06

 

cardare, forse

di rossointoccabile

 

È come svegliarsi. Ogni volta che riemergo dal flusso del tempo mi sento come quando si esce da un incubo. Gli incubi affollano ormai quel poco di sonno che riesco a concedermi. So che puoi capirmi, mia amata.

Passo da un conflitto all'altro, senza speranza di rivedere la casa. Il nostro mondo. Te.

Soprattutto te, persa nel tempo così come sono perso io.

Questa è una città. Medioevale, se qui vi è un medioevo. Dalla puzza di feci e deiezioni varie, immondizia, sostanzialmente organica, e poco altro, immagino di si.

Rilascio una colonia. Malgrado la gran parte del sistema sia orientato alla loro produzione, ogni volta è più esigua.

Perdo sensibilità. E con essa la speranza.

È venuto il momento di cambiare, evolversi. Oppure morire.

Ho visto l'ingannatore fare delle cose con la mia borsa. Cose strabilianti.

Forse erano i suoi poteri. In fondo è un dio. Anche in quella terra desolata era un dio.

Ma l'ingannatore non fa mai una cosa senza ragione. Ha combattuto contro i dominatori del mio mondo, così dicono le storie.

L'ha fatto perché lo divertiva e perché non sopporta i potenti. Così diceva lui.

Perché non sopporta altri che detengono il potere, dicono i suoi detrattori.

Ma è l'ingannatore. Chi sa qual è la verità per quanto lo riguarda?

Dovrò indagare. Trovare qualche libro che spieghi a cosa serve la borsa. Un saggio che sappia come si usa.

Per ora, io sono in grado soltanto di estrarre da lì dentro cose che ci ho già messo.

Il fatto che non vadano perse fa pensare che io abbia qualche affinità con essa.

Oppure è una vuota speranza. Una celia dell'ingannatore. In realtà questa borsa non può fare di più.

Ma la mia speranza di tornare è un mago che mi tolga la maledizione. Altrimenti è inutile. Tutto inutile.

I primi dati che mi giungono mi strappano dall'autocommiserazione. Non fermarsi mai, è questo l'unica strategia che posso tirar fuori. L'unica speranza che ho di sfuggire alla disperazione.

Mantenermi sempre in azione.

Temo sia anche la tua situazione, amore mio, anche se so che sei molto più forte di me.

Ora smetto di parlarti direttamente. Queste tracce non sono solo per te. Sono anche per i nostri compagni. - fine messaggio protetto -

Sono in una città medievale, qualunque cosa voglia dire da queste parti.

Se riesco a capire di che città si tratta e qual è il periodo, ho qualche possibilità di contattare un mago. È possibile, benché mi stia allontanando in maniera evidente dal nostro piano, che tra ciò che resta delle mie banche dati e quel poco che ritiene la mia memoria, possa andare a colpo sicuro.

Basta tenersi fuori, una volta tanto, dagli eventi che mi accadono intorno. Seppellire la testa sotto la sabbia, una volta tanto, ed andare avanti come se non vedessi nulla. Come vivono le persone definite normali.

Qui, però, c'è poca sabbia.

Firenze. Il Tumulto dei Ciompi è appena iniziato.

Firenze, 1378. Frequenti epidemie di peste, crisi economiche, disastri finanziari. Migliaia di operai tessili sfruttati da poche famiglie.

Famiglie in lotta. Uno scontro, duro e senza mediazioni. E questi sfruttati iniziano a capire che si potrebbe essere meno sfruttati, che il loro cristianesimo manicheo non li costringe a morire di fame.

In mezzo a questo scontro, nel quale, mio malgrado, rimarrò coinvolto, uno scrivano, Agnolo Latini cui “i Ciompi in tumulto impongono di mettere in carta una loro verità”. Notaio, iscritto a quell'arte che, tra quelle liberali è maggiormente privilegiata. Anche in quest'epoca c'è qualcuno non omogeneo alla propria classe.

Assieme al suo assistente, il maestro Guasparre, che a 25 anni portò la gialla croce dell'eretico e che 10 anni fa partecipò al lungo sciopero dei tintori, è l'uomo che cerco. L'unico, che io sappia, in questa città.

Vuol dire che me le tiro addosso. Ho forse 30, massimo 40 giorni prima che qui tutto precipiti.

Meglio muoversi.

Sarà difficile convincerlo a concedermi il poco tempo che gli rimarrà in questi giorni caotici.

Nella mia linea temporale era un baluardo della sua città ed io in qualche modo sono una forza intrusiva.

Spero che sia anche qui un mago e spero che sia disposto ad aiutarmi.

Di certo non ho altre tracce se non un tizio nella lontana (lontanissima in quest'epoca, Parigi).

Muoviamoci.

 

Muoversi, però, è un problema.

Non ho la più pallida idea di dove sia la sua casa.

Non so, per altro, quale sia il suo aspetto in questo piano.

Però è un mago. Malgrado la mia scarsa predisposizione per l'Arte un piccolo incantesimo di ricerca, visibile solo a me, dovrebbe guidarmi.

Lo eseguo ricordando a stento i movimenti, che le mie mani compiono in maniera estremamente goffa.

Invece che una farfalla luminosa (che è l'aspetto con cui tutti i miei amici descrivono questo incantesimo) produco un demonietto ripugnante che prontamente si arrampica, quasi strisciando, sulla parete.

Speriamo almeno che sia davvero invisibile.

Lo seguo attraverso quasi tutta la città.

Firenze in questo periodo è una delle città più grandi d'Europa (sono in la a venire i formicai brulicanti cui tra il XX e il XXI secolo daranno questo nome).

In lontananza sento i clamori della protesta. Siamo ancora nella fase montante. Per fortuna non si sta avvicinando. Uno straniero, e uno straniero come me, in questa fase, potrebbe offrire agli infiltrati l'occasione di deviare l'obbiettivo della protesta, con conseguenze devastanti. Soprattutto per me.

Dipende dal grado di coscienza di se come collettivo che hanno i Ciompi di questo mondo (coscienza di classe, si dirà in futuro).

La protesta andrà avanti ancora per molto. Un po' di legittima rabbia di un popolo sfruttato oltre il tollerabile, un po' il desiderio di non tornare a casa e vedere ancora la fame.

Attraverso la città e arrivo davanti a una casa, dimessa ma dignitosa. Quasi lussuosa per questo periodo. Le imposte sono accostate così che non si possa guardare dentro.

La mia razza è una razza magica, nelle nostre vene scorre ancora forte un po' di sangue del Caos (e anche dell'Ordine. Erano spregiudicati nello stringere alleanze).

La casa è qualcosa di più di quanto appare.

Lo “sento”.

Chirone diceva sempre che con una sensibilità per l'occulto come la mia era inspiegabile come fossi un tale incapace.

Mi accosto con prudenza (estrema prudenza) alla porta.

Non mi sembra ci siano pericoli, ma la mia guida esita ed il fatto che la fitta rete che a volte mi sembra di vedere con la coda dell'occhio attorno a tutta la casa non sia davanti alla porta non è un segnale rincuorante in se.

Comunque avanzo. Busso.

All'inizio sembra che non accada nulla ma, nell'oscurità della città medioevale e con degli occhi come i miei, la luce che filtra sotto la porta è un indizio certo del fatto che sono stato udito.

La porta si apre, le Fiamme delle Faltine dissolvono la mia guida, le bande di Cyttorak mi avvolgono.

È tutto ciò che riesco a capire prima di perdere i sensi a causa dei Vapori di Valtorr.

 

Catturato ancora una volta.

Ormai per me è quasi naturale non aprire gli occhi quando torno alla coscienza.

Almeno sono vivo.

Se non divento più accorto prima o poi ci lascio le penne.

Mi sembra che nulla si muova qua attorno, apro giusto un poco un occhio.

La stanza in cui mi trovo, per quanto mi è dato di vedere, è ben più grande di quanto la dimora lasciasse intuire.

Questo, quando si parla di maghi, non è inusuale, dato che solo i novizi operano nello spazio-tempo quadri-dimensionale, ma qui mi pare che ci sia un lavoro di fino, particolarmente curato, forse un po' troppo per un semplice baluardo locale.

Certo, è sempre possibile che qui la magia sia più forte rispetto alle linee che sono solito frequentare.

Che ero solito frequentare.

L'arredamento è tipico da Sancta Sanctorum, un sacco di paccottiglia ultra-kitsch, metà della quale, probabilmente, è in grado di distruggere il pianeta

Se la campana intarsiata, sorretta da un treppiedi, è quello che penso, questo tipo ha fatto carriera.

Di certo non mi considera una minaccia, infatti sono comodamente adagiato su un divano, anche parecchio comodo, invece che legato come mi aspettavo.

È il caso di alzarmi. Non credo che qualcuno in grado di attendere immobile il mio risveglio senza che io me ne renda conto in alcun modo possa essere ingannato così facilmente.

- Buongiorno. Saltiamo i convenevoli. Chi sei? -

Salto i convenevoli e gli racconto a grandi linee la mia storia. Non è il caso di andare tanto per il sottile, visto che devo chiedergli di insegnarmi delle cose, in fretta e in un periodo in cui so che sarà molto impegnato.

Mi guarda in modo strano e mi sento come se fossi investito da un fascio di luce.

- Perché ti sei fatto questo? -

- Non capisco. -

- Lasciamo perdere, per il momento. Affronteremo la questione in un altro momento. Fammi vedere l'oggetto che vuoi imparare ad usare. -

Stacco la sacca e gliela passo.

La studia a lungo, trattandola con la prudenza con la quale si maneggia un serpente velenoso.

Studia le forze visibili e meno visibili. Conosco la teoria, so come si dovrebbe maneggiare un costrutto magico. Con un po' di impegno potrei anche io svolgere un'analisi del genere. Ma, come sono solito dire, non sono portato per la magia. Ho preso l'oggetto, ne ho indagato qualche applicazione utile e non mi sono più posto il problema.

Quando ha indagato l'indagabile infila una mano all’interno e ne estrae una specie di scettro piatto, coperto di rune. Lo reinfila subito dentro e si mette a studiare l'interno. Ritrae subito lo sguardo, chiude la borsa e fa un passo indietro. Come una piccola vertigine.

- Tu controlli questa cosa senza neppure conoscerla? - Mi studia – L'Arte è davvero forte in te. Del resto hai sangue del caos nelle vene. E sangue dell'ordine. Ma si tratta di un oggetto pericoloso. Connesso con la forma vera del reale. È meglio che impari per lo meno le basi su come gestire oggetti del genere, altrimenti un giorno può succederti che sia lei a prenderti, non tu a prendere oggetti al suo interno. Devi inoltre capire cosa si può prendere e cosa è meglio lasciare al suo posto, oppure potresti creare uno squilibrio irrimediabile.

Già conosci come funziona il sistema di immagazzinamento. Puoi inserire una quantità virtualmente infinita di oggetti nella borsa ed estrarli solo pensandoli. Il procedimento è quasi privo di pericoli, non molto diverso dalle sacche dell'abbondanza, tanto per capirci. Una volta che hai imparato a restare fuori dal portale è improbabile che, anche se qualcuno si imbattesse nel piccolo tratto di infinito che usi come magazzino, possa prenderti. È molto difficile forzare una volontà ad attraversare il portale, in entrambe le direzioni, se solo è minimamente preparata.

Quindi per cominciare esegui questo semplice esercizio: usa tutta la tua volontà per pensarti al di fuori dell'oggetto. -

In quel mentre entra Mastro Guasparre.

- Padrone! -

Non gli serve altro. Agnolo si volta, i suoi abiti riassumono l'aspetto austero che a un notaio si addice anche in questo tempo.

Esce senza che venga aggiunta una parola.

Prima di raggiungerlo Guasparre mi accompagna nella mia stanza.

Sono nella casa di un mago che sembra amichevole e bendisposto nei miei confronti, sono stanco e non mi sono ripreso ancora del tutto dall'incantesimo che mi ha colpito. Vuoi ragioni migliori per rilassarsi un poco e riposare?

Faccio uscire le mie cimici, cerco di richiamarne altre dall'esterno e mi accingo a spiarlo. Fidarsi è bene...

 

La stanza è ampia ma del tutto adeguata al periodo. Un tavolo e delle sedie, una cassapanca e qualche candela qua e là.

Null'altro, arredamento spartano che contrasta con il caos colorato che predomina nella sua altra attività.

Con lui, oltre al suo servitore, altri quattro uomini, chiaramente uomini del volgo. A giudicare dalle mani, cardatori.

I rivoltosi. Non hanno un atteggiamento aggressivo. Non qua dentro, per lo meno. So già cosa sono venuti a fare. Ascolto una piccola parte della conversazione, ma non mi sorprende. Lo faccio per confrontare ciò che so con quello che accade in questo mondo. La differenza è impercettibile, infinitesima.

- ... perché scriviate tutto, proprio tutto. - uno degli ospiti.

- Piccole necessità materiali e bizzarri desideri, follie l'esclusi e concretezza di sfruttati, quanto solo nei sogni dell'alba si è ardito intravedere e quello che non troppo, bensì troppo poco, vi parrà di aver chiesto ai vostri sfruttatori, perché magnanimamente ve lo concedano con cristiana bontà[i]. -

- Calmati mastro Guasparre, lascia parlare i nostri ospiti. Lascia che siano loro a giudicare dove può spingersi la loro lotta, quanto strappare ai signori. -

- Dicevamo, porteremo noi la petizione, dovranno riceverci. -

- Dovranno ricevervi. Ma certo. Tremanti di paura, nascosti, sprezzanti, quasi increduli. Vi guarderanno dall'alto del palazzo incedere nelle loro piazze. Per un rapporto quantitativo di forze sarebbero defenestrabili, ancor prima di sapere quello che i Ciompi vogliono ed invece voi volete che questi signori scelgano se darvi le quattro briciole che non gli peserebbero per nulla e un po' di dignità. Illusi, nulla vi daranno se non sangue e lacrime. -

Ritiro le mie spie. Il maestro si è girato verso una di esse come se potesse vederla. Non so se l'ha realmente percepita e non intendo scoprirlo.

La mia coscienza è ora integralmente nella mia stanza.

Ma non mi riesce di dormire, resto a riflettere su ciò che ho visto e sul ruolo che non intendo svolgere in questo dramma. In fondo io non dovrei neppure essere qui.

 

Infine debbo essermi addormentato, perché il risveglio è brusco.

Guasparre sembra essere determinato a sfogare su di me il malumore della nottata.

Poco male. In fondo ha la mia simpatia per la passione che mette nelle cose.

A differenza di me, lui deve viverci in questo mondo e il distacco dalle cose che accadono è già difficile per me.

La colazione è abbondante. Il tipo di ascesi praticata da questi maghi non prevede il digiuno (e del resto in questa epoca il digiuno è obbligatorio per molta gente, fin troppo spesso. È raro che qualcuno vi indulga.)

Poi, sempre sgarbatamente mi accompagna nel Sancta Sanctorum. Sono quasi certo che il percorso labirintico è diverso da quello fatto ieri per uscirne. Quasi che la stanza, oltre ad essere a una distanza che apparentemente non sarebbe consentita dalla grandezza della casa, si spostasse.

Tutto ciò ha poco a che fare con le geometrie quadri-dimensionali. Chirone mi ha detto spesso di smettere di pensare al mondo così come appare. Ho come un'intuizione folgorante, credo di aver capito cosa intendesse. Nel modo in cui si fa il salto tra sapere e comprendere.

Il mago è in piedi dietro il braciere, seminascosto dal fumo dell'incenso.

Indossa i suoi paramenti rituali e stringe in mano paletto e martello.

Un brivido freddo mi passa lungo la schiena.

Sorride. Parla con voce calma.

- Da quello che mi hai raccontato sappiamo che il tempo stringe. Possiedi già le basi della magia, anche se forse non le comprendi fino in fondo, quindi tenteremo di accelerare al massimo questo insegnamento, riducendo la prudenza.

Se sei d'accordo legati questa cordicella alla caviglia.

Mi passa una treccia multicolore, sembra quasi che ogni filo di ognuna delle cordicelle che la compongono abbia un colore diverso.

Guardarla mi fa quasi girare la testa.

Fa passare il piolo metallico che stringeva in mano attraverso un cappio della corda.

È un lungo cuneo finemente istoriato, coperto di una quantità di simboli che quasi si muovono. Almeno questa è l'impressione se indugi nell'osservarlo.

- Questo è un vincolo potente. Vorrei dire indissolubile, ma la pratica della nostra arte insegna presto l'umiltà. Basterà, comunque, a vincolarti a questo mondo, spero in maniera sicura.

Il tuo primo esercizio sarà semplice... – Batte sul piolo con il martello, quasi altrettanto complesso nelle sue istoriazioni. Penetra nel pavimento come se fosse burro. Ma quando ne provo la resistenza sembra quasi tutt'uno con esso. - ... prendi fra le mani la tua borsa, concentrati su di essa, proietta la tua mente all'interno e estrai un cosciotto d'agnello, preferibilmente già cucinato. Il procedimento è rischioso, anche se si ispira alle più semplici fra queste borse, che potrebbe usare anche un profano, cioè le sacche dell'abbondanza. Ma in quel caso ci si trova davanti ad un incantesimo limitante, spesso unidirezionale, qui invece hai a che fare con un portale aperto. Attento quindi a non cadere all'interno e se ti senti afferrare chiudi immediatamente il coperchio. -

Mi concentro, riesco quasi a percepire la superficie dello spazio con cui mi mette in contatto questo oggetto, offre una resistenza superficiale, non enorme.

Prendo confidenza con l'oggetto, forse in maniera eccessiva. È qui, aperto davanti a me, le mie mani indugiano sulla superficie, la mia mente l'accarezza, cercando di penetrarla con prudenza.

Apro un occhio e cedo alla tentazione di sbirciarvi dentro.

L'abisso multicolore che rotea tutt'intorno a me si getta ad accogliermi. Faccio per ritrarmi, ma la momentanea vertigine che mi prende mi fa esitare per quella frazione di secondo che basta.

Mi trovo a roteare in questo universo caotico, attorno alla mia caviglia non vi è alcuna cordicella.

Cedo al panico e urlo.



[i] Questa è una citazione, quasi letterale, da uno scritto di Giuseppe Di Leva. Ho preso molto, dalla sua opera, per la parte storica di questo racconto.