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Green Valley, recensione: Il fantasy a cavallo dei generi di Landis e Camuncoli

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Sir Bertwald,  Sir Ralphus,  Sir Gulliver e Sir Indrid sono i Cavalieri di Kelodia, protettori del Regno al servizio di Re Micheal. Insieme hanno compiuto gesta leggendarie e ispirato ballate. Sono eroi amati ed ammirati, sia a corte che tra il popolo, ed animati da un’amicizia fraterna e sincera, senza ombra di rivalità. La loro ultima impresa è stata quella di aver respinto, da soli, un’orda di quattrocento barbari guidati dal bruto Pendergast. Una volta tornati a casa, vengono acclamati dalla folla festante e il re organizza un banchetto in loro onore. Ma Bertwald è stanco del campo di battaglia e ha solo voglia di raggiungere la sua amata Amalia che lo aspetta per una cena romantica in riva al lago, lontano dal clamore. Bertwald la chiede in sposa e la ragazza accetta. Il giorno dopo, a corte, gli altri cavalieri brindano in suo onore. Si prevedono anni di pace e di prosperità. Ma il destino baro a volte ci mette lo zampino, e neanche eroi leggendari ed invincibili possono farci nulla…

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Dopo il convincente teaser rappresentato dal numero 1 uscito in anteprima in occasione dello scorso Romics, arriva finalmente nelle fumetterie nella sua interezza Green Valley, il nuovo fantasy di Max Landis e Giuseppe “Cammo” Camuncoli, ultimo gioiello targato Skybound, la factory di Robert Kirkman che opera in seno alla Image Comics. Durante la kermesse romana avevamo avuto modo di parlare con la Saldapress, che presenta la serie in Italia, e l’editore ci era parso subito fiducioso sul riscontro che avrebbe avuto quest’opera presso i lettori, contando sulla bontà del lavoro dei due autori. Senza spoilerare il prosieguo della storia, ci era stato suggerito di attendere l’uscita dei numeri successivi per comprenderne il motivo. D’altronde, già nella postfazione al primo numero Landis e Camuncoli alludevano ad una svolta narrativa di notevole portata. Ora che abbiamo letto l’intera serie, possiamo dire che le promesse sono state ampiamente mantenute.

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L’architrave di Green Valley è costituito da un plot twist straordinario ed originale, che lascerà i lettori a bocca aperta. Ovviamente in questa recensione eviteremo di svelarlo, per rispetto all’ottimo lavoro dei due autori e per salvaguardare il piacere della lettura dell’opera. Diremo solamente che, in un’epoca in cui si è visto tutto e tutto viene continuamente rifatto, mescolato, agitato e propinato al lettore come se fosse nuovo, Green Valley costituisce davvero una novità e questo è solo uno dei suoi pregi. Sorprende la facilità con cui Max Landis gioca con i generi, contaminandoli e sovrapponendoli, la scioltezza con cui introduce personaggi che vediamo per la prima volta ma che, grazie a dialoghi azzeccati e brillanti, ci sembrano già familiari. È evidente come il giovane Landis abbia ereditato un po’ del talento di papà John, il genio di Animal House e Un Lupo Mannaro Americano a Londra, talento che aveva già messo in mostra nell’acclamato Chronicle, ibrido tra film di supereroi e found footage: ma questo Green Valley, per qualità della scrittura, caratterizzazione dei personaggi, padronanza del mezzo e ambizione, ci sembra addirittura superiore.

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La ciliegina sulla torta è costituita dalla parte grafica, affidata al nostro Giuseppe Camuncoli a cui facciamo i nostri più sinceri complimenti per l’ottimo lavoro svolto. Lo stile plastico e cinetico di Cammo è perfettamente complementare allo script di Landis, tanto nei momenti dove l’azione è frenetica tanto nei momenti più intimisti. Notevole il lavoro di design sui personaggi, a ciascuno dei quali l’artista riesce a donare anima e personalità, facilitando il processo di immedesimazione del lettore. Basti pensare a Bertwald, il protagonista a cui ci si affeziona subito, e le cui rughe del volto raccontano più di una storia. Come da lui dichiarato nella postfazione al primo numero, pur non avendo mai lavorato ad un fantasy prima, Camuncoli è un vecchio appassionato di giochi di ruolo come Dungeons & Dragons e classici come Il Signore degli Anelli e queste influenze sono evidenti in particolare nella scene di battaglia, come il fulminante incipit. Notevole è anche la cura per i settings, che spaziano da prati verdi in mezzo alle montagne a villaggi a banchetti reali, tutti ricostruiti con attenzione ai dettagli. Cammo è ormai una star negli USA da tanti anni, con un curriculum di tutto rispetto tra Marvel e DC, eppure Green Valley ci pare uno dei suoi lavori migliori. Menzione speciale anche per le chine di Cliff Rathburn, che rifinisce con accuratezza le matite di Camuncoli, e per i colori delicati di Jean - Francois Beaulieu, che non sovrastano i disegni come spesso accade con la colorazione digitale. Il colorista è stato molto attento a ricreare un illuminazione degli ambienti coerente con l’epoca in cui si svolge la vicenda, si veda l’uso della luce negli interni del castello e la scena dell’assalto notturno.

Saldapress presenta Green Valley con una confezione inconsueta e sperimentale: un regular pack contenente tutti e nove i numeri che compongono la serie e che andranno in edicola di mese in mese, e un premium pack dove troverete i nove numeri più una versione “cover blank” del numero 1 da far autografare o “sketchare” da Camuncoli nel caso lo incontraste in qualche fiera. Una formula “tutto e subito” che ci è piaciuta moltissimo, quasi una versione cartacea del binge watching stile Netflix. E a proposito di serial, un appello ai signori di Hollywood: Green Valley sembra essere nata apposta per una trasposizione su piccolo o, meglio ancora, grande schermo. Lo si faccia al più presto, per cortesia.

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American Monster 1, recensione: Il cuore di tenebra della provincia americana

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Un uomo orrendamente sfigurato e dalle motivazioni misteriose arriva in una non meglio precisata cittadina della provincia americana. L’imperscrutabile individuo sembra avere nel mirino la gang locale, un gruppo di ex militari guidati dall’ambiguo Felix che si sono riciclati arricchendosi con il traffico d’armi. Le sue azioni contro la banda vengono fraintese dalla popolazione locale: per quanto spinto dalla vendetta, l’uomo non vuole sgominare la banda, ma prenderne il controllo.

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È American Monster di Brian Azzarello e Juan Doe il titolo con cui Saldapress fa debuttare in Italia il catalogo della Aftershock Comics, di cui detiene l’esclusiva per il nostro paese. L’Aftershock è l’ultima arrivata nel variegato panorama editoriale a stelle e strisce e si è subito messo in mostra con produzioni interessanti e autori di livello. American Monster è sicuramente una proposta di forte impatto che conferma, se ce ne fosse bisogno, il talento di Brian Azzarello come scrittore di storie noir e pulp. Ritroviamo qui tutto l’armamentario tipico dell’autore di 100 Bullets, dalla capacità di costruire situazioni cariche di una tensione strisciante che esplode improvvisamente in scoppi di violenza incontrollata, alla bravura nel caratterizzare i personaggi con dialoghi secchi e taglienti.

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Il rischio del dejà vu era dietro l’angolo, perché la fiction a stelle e strisce ci ha già abituato da anni, da Twin Peaks a True Detective passando per Sons of Anarchy, a un ritratto della provincia americana che più degradante non si potrebbe. Anche in American Monster ci viene mostrato un gruppo di individui che se fosse veramente rappresentativo dell’umanità, potremmo augurarci l’estinzione di quest’ultima senza troppi rimpianti. Azzarello usa questo campionario di anime perse per piazzare qualche stoccata alla società americana, dalla critica a certi ambienti di reduci alla vacuità di una gioventù che non esita a scendere a compromessi degradanti per raggranellare qualche dollaro, fino alla sconcertante figura del predicatore, rivale di Felix e della sua banda nei loro sporchi traffici. Ribaltato è anche il classico stereotipo dello Straniero che arriva in città, non per portare la legge come nei western di Sergio Leone ma per diventare un boss locale.

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Brian Azzarello è sempre stato fortunato nella scelta dei suoi collaboratori. Il successo di 100 Bullets deve molto alla messa in scena dal ritmo cinematografico del maestro del fumetto argentino Eduardo Risso, così come il suo controverso ciclo di Hellblazer si avvalse inizialmente di un altro maestro della nona arte, Richard Corben, e dell’ottimo Marcelo Frusin poi. Lo script dello scrittore in questo caso viene tradotto in immagini da Juan Doe, conosciuto finora soprattutto per le numerose copertine realizzate per Marvel e DC nell’ultimo decennio. Nonostante un evidente predilezione per la grafica e per l’illustrazione a scapito della narrazione, Doe riesce comunque a proporre uno storytelling efficace grazie all’uso dei neri e di una palette cromatica dominata dal rosso, il colore del sangue che scorre a fiumi nelle scene più violente, ma che ritroviamo anche nei tramonti infuocati e nel volto devastato del protagonista, che getta così la sua ombra su tutta la vicenda. Un uso sapiente della colorazione che trasforma le pagine di American Monster nella rappresentazione grafica delle pene e dei tormenti delle anime perse che lo popolano.

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