PROLOGO: Revelation, Texas
Un posto tranquillo dove
vivere.
Se si era amanti di Ai Confini della Realtà.
A prima vista, Revelation era
solo un’altra minuscola città sonnacchiosa, un punto così insignificante sulle mappe
che solo una cartina molto, molto dettagliata si sarebbe degnata di mostrarlo.
Revelation giaceva in mezzo
al deserto. Di giorno c’era da arrostire, di notte da gelare. I suoi edifici
erano tutti di legno e chiodi; avrebbero fatto la gioia di un coreografo di
film western. Le automobili erano poche, ed una di esse apparteneva all’unico
‘recente acquisto’ della comunità di 1.678 anime; il resto dei veicoli consisteva
in cavalli ed un paio di carri ippotrainati. Il tempo forse non si era fermato,
qui, ma aveva decisamente rallentato.
Almeno all’apparenza.
Revelation era una minuscola
città piena di grandi segreti -troppi per poterli anche ‘sfogliare’
rapidamente.
E l’uomo di nome O.Z. Chase, cacciatore di taglie
professionista, ed il suo wolfdog Cerbero,
si trovavano in quel momento immersi in uno di tali segreti.
MARVELIT presenta
Episodio 3 - Giustizia per un fantasma (I Parte)
“Signori, vi presento Bob.”
Il laboratorio era un
concentrato di alta tecnologia. Indipendentemente dal suo proprietario, Chase
era comunque della convinzione che qualunque cosa più complessa di un cellulare
e di un laptop fosse roba da extraterrestri.
Non lo aiutava molto trovarsi
di fronte a “Cosa hai detto che è?”
Il suo interlocutore, l’uomo
di nome Solomon Quinn, cioè colui che
appariva come un uomo, diede una pacca affettuosa al braccio della creatura.
Era questa un colosso antropoide in armatura, grosso come Hulk, dalla
carnagione scagliosa di un blu scuro, con un muso tozzo, occhi gialli
tutt’altro che rassicuranti, e l’equivalente rettiliano di una capigliatura
rasta. Un mantello scarlatto lungo fino ai piedi completava il tutto. “Bob è,
tecnicamente parlando, un drone adattoide: un organismo combattente
biosintetico a funzioni multiple legate alla condizioni ambientali circostanti.
In una parola, è un Annichilatore.
Completamente riprogrammato per un solo scopo: obbedire agli ordini della SIS. La nostra punta di diamante.” Diede un’altra pacca.
Bob non batté ciglio.
Cerbero ringhiò all’indirizzo
di Bob. Chase disse, “Dovresti farti pagare un tanto a parola: saresti ricco
con una sola conferenza. Sia chiaro, comunque: quel coso lo porti a spasso tu.
Ha l’aria di essere davvero tosto.”
Quinn
annuì. “È virtualmente indistruttibile. Se anche qualcuno riuscisse per
miracolo a metterlo a terra o a contenerlo, si adatterebbe per superare
l’ostacolo. La sua forza di base è sopra la classe Hulk… Ma credo che adesso
abbiamo cose più importanti di cui occuparci. Andiamo.”
L’edificio, visto da fuori,
era rimasto tutto intero. Due piani, costellati di finestre, quasi tutte chiuse
da assi. Solo quelle al piano terra e tre al primo erano state aperte.
Un tempo era un hotel. Da
qualche ora era la nuova sede della SIS. E il primo compito a cui erano
chiamati i titolari riguardava il trasloco e quanto ad esso connesso.
“Assurdo, semplicemente
assurdo, ridicolo e degradante!” borbottando ripetutamente tale frase, una
femmina di una specie rettiliana -pelle a scaglie castane venate di una tinta
più scura, con una specie di criniera ispida lungo il collo, muso corto e
postura digitigrada- stava spazzando il pavimento con una scopa di saggina. La
sua tuta rossa aveva già assunto un marcato colore grigiastro. “Abbiamo
abbastanza robot da rendere questo posto civile in men che non si dica e con il
minimo di fatica, e guarda cosa mi tocca fare!” Tossì per l’ennesima volta.
Un’altra figura scese la scala:
era, come lei, l’evoluzione di un velociraptor, ma con la pelle di un uniforme
verde. Il suo nome era Zed, e serviva
la famiglia Quinn da quando l’impaziente M’rynda
non era che un pulcino appena sgusciato.
Zed si avvicinò ad una pila
di scatole e ne prese una. Saggiamente, decise di non proferire verbo: lei
cercava solo una scusa per sfogare la sua energia. Il suo lavoro al SIS
prometteva di farle esplorare il mondo fuori da Revelation, in cui era praticamente
cresciuta dal giorno che la loro astronave si schiantò presso la città…ma prima
la giovane doveva imparare a non dare per scontato l’uso della loro tecnologia
nelle piccole cose quotidiane. Un po’ di corvee non le avrebbe certo fatto male.
Il Comandante aveva fatto male, anche se involontariamente, a crescerla nella
bambagia…
In quel momento, si udirono i
passi. Sia Zed che M’rynda faticarono a sopprimere un brivido; riprogrammato o
no, un Annichilatore era portatore di memorie terribili. Erano stati quei droni
a distruggere la loro casa, il pianeta Z’lyztaya. E solo Solomon poteva
freddamente concepire di riutilizzarne uno a beneficio del SIS…
I pesanti passi si fermarono.
Furono Solomon, O.Z. e Cerbero ad entrare. “Zed, Miranda, a che punto siamo?
Miranda, il tuo aspetto…” aggiunse severamente.
Lei sospirò. Le sue forme
furono nascoste da quelle del dissimulatore olografico; in un attimo, al posto
della saura c’era una splendida ragazza dai capelli neri ed il volto affilato.
Zed si affacciò sulla balaustra. “I volontari stanno predisponendo l’hardware
ed il software. Siamo ad un buon punto, Comandante,” e sottolineò con un
chinare della testa.
Solomon e Chase si diressero
verso la stanza attigua alla reception.
La stanza era stata
letteralmente rivoltata. I pannelli di legno erano stati rimossi. Una squadra
di operai stava piazzando reti di canaline e fasci di fibre ottiche nelle
canaline. Altri stavano trattando il legno con un impermeabilizzante. Altri
stavano ristrutturando l’impianto di illuminazione. Altri ancora stavano
sistemando gruppi di sensori e di quant'altro servisse alla sicurezza. La
stessa scena si stava ripetendo nelle stanze dove i membri del SIS avrebbero
dovuto alloggiare.
“Olà, Solomon!” disse il
caposquadra, venendo avanti. Era il ritratto del tipico lavoratore, muscoloso,
canottiera sudata, elmetto e pantaloni kaki con cintura piena di attrezzi. Tese
la mano guantata e la strinse al suo concittadino, prontamente ricambiato.
“Ancora una settimana, e non riconoscerete più questo buco.”
“So di poterci contare,
Alonso. La serra continua a fare il suo dovere?”
Alonso annuì, spostandosi un
po’ l’elmetto con il pollice. “Alla grande, Solomon! Non ho mai avuto un
raccolto dietro l’altro così buono, da quando ci hai messo mano! Gli ordini si
sono già triplicati.” La sua espressione si fece, per un momento, guardinga,
nel focalizzarsi su Chase.
“Piacere di conoscerti, hombre,” disse il cacciatore di taglie.
Quinn quasi dovette trascinarlo via per un braccio. Cerbero si tolse l’ultima
soddisfazione facendo il gesto dell’alzata di zampa all’indirizzo del
capomastro.
“Prima regola: non assumere atteggiamenti di sfida con
questa gente, va bene?”
Chase grugnì.
“Sei uno straniero,” continuò
Quinn. “Ci vorrà tempo perché si abituino a te e a Cerbero. Porta pazienza, e
vedrai che in men che non si dica sarai un compaesano purosangue. Oh, e ricorda
di evitare i biscotti fatti da Mamma Tess: è un amore di donna, ma era sua
sorella che li sapeva fare.”
“E che fine ha fatto la
sorella?”
“Beth? È morta sei mesi fa.”
“Oh.”
“E poi ci sono i ragazzi.”
“Ragazzi?”
Quinn annuì. “Gli irregolari
di Baker Street. Si sono battezzati così dopo essersi letti tutti i romanzi su
Sherlock Holmes. Sono un po’ il nostro telegiornale locale. Sanno informarti su
tutto quello che succede a Revelation e dintorni con più efficacia di qualunque
reporter…e sono anche dei gran discoli.”
Chase sorrise -quella parola
non la sentiva da quando andava a scuola lui, ed era parecchio tempo fa… “Come hai detto, scusa?”
“Dicevo: gli Irregolari sono
anche famosi per i loro scherzi. Possono trasformare una strada in una trappola
mortale.” Ridacchiò. “Povero Beau, lo porteranno alla pensione anzitempo. Credo
che dei loro cugini vivano a New York.”
“Beau?”
“Il vicesceriffo. Beauregard
Feiffer. Pare un soldo di cacio, ma è il miglior braccio destro che Derek possa
avere. Anzi, ricordati che in assenza di Derek, Beau è il tuo uomo.”
“’K, Altro che dovrei
sapere?”
Quinn ci pensò su, poi, “No,
per ora. Adesso, dobbiamo occuparci del nostro primo caso.”
A quelle parole, sia Zed che
M’rynda drizzarono le orecchie.
“Il cammeo degli Sterling?”
chiese Chase[i].
Quinn annuì. “Dove pensi di
cominciare a cercare?”
“Venendo qui, ho visto sulla
Main Street il posto che forse fa al caso nostro. Spero solo che non sia un salto
nel buio…perché quel cammeo ha un valore che va oltre quello nostalgico.” Era
un’osservazione, non una domanda.
“Giusto: si tratta di un
potente talismano. La sua peculiarità, tuttavia, è che, per essere usato nel
modo giusto, bisogna possedere una fede…speciale.”
“Oh.”
“M’rynda, Zed, preparatevi.
Andiamo.”
Pochi minuti dopo, il tempo
di cambiare abito, e il gruppo si muoveva lungo la Main. La loro meta era un
negozio caratterizzato da una vetrina che esponeva gli oggetti più disparati, e
da un’insegna in perfetto stile celtico, con un serpente a due teste,
arrotolato su sé stesso. Il cartello dell’insegna recitava
MA ROSE’S
ANTIQUES
“Da quanto tempo esiste il Ma
Rose?”
Alla domanda di Chase, Quinn
rispose, “Il negozio in sé esiste da cinquecento anni. Le sue proprietarie sono
state tutte molto longeve. Quella corrente è solo la quinta.”
Chase annuì. Tre secoli fa,
il mercenario Rex ‘Vulture’ Lucas uccise la proprietaria del cammeo, Joan
Antoniette Sterling, quest’ultima in odore di stregoneria -e forse mica un
odore tanto strano, da queste parti!
“Ma’ Rose, Jessica Lee e
Serena LaPierre non sapevano nulla del cammeo,” disse stizzita M’rynda. La
ragazza indossava un aderente body nero con una parte del lato destro coperta
da uno strato metallico. Nel braccio reggeva un elmetto così lucido che
sembrava uno specchio e completamente piatto, senza neanche un’apertura per il
volto. “Cosa speri di scoprire tu?”
Cerbero abbaiò stizzito.
Chase, fucile posato disinvoltamente sulla spalla, berretto e occhiali da sole,
disse, “Spesso, piccina, la risoluzione di un caso giace in una sola domanda
posta nel modo giusto ed alla persona giusta.”
“Tu…” fece lei, ma fu
trattenuta per una spalla da Zed, il quale indossava solo un top aderentissimo
e shorts pure al limite della decenza.
“Hai citato le tre
proprietarie a partire dall’arco di tempo dell’omicidio Sterling, immagino.
Pensi che l’attuale non abbia nulla da dire, in merito?” Chase appoggiò la mano
alla porta...e questa si aprì da sola.
Cioè, fu aperta dall’interno,
con un allegro scampanellio, dalla proprietaria in persona: una donna di età
indefinibile, che avrebbe potuto avere quaranta come settanta anni. Era
indubbiamente un’indiana nativa. I suoi capelli erano neri e lucidi, intrecciati
in una coda di cavallo. Il suo volto quieto ed imperscrutabile, e soprattutto i
suoi occhi larghi e verdi, tradivano una saggezza senza tempo. Indossava una
camicia verde, una bella gonna lunga fino alle caviglie, e una lunga collana di
denti.
“Non è mia abitudine
accogliere i clienti sulla soglia,” disse la donna, con una voce dal timbro
basso, fermo. “Ma temo che non ci sarebbe spazio per tutti voi.” Fissò il suo
sguardo sull’indifferente Bob.
“Um, non siamo qui per
comprare, Miss…” tentò Chase. Si sentiva a disagio davanti a quella strana
donna. Lo fissava come faceva sua madre quando lo beccava con le mani nel
barattolo dei biscotti. Sua madre non si sarebbe mai arrabbiata, no; lei lo
avrebbe ferito parlandogli con calma, con distacco, usando educatamente le
frasi più taglienti. La mamma non gli aveva mai dato uno schiaffo, e lui ne
aveva sofferto parecchio.
“Desiree Longbow,” disse l’indiana. “Naturalmente, so che ci sono
altri motivi per questa visita. A proposito, Mr. Chase, la sua intuizione si è
rivelata corretta: posso esservi di aiuto nella ricerca del talismano degli
Sterling. Solo un momento, prego.”
La videro rientrare nel
negozio. Si muoveva lieve come una foglia, i suoi passi non facevano rumore. Se
fosse stata anche lei uno spettro, Chase non si sarebbe più sorpreso.
La porta si riaprì. Desiree,
questa volta, aveva in mano un oggetto coperto da uno spesso velo azzurro -un
oggetto troppo grosso per essere un cammeo, della forma sbagliata per essere
una scatola.
“Questo può aiutarvi,” disse
Desiree. Nella sua voce si poteva ora intuire una nota…preoccupata? “Ma fate
attenzione: le conseguenze per il suo uso possono andare ben oltre il successo
della vostra ricerca.” Chase vide gli occhi di lei brillare -proprio così, le
pupille mandarono un lampo.
“Non può essere più precisa?”
“Dipende. Per quanto riguarda
la vostra missione, è quello che cercate.”
“È quello che ci basta,
allora.” Chase allungò la mano verso il panno che copriva l’oggetto.
L’oggetto fu rivelato -solo
uno specchio, un bello specchio rotondo e perfettamente lucido avvolto da
un’elaborata cornice d’argento.
“È una specie di scherzo?”
Chase era abituato ad identificarsi con le contorsioni mentali delle sue prede.
Non era abituato, nell’epoca delle Meraviglie’, a gestire il sovrannaturale o
gli enigmi nascosti. Lasciò cadere il panno; irritato, fece per sfiorare il
vetro.
Solomon aggrottò la fronte.
M’rynda allungò una mano verso di lui. “Mammifero, asp*”
Troppo tardi. La carne sfiorò
appena il cristallo.
La transizione fu pressoché istantanea.
Tre alieni naturalizzati, un terrestre ed il suo cane, e un Annichilatore, si
trovarono di colpo sotto un’enorme quercia! Davanti a loro si stendeva un vasto
campo di grano. Una piccola città di legno si stagliava in distanza. E tutti
furono sicuri che non si trattava di Revelation!
“Quinn..?” chiese Chase,
imbracciando il fucile. Cerbero stava già con i sensi in massima allerta.
Solomon assunse la sua forma naturale, gli abiti sostituiti da un’uniforme
corazzata. M’rynda si mise rapidamente il casco; il suo cranio scomparve sotto
il metallo a specchio, ma la sua forma corporea divenne indubbiamente quella
della rettile, coda inclusa.
Zed fu ancora più drammatico:
divenne un colosso di quasi tre metri, coperto da una pelliccia castana, rada
in tutto il corpo tranne che sui polsi e le caviglie; la zona che andava dalla
gola, lungo il torso, fino all’inguine ed al sottocoda mostrava solide scaglie.
Quattro paia di corna appuntite, due corte sulle tempie e due lunghe, si
estendevano dal retro del cranio. Il muso aveva qualcosa del drago e del cane
insieme.
“Non avrebbe molto senso, la
sottigliezza, in una situazione totalmente sconosciuta,” disse Quinn. Sollevò
un braccio e controllò i dati su un minicomputer posto sul bracciale. “Hmm,
niente tracce di radiazioni residue. Se quello specchio era un sistema di
teletrasporto, era davvero molto sofisticato…” lo videro tutti accigliarsi.
“Padre?” chiese M’rynda.
“C’è qualcosa che non va con
i valori ambientali.”
Chase si guardò intorno.
Tutto era silenzioso, gli uccelli cantavano nel grano, il vento era una carezza
dolce e calda. C’era un profumo come non lo sentiva dalla sua infanzia… “A me
sembra solo una giornata splendida,” disse, ma provava un brivido -gli capitava
di sentirsi così, quando c’era un pericolo imminente, o qualcosa di molto
sbagliato…
“Appunto,” disse Quinn. “La
concentrazione di agenti inquinanti, intendendo quelli di natura industriale e
di attività legate alla combustione interna dei motori, è quasi nulla. Persino
le cosiddette ‘riserve naturali’ presentano tracce eccessive di CO2,
SO2, nitrati e…”
“Prima che ci reciti tutto il
testo di chimica, traduci, per favore.”
M’rynda ringhiò da sotto il
casco. Quinn fece un cenno ammonitore con la zampa. “M’rynda, per favore…
Dicevo, Chase, che o ci troviamo in un qualche ambiente chiuso che simula
quello che vediamo, o ci troviamo in una diramazione cronale, o…” fu interrotto
dal grido.
Quinn e tutti gli altri si
voltarono verso la fonte. “Per la miseria,” disse Chase.
Dal campo di grano erano emerse
due figure: due giovani, massimo diciotto anni a cranio; un ragazzo ed una
ragazza, quest’ultima intenta a cercare di coprirsi un torace non ancora
completamente sviluppato. Il volto di entrambi era costellato di lentiggini. I
pantaloni di lui erano tenuti su solo dalla sua mano, e la camicia era
completamente aperta. Erba e foglie di grano scompigliavano loro i capelli.
I loro abiti erano di una
foggia antica, roba che oggidì si vedeva solo addosso agli Amish più
oltranzisti. Amish o no, comunque, li si poteva comprendere se avevano gli
occhi così sgranati che minacciavano di uscire dalle orbite.
Anche quando la ragazza urlò,
“I demoni! I demoni! Dio ci salvi!” e
fuggì a gambe levate nel campo di grano, nessuno della SIS poté veramente
biasimarla. Così come non si poté biasimare il ragazzo, che, estratto un
coltellaccio da una fibbia dietro la schiena, si mise in posa minacciosa
davanti al gruppo. “Voi…voi non…osate! Mostri! Tornate all’inferno da cui siete
venuti!”
Chase inarcò un sopracciglio.
“Che razza di dialetto parlano? E dire che credevo di conoscerli tutti, quelli
anglosassoni.”
Il ragazzo avanzò. La sua
mano tremava, ma la sua espressione era di feroce, disperata determinazione -un
contrasto molto buffo con la determinazione con cui si reggeva i pantaloni.
“Questo perché il loro
‘dialetto’ è un Inglese arcaico del primo 18mo secolo,” disse Quinn, facendo un
passo indietro. “Non torcete loro un capello. È un ordine.”
“Uh?” Finalmente, Chase
realizzò. “Quello specchio..?”
“Terza ipotesi, come stavo
dicendo prima di questa interruzione: ci ha portato nel diciottesimo secolo.
Affascinante.”
Il ragazzo, imbaldanzito
dall’esitazione della mostruosa creatura scagliosa, arrangiò la sua arma per
colpire meglio. “Il Signore è con me, ed io non temerò alcun male… Via, mostri
figli del Male!”
Anche una testadura come
Chase capiva che se avesse solo piantato dei proiettili nella spalla di quel
tizio, anche senza ucciderlo, avrebbe rischiato di fare un casino…
Abbassò il fucile. “Lasciate
fare a me, va bene? Ehi, ragazzo.”
Il ragazzo esitò -non solo
non aveva mai visto un demone, in vita sua, ma vederne uno in forma umana, e
che per giunta parlava Inglese…be’ non seppe cosa fare!
Chase si tolse gli occhiali,
li piegò e li infilò nel taschino della giacca. “Senti, so che non sembra, ma
siamo dei buoni, e…”
“E che ci fai con la bestia
di Satana al tuo fianco, se non sei un figlio del Male?” il ragazzo era
decisamente al di là di ogni ragionamento. Urlando come un pazzo, si gettò
contro Chase…solo per incontrare un solido calcio di fucile infilato negli addominali.
L’aria gli uscì d’un fiato dai polmoni e lui crollò al suolo, svenuto.
“Non sopporto che qualcuno
insulti così il mio amico,” disse Chase, dando una carezza alla testa di
Cerbero. “Con tanti saluti alla diplomazia, immagino. Bene, se quella strana
donna riteneva che dovessimo finire qui per risolvere il caso, non ci resta che
andare a fare qualche domanda in giro. Obiezioni?”
“Sì,” disse M’rynda. “Come ci
torniamo nella nostra epoca? Mio padre ha lasciato la macchina del tempo in
soffitta.”
“Nel peggiore dei casi,”
disse Quinn, “Dovremo solo tornare a Revelation, per la precisione alle miniere
di rame dove si trova il cristallo
cronale.” Alla faccia interrogativa di Chase, aggiunse, “Un’altra delle
tante storie della mia città.”
“Diventerebbe un best-seller…
Bene, ora si tratta di restare uniti: se la Sterling era in odore di
stregoneria, possiamo solo sperare che essere finiti qui non sia una
coincidenza.” Posò il fucile in spalla. “Coraggio, Squadra: e state attenti:
anche nel ‘700 questa gente sapeva combattere.”
“E che aspettarsi da
mammiferi selvaggi?” fece M’rynda. Al brontolio di Zed, si affettò a precisare,
“Tu escluso, naturalmente.” Quinn scosse la testa. Chase l’avrebbe anche sculacciata,
ma era abbastanza sicuro che le scaglie sarebbero state troppo dure per lo
scopo.
Il gruppo si immise su una
strada sterrata, percorsa dai segni degli zoccoli e delle ruote di legno. “Deve
essere Salem,” disse Quinn. “Joan Sterling veniva da lì. Immagino che sperasse
che Revelation fosse abbastanza lontana per lei…”
“Non abbastanza,
evidentemente…Hmm già arrivano i rinforzi.” E questo era curioso: a quei tempi,
la gente al massimo aveva i piccioni viaggiatori, e ci sarebbe voluto comunque
il suo tempo perché uno arrivasse a destinazione e si arrangiasse la
cavalleria…
Eppure, la nube di polvere
non poteva essere scambiato per altro che un gruppo di cavalli. Infatti, poco
dopo, le sagome dei destrieri erano ben visibili. E anche i cavalieri dovevano
avere capito che gli stranieri non erano proprio di quelle parti…
I cavalli furono fermati a
una decina di metri dagli stranieri. Gli uomini, cinque in tutto, vestiti di
nero, erano pallidissimi. Tutti si affrettarono a puntare i loro moschetti
contro i ‘mostri’.
“Siamo qui in pace,” disse
Quinn. “Vogliamo parlare con qualcuno che sappia di una vostra concittadina…”
“Parlerete solo alla presenza
di un giudice e del prete, demoni!” disse uno di loro, quello in testa.
Istintivamente, puntò alla sagoma più grossa, quella di Bob. E per quanto le
armi a pietra focaia fossero ben altro che precise, mancare il bersaglio a
quella distanza era…
impossibile? Il proiettile
colpì esattamente in mezzo alla fronte dell’Annichilatore…e scomparve dentro la
sua carne sintetica.
Quinn annuì. “Soddisfacente
assorbimento dei corpi offensivi. Credo che abbia già assorbito completamente
la materia del proiettile e la sua inerzia…”
BLAM!
Il cappello dell’uomo che
aveva sparato per primo volo via, completamente sbrindellato!
Chase, le canne del fucile
ancora fumanti e puntate sul gruppo, disse, “Ora, secondo le vostre regole, io
posso farvi molto, ma molto male. Allora, che ne dite di rispondere ad un paio
di domande facili facili?”
L’uomo in testa al gruppo
fece una faccia che più buia non si poteva…e sputò per terra. Fece per dire
qualcosa…quando cadde bruscamente da cavallo! Era come se qualcosa lo avesse
tirato giù; infatti, appena ebbe toccato terra, fu sollevato per una gamba e
trascinato verso la SIS nonostante si dibattesse come un disperato. La
misteriosa creatura invisibile lo sollevò poi per il bavero del mantello, e lo
allungò a Zed. Il meticcio di rettile e mammifero lo prese fra due zampone
enormi, tenendo strette le braccia lungo i fianchi.
L’aria tremolò, e M’rynda riapparve,
al fianco di Chase. “L’ho imparato dalla vostra cultura: una scossetta per la
collottola fa meglio di qualunque minaccia. Vero, Zed?”
Zed aprì leggermente la
bocca, rivelando una chiostra di zanne paurose. Ci aggiunse un leggero ringhio,
giusto per fare scena. Un odore inequivocabile si udì nell’aria: l’uomo se
l’era fatta sotto. A giudicare dalla sua faccia, era ad un passo dall’infarto.
Zed aprì ancora di più la bocca, fece per mangiarselo, e…
“NO! Per amor di Dio, no! Vi
diremo quello che volete!” fece uno degli uomini a cavallo, protendendo un
braccio.
Chase
annuì. “Cosa sapete di una donna di nome Joan Antoniette Sterling?”
Revelation
Apparve nel cielo, un puntino
luminoso che gli osservatori del mondo avrebbero scambiato per un piccolo asteroide.
Raramente sulla Terra ne arrivava uno lungo cinque metri e largo tre. Molti
cacciatori di asteroidi si sarebbero presto messi in moto.
Per ora, la sola
preoccupazione degli abitanti di Revelation era come trattare l’evento.
Il corpo celeste sfrecciò
veloce nel cielo. Superò l’area urbana della città, ma di poco, andandosi a
schiantare appena fuori da essa -ma più che una caduta, la si poté definire un
atterraggio, perché all’ultimo istante, la roccia aveva deviato il suo percorso,
arrivando a scavare un lungo solco nel terreno anziché scavare un cratere. Fu,
nonostante ciò, uno spettacolo fenomenale, che rilasciò una nube di polvere
infuocata e fece abbastanza rumore da fare tremare i vetri di mezza città e
romperne diversi.
Passarono i minuti, durante i
quali il guscio roccioso si raffreddò fra sibili e scricchiolii.
Circa venti minuti dopo
l’evento, il guscio, simile ad un uovo placcato, iniziò a rompersi. Le prime
crepe apparvero esitanti, seguite da altre, e poi altre ancora in un processo
sempre più rapido…
Finalmente, qualcosa emerse
da esso: un’ala, per la precisione, un arto dalla pelle durissima e dotato di
un potente artiglio ad uncino all’altezza della giuntura.
Un momento dopo, dal guscio
emerse un potente braccio dalla pelle grigia come la roccia, un braccio che
terminava in una mano dalle tre dita artigliate.
La creatura aveva superato le
prime difese intorno al pianeta. Ora, si trattava solo di superare il primo
contatto…