#3

di Fabio Furlanetto

 

L’UNIVERSITÀ

 

A Berlino c’erano due generi di fisici:

da una parte Einstein, dall’altra tutto il resto.

(Rudolf Ladenburg, uno del “resto”)

 

Molti anni fa, all’Empire State University…quando ancora si chiamava State University…arrivò un futuro capo di stato, proveniente da un paese che in pochi avevano sentito nominare.

Aveva dovuto riempire parecchi moduli per ottenere la borsa di studio…il suo paese d’origine, Latveria, non era in ottimi accordi con gli Stati Uniti…e Victor Von Doom non era certo in ottimi accordi con Latveria.

Ora era arrivato il primo giorno. Portava con sé una sola valigia ed una borsa a tracolla, contenente vari oggetti del baule della madre e qualche attrezzo scientifico. Quelli ed i vestiti che indossava erano tutto ciò che aveva.

Rimase qualche secondo ad osservare quella che sarebbe stata la sua casa per quattro anni, mentre gli altri ragazzi e ragazze lo osservavano, incuriositi dalla sua aria esotica e dal modo in cui si guardava intorno, come un re che controllasse l’estensione dei suoi domini.

“State University…questa dimora del sapere è la migliore del paese, forse del mondo. Bene ! Von Doom non accetterebbe di meno. Non merita di meno !” [1]

 

Nello stesso momento, anche un altro giovane arrivò alla State University. Il loro incontro avrebbe condizionato il destino di molte persone. A differenza di Victor, Reed Richards era già stato all’università…quando aveva quattordici anni. Per un genio nato come lui era stato facile arrivare alla laurea, esattamente come era stato facile per Victor imparare tutto da solo.

Tuttavia la State era un’università molto più grande e moderna di quella in cui era stato. Entusiasta e timoroso allo stesso tempo, si diresse subito ai laboratori di scienze. Con sua sorpresa vi trovò qualcuno.

-Beh, pare che ci sia qualcun altro ansioso come me di vedere il laboratorio di scienze ! Mi chiamo Reed Richards, amico ! [2]

Senza neanche voltarsi, impegnato com’era a controllare un avanzato microscopio, gli rispose:

-Non è cosa che mi riguardi !

Reed era tentato di lasciar perdere…ma non era riuscito a farsi degli amici finora… Notò vari fogli sparsi sulla scrivania, altrimenti in perfetto ordine. L’attenzione per i dettagli è prerogativa di un buono scienziato, dopotutto. C’era un foglio con disegnati varie Terre collegate tra loro, ed altri con complicate equazioni che Reed conosceva.

-Vedo che ti interessi di universi paralleli.

L’interesse di Victor era stato stimolato.

-Conosci la teoria delle dimensioni multiple ?

-Certo ! Ho letto i lavori di Einstein e Von Helmoltz sull’argomento.

-Bah ! Concentrandosi sulla quarta dimensione, hanno solo scalfito la superficie ! Sono convinto che esistano infiniti piani di realtà oltre al nostro.

-Davvero ? Mi piacerebbe parlarne con te. Come ti chiami ?

-Victor Von Doom ! – rispose con fierezza.

-Ah, sei il famoso studente straniero…avevo notato l’accento.

-Accento ? Stai dicendo che c’è qualcosa di strano nel mio modo di parlare ? – il tono sicuramente era strano: di sfida.

-No no, figurati…

-Bene. Non tollero che mi si canzoni. Continua pure a controllare gli strumenti, Richards…per quanto tu possa capirne. Io ho cose più importanti che fare conversazione.

Victor uscì nel corridoio e si avviò verso la sua stanza. Reed lo seguì, in parte perché incuriosito dallo strano comportamento dello straniero, in parte perché dietro quella maschera di superiorità gli era simpatico.

 

-Senti, non so perché sei così scorbutico…Ma dal momento che siamo tutti e due borsisti, cosa ne diresti di metterci in camera assieme ? – Reed si fermò davanti ad una stanza ed invitò Victor ad entrae.

-Non desidero dividere la mia camera con nessuno. Desidero stare solo. [3]

-Oh, andiamo Vic, staremo bene insieme. Una sfida continua l’uno per l’altro.

-Mi chiamo Victor…non Vic ! Ricordatelo, e potrei permetterti di farmi da assistente.

-Sai, non credevo che qualcun altro conoscesse quelle equazioni. Persino mio padre le interpreta con difficoltà.

-Tuo padre ? Hhhmmm…Nathaniel Richards, suppongo.

-Lo conosci ? Voglio dire…so che è abbastanza conosciuto nell’ambiente scientifico, ma non credevo che in Lettonia…

-Latveria. Il mio paese si chiama Latveria. Con un po’ di ingegno non è impossibile procurarsi riviste scientifiche.

-Ho sentito che avevi dei problemi politici a Latveria.

-Ciò che hai sentito è irrilevante. Specialmente considerando che le “voci” che hai sentito saranno state deformate dall’ottusa mentalità americana, e che tu stesso non avrai compreso appieno ciò che mi riguarda.

-Beh, non che sia affar mio, ma non ti pare di esagerare un po’ a giocare allo scienziato pazzo ?

-Gli uomini credono sempre pazzo chi è loro superiore. Ma alla fine sarò io a trionfare.

-Rilassati, Vic. Possiamo sempre restare amici.

-MAI ! Detesto le confidenze, Richards ! E non avrò nulla a che spartire con chi mi è intellettualmente inferiore !

Victor uscì dalla stanza camminando nervosamente, sbattendo contro un altro ragazzo, molto più robusto di lui.

-Attento ! – gli gridò – Togliti di mezzo, stupido bue !

 

I presenti non si dimenticheranno mai quello che successe, date le conseguenze che ci saranno. Uno di loro scriverà un libro sull’argomento. Molti rilasceranno interviste. Altri non ne parlarono mai per paura.

Ma l’immagine di un giovane Ben Grimm che afferra con forza Victor Von Doom e si prepara a picchiarlo…a molti ricorderà sempre quello che in futuro avrebbero visto solo in servizi ai telegiornali.

-Devi appena essere arrivato da Marte, amico ! Per la cronaca, Benjamin J. Grimm non si toglie mai dai piedi !

-Lasciami, razza di gorilla !

-E perché ? Per paura che mi sbucci le nocche su quel bel nasino ? Niente paura amico, perché…E’ TEMPO DI DISTRUZIONE !

Reed Richards si mise in mezzo tra i due, come avrebbe fatto spesso in futuro.

-Andiamo, gente ! E’ il nostro primo giorno, resteremo qui per altri quattro anni. Cerchiamo almeno di partire col piede giusto. Andiamo a prenderci un caffè, offro io. Chi lo sa ? Magari salta fuori che ci stiamo simpatici !

Per un istante, i tre rimasero in silenzio. La stazza di Ben e la fermezza di Victor erano quasi a confronto. Le cose sarebbero state molto diverse se qualcuno avesse osato parlare, quando Victor se ne andò…

-Sei un illuso, Richards ! Un patetico idealista ! Non potrei mai avere nulla in comune con voi due.

“Un idealista” pensò Victor “Come mio padre…”

-Congratulazioni, cervellone…hai un nuovo compagno di stanza, Richards ! Mi chiamo Ben Grimm, e sono molto più divertente di quella testa matta.

-Poco ma sicuro, Ben. Ho come l’impressione che sarà l’inizio di una lunga amicizia.

-Perché no ? Ma vedi di non blaterare troppo, ok ?

 

Fu presto chiaro come Richards e Von Doom fossero simili e diversi allo stesso tempo. Entrambi si iscrissero a più corsi di quanti ne prevedeva il normale programma; non potevano seguire ogni singola lezione, ma non era rilevante: per loro i corsi erano talmente semplici che in un solo mese terminarono gli esami del primo semestre. In realtà Reed non avrebbe mai fatto un tale sfoggio del suo talento…non era nel suo carattere…ma trovava esaltante la sfida intellettuale con Victor.

Le lezioni che seguivano erano le più disparate. Ovviamente c’era l’indirizzo scientifico…i due erano iscritti a praticamente ogni corso dell’area scientifica; l’unico motivo per cui non terminarono l’università al primo anno fu il numero elevato di esami.

Se i due erano quasi uguali in ambito scientifico, la divisione era da rilevare negli altri corsi.

Victor si iscrisse anche a corsi di scienze politiche e di comunicazione di massa…che superò brillantemente, pur contestando quasi ogni singola affermazione dei docenti. E lasciandoli senza parole nelle lezioni (ma sarebbe meglio dire monologhi…era difficile capire chi fosse l’insegnante e chi l’allievo) che trattavano dei diritti umani, di cui dava interpretazioni singolari.

Reed era nello stesso corso di ingegneria di Ben. Non era uno dei corsi in cui eccelleva, per la sua abitudine a “pensare troppo e non riuscire a pensare ad una cosa alla volta” come diceva il suo amico Ben. Victor non frequentò il corso, con gran sollievo di Ben, definendolo obsoleto e lamentandosi in più occasioni della mancanza di un corso di robotica. Ma affrettandosi a dire che non ne avrebbe comunque avuto bisogno.

 

Secondo trimestre, in uno dei bar universitari. Ben Grimm ha appena tentato di presentare a Reed una ragazza, ma il suo amico riuscì a dire soltanto poche parole confuse. Poi vide qualcosa che non si aspettava: Victor ad un tavolo appartato, che scriveva forsennatamente su di un blocco di appunti, come un direttore d’orchestra nel momento cruciale dell’esecuzione.

-Che mi venga…ehi Reed, guarda chi si è degnato di venire tra i comuni mortali ! Il tuo amico transilvano !

-Latveriano, Ben. Sai quanto si arrabbia se…

-Oh, per me è transilvano. Sarà passato di qua a bere un po’ di sangue prima di tornare al suo castello…

-Non ho mai visto Victor fuori dalla sua stanza se non per andare a lezione o in laboratorio. Forse sta provando a socializzare.

-Sì, vedo già i progressi. Ehi, non vorrai andare a parlargli ?

-Nessuno voleva parlare con me quando sono arrivato, ricordi ? Ha solo bisogno di un amico.

-Quello ha bisogno di uno strizzacervelli, cervellone…

-Salve, Victor.

-Ciao Vic !

-Mi chiamo Victor, Grimm.

-Ed io mi chiamo Ben. Non si usano i nomi propri, a Latveria ?

-A Latveria…non si è costretti a fare conversazione spicciola per dare soddisfazione a microcefali che non sanno come impegnare proficuamente il proprio tempo.

-Beh, però nelle frasi lunghe siete imbattibili !

-A cosa stai lavorando, Victor ?

-Sto cercando un’equazione che combini la costante universale ed il principio di indeterminazione, se capisci cosa vuol dire.

-E’ un’equazione impossibile, Victor…Le varianti non sono funzionali al…

-Niente è impossibile, Richards. Lo dimostra il fatto che Grimm sia riuscito ad accedere all’istruzione superiore americana… per quanto il termine “superiore” in questo caso sia alquanto relativo.

-Cerchi rogne, Von Doom ?

-Se con questa espressione che dimostra la tua bassa estrazione sociale intendi provocare la mia ira, sappi che non intendo scendere al tuo infimo livello caratteriale e manifestare la tua limitatezza in modo fisico oltre che mentale.

-Stai cercando di farmi arrabbiare, Von Doom ? O usi solo delle belle parole per dimenticarti di quando te le stavo per suonare di santa ragione ?

-Tu…osi ? – Victor scattò in piedi e si mise faccia a faccia con Ben. A sventare il tentativo di mediazione di Reed bastò uno sguardo – Scusati subito per ciò che hai detto o ti insegnerò a stare al tuo posto !

Tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di loro. Ben era il doppio di Victor, ma la cosa non sembrava affatto scoraggiarlo. Reed, più esile di entrambi, mise una mano sulla spalla dell’amico.

-Lascia perdere, Ben. Capita a tutti una giornata storta.

I due amici si guardarono negli occhi per pochi secondi. Poi Ben si girò ed andò al bancone.

-Alla prossima, sbruffone.

-Bah ! Sapevo di non dover venire qui.

 

-Aspetta, Victor. La lezione di oggi del professor Baxter [4] è stata illuminante…volevo parlarne.

-E’ stata promettente.

-Credi davvero che sia possibile creare un passaggio dimensionale stabile ?

-Dovremo prima superare il divario tra la relatività e la meccanica quantistica.

-Non è detto…potremmo aggirare il problema. Prendere in considerazione solo gli aspetti che ci interessano e tralasciare il resto.

-Idea interessante…come Alessandro Magno ed il nodo gordiano. Pensiero laterale.

-Ti intendi di storia ? E’ uno dei pochi corsi a cui non ti sei iscritto…

-La storia è il passato. A me interessa il futuro.

-“Coloro che non ricordano il passato sono destinati a ripeterlo”

-George Santayana, 1863-1952. Preferisco Napoleone: “La storia è la versione dei fatti passati su cui la gente ha deciso di concordare”.

-Saresti il primo del corso – commentò Reed sorridendo – come negli altri del resto. Insieme a me, ovviamente.

-Solo per via dell’inaccurato sistema di votazione americano.

-Andiamo Vic, adesso non stiamo competendo per i voti. Stiamo solo chiacchierando tra amici.

-Tu non sei mio amico.

-Potrei esserlo.

-Non vedo per quale motivo.

-Per esempio perché sono uno dei pochi a capire le equazioni che stai scrivendo. O perché so del tuo progetto.

L’espressione del volto di Victor si scurì ancora di più, se possibile.

-Cosa sai ?

-Che hai speso quasi tutta la borsa di studio in attrezzature scientifiche…senza l’autorizzazione di nessuno…e che ti sei impossessato di un magazzino in città per tenercele. Che Kurtz ha chiesto di cambiare stanza nello stesso periodo in cui ti ho visto portare delle cose nella tua stanza…attrezzature, probabilmente. Che da alcuni laboratori sono spariti degli attrezzi e delle documentazioni, in orari in cui tu eri a lezione. Che hai parlato con Baxter di alcune teorie sull’invio di messaggi in altre dimensioni. Insomma, in parole povere…troppo tardi, direbbe Ben…so che ti sei dato da fare.

-Come hai fatto a scoprirlo ?

-Sono uno scienziato. Osservo e noto le incongruenze.

-Intendi svelare tutto ciò ?

-Stai facendo un esperimento, non è vero ?

-Che cosa vuoi, Richards ?

-Lavorarci. Studiare la cosa se possibile.

-Lo escludo.

-Peccato, mi piaceva la nostra competizione…spero che a Latveria ti arriveranno le mie lettere…

-Sei più scaltro di quanto pensassi, Richards. Molto bene…credo che ti permetterò di farmi da assistente, in fondo.

-Quale onore…

-Il sarcasmo è inappropriato in mani inesperte, Richards. Anche pericoloso, se usato contro di me.

 

Quella settimana, Victor portò Reed al magazzino che usava per i suoi esperimenti. Non era molto grande, ma non c’era angolo in cui non ci fossero provette, dispositivi meccanici, computer e quant’altro.

-Victor…dove hai preso tutta questa roba ?

-Sei qui per lavorare o per parlare ?

-Siamo scienziati. Lavoriamo parlando.

-Bah. Le parole sono inutili se non sono accompagnate dai fatti.

-Questo cos’è…una specie di jet miniaturizzato ? – chiese prendendo in mano una specie di razzo alto non più di venti centimetri.

-Sì. In fase di progettazione…conto di ridurne ancora le dimensioni, lasciando inalterata la forza propulsiva.

-Affascinante. In grande scala potrebbe permettere lanci spaziali molto meno costosi.

-O una forza militare superiore.

-Anche queste sono a scopo bellico ? Sembrano granate criogeniche…

-Gelo-granate. Le inventai anni fa, a Latveria. [5] Utili per immobilizzare il nemico.

-Hai intenzione di brevettare tutto questo ?

-Quando sarà perfezionato, forse. Ma il denaro non è il mio scopo.

-Che vuoi fare, costruirti un esercito ?

-Sì.

Reed smise di rovistare tra gli esperimenti e fissò Victor. Rimasero in silenzio per qualche secondo. Se si fosse trattato di qualcun altro l’avrebbe presa per una battuta. Ma Victor non scherzava mai.

-Non appena avrò appreso tutto ciò che mi serve, tornerò a Latveria e la conquisterò.

-Victor, non so se hai letto i giornali ultimamente…ma Latveria adesso è alleata dei russi. Non crederai di poterla riconquistare con qualche granata congelante ?

-Non solo. Soprattutto con quelli – indicò un angolo del magazzino, in cui dell’attrezzatura era coperta da un telo bianco.

Si avvicinò e tolse il telo. Sotto c’era un uomo meccanico, non ancora terminato. Lo scheletro interno e le giunture erano pronte, ma mancava quasi tutto l’interno del robot. Anche la testa era solo a metà…ma il volto era già pronto. Lo era sempre stato, nella mente di Victor. Una maschera di ferro grigia. [6]

-Questo…questo è un automa ! Non ne ho mai visti con uno schema così simile al corpo umano…

-Il corpo umano è una macchina estremamente versatile. Perché non riutilizzare uno schema vincente, migliorandolo ?

-Mancano la fonte di energia interna e la scatola cranica. Ci vorrebbe un generatore molto potente per farlo muovere con le capacità di un essere umano…ma la resistenza dei sistemi permetterebbe una forza molto superiore. Le giunture sono molto flessibili, anche se meno di quelle di un uomo…Servirebbe un software autonomo per farlo muovere.

-Ottime osservazioni, Richards. Questo è soltanto un prototipo.

-E tu vorresti…produrlo in massa ? Santo cielo…le applicazioni pratiche sono infinite. Potrebbero sostituire i lavori manuali nelle fabbriche, costruire case o…

-Robot nelle fabbriche, Richards ? Non accadrà mai. Una macchina non può fare il lavoro di un uomo.

-Non ancora. Victor, non c’era bisogno di tanta segretezza…possiamo lavorarci all’università, alla luce del sole…

-Non è mio desiderio. Ora pensiamo a lavorare, Richards…come hai notato, servono un generatore ed un microcomputer. Non potremo trovare modelli esistenti che si adattino…dovremo costruirli noi.

Si misero al lavoro, ma a Reed venne la bruciante sensazione che non fosse questo il progetto che Victor temeva di rivelare…

Bastarono due mesi per portare a termine i lavori. Non esistendo un computer adatto ai loro scopi, ne costruirono uno in università. [7] Ben presto iniziarono ad usarlo per velocizzare gli altri esperimenti, e ne dovettero costruire un altro per l’università…ma questo modello rimase largamente inutilizzato, perché nessuno era in grado di gestirlo come loro.

 

Al bar dell’università si formò presto un gruppo di lavoro. Non era insolito vedere gli studenti recarsi al bar per vedere all’opera i geni. Reed e Victor erano stabili, e naturalmente competevano su ogni argomento, su cui erano sempre in disaccordo. Discutevano di biochimica e biofisica con i fratelli Warren, i pochi a saperne qualcosa di più di loro. I discorsi di Miles in genetica facevano rabbrividire Richards, ma interessavano moltissimo a Victor.

Victor parlò spesso con Janus di una fonte di energia per i viaggi interdimensionali; Janus cercava di inserirsi nelle diatribe tra i due, senza troppo successo. Non approdarono a niente, ma Reed capì che i due stavano lavorando a qualcosa, in segreto.

Tuttavia l’apporto di Janus [8], qualunque fosse, cessò presto per divergenze di opinioni con Von Doom. Solo Reed riusciva a lavorarci anche quando avevano idee opposte.Un giorno Ben e due suoi amici (Sam Thorpe e Will Wingfoot [9], compagni di stanza come Reed e Ben) arrivarono al bar, mentre i due geni stavano discutendo.

-…quindi, la forza propulsiva supera l’attrazione gravitazionale terrestre senza che la spinta debba essere continua.

-No, non è possibile mantenere stabile la rotta in questo modo, Richards. A meno che il razzo non attraversi l’atmosfera superiore con un angolo che…

-So dove vuoi arrivare, ma in questo modo si passerebbe dalla fascia radioattiva e… [10]

-Ehi, cervelloni ! A che state lavorando oggi ?

-A niente che tu possa comprendere, Grimm.

-Ok bel faccino, me le hai fatte girare fin troppo ultimamente ! E’ tempo di…

-Lascia perdere, Ben – Will gli fermò il braccio; se non fosse stato anche lui un asso del football non ci sarebbe riuscito.

-Stavo parlando con Victor della mia idea per un razzo spaziale.

-Tu…che costruisci un razzo spaziale ?

-Abbiamo qualche difficoltà a come superare i problemi di navigazione che sorgerebbero.

-Senti cervellone, se tu riesci a costruire un razzo spaziale, io riesco a pilotarlo !

-Dubito che Richards abbia intenzione di schiantarsi subito dopo il decollo, Grimm.

-Secondo me – riprese il discorso ignorando Victor – il problema è che pensi alla navigazione come se fossi ai tuoi corsi di fisica matematica e statistica applicata, cervellone…Pilotare un aereo è un’arte, non una scienza.

-Bah ! Si tratta solo di una serie di dati di navigazione e di variabili dipendenti. Il mio microcomputer integrato basterebbe.

-Il nostro microcomputer, Victor. Ci abbiamo lavorato entrambi.

-Il progetto di base era mio. Senza di quello non saresti andato oltre.

-Potremmo tentare di adattare il programma ad un sistema di volo…se ci rimane altro spazio al magazzino, ovviamente.

-Allora dovremo allargare lo spazio.

 

Il giorno dopo, Reed e Victor tornarono al magazzino. Non distante c’era una pensione…sarebbe bastato affittare qualche stanza per avere abbastanza spazio. Con i soldi del padre, non sarebbe stato difficile per Reed. Il difficile sarebbe stato parlarne con Victor…non riusciva a parlare di suo padre senza che Victor si infiammasse. Paradossalmente fu per questo che chiese a Ben di andare con loro…Reed era in grado di confrontarsi con Victor sul piano scientifico, ma il continuo scambio di battute sarcastiche era una cosa che solo Ben riusciva a sostenere bene.

-No ! Non ho intenzione di affittare delle misere stanze in una squallida pensione per lasciare incustodite le mie invenzioni !

-Non c’è spazio nel magazzino né nella mia stanza, Victor…e non hai voluto che portassimo niente nella tua…

-Chissà cosa ci tiene ! Forse si è portato dietro un castello portatile…o costruisce un altro Frankenstein…

-Ciò che gradirei non aver portato ha appena parlato, Grimm.

-Reed, lasciamelo pestare almeno una volta…se lo merita, lo sai !

-Forza, almeno vediamo se c’è spazio. A gestire la pensione è una certa signora Storm…

Una volta saputo che Reed avrebbe pagato in anticipo l’affitto dei tre anni successivi, non fu difficile per la signora Storm accettare.

-Ho ospitato parecchi studenti in passato, signor Richards…ma devo dire che è la prima volta che affittano tre stanze solo per tenerci degli strumenti.

-Mi piace il posto, signora Storm. Potrei anche prendere una stanza vera e propria, in futuro. [11]

-Al momento non potrei proprio…ho soltanto queste tre stanze libere. Ospito anche mio fratello e i suoi figli, in questo periodo…Le serve altro ?

-No, grazie. Devo solo finire di sistemare alcune apparecchiature.

La signora Storm uscì e Reed si concentrò sui suoi strumenti, prima di sentire dei passi sulla porta. Una bambina bionda di meno di dieci anni stava spiando da dietro la porta.

-Temo di averti visto, sai ? Tu devi essere la nipote della signora Storm…entra pure. Come ti chiami ?

-Sue – disse con un filo di voce.

-Io sono Reed – rispose sorridendo.

Nel frattempo Ben e Victor stavano spostando delle casse in un’altra stanza.

-Quale luogo infimo per un Von Doom.

-Vuoi parlare di meno e lavorare di più ? Sto sollevando solo io !

-I lavori manuali non si addicono ai saggi.

-Secondo te ai saggi si addice un occhio nero ?

-Bah ! Sapevo di non dover venire.

-Dì un po’ Vic, ti hanno cacciato da Latveria per la tua simpatia ?

-Sono stato io a lasciare il paese.

-E loro devono aver tirato un sospiro di sollievo !

-Come osi…

Il battibecco fu interrotto dal pianto fragoroso di un bambino.

-Viene dalla stanza accanto…andiamo a vedere.

-Non siamo qui per…

-Hai detto che non volevi venire no ? Allora non eri qui neanche per lamentarti !

La stanza accanto, infatti, era quella di un neonato. Ben si avvicinò per vedere che cosa aveva, ed il bambino smise di piangere quando Ben lo sollevò.

-Ho idea che tu non ti intenda di bambini, eh Vic ?

-Mi chiamo Victor.

Gli porse il bambino e disse – Tienilo tu mentre io vado a chiamare…

Victor incrociò le braccia e lo guardò con sguardo severo. Il bambino tornò a piangere.

-Ehi aspetta ! Non scaldarti, eh ? – mentre cercava di calmare il bambino entrarono Reed e Sue.

-I tuoi amici sono qui…Allora, se costruisci quel razzo spaziale posso venire anch’io con te ?

-Chissà, Sue…forse…

-Johnny !

 -Conosci il bambino ? – chiese Victor, come se fosse una colpa.

-Uh…sì, è mio fratello…

-Allora chiama qualcuno che se ne occupi ! Spostatevi ! – uscì dalla stanza camminando nervosamente.

-Che ha stavolta ?

-Credo non sia a suo agio con i bambini per via della sua infanzia…è orfano, mi pare di aver capito. Non ne parla molto.

-Quello sta per scoppiare, cervellone…te lo dico io. Non era arrabbiato con noi quattro, ma con se stesso credo.

-Chi era quello ? Spero di non rivederlo più !

-Penso la stessa cosa ogni volta che lo vedo, piccola…

 

Poche settimane dopo, all’inizio del secondo anno, Victor abbandonò il progetto per la navigazione del razzo per continuare da solo i suoi esperimenti, dicendo che aveva perso fin troppo tempo in progetti troppo futili. Col passare del tempo Reed lavorò sempre meno con lui. Victor non voleva ammettere che Reed ne sapesse quanto lui; in ogni discussione doveva essere Victor ad avere l’ultima parola, doveva essere lui a decidere. Terminò da solo tutti i progetti del magazzino, solo per provare che era in grado di finire tutto da solo. Poi tornò a concentrarsi sui suoi progetti segreti, di cui non voleva parlare con nessuno.

Alla fine del primo anno, Nathaniel Richards fece visita al figlio. Insistette per conoscere anche Von Doom, che era diventato piuttosto famoso in ambito scientifico; parecchie università, laboratori sia privati che pubblici (che non volevano perdere un genio promettente come Victor a favore di Latveria) contattarono Richards e Von Doom. Reed scartò tutte le proposte; Victor non aprì mai le lettere.

Reed, Ben e Nathaniel si recarono alla stanza di Victor, con gran rammarico di Ben che avrebbe preferito essere in qualsiasi altro luogo…sia per la compagnia di Victor, sia perché i tre geni avrebbero iniziato a discutere all’infinito di scienza.

Reed bussò alla porta e non ebbe risposta. Altri due tentativi ebbero come risposta un “lasciatemi in pace”. Al quarto tentativo, Victor aprì la porta.

-Spero abbiate un ottimo motivo per aver interrotto il mio lavoro.

-Victor, questo è mio padre, Nathaniel Richards. Voleva incontrarti.

-Ho sentito molte cose interessanti su di lei, Von Doom.

-Ed io su di lei, dottor Richards. Entri. Ma suo figlio resta fuori.

-Per quale motivo ?

Victor rifletté qualche istante e poi fece entrare tutti e tre. Una volta dentro però si sbrigò a chiudere la porta della stanza adiacente.

-A cosa lavori qui dentro, Victor ? Questi si direbbero appunti sulla trasmutazione della materia e sulle distorsioni dimensionali…

-Non toccare ! – Victor gli strappò d’in mano gli appunti.

-Reed mi ha detto che ti interessi di equazioni temporali, Victor.

-Le faccio vedere a cosa sto lavorando, dottor Richards.

-Ehi cervellone, è questo il computer a cui avete lavorato ?

-No, non ho mai visto quel modello…

-E’ una mia invenzione. Lo uso per comunicare con Boris.

-Boris ?

-Un fido amico di mio padre e mio servitore da lunga data. Si trova a Latveria.

-E tu riesci a comunicare con lui ?

-Sì. Il computer si collega alla rete telefonica locale e può inviare e ricevere messaggi attraverso di essa, fino ad un vecchio computer da me costruito che si trova a Latveria.

-Capisco spedire una lettera, ma questo è incredibile !

-Il sistema è analogo. Una sorta di…lettera elettronica.

-Scrivere con i computer…voi siete matti, geni.

-Vorrei mostrarle i miei esperimenti riguardo le sue teorie, dottor Richards…ma devo chiedere a suo figlio e al suo microcefalico amico di uscire. Non sono cose per i loro occhi.

-Hai paura che rubi le tue invenzioni, Victor ?

-Reed, Ben…per favore uscite.

Ci fu qualche breve discussione, ma i due amici obbedirono.

-Queste equazioni sono pressoché identiche a quelle che ho sviluppato io, Victor…

-Sono partito dalle sue equazioni di base ed ho rielaborato la teoria.

-In un solo anno !? Ho impiegato un decennio per svilupparle !

-Credo di aver individuato il suo errore, dottor Richards. Lei sostiene che per spostare una massa nel tempo occorre un’energia infinita, a causa della natura della Costante Temporale Universale da lei identificata.

-E’ la base delle moderne teorie temporali.

-Ho trovato un modo per alterare localmente quella costante.

-Come ?

-Con questo – gli mostrò un apparecchio che sembrava un piccolo motore, collegato ad una pedana rettangolare in metallo – Alterando la conformazione dimensionale della pedana.

-Portando quindi della massa attraverso il tempo…

-Purtroppo gli esperimenti che ho condotto finora sono stati fallimentari. Il sistema di base è operante, ma il sistema di controllo è molto complesso.

-Questa è la base…per una macchina del tempo !

-In parole povere, sì. Ma usare un prototipo simile, anche con il più perfetto sistema di controllo, farebbe perdere l’ideale viaggiatore nel flusso temporale. Occorre perfezionare ulteriormente la teoria.

-Molto affascinante, Victor…molto affascinante…rivoluzionerà completamente il mio lavoro.

-Io le ho parlato della macchina, dottor Richards. Ora gradirei avere tutte le informazioni in suo possesso per quanto riguarda l’accesso ad altre dimensioni…

 

La discussione col dottor Richards durò per ore. Richards disse più volte che il sistema non poteva funzionare, ma Victor aveva la sensazione che non ne fosse del tutto convinto…che stesse cercando di farlo desistere dai suoi esperimenti. Che facesse pure…del resto nessun altro poteva riuscire a costruire una macchina del tempo. [12] Non sapeva bene perché ci avesse lavorato…in parte per la sfida intellettuale che poneva il viaggio nel tempo: c’erano così tanti misteri da svelare prima di arrivare alla sua realizzazione. O forse quello che voleva era alterare il proprio passato ? Sarebbe stato facile per lui tornare indietro ed impedire alla folla di uccidere sua madre e fermare i soldati prima che causassero la morte del padre…

Ma in questo modo, Victor Von Doom sarebbe stato una persona molto diversa. Senza la spinta della morte dei genitori, il suo genio non si sarebbe sviluppato con tale potenza. Oppure…lo avrebbe fatto ugualmente ? I suoi genitori sarebbero riusciti a portarlo ai livelli attuali ? Decise di non pensarci. Qualunque fosse il suo passato, il suo presente non poteva migliorare.

Victor Von Doom era assoluto. Le sue certezze sarebbero crollate dieci minuti dopo, quando ricevette un messaggio da Boris sul computer.

Victor, mi duole informarti che Valeria ha lasciato il villaggio senza far sapere a nessuno la propria destinazione

Valeria. La donne che un tempo aveva amato. Si era lasciato alle spalle quella debolezza…o no ? Allora perché quel messaggio lo aveva colpito così tanto ?

-Basta pensare a queste frivolezze – disse a se stesso, mentre spegneva il computer – Devo concentrarmi su cose più importanti…

Aprì la porta che aveva chiuso prima. Dall’altra parte, costruita attorno ad una sorta di poltrona c’era un complicato apparecchio, che terminava con uno strano casco. Il resto della stanza era riempito di computer, elaboratori e sonde dimensionali. Ci lavorò su per tutto il giorno, prima di mandare un messaggio a Boris.

Non tediarmi ulteriormente con notizie così futili. Ho ultimato tutti i progetti per cui sono venuto qui in America… tranne uno, il più importante e rivoluzionario. Sono quasi pronto per portarlo a termine. Sono quasi pronto per ritrovare me stesso

 

Il giorno dopo ci fu una manifestazione di protesta di fronte all’università. Victor non voleva nemmeno sapere per quale inutile motivo si protestasse…un giorno avrebbe eliminato qualsiasi sentimento di protesta.

Era uscito solo per recuperare alcune componenti dal magazzino, e non voleva perdere altro tempo…l’ultimo esperimento doveva essere portato a termine il più presto possibile. I manifestanti non gradirono il tono di superiorità di Victor quando gli intimò di lasciarlo passare e di non disturbarlo oltre. Uno di loro fece un commento poco gradevole su sua madre.

Mezz’ora dopo, quel ragazzo aveva un braccio rotto ed una mascella slogata, insieme ad altri cinque manifestanti.

Non fu la prima volta in cui picchiò qualcuno all’università, ma di certo fu la più ecclatante. Il rettore non volle perdere uno studente così promettente, e così (nonostante le proteste di Victor) lo obbligò a recarsi dallo psicologo della facoltà.

 

-Lei non vorrebbe essere qui, non è vero Victor ?

-No, trovo questa costrizione assolutamente inutile e la reputo una totale perdita di tempo. Inoltre, la prego di rivolgersi a me con un tono meno informale.

-Come preferisce…allora, sa dirmi per quale motivo ha picchiato quei ragazzi ?

-Mi avevano infastidito. Ho intimato loro di desistere dalle loro farneticazioni, ma non hanno voluto sentire ragioni.

-Usare la forza fisica non aiuta la ragione, Von Doom.

-La forza è tutto ciò che la massa può capire. La forza bruta non si addice a chi è superiore, tuttavia a volte è necessaria ed insostituibile.

-Cosa intende per “chi è superiore” ?

-Chi ha in mano le sorti del proprio destino, che ha la forza di piegarlo al proprio volere.

-Lei si sente superiore agli altri, Von Doom ?

-Io sono superiore agli altri.

-Perché ?

-Per esempio, perché non spreco il mio tempo facendo domande inutili per tentare di mascherare i miei tentativi di comprendere la psiche altrui.

-Secondo lei sto facendo questo ?

-E’ innegabile.

-Torneremo più tardi su questo punto – scrisse qualcosa sul suo bloc notes – Mi dica, i manifestanti le hanno detto…qualcosa in particolare, per farle perdere il controllo ?

-Sì. Un di loro ha osato denigrare mia madre.

-Mi parli di lei.

-Non intendo continuare oltre questa conversazione – Victor si alzò dalla sedia e si avviò verso l’uscita.

-Perché non vuole parlarne ?

-Non sono argomenti adatti a lei.

-Teme di sciupare il ricordo che ha di sua madre, ricordandola ?

-Lei non sa niente di mia madre.

-Me ne parli, allora.

-Questa conversazione è terminata – aprì la porta.

-Von Doom, aspetti. Se interrpe il nostro colloquio, il rettore sarà costretto ad espellerla.

Richiuse la porta e si avvicinò allo psicologo con passo lento e deciso.

-Cosa ha intenzione di dire al rettore ?

-La prego…si risieda…

Victor gli strappò d’in mano il blocco degli appunti.

-“Complesso di superiorità…attribuisce un valore maniacale al suo tempo…rapporto difficile con la madre !?”… - gli occhi di Victor si infiammarono di rabbia.

-Lei non dirà niente di tutto questo – strappò gli appunti – e non mi farà espellere.

-Victor…si calmi… - lo psicologo si stava veramente preoccupando. Indietreggiò con la sedia, ma Victor scattò in avanti e lo afferrò per la camicia, sbattendolo poi contro il muro.

-Chi è stato a mandarti ? Chi mi vuole fuori dall’università ? Risponda, maledizione !

Iniziò a picchiare ripetutamente lo psicologo, e continuò per molti secondi.

-Lei non dirà niente a nessuno. Ora uscirò da questa stanza e non voglio rivederla mai più in tutta la mia vita. Questo colloquio non ha mai avuto luogo, e lei domani presenterà le dimissioni. Sono stato CHIARO !?

-Sì…sì…non dirò niente…

-Molto bene. Mi obbedisca e vivrà. Ma provi a raccontarlo ed io la troverò…e lei se ne pentirà molto amaramente.

Ancora oggi, lo psicologo cerca di non pensare a quel giorno. Si dimise il giorno dopo e Victor non lo vide mai più…ma continuò veramente a tenerlo d’occhio per anni.

 

Nei corridoi la sola vista di Victor faceva indietreggiare le persone. Già prima tendevano ad evitarlo, ma non l’avevano mai visto così. Anche Ben, quando lo vide, rinunciò a prenderlo in giro. Per la prima volta ne ebbe paura, quando gli urlò:

-FUORI DAI PIEDI, Grimm !

Entrò nella propria stanza sbattendo la porta. Come aveva osato…come aveva solo potuto pensare a sua madre !? Come aveva potuto vedere delle debolezze in lui ? Era un complotto, naturalmente. Invidiosi del suo genio…tutti quanti. Richards in testa. Ma sarebbe finita presto…Victor Von Doom non aveva bisogno di nessuno !

I messaggi scambiati con Boris furono la sua unica comunicazione con degli esseri umani per i quattro giorni successivi.

Victor, prego che il tuo progetto abbia buon fine. Ho trovato una lettera che Valeria ha lasciato per te. Non l’ho letta, sulla busta c’è scritto di consegnartela solo quando tornerai a Latveria

Bruciala. Non mi interessa, così come i tuoi inutili auguri. Tornerò presto a Latveria, ma non per sciocchezze simili

Non so per quanto potrò usare questa macchina, Victor. C’è stata un’alluvione in queste zone ed una frana rischia di distruggere il nostro vecchio rifugio. Ho conservato la lettera di Valeria, per il tuo ritorno

Domani porterò a compimento il mio ultimo progetto, Boris. Non c’è altro a trattenermi qui. Intendo usare la macchina che ho costruito per contattare mia madre, nell’aldilà: forse potrò anche liberarla. Non mi interessano le azioni di Valeria, andandosene ha tradito la nostra causa. Brucia quella lettera, Boris. E’ tempo di pensare al futuro”.

 

Il giorno dopo, di pomeriggio. Reed Richards non vedeva il proprio rivale da giorni, ormai…e sapeva che nessun altro l’aveva visto. La porta della sua stanza era stranamente aperta.

-Salve ! C’è qualcuno ? [13]

Nessuna risposta. Non c’era nessuno. Chiuse la porta e vide le carte sul tavolo.

“Wow…sta facedo esperimenti sulla trasmutazione della materia e sulle distorsioni dimensionali ! E’ roba molto avanzata, molto di più degli appunti che ho visto l’ultima volta ! Strane equazioni…ma io le conosco…”

Victor aprì la porta con decisione.

-Cosa ci fai nelle mie stanze ?

-Oh, salve. Ci siamo conosciuti il primo giorno, ricordi ? Sono Reed Richards – disse sorridendo. Victor non era in vena di battute, però.

-La porta era aperta e, a dire il vero, non ho potuto fare a meno di notare questi tuoi appunti…

Victor glieli strappò d’in mano.

-Ridammeli ! Fuori di qui ! Mi senti ? Fuori !

-Okay ! Okay ! Me ne vado ! Ma ascolta…se stai lavorando sui varchi dimensionali, ho l’impressione che queste equazioni abbiano un po’ di decimali fuori posto…

-Ho detto fuori ! Idiota intrigante 1 Se ti ritroverò di nuovo a curiosare, vivarai per rimpiangerlo !

-Ehi, calma ! Volevo solo aiutarti !

-Von Doom non ha bisogno dell’aiuto di nesssuno ! Fuori di qui !

Richards uscì, perplesso riguardo il comportamento di Victor. Poco dopo entrò Kurtz [14], che era stato brevemente il compagno di stanza di Victor all’inizio del primo anno…ma che Victor aveva cacciato, dopo averlo terrorizzato.

-Von Doom…sei sicuro di voler…

-Silenzio ! Tu mi obbedirai, come è giusto che sia, e senza ulteriori lamentele. Non posso accendere contemporaneamente tutti i sistemi da solo, quindi ho bisogno di altre mani…le tue.

-S-sì…inizio ad accendere il tutto.

Victor riguardò gli appunti che Reed aveva preso in mano.

“Ho già ricontrollato tutti i calcoli. Ed erano giusti…anche le simulazioni al computer erano perfette. Può essermi sfuggito un errore, però…No, non è possibile ! Io sono Victor Von Doom, non posso sbagliare ! La vittoria…è tutto ciò che mi resta. E’ il mio destino. Se io avessi sbagliato i calcoli senza accorgermene…se Richards avesse individuato un errore che a me era sfuggito…No, i calcoli sono giusti ! Io sono superiore a Richards…devo esserlo !”

-Von Doom ? La macchina è pronta.

 

-Ho assemblato queste componenti come mi hai detto tu, Von Doom. Ma non mi piace lo stesso. Se il rettore scopre che stai conducendo esperimenti proibiti per contattare il mondo degli inferi…

-Risparmiami i tuoi piagnistei, Kurtz. Devi solo fare come ti ho insegnato – era seduto sulla macchina, adesso. Il casco era proprio sopra la sua testa, e la mano sinistra pronta per tirare la leva che avrebbe azionato la macchina.

-Molto bene, Von Doom. Ma sarà colpa tua se qualcosa andrà storto…

-Zitto ! Fa come dico ! Abbassa la leva ! – furono le sue parole.

“Madre, sto arrivando a liberarti ! Sto portando a termine il mio destino !” – i suoi pensieri.

Kurtz azionò i comandi ed abbassò la leva. Per pochi secondi si udì il ronzio della macchina, un ronzio che aumentava sempre di più in intensità e frequenza…sempre di più, sempre di più…

“Madre !” pensò Victor, e nella stanza si scatenò l’inferno. Il casco esplose, lanciando schegge di vetro contro la faccia di Victor. Poi toccò alla macchina esplodere, lanciando il corpo di Victor dall’altra parte della stanza e colpendo Kurtz con altre schegge. Il quadro comandi esplose, distruggendo tutto quello che c’era in entrambe le stanze: il computer venne gravemente danneggiato, gli appunti presero fuoco, gli oggetti presi dal baule della madre caddero a terra e si ruppero…

La porta fu scardinata, e finì contro il muro rompendosi a metà. Anche le mura furono danneggiate.

Scoppiò l’allarme antincendio, ma le fiamme non si spensero. Arrivarono decine di studenti sul posto, per vedere cosa fosse successo.

-Ben ! Che è successo ? Quella è la stanza di Victor…l’avevo appena lasciata !

-Sembra che sia scoppiato qualcosa…

-Dobbiamo portarlo fuori di lì !

-Largo, gente ! Largo !

Reed e Ben entrarono, cercando di evitare le fiamme e di respirare il meno fumo possibile.

-Ne ho trovato uno, Reed ! Lo porto fuori ! – Ben si caricò Kurtz sulle spalle e lo portò in corridoio. Respirava ancora.

-Victor ? Dove sei, Vic ?

-Vattene… - disse una voce roca, piena di odio – è colpa tua, Richards ! Colpa tua !

-Victor, non riesco a vederti ! Dobbiamo uscire !

-No ! Non ho bisogno di aiuto !

Reed dovette uscire subito. Victor si alzò in piedi con fatica, e raggiunse l’uscita. Il fumo non fece vedere agli altri il suo volto.

Afferrò Reed per i vestiti e gli disse, mentre sveniva:

-E’ tutta…colpa…tua…

 

In un luogo molto lontano, pieno di fiamme ed odio. Su di un trono di teschi, un uomo dalla pelle rossa come il sangue rideva.

-Ahah ! Delizioso ! Hai visto cosa ha combinato tuo figlio, strega ?

Una donna incatenata ai suoi piedi, al limite delle forze, gli rispose.

-Che cosa gli hai fatto, demonio ?

-Io ? Niente ! Ha fatto tutto da solo ! Non è possibile per i vivi contattare i morti, strega…specialmente con mezzi scientifici ! Tuo figlio ha violato la regola più sacra dell’inferno…i morti devono restare morti e soffrire. Cercando di allietare le tue pene, ha avuto una giusta punizione ! Ahahahaha !

 

Gli infermieri che arrivarono videro una maschera di sangue sul volto di Victor. Non era possibile vedere quale fosse la ferita, con tutto quel sangue…fasciarono la testa per precauzione. Non sembrava che ci fossero altre ferite…oltre che nell’anima.

Reed andò a trovarlo, ma vide che in stanza c’era il rettore.

-Ha chiuso, Von Doom ! Qui come in ogni altra università del paese. La espello, per evitare incidenti maggiori a lei come a chiunque altro !

-Bah ! Ormai non potreste più insegnarmi nulla lo stesso !

Il rettore uscì, senza notare Reed.

-Victor…come stai ?

-Fuori di qui, Richards ! Quello che è successo è esclusivamente colpa tua !
-Colpa mia !?

-So quello che hai fatto, Richards…hai sabotato il mio esperimento !

-Victor, ti avevo avvisato che i tuoi calcoli non erano giusti ! Quella macchina non aveva il minimo fondamento scientifico… il passaggio dimensionale è esploso !

-No ! Io non posso sbagliare ! Io sono Victor Von Doom…io sono supremo ! Me la pagherai, Richards…lo giuro ! Ti ucciderò per questo ! Lo giuro !

Reed uscì dalla stanza, sentendosi colpevole. Non aveva sabotato l’esperimento, ma non aveva impedito a Victor di portarlo a termine.

Più tardi, Victor si tolse le bende, ben prima che i medici fossero d’accordo.

-Pazzi ! Non ho nulla da imparare da loro. Ma…la mia faccia. Kurtz ha riportato solo ferite minori. Ma era più lontano dall’esplosione. Posso sperare di…

Si guardò allo specchio. Sulla sua guancia, un’orrida cicatrice deturpava l’intero volto. Ma non era questo quello che vedeva allo specchio…la superficie rifletteva un volto interamente sfigurato, a malapena umano…la pelle era stata interamente bruciata e nessun intervento avrebbe mai potuto ricostruire l’intero volto…

Prese a pugni lo specchi, rompendolo.

-No ! No ! Sono orribile ! Orribile ! Cosa ho mai fatto a me stesso ? Nessuno dovrà mai più posare lo sguardo sulla mia faccia ! Mai più !!!

 

All’inferno, Mefisto rise ancora.

-Ah ! Quello stupido…non si è reso conto che non si tratta di una misera ferita facciale ! L’esperimento che ha condotto era di natura magica…metafisica. E la ferita che si è procurato è una ferita nell’anima ! La ferita è lieve, per gli standard mortali… ma il fallimento è per lui una ferita ben maggiore, una ferita insanabile ! [15]

-Mostro…hai condannato per sempre mio figlio !

-E’ stato lui stesso a condannarsi. Fino a quando non accetterà di essere il solo ed unico responsabile delle proprie disgrazie, quella ferita non scomparirà mai…nessun intervento, nessuna magia, nessun miracolo potrà mai guarirlo ! Ha rifiutato di seguirmi, ed ora è stato distrutto per l’eternità ! Quale dolce contrappasso !

 

Victor si rimise le bende, si vestì e scappò dall’ospedale. Tornò all’università, stando bene attento a non farsi riconoscere. Entrò nella sua stanza…i suoi oggetti erano ancora lì. Prese i cocci degli oggetti della madre…un giorno li avrebbe ricostruiti. Prese i libri di magia e di scienza che poteva portare con sé…mise l’indispensabile in una borsa.

Poi vide il computer. Era ancora abbastanza intatto da spedire un ultimo messaggio.

Boris, l’esperimento è stato sabotato. Non ho potuto contattare mia madre. La macchina è esplosa e mi ha orribilmente ed incurabilmente sfigurato…per l’eternità. Non posso lasciare che altri esseri umani vedano ciò che sono diventato…che sappiano della mia sconfitta. Devo lasciare questo paese…ma non oso tornare a Latveria. Vagherò per il mondo, trovando una cura e cercando altri mezzi per impadronirmi del potere assoluto. Ti prego di continuare a vegliare su Latveria, in attesa del mio ritorno.

Boris lesse il messaggio il giorno prima che una frana distruggesse il computer a Latveria. Quello dell’università fu sfasciato da Victor, prima di lasciare il paese.

 

Due giorni dopo…

-Cervellone, hai più sentito niente di Von Doom ?

-No, sembra che sia sparito. Con tutto il rancore che provava per me. Credo sia colpa mia…avrei dovuto sapere che…

-Reed, nessuno te ne fa una colpa. Non puoi prenderti le responsabilità di tutto il mondo…E poi, la vita continua.

-Già. Spero che anche Victor arrivi a questa conclusione…che trovi la pace.

-Anch’io. Chissà se lo rivedremo ancora…

 

Una settimana dopo, Victor vagava per i monti dell’Europa orientale. Si fermò in mezzo alla neve, urlando al cielo.

-Madre, ho fallito ! Non sono più degno del mio destino…Meglio morire, che subire l’onta di perdere !

-Sapevo che saresti crollato, Von Doom ! – disse Mefisto, senza che lo sentisse – Forza, ucciditi ! Vieni nel mio regno… nessuno può sconfiggere l’inferno ! Nessuno può vincere il fato !

-Victor, no ! Non desistere ! Ti prego, figlio mio…non dargli questa soddisfazione ! Vivi, Victor…vivi, e porta a compimento il tuo destino !

-E’ tutto inutile, donna ! Egli non può sentirti !

-Madre ? E’ la tua voce che sento…o è soltanto il soffio del vento ?

-Cosa !? Non può averti sentito !

-Sì…posso ancora vincere il mio destino ! Posso ancora arrivare al potere…posso ancora liberarti, madre ! Posso ancora vendicarmi di Richards ! – ora era in piedi, di nuovo in forze, prese da chissà quale recesso dell’anima.

-Io no fallirò, madre ! Posso vincere ! Io sono Destino ! Destino ! – urlò a squarciagola tra le montagne, che rimandarono il suo urlo in tutta la valle…

Da lontano, un tuono gli rispose, come aveva fatto alla sua nascita. La sfida era ricominciata, e non sarebbe mai finita.

 

Note

Episodio fondamentale, non solo nell’economia della serie ma anche per il personaggio di Destino. Molte cose hanno la loro base nel periodo universitario…il rapporto con Reed e Ben su tutti, ma anche i suoi interessi scientifici e persino qualche futuro piano. Credo che la storia parli da sola di tutte queste cose, quindi mi resta solo da citare le fonti… In fin dei conti questa miniserie è una sorta di biografia del Dottor Destino, e come in tutte le biografie ho mantenuto i dati certi, integrando le varie versioni dei fatti, ed ho colmato i buchi. Le fonti, da cui ho preso interi dialoghi, sono il solito FQ Corno #28 contentente l’origine di Destino by Lee-Kirby, FQ Star Comics #52 con la rinarrazione da parte di John Byrne, ma anche FQ Marvel Italia #155, contentente una breve rinarrazione del primo incontro Reed-Destino, di cui però non ho tenuto conto interamente (altri dettagli nelle Note); ed infine, qualche dettaglio ed ispirazione dallo Speciale FQ contro X-Men.

Come sempre, ulteriori informazioni sulla storia di Destino le trovate a www.antaninet.com/destino

 

 

[1] Pensiero e scena presi da FQ Star #52

 

[2]  La scena è presa da FQ Corno #28, mentre i discorsi sul tempo sono da FQ #155. In realtà i discorsi sul tempo andavano avanti più a lungo, e Destino parlava ampiamente delle linee alternative e della possibilità di cambiare il passato… ma non ho trovato la conversazione molto plausibile, tenendo presente la storia di Lee-Kirby e l’atteggiamento di Victor all’epoca, quindi ho ridotto la scena e tagliato qualche pezzo.

 

[3] Anche qui ho unito le versioni di FQ Corno #28 e FQ #155, visto che non erano in contraddizione ed erano entrambi interessanti; lo scontro con Ben invece era assente nell’originale, e c’è una certa incongruenza con la nuova versione…ma la trovavo più stimolante. Il tentativo di mediazione di Reed e ciò che segue sono presi da FQ #155, con gli stessi dialoghi.

 

[4] Nelle storie di Pacheco, Noah Baxter era uno dei professori di Reed, oltre che fratello del proprietario del futuro quartier generale dei FQ.

 

[5] Viste nell’origine by Lee-Kirby e nel #2

 

[6] Se la scena fosse disegnata, avreste visto una maschera molto simile a quella di Destino…

 

[7] Dettaglio preso dallo “Speciale Fantastici Quattro Contro X-Men” (Star Comics)

 

[8] Futuro nemico dei FQ, rivisto recentemente nel ciclo Pacheco

 

[9] Will è il padre di Wyatt Wingfoot, futuro amico dei FQ (della Torcia in particolare) e fidanzato di She-Hulk. Sia lui che Thorpe diventeranno stelle del Football, e quest’ultimo insegnerà al Metro College.

 

[10] Avete capito di cosa stanno parlando ? Molti presagi del futuro in tutta la scena…

 

[11] Lo farà, e conoscerà meglio una certa Susan Storm…

 

[12] Questa volta Victor si sbaglia di grosso. Nathaniel Richards costruirà la prima macchina del tempo, pressoché identica alla ben più famosa macchina di Destino. La coincidenza era fenomenale, e non ho resistito a spiegarla. Nathaniel finirà la macchina e si perderà in un’altra linea temporale poco dopo la laurea di Reed, ed i due si incontreranno molto più di recente.

Nathaniel ora appare regolarmente nella serie Marvel IT di Fantastic Force.

 

[13] La scena è una fusione delle versioni di FQ Corno #28 e FQ Star #52, dialoghi compresi. Nella storia di Byrne si capisce che Reed e Destino si sono incontrati solo il primo e l’ultimo giorno, mentre da molte altre fonti sappiamo che si conobbero bene all’università…ho quindi trasformato le parole di Reed che lo facevano pensare in una semplice battuta.

 

[14] In FQ Corno #28, l’assistente di Destino è anonimo. Byrne ci da il suo nome in FQ Star #52. Visto che, a quanto pare, tutti avevano un compagno di stanza all’ESU, ho usato lui come compagno di Destino, ma per breve tempo. La scena è una fusione delle versioni di…oh beh, ormai avrete capito.

 

[15] La mia innovazione nella storia di Destino forse più controversa. Da sempre si sono alternate due visioni del motivo dello sfiguramento di Destino: ebbe una ferita da niente e poi si sfigurò in seguito al monastero (vedrete nel prossimo episodio altri dettagli) o si sfigurò totalmente nell’incidente di laboratorio ? Byrne, in FQ Star #52, ci mostra chiaramente che è la prima risposta ad essere vera. Tuttavia c’era un modo per conciliare le due versioni e per spiegare come mai non sia mai riuscito a curarsi…in pratica, una versione per salvare capra e cavoli. Stranamente nessuno si ricorda mai che l’obiettivo dell’esperimento era mistico, e che quindi può essere fallito sia per i calcoli di Victor sia perché era impossibile (il che spiega come mai non l’abbia mai replicato, sapendo quale era l’errore); e la ferita può non essere solo fisica ma anche nell’anima, cosa che si addice ad un personaggio tormentato come il Dottor Destino.