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Sarah Passacantilli

Sarah Passacantilli

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Snoopy & Friends - Il film dei Peanuts, intervista all'Animation Supervisor Scott Carroll

Italian/English version

In occasione dell'uscita del film Snoopy & Friends - Il film dei Peanuts, abbiamo intervistato alla View Conference 2015 di Torino Scott Carroll, Animation Supervisor dei Blue Sky Studios, già famosissimi per la serie de L'era glaciale e per film live-action come Star Wars: Episode III - La Vendetta del Sith.

Domande a cura di Giorgio Parma e Sarah Passacantilli

Adattare un fumetto di culto come Peanuts di Charles Shulz di sicuro ha presentato sfide notevoli, soprattutto dal punto di vista della fedeltà. Come mai si è optato per la CG e non per una semplice animazione in 2D? Secondo lei, in generale, in cosa risulta migliore l'animazione in CG rispetto a quella più classica?

La famiglia Schulz ci ha contattati tempo fa - siamo principalmente uno studio di animazione 3D, e non saprei dire se hanno da sempre avuto l'idea di creare un film sui Peanuts in 3D, non perché ci sia qualcosa di male nell'animazione tradizionale, che comunque adoro. Credo cercassero soltanto di dare ai Peanuts un look più fresco ed originale per le nuove generazioni.
Ad ogni modo, amo tantissimo l'animazione in 2D. Però, per qualche motivo, credo che al momento quella in 3D sia la "novità", anche se ormai è un mezzo usato da diversi anni e non è più cosa davvero nuova. Personalmente, credo che il problema principale sia avere una buona storia, che è la cosa più importante, e che poi la si possa raccontare in ogni modo: in stop-motion, in 2D, in 3D e così via, e funzionerà sempre. Comunque penso che la ragione per cui la maggior parte dei film di animazione siano in 3D oggi è che questo mezzo sembra essere associato con un maggior profitto, ma dubito che sia il caso dei Peanuts dal momento che si parte già con una storia vincente.

Conoscevi già in maniera approfondita le strisce dei Peanuts prima di adattarle sul grande schermo? Hai riscoperto aspetti dell'opera che prima non avevi captato?

Sì, avevo già letto le strisce di Schulz ma ho approfondito guardando lo show televisivo, poi ne sono diventato un fan ancora più accanito facendo tutte le dovute ricerche per il film. Ciò che mi piace molto è questa scoperta continua: ad esempio la famiglia Schulz ci ha mostrato del materiale di Charles durante la lavorazione del film, e questo ci ha permesso di scavare ancora di più nelle diverse personalità dei personaggi, per cui per dirne una, è stato fantastico poter "conoscere meglio" Charlie Brown.

Quali sono le principali differenze tra lavorare nel settore dell'animazione per film live-action, come lei ha fatto su Van Helsing e su Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith, e invece lavorare su un film totalmente animato?

La differenza principale con i film live-action è che questi vengono prima girati e poi bisogna lavorare con il team di effetti speciali; invece, per quel che riguarda i film animati, questi sono generati al 100% da noi dello studio di animazione. Dal punto di vista degli animatori, abbiamo maggiore libertà nel secondo caso perché non siamo costretti a lavorare su scene già filmate, quindi abbiamo la libertà di fare tutti i cambiamenti che sentiamo siano giusti per la storia e per i personaggi.

Qual è il suo personaggio preferito di Peanuts?

Come Animation Supervisor di tutto il film ho supervisionato tutti i personaggi, ma direi che il mio personaggio preferito è Charlie Brown, innanzitutto per ciò che rappresenta: mi ci identifico, mi piace il modo in cui viene sempre buttato giù e puntualmente si rialza, e mi piace il modo in cui tratta tutti gli altri personaggi come amici. È semplicemente una brava persona.

Può parlarci brevemente del suo nuovo progetto, la realizzazione di Ferdinand? Quale sarà l'approccio adottato?

Non posso ancora dire nulla su Ferdinand, perché credo che molto presto uscirà qualche informazione a riguardo, per cui al momento non ho libertà di parlarne.

English version

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In occasion of the release of Peanuts - The movie in Italy, we have interviewed at the View Conference 2015 in Turin Scott Carroll, Animation Supervisor for the Blue Sky Studios, already well known for the Ice Age series and for live-action movies like Star Wars: Episode III - Revenge of the Sith.

Adapting Charles Schulz's iconic comic book Peanuts has surely presented major challenges, especially when it comes to stay faithful to its story and style. Why did you opt for a CG animation instead of a 2D animation? Generally speaking, why is CG animation better than the traditional one in your opinion?

The Schulz family came to us - we are primarily a 3D animation studio, so I don't know if they always had this vision about Peanuts as a 3D movie, not because there's anything wrong with 2D, which I certainly  love. I think they were just looking to give Peanuts a new look for the new audience for 2015.
However, I really love traditional animation. For whatever reason, I think 3D animation right now is "what's new", although it's been around for few years now and it isn't really that new anymore. Personally anyway I think that as long as you have a good story, which is the most important thing, you can tell it any way you like, in stop motion, or traditional animation, and so on, and it will work. I think the reason why most things are 3D these days is that for whatever reason it seems to be associated with being more profitable, but I don't think that's here the case, given such a good story.

Did you already know the Peanuts strips in depth before you adapted them for the big screen? Have you found, while working on the movie, some aspects of Schulz's work that you had not noticed before?

Yes, I had already read them in the paper but I became much more intimately familiar with them once on the show, so I became an even bigger fan while doing all the research for this film. I would say what's really a cool thing is this discovery: all of the Schulz family has talked about this and showed us some material from Charles Schulz - it was really interesting to dive in more deeply in all the different personalities of all the other characters, so it was exciting just getting to know Charlie Brown for example. That's what I enjoyed about it.

Can you tell us the differences between working for live-action movies, as you did for Van Helsing and for Star Wars: Episode III - Revenge of the Sith, and a fully animated movie?

One of the big differences with the live action film is that you shoot the live action first and then you have to work with the live action crew that creates the visual effects; instead, on animated movies, it is 100% generated by you, the animation studios. From the animators' perspective, there's more freedom there, because we are not tied down to previously shot live action, so you have the kind of freedom to do whatever you feel is right for the story and for the characters.

What's your favourite character on the movie?

I was the Animation Supervisor for the whole film, so I supervised all the characters, but I'd say my favorite character was Charlie Brown, mainly because of just who he is as a character: I can relate with him, I really like how he gets knocked down time after time, and he keeps getting back up, and really how he treats everybody as a friend. He's just a good human being.

Can you briefly tell us about your new project, Ferdinand? Which will be the approach you are going to use?

I can't really say anything about Ferdinand yet, because I think something will come out in the near future, so unfortunately I don't have the liberty to say much right now.

Il Piccolo Principe: intervista al regista Mark Osborne - View Conference 2015

Italian/English version

La seconda giornata della XVI edizione della View Conference di Torino è stata inaugurata dalla presentazione dell'ultimo, maestoso lavoro di Mark Osborne, che insieme al suo team ha creato un adattamento unico di un'icona nella letteratura francese, Il Piccolo Principe, nelle sale italiane dal 1° gennaio 2016. Già due volte candidato Oscar per la co-regia di Kung-Fu Panda nel 2008 e per quella del cortometraggio More del 1999, Osborne ci ha guidati, previa introduzione di Maria Elena Gutierrez, la direttrice dell'evento, nell'emozionantissimo universo di Antoine de Saint-Exupéry, dove il sogno ad occhi aperti e l'immaginario dell'autore si sposano con una storia moderna ed emblematica della sua visione del libro.
 
La sua prima copia gli è stata regalata da quella che oggi è sua moglie, quando, un paio di decadi fa, stava ancora cercando la sua strada come artista. Il libro, afferma Osborne, gli ha dato un input molto importante per entrare in contatto con il suo io più fanciullesco e autentico.

La delicatezza malinconica del trailer, resa ancora più intensa grazie alle musiche di Hans Zimmer e Richard Harvey, traspira anche attraverso le diverse tecniche di animazione utilizzate per il film, la CGI e la stop motion (perché, "con media diversi, si possono esprimere stati d'animo diversi"). Così Osborne ha commentato il suo lavoro: "'Mamma perché piangi?' Questa è la domanda che i bambini generalmente pongono al genitore che si emoziona dopo aver raccontato loro una fiaba. È la stessa situazione che mi piacerebbe si ricreasse con Il Piccolo Principe, un film per tutti, non solo per bambini. Gli adulti ritroveranno il proprio io, ed il via per una conversazione intima e transgenerazionale con i propri figli."

Alla fine del suo discorso, abbiamo avuto l'opportunità di intervistarlo.

Come è cominciato tutto - come ti sei trovato a lavorare su un film basato sul libro francese più tradotto al mondo?

Sono stato contattato dai produttori del film, Dimitri Rassam e Anton Soumache; si tratta di due produttori francesi che avevano questa particolare ambizione di creare un film molto importante basato sul libro de Il Piccolo Principe. Allora non sapevo che avevano già parlato con molti registi, e molti altri del settore che volevano trovare un modo "giusto" per dare alla luce questo film. Appena ne ho sentito parlare, ho detto di no, ma poi più ci ho pensato e più ho capito che in realtà erano molto determinati nel realizzare la loro idea, ed è stato allora che ho razionalizzato il modo in cui immaginavo potessimo creare un'esperienza cinematografica che lasciasse qualcosa in più rispetto al libro, che trasmettesse la sua energia e il modo in cui può cambiarti la vita. Dopo aver formulato diverse idee, le ho presentate ai produttori, che ne sono rimasti entusiasti perché era la prima volta che parlavano con qualcuno che osasse andare oltre i confini creati ed immaginati per il libro. È stata l'unica strada per me autentica per proteggere il libro e celebrarne la magia.

Ammiriamo molto il modo in cui hai reinventato la trama, mettendo qualcosa in più nel film rispetto alla semplice storia presente nel libro che, essendo così famoso e amato in tutto il mondo, poteva essere una grandissima tentazione. Per noi è incredibilmente originale. Come mai hai pensato a questa side story?

È stata più che altro una necessità; la side story, o "la storia più grande", come mi piace chiamarla, è nata dagli stessi elementi presenti nel libro, ed è stato un qualcosa che si è sviluppato col tempo in maniera naturale con l'aiuto dei miei scrittori, gli storyboard artists e gli altri visual artists che hanno lavorato sul film. È stato un processo autoevolutosi nel cercare di trovare la giusta cornice che potesse supportare il libro e proteggerlo. Volevo anche correre intenzionalmente dei rischi, perché credo che il libro sia un'opera d'arte unica e ho pensato che per rendergli giustizia dovevamo adottare questo tipo di approccio come a suo tempo fece l'autore. Quindi ci sono cose pensate per questo film "allargato" necessarie per ottenere un'esperienza cinematografica, e ciò è stato ispirato da molte diverse interpretazioni del libro e da emozioni abbastanza intime che ho condiviso con il mio team.

Siamo molto impressionati dal fatto che i film su cui lavori hanno sempre un cast stellare di attori che prestano le loro voci ai personaggi, come Dustin Hoffman, Lucy Liu e Angelina Jolie per Kung Fu Panda ad esempio, e Marion Cotillard, Jeff Bridges, Benicio del Toro e persino tuo figlio, Riley Osborne, nel ruolo del Piccolo Principe. Come scegli gli attori per il tipo di gestualità e flemma che immagini per i tuoi personaggi animati?

Non c'è un modo univoco per fare ciò; a volte le idee per il casting provengono da persone diverse. Infatti può essere l'idea di un produttore, come è successo per Dustin Hoffman nei panni di Shifu, che è stata un'idea di Jeffrey Katzenberg. Allora ci stavamo sforzando di trovare una voce per il Maestro Shifu e lui suggerì subito Dustin Hoffman, che è un attore geniale. È stata un'opportunità emozionante e straordinaria poter lavorare con lui per creare qualcosa. Ciò che adoro è che ha davvero voluto darci qualcosa di nuovo, e non qualcosa che già esistesse o che avesse già fatto. In quel caso sono stato estremamente fortunato perché creare un personaggio animato dal nulla è qualcosa di davvero importante. Anche Jack Black per Po è in parte Jack Black, ma è maggiormente un personaggio del tutto nuovo, perché è riuscito a creare qualcosa che è unico e singolare. Lo stesso è accaduto con Jeff Bridges. Ho chiesto a Jeff di aiutarci a creare questo personaggio. Personalmente, ho avuto difficoltà all'inizio a capire come doveva suonare la sua voce.  Uno dei miei sceneggiatori, Irena Brignull, a un certo punto ha detto "Per quel personaggio, immagino sempre Jeff Bridges". Da quel momento non sono riuscito a togliermelo dalla testa ed è diventata un'ossessione cercare di raggiungere Jeff e assicurarci che potesse essere sulla nostra stessa linea d'onda. Da quando è entrato nel team, ha fatto un lavoro incredibile nell'inventare un personaggio del tutto nuovo. Ho sempre avuto fortuna con tutti gli attori con cui ho lavorato su questo progetto. Rachel McAdams ha fatto un lavoro fenomenale nel dare un cuore al personaggio della madre, a darle umanità. C'è una fragilità meravigliosa nella sua voce, e ha creato qualcosa di unico - possiamo ridere di lei e relazionarci a lei nello stesso tempo.

English version


The second day of the XVI edition of Turin's View Conference has been opened by Mark Osborne's latest, majestic work. Together with his team, he has created a unique adaptation of an icon in French literature, The Little Prince, to be released in Italy next  January. Twice already an Oscar candidate for Kung Fu Panda's co-direction in 2008 and for the short movie More in 1999, Osborne has guided us, after an introduction by the director of the event Maria Elena Gutierrez, through the very emotional universe created by Antoine de Saint-Exupéry, where the imaginary of the author and a constant daydreaming feeling meet an incredible modern story, an emblem of Osborne's vision of the book.

The first copy of The Little Prince was gifted to him by his wife (it was her childhood copy)  when, a couple of decades ago, he was still looking for his direction as an artist. The book, says Osborne, gave him an important input to get in touch with his most authentic and child self.

The delicate melancholy of the trailer was made even more intense thanks to the music by Hans Zimmer and Richard Harvey; it also breathes through the different animation tecniques used for the movie, the CGI and the stop motion (because, "with different medias, you can express different states of mind"). This is how Osborne commented on the trailer: " 'Mom, why are you crying?' This is the question that children usually ask a parent when they get emotional after reading them a fairy tale. It is the same situation I wanted to recreate with The Little Prince, a movie for everyone and not just for children. Adults will find again their true self, for an intimate and transgenerational conversation with their kids."

At the end of his speech, we had the chance to interview him.

How did it all start - how did you end up working on a movie based on the most translated French-language book of all time?

I was approached by the producers, Dimitri Rassam and Anton Soumache; they were two French producers that had an ambition to make a big movie out of the book. I didn't know this at the time, but they had already talked to many different directors and many different people that were trying to find a way to make a movie. So, when I first heard about it, I said no, but then the more I thought about it, the more I realised that they were very serious about doing this, and that's when I created my idea of how I felt we could make a cinematic experience that was not just the book, but more about the power of the book and how it can affect your life. Once I came up with that, I pitched that back to the producers and they were very excited because they felt it was the first time they had spoken to anybody who dared to go outside the bounds of what the book created. To me that was the only way to really protect the book and celebrate its magic.

We appreciated how you dealt with the plot - you put something more in the movie rather than the plain story of the book, which, being so famous and loved, would have been a huge temptation. We found this really original. Why did you think of a side story and how did you come up with it?

It was really just a necessity, the side story or the larger story as I call it that surrounds the book is really born out of the elements of the book, and it was really just something that developed over time, with the help of my writers, the storyboard artists, the other visual artists that worked on the film, and it was really quite an evolved process of trying to find just the right frame that would support the book and protect the book. I wanted to take risks as well, I think the book is a fairly unique work of art and I thought that to really pay tribute to it we had also endevour to take risks like the book took. So there are things that we do in the larger film that make it a cinematic experience, and it was really just inspired by many different interpretations of the book and personal feelings of the book that I shared with my core team.

We are very impressed by the fact that the movies you work on always have a stellar cast of featured voices, like Dustin Hoffman, Lucy Liu and Angelina Jolie for Kung Fu Panda for instance, and Marion Cotillard, Jeff Bridges, Benicio Del Toro and also your son, Riley Osborne, in the role of The Little Prince himself. How do you pick actors for the kind of gestuality and phlegm you imagine for your animated characters?

It's different, there is no one way to do it; sometimes casting ideas come from different places, sometimes it's an idea from a producer - Dustin Hoffman, as Shifu, was actually an idea from Jeffrey Katzenberg. We were struggling to find a voice for Master Shifu and he suggested Dustin Hoffman, who is a genius, brilliant actor and so it was a really exciting, extraordinary  opportunity to work with him to create something. He really wanted to create something for us and not just give us something that already existed or that he had already done. In that case I've been extremely lucky because the process of creating a character in animation is so important. Even Jack Black for Po is partially Jack Black, but it's a brand new character. He came up with something that is very unique and very singular. The same with Jeff Bridges. I asked Jeff to help us create this character and have an idea for who this character is, and honestly I had a really hard time figuring out what he should sound like. It was one of my writers, Irena Brignull, who said: "I always picture Jeff Bridges". And once she said that, I couldn't get it out of my head and it became quite an obsession to try to get to Jeff and make sure he could understand what we were doing. Once Jeff entered the process, he did an incredible job in inventing a character and I think he's really special. I've had a lot of incredible luck with all the actors I've worked with on this project. Rachel McAdams did a really phenomenal job of bringing heart to this mother character, a real humanity to her. There's a really beautiful fragility to her voice and she brought that, she created something really unique, we can laugh at her but we can relate to her at the same time.

Big Hero 6: intervista ad Alessandro Jacomini, supervisore reparto illuminazione Disney Animation

In occasione della 15esima edizione della VIEW Conference, abbiamo intervistato Alessandro Jacomini, supervisore del reparto di illuminazione alla Disney Animation, che ha di recente completato il suo lavoro sul film d'animazione Big Hero 6, in uscita oggi al cinema.

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Big Hero 6, il 54esimo classico Disney, per molti versi rappresenta un film estremamente innovativo rispetto ad altre produzioni animate del passato, innanzitutto per l'utilizzo di un programma di rendering della Disney completamente nuovo, Hyperion. Com'è stato lavorare con questo nuovo programma, che innovazioni presenta nello specifico (ho sentito parlare di global illumination)? Puoi parlarcene nel dettaglio (in particolare per il glow, il traslucido, i tempi di rendering, etc)?
Dal punto di vista dell'innovazione l'uso di questo rendering è effettivamente stato un grosso conseguimento, non solo perché abbiamo abbracciato questa tecnologia della global illumination, ma perché è un rendering che abbiamo realizzato personalmente grazie ad un gruppo di software engineers della Disney, un gruppo estremamente talentuoso. Sostanzialmente, da quando c'è stata la proposta iniziale di realizzarlo, nel novembre 2011, a quando ha iniziato ad essere in produzione, sono passati diciotto mesi: quindi in tempo brevissimo sono riusciti a generare qualcosa di eccezionale. L'aver abbracciato questa tecnologia ci ha aiutati molto per tre aspetti: innanzitutto ha liberato gli artisti da una certa complessità che era presente nella gestione dei sistemi di illuminazione e nel data management, per cui ci ha dato più tempo per dedicarci all'aspetto artistico; dal punto di vista della qualità c'è stato un improvement perché ci siamo avvicinati a una resa realistica delle luci mantenendo al contempo vivissimi tutti gli aspetti di controllo e di resa stilistica che sono tipici dei film Disney, per cui siamo riusciti a realizzare sia delle immagini molto naturalistiche e realistiche per il film Big Hero 6, che delle immagini molto stilizzate e dal feel radicalmente diverso per il cortometraggio Feast, per cui è stato utilizzato proprio lo stesso rendering; infine è stato progettato per gestire complessità notevoli. Ogni film che facciamo diventa sempre più articolato e complicato, quindi avevamo bisogno di un sistema che ci permettesse di continuare in questa direzione. Questo film, in termini di complessità, può essere paragonato alla somma degli ultimi tre, per cui se prendiamo ad esempio Tangled e Frozen, li uniamo ed otteniamo la complessità di questo film, che è rappresentata da questi tre messi insieme. Certamente, in relazione alla gestione della laboriosità c'è stato anche un aumento dei tempi di produzione legato soprattutto alla compressione dello scheduling e alla gestione di un centro dati molto impegnativo, che comprende decine di migliaia di processori.

Dal trailer e da alcuni teaser non ho potuto fare a meno di notare l'accuratezza e la vivacità con cui è stata resa San Fransokyo, un mash-up tra San Francisco e Tokyo. Rispetto ad altri environment su cui hai lavorato, come il palazzo di ghiaccio di Frozen (per cui hai anche vinto il VES award), che sfide o differenze particolari hai riscontrato? È stato più complicato rendere San Fransokyo di giorno, in tutta la sua vivacità e giocosità (più per il fatto che fosse così animata e popolata) o di notte, con tutte le luci e l'atmosfera tipica di Tokyo?
È sempre difficile fare paragoni, perché ogni film ha il suo challenge, la sua sfida. Per quanto riguarda San Fransokyo, sicuramente la sfida da un punto di vista artistico è stata nel cercare di dare vita a qualcosa di realistico, e allo stesso tempo stilizzare e nel contempo creare un'organizzazione dell'immagine che fosse quella voluta dalla Art Direction e dai Production Designers del film; quindi, come modello stilistico abbiamo cercato di realizzare qualcosa di molto naturalistico prendendo però spunti anche da elementi che sono tipici di San Francisco e Tokyo. Ad esempio, l'atmosfera, la nebbia che si trova a San Francisco è qualcosa di localizzato, non è mai qualcosa che copre l'intera città. Per quanto riguarda le luci, soprattutto di notte, abbiamo notato facendo dello scouting e delle supervisioni notturne in quelle due città che ci sono dei colori molto definibili: c'è dell'arancione in molte aree di San Francisco che è legato ad alcuni tipi di luce caratteristici che si chiamano sodium paper, e alcuni colori che sono più sui toni del verde, tendenti al freddo, che sono legati ad altri tipi di luce che si chiamano mercury paper, che al contrario fanno parte della zona più industriale della città. Invece i quartieri più nuovi hanno luci al LED. Abbiamo quindi preso spunto da questi elementi e li abbiamo utilizzati per creare una palette visiva e per cercare di rappresentare al meglio le nostre immagini. La vera sfida è stata dunque impiegare degli elementi che sono propri di queste due metropoli e che possono essere riconoscibili a prima vista, e allo stesso tempo  organizzarli in maniera da rendere le immagini molto vicine a quello che stilisticamente era stato stabilito dalla direzione artistica.

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Qual è stata la tua scena preferita su cui lavorare?
Di scene preferite ne ho parecchie; per qualche motivo mi trovo sempre legato a quei momenti dei film che hanno il più alto contenuto di emotività. Basti pensare che le luci sono fondamentali non solo per rappresentare le ore diurne o notturne in un film, oppure l'ambientazione da un punto di vista strettamente fisico, ma soprattutto per definire il mood, lo stato emotivo dei personaggi e di una scena. Infatti cambia molto il tipo di illuminazione anche a seconda della recitazione dei protagonisti: basti pensare a Baymax, che da personaggio "nudo" ha un'illuminazione più morbida rispetto a quando indossa la sua corazza da supereroe. Ecco, quelle sono le parti che amo di più.

Hai altri progetti in cantiere? Puoi parlarcene?
Sì, sto già lavorando come direttore della fotografia ad un cortometraggio che è un progetto estremamente intrigante ed ambizioso perché è su Frozen: si chiamerà Frozen Fever ed ha alle spalle il team creativo e produttivo del film che lo precede, per cui ci sono anche gli stessi registi, Chris Buck e Jennifer Lee, lo stesso produttore, Peter Del Vecho, e lo stesso team di musiche e lyricses.  È un piccolo progetto, ma  estremamente intrigante e sono contentissimo di farne parte.

Intervista a Patrick Osborne, regista di Feast, il corto che apre Big Hero 6

Alla View Conference 2014 di Torino abbiamo avuto l'opportunità di intervistare Patrick Osborne, regista di Feast il corto che verrà proiettato prima di Big Hero 6, il nuovo classico Disney dal prossimo 18 dicembre al cinema.

Italian/English version
Intervista a cura di Sarah Passacantilli con la collaborazione di Gennaro Costanzo

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Salve Patrick, benvenuto su Comicus. Sei il regista del nuovo corto Disney Feast, che verrà proiettato prima di Big Hero 6. La trama è quella di una storia d'amore di un uomo vista attraverso gli occhi di un cane. Puoi parlarcene, come è nata l'idea?
Ho creato una compilation di immagini basata sull'idea di 1 second every day, in cui puoi inserire un secondo di ogni giorno della tua vita in un video. La mia compilation in particolare riguardava solo immagini delle cene che ho consumato durante ogni giorno del 2012. C'è qualcosa di affascinante sul rituale della cena, sul riunire le persone, e mi piaceva molto l'idea di poter raccontare una storia attraverso dei pasti, come quelli che consumi quando sei single, o quando sei al tuo primo appuntamento con qualcuno e cerchi di far colpo, o quando hai una famiglia, dei figli. È iniziato tutto da questa idea, e il Boston Terrier è subentrato quando abbiamo cercato di inserire un personaggio che potesse fare da filo conduttore alla storia, che fosse presente tutto il tempo e potesse seguire le performances di tutti gli altri personaggi.

Con quela tecnica è stato realizzato?
Ero il capo dell'animazione per Paperman, e sono stato uno degli inventori del software che abbiamo usato per quel corto. Perciò, quando ho avuto la possibilità di creare un mio cortometraggio, ho cercato di fare qualcosa di simile ma di più elaborato. Infatti Feast è comunque fatto in CG, interamente creato al computer, ma è artigianale, disegnato a mano. Lo considero una sorta di ibrido tra il 2D e il 3D.

È lo stesso software usato per Big Hero 6, Hyperion?
Esatto, è quello. Si tratta sia del software usato per Paperman che del nuovo Hyperion, che però abbiamo utlizzato più per rendere i colori. Infatti Hyperion può creare immagini più dettagliate e realistiche di quelle per cui lo abbiamo utilizzato noi, ossia solo per il colore più base e semplice.

Hai lavorato come animation supervisor per il corto Paperman, che ha vinto l'Oscar nel 2012 come miglior cortometraggio d'animazione. Cosa ti sei portato dietro da quella esperienza?
Lavorare su Paperman è stata un'esperienza fantastica, è stata la prima volta in cui mi sono trovato a capo di un team di persone. Stare fianco a fianco con John Kahrs, il regista, è stato meraviglioso. È un artista generoso, pieno di talento, e l'esempio migliore di come dovrebbe essere sempre un regista. È da lui che ho imparato la regia. È stata la mia interazione professionale più stretta con un regista, che mi ha fatto desiderare di essere come lui, come l'artista con cui ho avuto il privilegio di lavorare.

Per la Disney hai all'attivo varie collaborazione come animatore per pellicole di successo come Ralph Spaccatutto e Rapunzel. Come sei arrivato a lavorare in Disney?
Ho lavorato per alcuni anni alla Sony Animation prima di approdare alla Disney, ed ho lasciato la Sony dopo che un mio amico, Chris, un altro animatore, mi disse che stava lavorando su un film molto divertente. Mi accennò che stavano assumendo persone per quel film, che si trattava di uno studio in transizione, e che era il momento migliore per entrare perché era un periodo di grandi cambiamenti in positivo. Allora stavano aspettando di poter lavorare su Rapunzel, quindi come tempistica non potevo immaginare di meglio. Da allora le cose sono state sempre più un crescendo.

Ultimamente l'animazione Disney sta vivendo un nuovo rinascimento grazie al consenso di pubblico e critica, quel è per te il fattore vincente della recente produzione degli Studios?
Tutto questo successo è merito soprattutto di John Lasseter ed Edward Catmull. Era chiaro che le cose stavano cambiando giorno dopo giorno, e lavorare direttamente con John sul cortometraggio mi ha fatto realizzare quanto capisca il pubblico. È fantastico lavorare con loro due.

Qual è stata la parte di Feast a cui hai preferito lavorare, sia da un punto di vista tecnico che affettivo?
La cosa più divertente è stata percepire le cose dal punto di vista del cane. Abbiamo voluto impostare il cortometraggio sulla sua prospettiva, e questo è stato molto difficile sia visivamente che emotivamente. Mostrare le sue emozioni, le cose a cui tiene, è stato un esercizio di narrazione molto divertente, nonché una sfida enorme.

A cosa stai lavorando attualmente?
Al momento sono occupato nella promozione di Feast in giro per l'Italia, e non ho davvero avuto l'opportunità di immergermi in altro, sto cercando ancora di capire a cosa lavorerò prossimamente. Credo sia un processo abbastanza normale: ti prendi il tempo di cui hai bisogno, perché bisogna essere paziente nel fare scelte che possono impegnare anni interi della tua vita.



English version

Hello Patrick, and welcome to Comicus. You are the director of the new Disney short, Feast, which will be projected before Big Hero 6.The plot is about the love story of a man seen through the eyes of a dog. Can you tell us about it? How did you come up with the idea?
I made a video compilation based on the idea of 1 second every day, where you can really cut together one second of every day of your life and put it into a video. I made this just about dinner, it was the whole year of 2012 where I took every day a picture of my life and of my meal. There is something kinda beautiful about the ritual of dinner and of gathering people together, and the idea that you could maybe tell a story through meals, like the ones that you eat when you're single, the ones that you eat when you're on your first date trying to impress versus the ones you eat when you have kids. So that's how it all started, and then the dog came in when we needed some kind of character to follow through the story that would be there all the time, that could actually follow the performances of every other character.

Which tecnique did you use to make this short?
I was the Head of Animation on Paperman, and I was one of the inventors of the software we used there, so when I got a chance to make my own short I wanted to do a similar thing but that could go farther than that. So this is CG, it's made entirely out of computer but it's handcrafted, handshaped and handdesigned and we drew line works on top of some of it to try to accentuate that even more. I would call it a sort of hybrid between 2D and 3D.

Is this the same software used for Big Hero 6, Hyperion?
It is that, yes. It is both the Paperman software and the new render Hyperion, which we used more for the colors. But Hyperion can do way more detailed and realistic stuff than what we used it for: we really just used it for the simplest, most designed based color.

You worked as Animation Supervisor for the short Paperman, which won an Oscar in 2012 as Best Animated Short. What did this experience mean to you?
Paperman was an amazing experience, it was my first job leading a team of people, it was the first time I got to lead a crew, a team of people to work with. Working with John Kahrs, the director, has been great. He's a really clear, generous and amazing artist and the best example of what a director should be, and I've learnt about directing from him. This has been my closest interaction with a director so far, and I wanted to be like that, I wanted to be the artist that I had the privilege to work with.

You have worked and contributed to successful movies like Tangled and Wreck-It Ralph at Disney. How did you get to work at Disney?
I was working at Sony Animation for a few years before Disney, and I’ve left Sony after my friend Chris, another animator, told me that the movie they were working on was really fun. They were hiring people to help and it was a studio in transition and it was a really great time to get in there because everything was kinda changing, and getting better and they were looking towards doing Tangled, so it was a pretty amazing time to jump into the studio. Since then I've been just nothing but great.

Lately, the Disney animation is facing a new Renaissance thanks to the combined consent of audience and critics. What do you think is the key of this success considering the recent production of the Studios?
The success is really because of John Lasseter and Ed Catmull and when I first started it was a couple of weeks after they started. It was clear that it was changing every day, and as we were working directly with John on the short we could tell he's got a very clear connection with the audience. It's fantastic working with them.

Which has been the part of Feast that you've enjoyed the most working on, both from a tecnically point of view and emotional point of view?
The most enjoyable thing is to put yourself in the view of the dog. We wanted to set the short kinda into  the perspective of the dog and it was hard, emotionally and visually. So this idea that there is a real showing of what he cares about was a really fun exercise of storytelling to try and a really great challenge.

What are you working on at the moment?
I'm busy at promoting Feast and going around Italy so I really haven't had the chance to dig into anything else, I'm trying to figure out what it is next. It's kind of what you do: you take your time, you want to be patient with choices like that, because when you make a choice it might take years of your life, so you need to make sure you're making patient choices.

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