Kl’rt

parte tre di quattro

 

di

Giuseppe Felici rossointoccabile

 

 

Tutto il mio lavoro è rivolto contro coloro che sono intenti, per stupidità o per programma, a far saltare in aria il pianeta o a renderlo inabitabile.

William Seward Burroughs (1914–1997).

 

 

Satriani.

L’ufficio del comandante supremo dell’esercito imperiale è, al contrario delle stanze dell’imperatore, quanto di più spartano e semplice possibile.

Gli unici due “ammennicoli” che turbano le linee dritte di ogni oggetto sono due macchine che si trovano sulla scrivania.

La prima, i cui quadranti fervono di attività, ha il semplice scopo di monitorare la presenza di microspie (in una civiltà tecnologica di oltre un milione di anni “micro” è un termine che può assumere significati inquietanti).

Impedisce inoltre ai microfoni direzionali di percepire alcunché.

L’altro è spento.

È difficile capire la funzione di un macchinario spento, soprattutto se i comandi non riportano alcuna simbologia.

Kalimari allunga una mano verso un piccolo pulsante, un po’ discosto dal quadro comandi.

La macchina entra in funzione e una delle stampe appesa al muro, una rappresentazione tridimensionale del sistema di Satriani, cade a terra, si contorce come se fosse un liquido e riassume la sua forma.

Il travestimento è caduto, il suo avversario ha la conferma della sua presenza.

La sua prima mossa, ovviamente, è di privare l’avversario dell’arma.

La pistola che Kalimari stringeva in mano vola attraverso la stanza, colpita da un arto elastico.

Questo fa sfrigolare pericolosamente il suo contro-interferometro.

Il secondo colpo, ben assestato, manda in frantumi sia la macchina che neutralizza le trasformazioni che il suo apparecchio ormai inutilizzabile.

Kalimari lo colpisce in volto, si riprende subito solo per ritrovarsi contro la terribile Cosa dei Fantastici 4.

Esita per un secondo ma invece che schivare il colpo si muta in un Fomalhauti.

Il pugno, di gran lunga meno potente di quanto la forma faccia presupporre, lo proietta verso la parete, dove si raccoglie.

Cade sul pavimento e si rigira, afferrando la pistola di Kalimari.

Tardi, il generale è sparito.

Una vibrazione alla scrivania e prima che la raffica energetica l’incenerisca un getto di protoplasma schizza fuori dal cassetto, stringendo un’arma che colpisce con un raggio accecante il luogo in cui si trovava Hokkor fino ad un attimo prima.

Il mutaforma (ma che dico, in questa storia sono tutti mutaforma) insomma Hokkor si allunga schivando il colpo, perdendo la pistola, ma tira un pugnale contro il generale.

Un’arma da taglio così piccola non è un problema reale per uno skrull.

Kalimari poi è un soldato addestrato ed anni ed anni passati lontano dal fronte non hanno minato la sua capacità di sopravvivere.

Infatti non rimane traccia apparente della ferita, non una sola goccia di sangue versato, neppure attaccato alla lama.

Non era questo, del resto lo scopo del colpo, ma il generale schiva, all’ultimo momento, anche il maglio in cui si è trasformato il pugno del suo avversario.

Perde, però, la pistola.

In men che non si dica una colossale mantide, vagamente antropomorfa, avventa le sue pinze sul corpo di Hokkor che, saltato via su gambe da cavalletta, si attacca al tetto della sala e, trasformato in una specie di grosso uccello da combattimento, con rostro da rapace e quattro arti artigliati, si lancia contro la mantide. Ad attenderlo c’è un enorme gorilla  che schiva gli artigli e colpisce Hokkor con un pugno terribile sulla schiena.

L’uccello si abbatte a terra senza alcuna eleganza, ma è un drago corazzato quello che rimbalza addosso al generale colpendolo al volto con la coda.

La testa di Kalimari sembra sfasciarsi mentre usa le sue capacità per accompagnare il colpo, poi si trasforma in una specie di Yeti per squarciare la gola del suo avversario.

Hokkor, per difendersi, perde ogni forma, assumendo un aspetto protoplasmico.

Lo scontro passa ad un altro livello. Due masse informi, apparentemente composte da protoplasma e filamenti si avvinghiano, qua e la spuntano artigli, pinze, lame ossee ecc, ma tutto si svolge così velocemente da non poter essere seguito che da uno skrull esperto.

Le due forme si avvinghiano, indistinguibili.

La battaglia prosegue, apparentemente alla pari. Le due creature distruggono tutto quello che le circonda fino a quando, nell’ufficio devastato, con la porta che diventa sempre più incandescente per il tentativo delle guardie, richiamate dal gran fracasso, di entrare, uno dei filamenti non recupera la pistola e spara sull’avversario una lunga raffica incandescente.

Quando i soldati riescono a penetrare nell’ufficio, Kalimari sta già ricomponendo la sua forma base. La pistola fumante in mano.

 

Satriani. Capitale dell’Impero skrull. Una delle tante.

R’dall consegna il pacco. Aggirarsi per le strade di una città fortemente sorvegliata con un carico pericoloso, imbarazzante, è più semplice di quanto si creda, per una spia ben addestrata. L’ordine è prevedibile. Rassicurante ma non sicuro.

Per quanto militarizzata possa essere una cultura, un’enorme quantità di funzioni sociali continuano ad essere necessarie e per quanto evoluta possa essere la gestione degli scarti può rappresentare un problema logistico di prima grandezza.

Il furgone della monnezza parcheggiato nel vicolo svia i sospetti.

Il fatto che la telecamera visibile (e alcune invisibili) puntano su di lui rimandando un vicolo vuoto serve a non attirare l’attenzione.

R’dall passa nella parte posteriore del veicolo, quella che solo un’attenta e professionale perquisizione può individuare.

Resta ancora solo per pochi istanti poi assiste ad un fenomeno che nessuno, su quel pianeta, ha visto da milioni di anni.

C’è come un raschiare di unghie sulla lavagna che non è un rumore. Una linea sottile si disegna nell’aria a va sempre più allargandosi fino a formare come il disegno di un grosso rettile antropomorfo col grosso muso zannuto, avvolto in una specie di saio. La figura bidimensionale acquista poi una tridimensionalità.

Ker N’lrt inizia subito a lavorare sul carico.

 

I complotti si fanno al bar

Arrivano separati, con fare quasi sospetto.

I loro ospiti sono seduti, rilassati davanti a due bicchieri di liquido ambrato e schiumoso, leggermente torbido.

Colui che chiameremo semplicemente Hydra, almeno fino a quando non ci servirà il suo nome, ha un sussulto quando riconosce i due.

Una cosa è sapere, una verificare.[1]

Siedono e si viene subito al sodo.

- L’imperatore Karza è pazzo. Non lo dico perché è un sanguinario, né perché aspira a un trono che potrei rivendicare anche io. È un pazzo perché pensa di ricostruire un cubo cosmico per fondare il suo potere sull’impero e sull’universo.

L’informazione è certa, ne siamo venuti in possesso mentre cercavamo un modo per neutralizzarlo, mettendo fine a questa orrenda guerra che insanguina il nostro spazio e questa conoscenza ci ha costretti a modificare le nostre priorità.

Il cubo è un uovo, serve ad incubare un’entità cosmica.

Già una volta un imperatore ne usò uno ed il processo di trasformazione dell’entità si rivelò disastroso. Il rischio è troppo grande e quella tecnologia venne bandita.

Stiamo mettendo assieme un commando per distruggere l’istallazione in cui si trova il pre-cubo. È essenziale agire con prontezza. Voi due siete gli ultimi ad arrivare. Siamo pronti e passeremo all’azione quanto prima.

 

Macabro intermezzo nella reggia di Satriani.

Kl’rt entra nella sala del trono trasportando, sostenuta da un campo di forza, una cassa lunga e stretta.

Si ferma alla distanza prevista dal protocollo e si inginocchia a terra, un solo ginocchio poggiato, la testa leggermente abbassata.

Ostenta sicurezza (uno skrull dell’elite ostenta sempre sicurezza se vuole restare vivo) ma l’ostentazione è più evidente del solito.

- Il tuo ordine è stato eseguito, mio signore. –

Il coperchio della bara diviene invisibile, mostrando all’interno un cadavere, quasi certamente femminile, semi-carbonizzato.

Kl’rt finge di non notare il moto di ripulsa, del resto quasi perfettamente celato, dell’imperatore.

Non intende certo morire per una soddisfazione così insignificante.

- Molto bene. Siamo soddisfatti. Lascia qui il carico per le necessarie verifiche. -

È stato Karza a parlare, segno evidente della sua progressione sociale.

 

Un ufficio non molto lontano.

C’è un lieve sfarfallio sullo schermo, segno evidente della difficoltà di collegamento. In questo caso, i personaggi possono solo ipotizzarlo, ma l’autore onnisciente non può in alcun modo non saperlo, una tempesta iperspaziale che non solo la fisica umana ma anche quella skrull non è in grado di spiegare, disturba il segnale.

Il volto di Craddock, dalle abissali distanze del cosmo, compare sullo schermo. Nulla fa trasparire in alcun modo la sua sorpresa quando si trova davanti il comandante supremo invece che il solito ufficiale di collegamento.

Il generale ascolta pazientemente il rapporto, poi inizia a parlare.

- Voglio raccontarti la storia di un generale terrestre.

Germanico, questo era il suo nome, era un uomo di nobili origini. Generale brillante, fu adottato formalmente dal suo imperatore.

Dicono che quell’atto fosse di per se una designazione per la successione, presso le famiglie di quel paese. Di certo un riconoscimento d stima.

In ogni caso, geniale generale, cercò di ampliare i confini dell’impero oltre il limite stabilito dal precedente imperatore. Il tentativo, malgrado molte battaglie vinte e una buona strategia non andò a buon fine. Secondo alcuni per limiti oggettivi. Secondo altri perché l’imperatore, intimorito dai crescenti successi del figlio adottivo, lo richiamò troppo presto.

Fatto sta che dopo pochi anni lo incaricò di un’importante missione diplomatica lungo un confine altrettanto delicato.

Era accompagnato da un anziano senatore (i senatori erano degli influenti uomini di potere, ma tu sei stato sulla Terra, dovresti saperlo), un po’ troppo grasso e sciocco, forse, per quella missione. Forse no.

Il generale condusse brillantemente quella campagna diplomatica.

Ad un certo punto altre esigenze lo condussero nella provincia vicina. Al suo ritorno trovò che il senatore aveva contravvenuto ai suoi ordini, modificando o revocando, in tutto o in parte, i trattati stipulati dal generale.

Ne seguì un feroce scontro in seguito al quale il senatore fu rimandato nella capitale.

Ma il generale non poté godere a lungo del successo poiché cadde malato e in breve tempo morì. Secondo alcuni avvelenato per mano o per ordine del senatore.

Una parte pensa ancora che dietro tutto questo vi fosse la mano dell’imperatore.

Nessuno riuscì a scoprirlo, perché, tratto in arresto, il senatore preferì suicidarsi piuttosto che andare in giudizio. Cosa che peraltro era sua prerogativa. -

- Storia interessante, signore. Ma non ne capisco la morale. –

- Forse non c’è. Tieni gli occhi aperti e riferisci a me di ogni cosa che senti in giro. -

 

Un piccolo e lussuosissimo separé in un casinò spaziale fra i più rinomati (o malfamati, tutto è relativo)

Il posacenere di vetro poggiato sul tavolo è pieno di cenere e cicche, quasi tutte spente dopo essere state fumate il più a lungo possibile.

Accanto ci sono un portasigarette, aperto, pieno di sigarette, arrotolate rigorosamente a mano e un bicchiere, a base quadrata, con dentro due dita di whiskey, liscio, chiaramente non toccato.

La donna arriva con una puntualità ineccepibile, come del resto ci si potrebbe aspettare da lei.

Il volto celato da un cappuccio (cosa che tra gli skrull è più che altro ostentazione di segretezza, non che una necessità) è quello di una nota attrice terrestre famosa per la sua scarsa trattabilità.

Alza appena lo sguardo sul suo ospite: la bassa statura, i capelli imbrillantinati, la sigaretta accesa stretta tra le dita, la sciarpa bianca sull’abito dal taglio ineccepibile.

- Non credo abbiamo mai fatto film insieme. –

- La mia intenzione, quando ho scelto questa forma, non era di fare una battuta, volontaria o involontaria. I volti di attori terrestri di quel periodo sono il modo più semplice per non essere notati qui, particolarmente quelli molto famosi.

Ho visto almeno una quindicina di Greta Garbo, da quando sono entrata. -

- Dovrò fare dei corsi alla vigilanza in modo che non entrino troppi doppioni. Cosa prendi? –

- Mi trovi poco formata. Ricordo solo una battuta che fece una volta Norrin. Vodka Martini, agitato, non shakerato. Ma non so se è veramente una cosa che si può bere. Era una battuta sullo spionaggio. –

- Silver Surfer che fa una battuta? Se esistesse il filmato potrei rivenderlo ai collezionisti di oggetti improbabili per una cifra notevole. –

- Non so neppure se è mai esistito un filmato. In ogni caso adesso non sono nelle condizioni di recuperarlo. Se ci riesci tienilo pure, io sono qui per altro. -

Mentre arriva il cocktail Donahue spinge sul tavolo un cristallo di memoria.

- Qui c’è la mia conversazione con il nostro amato generale. Non mi ha dato molta soddisfazione ma si è tenuto un po’ troppo sopra le righe. Non credo farà danni usarla. Giudica tu. –

- Gli darò un’occhiata. Magari qualche frammento da montare, se il filmato non è utilizzabile in toto.

Altrimenti faremo un nuovo tentativo. Qualcosa mi dice che questa volta andrà meglio. -

- Si, ho sentito anche io voci in proposito –

- Le storie girano e nel girare assumono forme inaspettate. Non sono propensa a credere a tutto ciò che sento senza prima verificare. –

Detto ciò la donna afferra il cristallo, si alza ed esce senza neppure sfiorare il vodka martini.

 

Un altro mondo. Una strada nella quale finisce l’ultima azione della scena precedente.

De’lila si appresta a partire. Si è equipaggiata con una tuta potenziata, dello stesso tipo di quella inutilmente utilizzata dalla sua ultima padrona. La tuta si è rivelata insufficiente a fronteggiare il super-skrull ma al momento non dispongono di nulla di più potente e difficilmente potrebbero progettare qualcosa di più versatile.

Ha aggiunto, quindi, una serie di armi leggere e un potenziatore psichico, un prototipo di gran lunga più potente (e più pericoloso) di ciò che si trova normalmente negli arsenali.

Ma la sua è una questione di principio. Hanno ucciso una donna che solo pochi giorni dopo sarebbe passata sotto la sua protezione. Vendicarla è essenziale per rifarsi un nome sul mercato.

E vendicarla è un compito che merita qualche rischio.

In quel momento entra nella stanza una famosa attrice terrestre, morta da tempo. De’lila non è a conoscenza di quest’ultimo particolare.

Non sa, per la verità, neppure che è una famosa attrice terrestre.

Quello che sa è che un’umana non sarebbe riuscita a superare il servizio di guardia se non fosse la maschera di qualcuno di loro e che in ogni caso, armata per affrontare il super-skrull non deve temere intrusioni di sorta.

L’attrice getta un cristallo di memoria a De’lila.

- La tua vendetta dovrà aspettare. Dai un’occhiata a questo e tieniti pronta all’azione per domani notte. -

De’lila fa per accennare una protesta mentre Greta Garbo si siede con calma ostentata sull’unico divanetto della stanza.

Poi si rassegna ad inserire il cristallo nel lettore.

 

Vicoli. Non avevamo ancora visto vicoli.

Corre. Non da segni di guardarsi alle spalle, ma di tanto in tanto un occhio supplementare si apre per alcuni secondi sotto il pelo.

Non è un cane, un cane attirerebbe troppo l’attenzione su quel pianeta sul bordo della galassia di Andromeda, ma occupa la stessa nicchia ecologica. Un mediocre bastardino pulcioso, col pelo lungo scompigliato e sporco per le troppe baruffe e con qualche costola in vista, segno di un’alimentazione tutt’altro che soddisfacente.

Malgrado il pericolo è fiero del travestimento.

I terrestri hanno coniato un modo di dire che gli si addice alla perfezione: “matto come un cavallo”.

Mentre svolta nell’ennesimo vicolo stretto e lurido resiste a fatica alla tentazione di trasformarsi che il solo pensare a quel detto gli suscita.

Quando nota i tre skrull che lo attendono nel vicolo non ha un attimo di esitazione ed affonda uno dei due musi nel più vicino secchio della spazzatura mentre con l’altro tiene d’occhio gli intrusi, che non sembrano averlo notato, mentre si aggirano nel vicolo.

Disattivando i ricettori olfattivi e facendo solo finta di addentare i rivoltanti bocconi che vede davanti a se non deve far altro che aspettare che i suoi inseguitori, qualunque sia il modo in cui sono riusciti a precederlo, gli passino davanti e svoltino nel vicolo da cui proveniva lui.

*Non si sono neppure presi la briga di trasformarsi, vanno in giro come se stessi. Con che dilettanti mi sarei dovuto mettere?*

Riparte, appena è sicuro. Sgrufola il secchione successivo, tanto per sicurezza, poi fugge. Cerca di guadagnare vantaggio.

Prima o poi capiranno il loro errore. A quel punto potrebbero, addirittura, capire che il suo comportamento era sospetto.

Per quanto sia buono l’addestramento le creature vere hanno sempre qualche vantaggio nell’essere naturali.

Corre. Non può farne a meno. Il tempismo è la sua arma migliore.

Far finta del contrario sarebbe un suicidio. Un vero e proprio suicidio.

Giunge al luogo dell’appuntamento. Non c’è nessuno.

Non è un dato rilevante.

Passa un uccello (lo chiameremo così perché, malgrado tutto, un osservatore distratto, ma particolarmente distratto, così potrebbe definirlo), nugoli di “insetti” si aggirano tra l’immondizia (questa si simile e onnipresente in tutte le città) ma nulla si muove.

Due alieni (in realtà autoctoni, ma il nostro, malgrado tutto, è molto autocentrato) entrano nel vicolo.

Uno passa all’altro una bustina, ricevendone in cambio dei foglietti colorati.

La transazione è chiara, universalmente diffusa assieme ai sistemi di proibizione.

I due abbandonano il vicolo. Uno per volta. In uno dei bidoni più vicini si apre un occhio. Per un tempo minimo ma lui storce a bocca.

È un pazzo secondo quasi tutti i riferimenti della gran parte delle culture del gruppo locale, ma non è stupido e neppure un dilettante.

Conosce un buon numero di sistemi di rilevamento delle immagini che non richiedono superfici visibili.

Magari si tratta di mutazioni difficili da realizzare, ma nulla è veramente difficile quando si sta fermi.

Non sarà certo lui ad anticipare il codice di riconoscimento. Lascia il rischio al dilettante.

Il dilettante abbocca.

Per quanto ingenuo non sarà venuto da solo. Il nostro non si muove. Non è un oggetto fuori posto.

Il bidone diventa uno skrull. La divisa intonsa di un novellino.

Colui che continueremo a conoscere come Hydra si trasforma a sua volta.

In un altro skrull, non in se stesso.

Se il suo interlocutore fosse in qualche modo provvisto di una qualche forma di umorismo riderebbe accorgendosi che i tratti del volto sono ispirati ad un attore terrestre noto per aver fatto per lunghi anni il cattivo sfigato in film di arti marziali, prima di riuscire a prodursi da solo il mediocre telefilm in cui fa la parte del buono.

Ma il giovane agente dei servizi di sicurezza non ha un gran senso dell’umorismo né quel tanto di spirito d’osservazione da sopravvivere a lungo nella sua professione.

In più non è abbastanza formato nella cultura terrestre e non è mai stato sulla Terra.

Inoltre il tempo non è dalla sua parte.

Infatti te degli “insetti” che si aggiravano la attorno si trasformano.

Dezan, Raksor e Henkor sparano su di lui, su Hydra e su un pezzo di grondaia li vicino.

 



[1] C’è gente che metterebbe le mani dentro le ferite degli altri, prima di credere veramente che una cosa è successa.