agenti HYDRA. Due compagni caddero mentre stavo cercando di portarmi dietro al muro di un grosso casolare adiacente ad uno dei camion. Mi arrampicai sul tetto dell’edificio sfruttando una piccola scala arrugginita, mentre tutt’intorno suonava una melodia fatta di spari e urla. Mi appiattii sulla sommità senza essere visto, ero proprio sopra quei maledetti.
Mi alzai il più velocemente possibile e sparai all’impazzata con il mio fucile verso il basso, ne colpii alcuni e costrinsi gli altri a gettarsi al riparo così da avere qualche secondo di tempo per saltare sul tetto del camion che sostava proprio lì sotto. Atterrai di peso e sparai un’altra raffica, giusto per scoraggiare quelli che ebbero l’idea di mettere fuori il muso dai loro ripari. Poi mi fiondai nella cabina del camion, al posto di guida.
Le chiavi, fortunatamente, erano già inserite. Accesi il motore e subito un gruppo di soldati dell’HYDRA si fece avanti per fermarmi, mi spararono contro, ma non demorsi. Sterzai bruscamente e puntai dritto contro di loro. Quando capirono che la mia tenacia era più dura dei loro proiettili, si gettarono a terra prima di essere presi in pieno dal mio mezzo.
Dopo un po’ di furiose manovre, fatte con lo scopo di destabilizzare più nemici possibile, mi ritrovai in traiettoria di collisione con gli altri due camion. Misi la mano sulla portiera e pigiai con tutta la mia forza sull’acceleratore. Quando mi trovai a sfrecciare a fianco del capitano, aprii la portiera e mi gettai su di lui, mentre il mezzo andava a schiantarsi, coinvolgendo nell’impatto diversi soldati avversari.
Mi rialzai tenendo per il bavero il capitano, ancora stordito dall’impatto con il mio corpo, e mi guardai intorno. Nonostante l’inferiorità numerica, eravamo riusciti ad abbattere lo squadrone dell’HYDRA, riportando solo poche perdite.
- Nick, lì tutto bene? - La voce di Dum Dum mi arrivò dal comunicatore nell’orecchio. - Qui ne abbiamo acchiappati un po’ di questi bastardi... Noi stiamo tutti bene. -
- La prossima volta prenditela più comoda, mi raccomando... - Il capitano si stava riprendendo, lo strinsi più forte e lo ammanettai.
- Ok, vedrò cosa posso fare... -
Spinsi quel bastardo contro un muro e portai la mia brutta faccia a pochi centimetri dalla sua. Dal suo sguardo potevo capire che i miei sbuffi da toro scatenato stavano sortendo il loro effetto. - Ora verrete con noi... Ci dovrete spiegare un po’ di cose... A partire da questa trappola fino ad arrivare a quello tu e i tuoi amichetti vestiti di verde state trasportando via nave da un po’ di tempo a questa parte. - Senza il minimo cenno di buone maniere, lo voltai con forza e gli fece sbattere la faccia contro il muro ruvido. - E ti prego, risparmiami la stronzata della testa tagliata e di quella ricresciuta, ok? -

Palazzo dello S.H.I.E.L.D., Harrisburg, Pennsylvania, USA.
Mentre Nick Fury stava facendo ardite manovre con il camion per mettere fuori gioco più agenti dell’HYDRA possibile, la stessa figura che aveva compiuto l’irruzione nel palazzo dello S.H.I.E.L.D. a Plymouth penetrò in un altro palazzo dell’agenzia passando attraverso i garage.
Come per l’attacco fatto in precedenza, l’uomo si muoveva sicuro per i corridoi della struttura e si dirigeva con estrema precisione verso i suoi obbiettivi.
La sicurezza non era alta, e la figura riuscì a superare ogni sbarramento con estrema facilità, ma sempre senza causare vittime. Mentre le guardie cercavano invano di chiamare i rinforzi utilizzando l’allarme messo fuori uso, l’intruso stava recuperando tutto ciò di cui aveva bisogno dalla stanza degli archivi.
Nemmeno mezz’ora dopo l’inizio dell’assalto, l’uomo aveva già fatto perdere le sue tracce tra le lunghe ombre notturne mentre il boato di due esplosioni indicava che anche in questo edificio la stanza contenente le registrazioni delle telecamere e quella con i relativi backup erano andate distrutte.

Elivelivolo S.H.I.E.L.D. In volo sopra New York City, New York, USA.
Me lo dissero mentre ero in volo per il quartier generale, non ci potevo credere. Ci stavano fregando bellamente su tutti i fronti. L’HYDRA spediva navi verso il Sud America facendole passare sotto il nostro naso e, quando finalmente eravamo riusciti a conoscere tutti i dettagli in anticipo e a preparare un’azione per fermarli, si era rivelata una dannatissima trappola. Come se questo non fosse abbastanza ci si era messo di mezzo un pazzo sconosciuto che stava facendo saltare in aria i nostri uffici sulla costa est. Ero sicuro che avrei passato le successive notti insonne.
- Nick, bentornato! - Valentina mi stava attendendo all’hangar. - Tutto bene? Dum Dum mi ha appena comunicato che si sta occupando dei prigionieri... Mi ha detto tutto, anche di Casey e degli altri agenti... Mi spiace... -
- Grazie... - Non sapevo che altro dirle e poi tutta la mia attenzione era rivolta alla successiva domanda. - Allora, cosa diavolo è successo a Harrisburg? -
- Stesso modus operandi di Plymouth, non ci sono state vittime per fortuna. L’uomo è penetrato negli archivi, ha distrutto ogni traccia del suo passaggio, compresi i server con le registrazioni delle telecamere di sicurezza e si è dileguato nel nulla... - Valentina era preoccupata e giocherellava nervosamente con un fascicolo che teneva tra le mani.
- Quindi siamo punto a capo? - La fermai con la mano e la fissai negli occhi. - È questo che stai cercando di dirmi? -
- Non esattamente, Nick! Siamo riusciti a risalire ad un indizio, non è molto... Forse addirittura non vuol dire nulla, ma mi sono permessa di catalogarlo sotto la sezione “ommioddio” del nostro archivio... - Valentina mi porse il fascicolo che stringeva tra le mani. - Siamo riusciti a risalire al 17% circa dei file che l’attentatore ha trafugato dai nostri archivi e guarda un po’... Sono tutti file riguardanti un’unica persona... -
- Passa... - Presi in mano il fascicolo e lo aprii. Quello che uscì dalla mia bocca subito dopo era tanto scontato quanto naturale. - Ommioddio, no... Non può essere lui! -


[ CONTINUA SU NICK FURY - AGENTE DELLO S.H.I.E.L.D. 3 ]