Un uomo in fuga

di Giuseppe Felici rossointoccabile

 

Il barbaro corre attraverso la foresta. Il tramonto si avvicina e non vuole trovarsi nel folto col buio.

Ha paura dei predatori notturni e delle leggende.

Si narra che in questo bosco, col buio, escano creature innominabili a caccia di prede. E le prede sono gli sventurati che si attardano o si perdono nel bosco.

- Favole, per spaventare i bambini. Sicuramente pensa, ciononostante ha paura e corre.

Sulla fronte il sudore scende a goccioloni fin dentro gli occhi, accecandolo di tanto in tanto.

Questo gli è fatale. Inciampa in un muretto sbrecciato, pochi centimetri appena e cade.

Sotto l’erba e il sottile strato di terreno c’è il vuoto, un lungo budello inclinato. Il barbaro rotola sbattendo il corpo su ogni asperità del tunnel e dopo un tempo che gli sembra, certamente, lunghissimo cade in una stanza chiusa.

Cade dall’altezza di meno di un metro ma, dopo aver ruzzolato così a lungo, cade male.

Si rialza imprecando, incurante di graffi e contusioni.

Mentre gli occhi si abituano alla debole fosforescenza del muschio che copre quasi interamente le pareti ha gia estratto spada e pugnale. Esplora con attenzione le pareti, l’unica apertura è quella da cui è venuto, troppo ripido e largo il budello per tentare di risalirlo, se non come ultima possibilità.

Si guarda intorno, tasta le pareti, cerca di forzarle. Dopo un po’ si accorge che in alto la fluorescenza del muschio si interrompe con una linea quasi uniforme. È un’altezza di quasi quattro metri ma il barbaro è alto e forte. Rinfodera la spada, prende il pugnale fra i denti, sale sull’imboccatura del budello e salta. È un salto imponente e supera abbondantemente il bordo. Il barbaro si afferra e si solleva velocemente, poi rotola sul pavimento, ancor prima di rialzarsi ha il pugnale in mano. Per lui è una fortuna perché non si è ancora rialzato che viene caricato da qualcosa di puzzolente e viscido.

Il barbaro non può vedere bene di cosa si tratta, li la luce è ancora più fioca che nella sala inferiore ma non perde tempo a porsi domande, asseconda la spinta del suo avversario e lo scaraventa di sotto.

Un attimo dopo è in piedi con la spada in mano e si guarda attorno circospetto. Un silenzio di tomba. Chiunque o qualunque cosa l’ha attaccato non è sopravvissuto alla caduta. Davanti al barbaro ci sono le buie aperture di due corridoi.

Avanza senza esitazione verso quello di destra. –Uno vale l’altro. Penserà, ed in fondo ha ragione.

L’imboccatura è nera, non una luce, nulla. Avanza lentamente, il pugno sinistro a sfiorare la parete, la spada alzata.

Non molto più avanti la sua mano si scontra con un oggetto metallico. La tasta, vi è infisso un palo di legno resinoso. Lo prende e torna nella sala più grande. Stacca del muschio dalle pareti e prova ad accenderlo con la pietra focaia. Inaspettatamente brucia bene. Prova ad usare quel debole fuocherello per accendere la torcia e, a malapena, vi riesce. Non un sorriso di soddisfazione, apparentemente nessuna emozione attraversa il suo volto. Non considera essenziale questa piccola vittoria. Ora però ha la luce. Riparte lungo il corridoio, più veloce ma non meno guardingo.

Il barbaro si inoltra per il corridoio con falsa baldanza, improvvisamente trova un altro bivio. Prende ancora la destra, apparentemente senza emozione, ma la spada trema visibilmente nella sua mano.

Un urlo, il barbaro si gira con prontezza ed affonda la spada. La creatura che gli si è avventata addosso, malgrado la lama infissa nel ventre, non si ferma e lo trascina per terra. I due si avvinghiano nella lotta. Si sente il rumore di un collo spezzato. Per un attimo nulla si muove, solo un ansimare convulso.

Poi il barbaro si alza, qualche ecchimosi qua e là. Appoggia il piede sul ventre della creatura ed estrae la spada. Ora è più sicuro, si è misurato col suo nemico e ha vinto. Il pericolo si annida ancora nell’ombra, ma ora è un pericolo materiale, concreto, comprensibile malgrado il suo aspetto terribile.

Ricomincia ad avanzare con passo più spedito. Non sa ancora cosa lo aspetta alla fine della sua marcia ma ora confida di poterlo affrontare. Ad un certo punto sente una pietra cedere sotto il suo piede.

In un attimo è gia pronto a scattare, con una capriola rotola in avanti evitando tutti i massi che cadono dove si trovava solo un istante prima.

Ma la galleria alle sue spalle è ostruita. Raccoglie ciò che resta della sua torcia, una brace che sarà difficile riaccendere, e avanza a tentoni. Poco dopo va a sbattere contro un muro. Tasta tutta la superficie alla ricerca di un’apertura. La tasta ancora, con cura, inciampa in qualcosa, si china.

Con orrore tocca delle ossa, ormai quasi completamente spolpate. Arretra con un moto di disgusto, presto dominato.

Prova la resistenza del muro davanti a lui, poi vi si avventa con tutta la sua massa. L’effetto che sortisce è nullo, si allontana e riprova più e più volte. Poi si calma, capisce che se prevale il suo lato bestiale non ha alcuna speranza di uscire. Raduna tutte le ossa e gli stracci disposti li intorno, caccia dentro l’ormai inservibile tizzone ed inizia a soffiare con pazienza. Gli stracci, ormai resi secchi dal tempo, iniziano a produrre un fumo denso ed oleoso, poi iniziano a spuntare le prime fiammelle. Il fuoco brucia alto e c’è abbastanza luce da riuscire a vedere dettagliatamene. Ma brucia velocemente ed il tempo è poco.

Malgrado ciò il barbaro osserva il muro con attenzione, tastando in vari punti e cercando correnti d’aria. In questo modo non fa molta difficoltà a trovare la porta.

Cosa diversa è il meccanismo di apertura. Il fuoco si sta ormai spegnendo e la luce è bassa quando trova una pietra instabile. La sposta e dietro c’è una leva. La muove. La porta si apre, senza rumore.

Esita, di fronte a questo fenomeno inquietante e guarda lo spazio che gli si è aperto davanti.

Davanti a lui un lungo, luminoso corridoio. Alle pareti arazzi illuminati da torce e bracieri e lampadari sul soffitto.

Dopo le gallerie buie in cui si è ritrovato, la luminosità del corridoio è sicuramente abbagliante, come abbagliante è la prospettiva di un’uscita, più facile da trovare qui che nei tunnel infestati da quelle orribili creature. Quanto tempo occorre per collegare le due cose e capire che chiunque abiti in queste stanze, abita sopra quelle creature e non può non essere a conoscenza della loro presenza? Ne è, anzi, probabilmente, il responsabile.

Fatto sta che quando il ragno saltatore attacca il barbaro è pronto. Il suo primo fendente taglia il pungiglione. Dopo di che la lotta è impari. Il ragno carica l’uomo con tutta la sua massa e la sua velocità. Ma l’animale è abituato al vantaggio del veleno e l’uomo è armato e addestrato, non c’è mai stato alcun dubbio sull’esito dello scontro. Il barbaro estrae la lama dal corpo senza vita del ragno e continua la sua marcia.

Si sente ormai sicuro, passa di stanza in stanza, prendendosi anche il lusso di fermarsi ogni tanto a prendere qualche oggetto di valore facile da trasportare, ma non per questo diventa meno guardingo.

È più o meno in questo stato d’animo quando giunge alla sua destinazione, quando entra in una stanza meno illuminata delle altre. La sala è molto ampia e l’unica luce viene da un gran numero di bracieri dai quali salgono fumi odorosi.

Mentre il barbaro cerca di capire le quattro creature che stazionavano vicino alla porta gli si avventano contro. Muove la spada con destrezza mentre cerca di guadagnare una posizione di vantaggio, ma le creature non sentono il dolore ne temono la morte. Il primo cade, con la testa recisa e continua ad abbrancare per alcuni attimi. Il barbaro inciampa, gli altri tre gli sono addosso. Un fendente ben assestato ne abbatte un secondo ma il terzo riesce a dare un’artigliata che colpire il barbaro.

Grugnisce ed affonda la spada nel ventre del mostro, ma il corpo, cadendo, glie la strappa di mano. Uh altro gli si avvinghia e cerca di rotolare con lui fuori della porta ma il barbaro si divincola e gli rompe il cranio con un colpo ben assestato. Si rialza dolorante e si avvia verso la spada.

Ora, con più calma, può analizzare la stanza. In fondo, davanti ad una specie di altare, c’è una figura piccola, rannicchiata, paludata di ricche e ampie vesti e non di stracci come i mostri. Ed oltre l’altare un ampio portale, socchiuso, attraverso il quale si vede filtrare una luce che potrebbe anche essere quella del sole. Un brivido freddo percorre la schiena del barbaro ma contemporaneamente si sente rinfrancato dalla luce solare.

Dopo aver affrontato con successo e vinto quattro avversari contemporaneamente non si farà di certo intimorire da un ammasso d’ossa della metà, si e no, del suo peso. Più che altro è intimorito dallo strano altare. Sempre meglio non scherzare con gli dei, neppure con quelli altrui.

Comunque avanza sicuro, la spada alzata, pronta a colpire.

Quando mi giro ed incontra i miei occhi rimane di sasso. Il mio pasto è veloce, dopo aver esaurito la sua energia psichica tutto ciò che resta è una figura contorta, i cui vestiti si ridurranno presto a stracci. Si allontana barcollante. Mi resta da assaporare il sapore amaro della sua morte, delizioso ma poco nutriente, quando sarà ucciso dalla mia prossima preda, speriamo umana.