UN RACCONTO DI EROI E CRIMINALI SOSPESO TRA PASSATO E PRESENTE

 

IV

 

V COME VALORE

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

            Connecticut. Marzo 1955. Jeff Mace deve ammetterlo: questo Cap è decisamente più forte di quanto lui sia mai stato e forse anche del vero Steve Rogers, ma forse la sua è la forza del fanatismo e della follia. Stare a pensarci non serve a nulla, deve liberarsi prima che lo strangoli. Per fortuna non sta ragionando lucidamente.

            Jeff prova una vecchia mossa. Lancia lo scudo che ancora impugna e dopo un rimbalzo questo piomba sulla schiena di Capitan America facendogli perdere la presa sul suo collo.

-Maledetto!- grida Cap -Ti farò a pezzi per questo.-

            Jeff non risponde e gli sferra un diretto alla mascella, poi lo colpisce ancora e ancora. Sa che la sua sola speranza è incalzarlo, non dargli tempo di reagire. Sa bene che altri ci hanno provato e fallito. Lui ha un vantaggio, però: conosce bene le sue mosse e le sa anticipare, può farcela se…

            La mano guantata di rosso gli blocca il polso.

-Ci hai provato…- ribatte Cap -…ma io sono ancora il migliore… sono Capitan America… CAPITAN AMERICA!-

            E con la mano libera lo colpisce allo sterno.

 

            Confine tra Vietnam e Cambogia. 1966. Un altro tempo, un altro luogo, un altro Capitan America. La figura vestita del familiare costume bianco, rosso e blu, ora strappato in più punti, rifiuta di arrendersi. Ucciderà quel maledetto Inglese, lo ucciderà e gli mangerà il fegato, poi passerà al cuore ed ai polmoni. Lo ucciderà.

            Si alza in piedi e comincia a muoversi verso l’avversario.

-Devo ammetterlo...- commenta il superumano britannico noto come Ivanhoe -… ammirerei la tua forza d’animo se tu non fossi uno stupratore e un assassino. In circostanze normali godrei a portarti vivo davanti ad un tribunale, ma non sono circostanze normali e quindi mi accontenterò di essere io tuo giudice, giuria e boia.-

            Le sue mani crepitano di energia e stanno per rilasciarla quando l’altro le afferra. Ignora il dolore, le vesciche da ustione, i guanti che si fondono con la pelle. Solo una cosa conta per lui a questo punto.

-Ti ucciderò!-

            Ne sarebbe capace, pensa Ivanhoe, devo provare il tutto per tutto. Rilascia tutta in un colpo la sua bioenergia ed il risultato è un lampo di luce azzurrina.

            Quando si spegne, l’assassino psicopatico che un dipartimento segreto affiliato al governo americano ha potenziato per farne il simbolo dell’America è a terra che tenta di rialzarsi. Ivanhoe si osserva le mani che ora gli dolgono terribilmente.

-Ti ucciderò… ti ucciderò.- continua a biascicare il suo avversario.

-Sembri un disco rotto.- replica l’Inglese –Sì… lo so che mi ucciderai… se te lo lascerò fare.-

            Lo colpisce alle reni e forse gli spezza un paio di costole, una in più o in men non conta poi molto a questo punto poi cerca di ignorare il dolore e richiama un altro colpo di bioenergia, l’ultimo.

-Che tu ci creda o no…- dice al disfatto Capitan America -… mi dispiace.-

            Una sfera bluastra parte dalla sua mano destra e colpisce il suo avversario al volto. Sente il suo urlo, breve ed intenso, poi le ginocchia gli si piegano e non sente più niente.

            È di nuovo con lei, con la sua Stella, bellissima nell’abito rosa e bianco del ballo di fine anno alla Coleman High e stanno ancora ballando stretti l’’uno all’altra

Sono tutti lì con lui: i suoi commilitoni, i suoi genitori, i genitori di Stella e lei, più luminosa che mai. Non sarebbe mai più stato solo, mai.

Poi si fanno più vicini e li vede meglio. Vede il sangue che cola dai loro abiti, i sorrisi innaturali su volti dalle guance strappate e spalle forate o bruciate. Avanzano verso di lui e ripetono: “Siamo tutti qui con te… e ci saremo  per sempre… per sempre.

L’urlo dell’uomo che voleva essere Capitan America echeggia nella jungla per poi spegnersi pian piano.

 

Los Angeles, California. Oggi. Sono in pochi a soffermarsi a guardarli ed i più sono incuriositi dall’uomo alto, muscoloso e calvo, che ad alcuni ricorda un certo personaggio della pubblicità e ad altri suscita una strana sorta di inquietudine. Il che è strano visto che ha un’aria un po’ pacioccona. La donna accanto a lui ha i capelli rossi e gli occhi verdi e forse ride troppo esageratamente alle battute degli amici. Le due ragazze, la nippoamericana e la bianca con i capelli castani confabulano fittamente tra di loro, probabilmente sono studentesse universitarie. Lo stesso si può dire del giovanotto di colore che si sforza di ignorare le evidenti avances della bionda accanto a lui il cui sfiorargli i piedi così spesso con i suoi non può essere casuale.

Sì, questo noterebbe un osservatore attento… se ce ne fosse uno ovviamente.

-Più ci penso e più sono convinta che la Baronessa sia sopravvissuta in qualche modo.- dice improvvisamente la rossa.

-Dallas… per favore…- la interrompe la Nisei[1] -… siamo venuti qui proprio per staccare la spina.- abbassa la voce -Non possiamo mica essere supereroi 24 ore su 24. Anche i poliziotti e i medici si riposano ogni tanto.-

-Julie ha ragione.- interviene la ragazza dai capelli castano rossicci –Io non voglio pensare ai supercriminali stasera: voglio divertirmi.-

-Approvo.- aggiunge la bionda –Qui vicino c’è una discoteca e io conosco il proprietario. Se vi va possiamo scatenarci tutta la notte.-

-Ah… non fa per me.- replica Dallas Riordan –Temo di essere ormai troppo vecchia per queste cose.-

-Che sciocchezze.- ribatte la bionda, il cui nome è Wanda Mason -Nessuno è mai troppo vecchio per divertirsi. Prendi esempio da me: io sono una vera party girl. Tu che ne dici, Darren?-

-Per me va bene.- risponde Darren Mitchell, il ragazzo di colore.

-Non sono mai stato in una discoteca.- commenta Robert Frank Jr. –Mi piacerebbe vedere com’è.-

-Allora è deciso.- taglia corto Wanda –Andiamo ragazzi.-

            Dallas Riordan allarga le braccia. Tanto vale seguirli, pensa.

 

 

2.

 

 

 

            Confine tra Vietnam e Cambogia. 1966. C’è ancora molta strada da fare prima di arrivare al sicuro e non può riuscirci senza mezzi di trasporto e con due feriti da portarsi dietro. Abbandonarli è fuori questione. Tom Raymond, meglio noto come Toro, non è il tipo che fa queste cose. Sta ancora chiedendosi cosa fare quando ode l’inconfondibile rumore delle pale di un elicottero. Alza gli occhi ed ecco apparire la sagoma di un Iroquois P51 che si abbassa lentamente, poi una voce burbera esclama:

-Beh… che state aspettando: un invito scritto? Saltate a bordo, presto.-

            Conosco quella voce? Si chiede Tom aiutando i due feriti a salir a bordo del mezzo, poi i suoi dubbi sono spazzati via vedendo l’uomo in divisa mimetica dell’Esercito che mastica un mezzo sigaro e che nel vederlo gli dice:

-Ce ne hai messo di tempo fiammiferino. Cosa aspettavi: un comitato di benvenuto?-

-Sergente Fury!- esclama Tom –Perché non sono sorpreso di vederti?-

-È Capitano Fury di questi tempi.- ribatte Nick Fury –Ritieniti fortunato che sia arrivato a salvarti le chiappe.-

            L’elicottero prende rapidamente quota mentre Toro si rende conto che su una brandina è disteso l’agente britannico di nome Ivanhoe e su un’altra, coperta da un lenzuolo, c’è un’altra figura.-

-Il cocco del P.H.A.D.E.- commenta Fury –L’uomo che avevano scelto per essere Capitan America e che ora è solo un altro cadavere in questa sporca guerra, uno di cui non si accorgerà nessuno.-

-Fury, lui è… era…-

-So benissimo chi e cos’era. Se l’avessero chiesto a me, avrei detto di tenerlo rinchiuso e buttare via la chiave, ma non sono io a prendere certe decisioni ed ecco il risultato.-

-Avevo notato che non eri sorpreso di vedermi, Nick.-

-Prima di tornare ad indossare questa divisa ho lavorato un po’ per la C.I.A. e prima di mandarmi qui, i miei vecchi amici mi hanno messo al corrente di un po’ di cose, compresa la tua presenza qui… anche se mi avevano parlato della Torcia Umana.-

-Jim… la Torcia… è morto. L’ho visto esplodere nel deserto del Nevada. Era diventato una bomba atomica ambulante. È stato 12 anni fa e non lo posso dimenticare.-

-Ne ho sentito parlare. L’hai proprio visto esplodere?-

-Lui… mi aveva allontanato ma ho visto il “fungo”. Non c’era modo di sbagliare.-

-Capisco. E così ti sei ritirato…-

-Senza di lui quel genere di cose sembravano non avere più senso e poi… qualche mese dopo sparirono anche Capitan America e Bucky… i loro ultimi rimpiazzi intendo. Improvvisamente sembrava non esserci più posto per noi buffoni in costume e mi sono adeguato: mi sono trovato un lavoro vero e ho usato i miei poteri solo per cuocere le bistecche.-

-Mi avevano detto che ti eri sposato.-

            Tom fa una smorfia amara.

-Nel 1958. Mi ha piantato l’anno scorso portandosi via la bambina.- risponde -Immagino che non sopportasse più i miei sbalzi d’umore. Anche per questo non ho detto di no quando sono venuti a cercarmi per questa missione.- si interrompe di colpo –C’era un altro con noi, lo chiamavano il Camaleonte. Di lui non so altro.-

-Dimenticalo.- replica perentorio Fury –Che ci pensino i Charlie[2] a lui, io non intendo sprecare risorse e tempo per ritrovarlo, mi bastate voi.-

            Toro si volta a guardare Ivanhoe ancora svenuto.

-Come sta?- chiede.

-Ha le mani come se fossero passate attraverso i carboni ardenti ma se la caverà.-

-È… è stato in gamba.-

-Ora riposati e se vuoi un consiglio: dimentica tutta questa faccenda alla svelta e rifatti una vita vera.-

-Lo farò, ma prima devo vedere una persona… a Londra.-

 

            Londra, Inghilterra, oggi. La ragazza è un po’ impacciata all’inizio, poi dimostra a quelli che la stanno osservando i risultati del suo addestramento sconfiggendo tre uomini armati di coltello che l’avevano aggredita.-

-Non so.- commenta un uomo anziano che si appoggia visibilmente ad un bastone -Se la sa cavare molto bene, ma non sono sicuro che sia già pronta.-

-Tu quanto lo eri quando ti sbatterono in prima linea nei panni di Bucky?- chiede John Watkins.

-Beh ero un discreto atleta e avevo 15 anni… e poi erano altri tempi… insomma io…- replica Fred Davis imbarazzato.

-Tranquillo, Fred, io la penso come te ma Sir Roger la vede diversamente. Solo il Consiglio potrebbe la cosa e non si riunirà prima della prossima settimana.-

-Burocrazia... e io che pensavo che il Senato non avesse rivali in questo.-

            Fred Davis si avvicina alla ragazza in costume, il cui nome in codice è Falconet, e le chiede.

-Come si sente Melissa?-

-Benissimo Senatore.- risponde Melissa Hawthorne –Non mi sentivo così bene da anni: sono carica di energia.-

-Spero le piaccia il costume: lo abbiamo adattato da quello che suo nonno… il suo bisnonno… usava quando era l’originale Falcon.-

-Ci si può lavorare sopra ma non mi dispiace. Sa, Senatore. All’inizio non volevo crederci quando dopo il suo funerale mi ha detto che il nonno era stato un avventuriero in costume negli Anni 40, ma… beh adesso mi sento così eccitata all’idea di esserlo anch’io.-

-E si sente davvero pronta a tornare negli Stati Uniti con me?-

-Non ne vedo l’ora.- è l’entusiastica risposta.-

 

            Connecticut. Marzo 1955. Lo sta massacrando: è solo un ragazzino di 13 anni compiuti da poco e lo sta massacrando. Kent Blake sa di avere una sola opportunità. Con uno sforzo che gli costa un bel po’ di dolore estrae di tasca una siringa e la conficca nella gamba sinistra del ragazzo.

-Che cosa mi hai fatto sporco comunista?- urla il giovane che indossa il costume di Bucky.

-Credo di averti appena salvato da te stesso.- dice Blake tentando con fatica di rialzarsi.

            Jack Monroe si strappa la siringa dalla gamba ma è ormai troppo tardi: il potente anestetico di cui era piena sta già cominciando a fare effetto. Prima di cadere al suolo ha il tempo di dire:

-Cap… sta at…-

            Ma l’uomo che ricopre il ruolo di Capitan America non lo sente, non si accorge nemmeno che è caduto, è troppo concentrato sul suo avversario. Jeff Mace dal canto suo si sente mancare il fiato. Un altro colpo così e…

            Improvvisamente Capitan America si allontana barcollando. Gira su se stesso e cade al suolo.

            Alle sue spalle c’è il giovane Fred Davis con una pistola spara dardi.

-Sono arrivato in tempo, pare.- commenta -Potevo esser qui prima ma mi sono fatto sorprendere come un dilettante.-

-Non siamo perfetti, Fred.- replica Jeff –Anch’io me la stavo vedendo brutta.-

            Guardano l’uomo ed il ragazzino a terra. Versioni distorte di quello che erano loro un tempo.

-Potevano essere un esempio… dei veri eroi,- commenta Fred –Cosa è andato storto?-

-Troppe cose, temo.- replica Jeff poi si volge verso Blake –Siamo d’accordo su cosa farne?-

-Hanno già deciso di accettare il vostro piano… sempre che funzioni.- risponde l’agente segreto.

-Funzionerà.- ribatte Jeff –Deve farlo: è la loro unica speranza. Dormiranno un lungo sonno e quando si sveglieranno avremo trovato il modo di guarirli. Dobbiamo crederci.-

 

 

3.

 

 

            Poco fuori Londra, Inghilterra. Non molto tempo fa. La donna porta un costume violetto con una maschera modellata sulla testa di un pipistrello, sotto le sono modellate delle simil ali da pipistrello. Ha i capelli biondi che escono dalla maschera e gli occhi sarebbero normalmente azzurri, ma ora sono rossi come il fuoco.

            È una vampira, un essere soprannaturale non più sconosciuto alle Isole Britanniche ormai. Quando era viva il suo nome era Lily Cromwell, ma ora risponde al nome di Baronessa Sangue.

-Una mascherata un po’ pacchiana, se vuoi il mio parere.-

            Al suo fianco, nella radura di fronte al maniero dei Falsworth, è apparsa un’altra donna, vestita di una calzamaglia nera con una scollatura che arriva sin quasi all’inguine, Sulle spalle ha drappeggiato un mantello rosso. I capelli corvini sono fermati da una tiara.

-Non mi serve il tuo parere… e non lo accetto, Signora dei Vampiri.- ribatte la Baronessa –Il Costume del Barone Sangue ha una storia gloriosa. Fu John Falsworth il primo a portarlo e lui è stato il mio signore e maestro.-

-Ho conosciuto John Falsworth.- ribatte Lilith Dracula –Fu mio padre a renderlo un vampiro nei giorni che precedettero la carneficina che gli umani hanno chiamato Prima Guerra Mondiale e tu, che rifiuti di riconoscere la mia autorità su tutti i vampiri, pretendi di raccoglierne l’eredità.- con uno scatto improvviso la figlia di Dracula la afferra per il collo –Potrei distruggerti ora con estrema facilità.-

-No… Il Graal mi ha reso più potente di ogni altro vampiro[3] e tu non puoi farmi del male.-

-Povera illusa. Quanto poco conosci del potere di quella coppa se credi davvero che conceda potere a quelli come noi… e che si lasci distruggere così facilmente da mani indegne come le tue. Cullati pure nelle tue illusioni se vuoi.-

            La lascia andare e indica il maniero.

-Dunque è quello il tuo bersaglio: la donna di nome Jacqueline Crichton e suo nipote, non è vero?-

-È mio figlio… mio. Me l’ha portato via e lo rivoglio.-

-Ah… che sentimenti così squisitamente umani come l’amore di una madre per il proprio figlio. Chi sono io per oppormi ad un simile ardore? Vai dunque e vediamo che fato ti aspetta.-

-Tu mi prendi in giro ma io ti dimostrerò di essere degna di avere il tuo trono.-

            Così dicendo la vampira spicca il volo verso il maniero. Alle sue spalle Lilith scoppia in una risata

-Ti vedrò strisciare ai miei piedi.- dice –Mi supplicherai di servirmi, ricordalo.-

            Si trasforma in pipistrello e vola via nella notte.

 

            Londra, Inghilterra, Diogenes Club. 1966. Le sale di questo antico club sono state testimoni di molti eventi particolari e la tradizionale compostezza del suo personale non è certo scossa dal comportamento del giovane americano che a voce alta si sta rivolgendo all’inglese di bassa statura dai capelli rossi e leggermente stempiato. No: non sono scossi ma certo deplorano le maniere rozze del giovane coloniale che sta dicendo:

-Dimmi che non ne sapevi niente, Roger.-

            Si Roger Aubrey KC OBE[4] sorride rispondendo.

-Ma certo che lo sapevo: sapevo che quegli idioti pieni di sé del Dipartimento della Difesa Americano e del P.H.A.D.E. avevano scelto le persone sbagliate per il ruolo di Capitan America e Bucky e non potevo permettere che infangassero il buon nome dei nostri vecchi amici. Così mi sono offerto di procurar loro una Torcia Umana e ho fatto anche in modo che l’MI6 facesse pressioni per avere un suo superumano nel gruppo.  Tutto calcolato. Ora passeranno anni… anche decenni magari, prima che venga loro in mente di creare un nuovo Capitan America e quei due pazzi hanno avuto quel che meritavano. Tutto è bene quel che finisce bene.-

-Potevi avvertirmi. Invece mi hai mandato allo sbaraglio e per poco non rimanevo ucciso.-

-Ma non è avvenuto no? Quindi di che ti lamenti?-

            Tom Raymond resiste a malapena alla tentazione di sferrare un pugno a quella faccia sorridente, ma sarebbe una soddisfazione inutile.

-Non cercarmi mai più, Aubrey.- gli dice voltandogli le spalle -Io per te non esisto più.-

-Se è quel che desideri...-

            Roger Aubrey conserva il suo sorriso soddisfatto

 

            Washington D.C. Gennaio 1967. Il generale appoggia la cartella sulla scrivania e sospira. Ha fatto la scelta sbagliata e ora ne deve sopportare le conseguenze.

            Non ha nemmeno la forza di lamentarsi con l’arrogante ufficiale davanti a lui, uno che non viene da West Point o da altre prestigiose scuole militari ma si è guadagnato i gradi sul campo di battaglia. In fondo lo ammira e può scusarne il tono perché lui si merita di essere trattato così.

-Per farla breve…- conclude l’ufficiale di nome Fury, Nicholas Joseph Fury, eroe di ben due guerre -… quando si saprà che lei ha scelto  un maniaco omicida cannibale che aveva sterminato gli abitanti di un pacifico villaggio coreano divorandone anche qualcuno e che poi in patria aveva ucciso tutta la propria famiglia e quella della fidanzata per poi assalire e stuprare selvaggiamente due infermieri dell’ospedale psichiatrico in cui era rinchiuso… che lo scelto perché gli fosse praticato un trattamento che lo avrebbe reso superumano per poi dargli l’uniforme ed il nome di Capitan America e spedirlo in zona di guerra per un’operazione segreta… quando si saprà, dicevo, nulla e nessuno le eviterà il congedo con disonore ed una dura condanna dalla Corte Marziale. Naturalmente c’è un altro modo… uno che eviterebbe uno scandalo che nuocerebbe all’immagine dell’Amministrazione in questo momento delicato e lei sa di cosa parlo. Il Progetto Prometeo sarà abbandonato e i legami col P.H.A.D.E. troncati. Restano quelli come lei a cui è stata offerta un’alternativa.-

            Un altro sospiro ed il generale parla:

-La ringrazio, capitano.-

-Non mi ringrazi. Fosse per me, le strapperei qui, seduta stante, non solo i gradi ma anche tutta la divisa di cui lei è indegno e la farei arrestare e portar via in mutande, ma lo Stato Maggiore la pensa diversamente e dopotutto i suoi figli sono innocenti e non meritano di sapere in questo modo che razza di bastardo è il padre.-

            Nick Fury si volta e fa per uscire quando il generale lo richiama:

-Capitano Fury… voglio che lei sappia che al suo posto avrei pensato quel che pensa lei.-

            L’espressione di Nick è durissima quando risponde:

-Con molto poco rispetto, signore… francamente me ne infischio.-

            La porta si chiude con uno schianto. Il generale resta a fissarla per un po’, poi si alza afferra la cartella sulla sua scrivania, sulla sua scrivania è scritto: “Progetto Nuke” e la ripone nello schedario, poi torna a sedersi, apre un cassetto e ne estrae la pistola d’ordinanza. Resta a contemplarla per un po’ poi si infila la canna in bocca.

            Lo sparo echeggia a lungo nel corridoio.

 

 

4.

 

 

             San Francisco, California. Tre mesi fa. La ragazza si guarda intorno confusa. Non ricorda come è arrivata e fatica a ricordare il suo stesso nome. L’ultima cosa che ricorda con certezza sono le fiamme, le fiamme e il dolore… poi più nulla sino ad ora.

            Si specchia in una vetrina e vede una giovane donna i cui capelli biondi le ricadono sulle spalle che veste una calzamaglia scura aderente e scosciata con stivali dello stesso colore ed una mantellina violetta. Nella zona tra il petto e il pube è disegnato un ragno anch’esso di colore violetto.

            Improvvisamente, nel vedere quell’immagine le torna la consapevolezza di sé, una fiamma sembra accendersi nei suoi occhi azzurri e le sue labbra si piegano in un sorriso crudele mentre mormora:

-Sono pronta a fare la tua volontà mio signore.-

 

            Da qualche parte in Inghilterra. 1966. L’uomo che scende dall’aereo militare indossa un costume ispirato nel design alla tenuta degli antichi cavalieri medievali, ma più leggero e funzionale, il volto è coperto da una mascherina e ha le mani bendate. L’uomo che gli si fa incontro ha la tipica aria dell’anonimo funzionario governativo, perfetta per nascondere quello che veramente è.

-I miei complimenti Agente Ivanhoe.- gli si rivolge –Ho sentito che ha svolto egregiamente la sua missione.-

-Ho fatto del mio meglio, Sir.- si schermisce l’altro –Mi scusi se non le stringo la mano ma…-

-Vedo… spero che non sia nulla di grave.-

-Guariranno... così mi hanno detto. D’altra parte, se volevo mettere fuori combattimento quello psicopatico chiamato Capitan America, non avevo molta scelta, temo.-

-Lo ha… terminato?-

-Vuol dire se l’ho ucciso? Certo Sir, non mi ha lasciato alternative e conoscevo bene i miei ordini nel caso si fosse rivelato… beh per il bastardo che era.-

            L’altro uomo storce la bocca lievemente e replica:

-Non approvo molto la sua scelta di parole ma ha fatto un ottimo lavoro. Credo che questo metterà la parola fine al tentativo di creare agenti superumani almeno per un po’.-

            Ivanhoe fa un sorriso amaro.

-Mi piacerebbe crederlo sir.- replica –E forse sarà così almeno finché i superesseri in giro rimarranno pochi ma se si dovesse verificare un’altra… crescita esponenziale… un altro boom come dopo il 1939… beh allora temo che ogni nazione vorrà avere i suoi e sarà come una corsa agli armamenti.-

-Mah… vedremo chi avrà ragione.- ribatte l’altro –Per ora mi pare prematuro.

            Per ora, riflette Ivanhoe… ma quanto durerà?

 

            Da qualche parte negli Stati Uniti. Ieri. Heike Zemo contempla il suo copricapo con veletta che ha appena gettato su un tavolo in un gesto di stizza. Se l’è cavata per il classico pelo. Se almeno quella dannata Citizen V fosse annegata o peggio, ma non ci spera: i supereroi hanno sette vite come i gatti e Dallas Riordan è brava a sopravvivere. La prossima volta dovrà pensare a qualcosa di più radicale per eliminarla… perché ci sarà una prossima volta questo è certo

            Heike si rilassa e si concede un sorriso maligno mentre già comincia a formulare un piano.

 

 

5.

 

 

            Pasadena, Contea di Los Angeles. Oggi. Julie Tanaka si sveglia e getta lo sguardo alla ragazza addormentata accanto a lei e sorride scompigliandole i capelli.

-Sveglia pigrona. Il sole è alto ormai.-

-Uh… no.- replica l’altra –Oggi è domenica e voglio starmene a letto.-

-Se è davvero quel che vuoi…. Jamie, tesoro…- ribatte Julie ridendo e chinandosi su di lei.

-Ripensandoci, credo che farò una robusta colazione.- dice Jamie Castairs.

            Poco dopo le due ragazze sono al tavolo di cucina davanti ai corn flakes.

-Che serata ieri. Chi immaginava che Nuklo… Bob si scatenasse così in pista.-

-Già… immagino che non gli capiti spesso di godersi la vita. E anche Dallas…-

            Le loro chiacchiere sono interrotte dal ronzio di un telefono cellulare, seguito da un secondo.

-Chiunque sia, digli che siamo morte.- dice Julie.

-Mi piacerebbe…- replica Jamie -… ma è Dallas. Pare ci siano novità per il gruppo.-

-Addio piani per la domenica. Ma quella non dorme mai?-

 

            Contea di Orange, California. Meno di un anno fa. Ha osservato quegli uomini senza che loro lo vedessero. Voleva essere certo che meritassero il suo castigo ma quando ha visto che prendevano quel ragazzino e lo trascinavano in un punto nascosto del molo ha saputo che doveva intervenire.

-Stai buono e non ti faremo male…- sta dicendo uno dei due assalitori -… beh… almeno non troppo.-

            Appare improvvisamente da una nuvola di fumo ed afferra i due per il bavero come se fossero senza peso.

-Voi non farete nulla… se non pagare per le vostre colpe.-

         Il ragazzino aggredito vede la figura verde con il mantello sparire in uno sbuffo di fumo. E scappa terrorizzato ma grato che qualcuno sia intervenuto a salvarlo.

            Il sergente di turno al bancone alla Centrale di Polizia non crede quasi ai suoi occhi quando vede i due criminali uscire da una nuvola di fumo apparsa all’improvviso davanti a lui sovrastati dalla figura di un uomo, se tale è, calvo, dalla pelle verde e dal costume di una tonalità di verde più scura e un mantello fluttuante. Nei volti dei due uomini a terra un’espressione di autentico terrore.

-Non sono sfuggiti alla mia giustizia.- dice l’inquietante individuo.

-Tu… chi sei?- esclama il poliziotto.

-Mi chiamo Aarkus ma i tuoi simili un tempo mi chiamavano Visione.-

 

San Francisco, California. Tre mesi fa. La donna ha raggiunto la sua meta. Durante il cammino è stata oggetto di molti sguardi sia d uomini che di donne, più per il sottile, ma evidente quanto basta, fascino che emana che per come è vestita. Il suo vestiario non attrae molta attenzione da queste parti, dopotutto questa città è la casa delle comunità più strane e bizzarre degli Stati Uniti, oltre ad ospitare una vasta fauna di supereroi e supercriminali in costume. In lei c’è qualcosa, però… qualcosa di attraente e di inquietante, forse perfino terrificante, al tempo stesso.

Quando finalmente si ferma è davanti ad un palazzo. Ancora una volta sorride. Sa cosa deve fare.

L’uomo è grosso e ben vestito. È ricco, si capisce dall’opulenza dell’attico che abita. Sta contemplando un dipinto mentre sorseggia un whisky di marca quando una voce echeggia alle sue spalle:

-Arnold Wexler è venuta l’ora di pagare per i tuoi peccati.-

            Si volta di scatto e vede la donna fluttuare in aria davanti a lui.

-Chi sei?- esclama –Come sei entrata?-

-Le barriere umane non possono fermare l’inviata di Satana.- risponde la donna avvicinandosi ed allungando le braccia verso di lui –Hai fatto un patto ed è ora di rispettarlo.-

-Cosa? No… Non ora. Tu non puoi…-

            La donna lo tocca e l’uomo chiamato Arnold Wexler urla mentre l’altra dice

-Per i peccati che hai commesso ti sei guadagnato il tocco della morte della VEDOVA NERA!-

 

 

FINE QUARTA PARTE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Poche, semplici, cose da dire su quest’episodio per cui non perderò tempo:

1)     La conclusione dell’avventura di Toro nella jungla del Vietnam prende spunto da un’idea di Yuri N.A. Lucia e spero che lui non mi spari per averla conclusa come ho fatto.

2)     Il Capitan America ed il Buck psicopatici così come Gremlin, il misterioso Camaleonte, il superagente britannico di nome Ivanhoe nonché il P.H.A.D.E. e il Progetto Prometeo sono creazioni originali di Yuri.

3)     Il Progetto Prometeo non è stato né il primo né l’ultimo dedicato alla creazione di un supersoldato, ma suppongo che lo sappiate.

4)     Dovevo proprio far morire Falconet alla prima uscita pubblica? Beh ogni tanto un po’ di tragedia nella vita dei supereroi ci vuole

5)     L’idea che Tom Raymond, alias Toro, abbia avuto una prima moglie ed una figlia è mia, ma si basa su alcun idee che aveva avuto John Byrne 25 anni fa, quando prese in mano la serie West Coast Avengers e che per motivi vari non sviluppò. In fondo è tutta colpa della sliding timescale. Se nel 1969, quando fu ucciso in una storia di Sub Mariner, Toro era ancora abbastanza giovane senza tirare in ballo l’invecchiamento rallentato grazie alla sua particolare fisiologia, oggi che è rimasto in giro per sessant’anni prima della sua fine ci sta che possa essersi sposato più di una volta, visto che l’unica sua moglie che conosciamo, Ann, ci viene presentata come abbastanza giovane.

6)     La Visione Golden Age (il cui vero nome è Aarkus o Aarkis, io ho preferito la prima grafia) è un personaggio creato da Joe Simon & Jack Kirby ed apparso per la prima volta su Marvel Mystery Comics #13 datato novembre 1940. Si tratta di un poliziotto alieno, proveniente da un’altra dimensione e richiamato accidentalmente sulla Terra da uno scienziato, il dottor Markham Erickson (vi ricorda qualcosa, magari l’origine di un altro poliziotto alieno dalla pelle verde creato nel 1955 dalla Distinta Concorrenza? Dovrebbe -_^). Può generare immagini illusorie di se stesso, volare, apparire e scomparire in una nuvola di fumo e altro ancora. È ritornato sul nostro mondo su Avengers Icons #31 grazie a Fabio Volino.

7)     La Vedova Nera della Golden Age è invece una creazione di George Kapitan & Harry Sahle e la sua prima apparizione risale a Mystic Comics #4 datato agosto 1940. Il suo vero nome è Claire Voyant è faceva la medium e chiaroveggente (nel caso non lo sapeste, in Inglese clairvoyant significa, appunto, chiaroveggente. Colto il gioco di parole) che viene uccisa da uno dei suoi clienti. All’Inferno Satana (Ma sì, proprio quel Satana, con tanto di pelle rossa, corna, pizzetto, mantello… e nient’altro pare) la rende il suo agente tra i mortali e la rimanda sulla Terra dopo averle fornito il suo costume ed un certo numero di superpoteri. Il suo compito è consegnare a Satana le anime dei malvagi uccidendoli col suo tocco di morte. Insomma: lavora per il Diavolo ma a fin di bene potremmo dire. Anche la Vedova Nera è approdata in MIT grazie a Fabio Volino ma su Avengers Icons #16.

8)     È appena il caso di precisare che in MIT gli eventi descritti nella miniserie The Twelve non sono mai avvenuti e così i 12 eroi protagonisti di quella miniserie non sono mai finiti in animazione sospesa sino ai giorni nostri ma hanno avuto diversi destini. Quali lo scopriremo col tempo.

Ed ora non dimenticate di tornare di nuovo qui per la conclusione della nostra piccola saga.

 

 

Carlo

 



[1] Termine che indica chi è di origine giapponese anche se è nato negli Stati Uniti.

[2] Nomignolo per i Vietcong

[3] Su Union Jack #3 (In Italia su Wiz #47).

[4] Knight of the Garter (Cavaliere della Giarrettiera) Order of British Empire (Ordine dell’Impero Britannico), il più prestigioso ordine cavalleresco inglese e uno dei più importanti del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.