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MalEdizioni lancia la collana Finestrini con Alice Socal, Eliana Albertini e Guido Brualdi

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MalEdizioni lancia una nuova collana a fumetti intitolata Finestrini. Nel corso dell'estate verranno lanciate tre proposte ad opera di Alice Socal, Eliana Albertini e Guido Brualdi. Di seguito trovate tutti i dettagli e le prime immagini diffuse.

"È un’estate all’insegna dei racconti a fumetti quella che propone MalEdizioni: tre mesi per andare alla scoperta di alcune delle voci più interessanti del panorama italiano del fumetto indipendente

Finestrini è la collana di MalEdizioni dedicata ai racconti a fumetti: storie agili ma non per questo senza peso, in formato tascabile e alla portata di tutti. Finestrini vuole essere uno sguardo sull'esterno, come da bambini, quando in viaggio con i genitori si sognavano storie guardando il paesaggio scorrere fuori dal finestrino dell'auto. Sguardi fugaci e
freschi volti a scoprire geografie aliene o a decodificare il mondo che ci circonda. Da questa idea nascono l’identità e il logo della collana, realizzato per MalEdizioni dall’illustratrice Iris Biasio.

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Dopo la pubblicazione dell’onirico e malinconico Logbook dell’autrice finlandese Terhi Ekebom, uscito a Lucca Comics & Games 2019, la collana prosegue con la prima edizione italiana di Junior di Alice Socal, una storia sulla paternità edita originariamente dalla casa editrice lettone kuš!; continua poi con Good Girl di Eliana Albertini, una selezione di brevi fumetti sull’infanzia pubblicati in raccolta per la prima volta; chiude questa prima selezione Via di qui, racconto sulla provincia che segna l’esordio editoriale di Guido Brualdi, giovane autore e musicista già conosciuto per le collaborazioni con il collettivo Incubo alla Balena.

La collana pubblica fumetti inediti, traduzioni di autori provenienti da tutto il mondo e storie uscite precedentemente nell’ambito dell’autoproduzione, con l’obiettivo di costruire una memoria storica del fermento che ha animato la scena italiana dagli anni zero ad oggi. Inoltre in coda a ogni volume è presente una traduzione in lingua inglese dei testi, così da permettere alle storie di incontrare il più ampio pubblico possibile.

Calendario delle prossime uscite della collana Finestrini
24 giugno 2020 >> Junior di Alice Socal
29 luglio 2020 >> Good girl di Eliana Albertini
26 agosto 2020 >> Via di qui di Guido Brualdi

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Airbag e altre storie

Di Maledizioni vi abbiamo già recensito Zero e Uno di Biro, un'opera italiana molto particolare e inusuale. Questa volta vi parliamo di un altro prodotto della stessa casa editrice: si tratta di Airgbag e altre storie, un volume di circa 80 pagine che contiene le storie realizzate dal fumettista portoghese Pedro Burgos in più di 12 anni di attività, per la precisione dal 1990 al 2003. Sedici storie autoconclusive tra loro indipendenti che mantengono la cifra stilistica dell’autore sebbene spazino a livello di tematiche dalla semplice quotidianità al divertissment più disimpegnato, dalla politica alla denuncia sociale. Un panorama fortemente variegato che rende il volume antologico godibile da qualunque tipo di pubblico.

In sé non è la materia narrativa a rendere quest’opera un piccolo gioiello che si arrischia a non avere paragoni diretti con il resto della produzione disponibile sul mercato attuale: il punto di forza di questo libro è la potenza espressiva spiazzante del metodo narrativo corredato da disegni brillanti e non convenzionali.

Perché Pedro Burgos padroneggia underground e lirismo, astrattismo ed esistenzialismo con grande maestria. Le sue storie non sono mai semplici narrazioni lineari. Il concetto stesso di linearità si sfalda completamente sin dalle prime pagine. Ciò a cui viene sottoposto il lettore è un accumulo di informazioni tra loro scorrelate solo apparentemente, rivelatrici di una molteplicità di piani narrativi davvero intrigante. Una sorta di interazione e intersezione multicanale di diversi intrecci che si fondono tanto nei testi quanto nelle immagini. Esemplificativa è la prima storia, "Airbag", che in prima analisi narra del viaggio di due personaggi in auto i quali saranno vittima di un incidente e che si salveranno proprio grazie ad un Airbag. Immediatamente appare chiaro al lettore che questo primo significato che emerge non è per nulla l’ultimo: il viaggio in auto diventa contemporaneamente la parabola stessa della nostra vita, e parallelamente in essa è inclusa anche una ricerca disperata di un uomo che vuole ritrovare l’amore. Tutto condensato con grande efficacia ed efficienza in 8 tavole.
La bellezza del leggere le storie di Burgos consiste proprio nella non biunivocità esistente tra disegni e testo, e spesso tra testi in baloon diversi e disegni in vignette diverse. Detta a parole sembra molto complicata e cervellotica come analisi, ma anche alla più rapida lettura appare totalmente immediato, almeno in gran parte.

Per molti versi la narrazione nelle nuvolette di Burgos viaggia a metà tra il futurismo letterario, con onomatopee pronunciate dagli stessi personaggi, stupore cinetico, sentenze-slogan e la distruzione dei costrutti drammatici tipici del teatro futurista, e il Teatro dell’Assurdo di Samuel Beckett o di Eugène Ionesco, con dialoghi alla Vladimir e Estragon, apparentemente sconclusionati e privi di una struttura convenzionale e tradizionale, una sorta di “Fumetto dell’Assurdo”, perché no.
In molte storie la realtà, in questo caso la quotidianità lusitana, ci viene presentata attraverso una lente deformante, che distorce in follia la comune esperienza umana, caricandola di un grande senso evocativo. Accostamenti surreali, irrazionali, illogici, di testo e immagini davvero sorprendenti, illuminanti, spesso indirizzano il lettore verso i molteplici canali di assimilazione del messaggio veicolato.

Passando al comparto grafico, lo stile utilizzato varia molto da storia a storia: si passa dallo stile graffiante, grezzo, appena delineato, tendente all’astrattismo, con quasi totale perdita di riconoscimento di fattezze antropomorfe, ad uno stile più underground, più punk, per sfociare poi nel cubismo (analitico), lasciando le tavole in bianco e nero in alcune storie, optando per il colore, leggermente naïve con giustapposizioni di campiture dense, in altre. Sicuramente di grande impatto visivo, questo stile conquista subito il lettore ad un primo sguardo.

Un volume davvero ricco questo Airbag e altre storie, che si legge velocemente, ma su cui, scommetteteci, ci tornerete più volte. Edizione ben curata, con una bella ed esaustiva prefazione di Alberto Corradi che vi parlerà di linee e viaggi spazio-temporali all’interno delle storie contenute nel volume, e nell’arte di Burgos in generale. Davvero un bel prodotto al modico prezzo di 12 €; assolutamente consigliato.

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Zero e uno

Turbamento. Turbamento e smarrimento. Queste sono le reazioni dominanti alla lettura di Zero e Uno, opera di pubblicazione indipendente, scritta e disegnata da Biro, edita da Maledizioni. Si rimane turbati perché la crudezza della storia lacera il lettore, lo divora dall’interno e gli mette addosso un’ansia che ne impregna l’animo, rimanendogli avvinghiata per un bel po’ di tempo dopo la lettura. D’altro canto a questo si accompagna un forte senso di smarrimento, dovuto prevalentemente alla breve durata dell’opera, di solo 24 pagine, che lascia un finale che più che aperto è una sincope narrativa irrisolta. Difficile soprattutto recensire un’opera così effimera, di così veloce fruizione seppur così disturbante.

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In sé la trama è davvero semplice, oltre che breve. Una mamma e suo figlio si trasferiscono in una nuova città, ma il piccolo, apertamente contrario alla decisione della genitrice, non sopporta l’idea di dover andare in una nuova scuola in cui non conosce nessuno. E infatti l’impatto con gli altri bambini non sarà dei più piacevoli, e questo avrà delle serie conseguenze sulla psiche dell’infante che pur di compiacerli arriverà a compiere un’azione crudele e terribile.
La narrazione è rapida, essenziale, quasi brutale. Non si perde tempo ad arrivare al termine della storia perché si sa che è con quella che si colpirà duramente il lettore. Ma nelle poche pagine a disposizione ci sono parecchi spunti per riflettere anche se solo meramente abbozzati. Si mette la pulce nell’orecchio di chi legge, ma sarà lui poi a trarre le sue conclusioni e a fare il grosso, forse troppo, del lavoro di ragionamento. Si pongono gli interrogativi, si introducono i problemi, ma la risoluzione, se esiste, è lasciata al lettore.
E quindi la brutalità dell’infanzia, la crudeltà immotivata e incosciente dei bambini, l’emarginazione, la volontà di piacere al prossimo, di farsi accettare, l’omologazione per non soffrire, la potenza e la sicurezza dell’amore materno, il conformismo, la paura dell’incomprensione, della diversità, il piacere derivante dalla cattiveria, sono solo alcuni dei temi forniti alla speculazione.

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L’opera non è tuttavia esente da difetti. Geremia, questo il nome del bambino, sembra infatti troppo caricaturale, e mal caratterizzato, e di certo la brevità dell’opera non aiuta. L’infante appare visivamente disturbato, rispetto agli altri ragazzini della sua età. Oltre a parlare da solo, con il suo riflesso o con il suo cagnolino di pezza Uno, che in sua compagnia si anima, risulta incapace di comprendere la situazione in cui agisce, mentre i bambini con cui si troverà a interagire, oltre che crudeli sono anche nettamente più svegli di lui, creando un contrasto troppo marcato e non comprensibile per il lettore. Ora, non c’è nulla di sbagliato in tutto ciò, ma se l’intento dell’opera è quello di presentare la difficoltà dell’individualità nel mondo attuale e la pulsione malsana a volersi omologare a tutti i costi, a rendersi conformi, così come viene presentata, allora si poteva benissimo evitare di rendere così “limitata” la casistica trattata. Di questo passo difatti risulta scontata la decisione folle che porta il ragazzo a compiere il gesto sacrificale ultimo, per il semplice fatto di essere visivamente incapace di intendere e di volere. Un conto è l’innocenza, plagiata dall’ansia della solitudine e dell’emarginazione, un conto invece è l’impossibilità di fare altrimenti per incapacità mentale connaturata nel personaggio. C’è dunque qualcosa che stona tra il ragazzo e l’ambiente in cui si trova ad agire che rende stridente e macchinosa la realizzazione della storia. In alcuni tratti poi risulta anche ridondante e superfluo l’utilizzo di certe vignette nella parte centrale solo per rimarcare la contrarietà del piccolo a trasferirsi, in cui le uniche battute del bimbo consistono in un “No” reiterato.

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Nulla da dire invece sull’apparato visivo, davvero ben realizzato e sorprendentemente potente. Il tratto deforme, pulito, dai colori densi, uniformi, omogenei e carichi quasi come quelli Pantone, le inquadrature cinematografiche, spesso spiritate e ingegnose rendono di certo apprezzabile il risultato. L’abilità grafica di Biro rimanda quasi ad una sorta di miscuglio tra graffitismo e muralismo, dando un look suburbano che rende ancora più bizzarro il progetto.
Sicuramente un prodotto degno di nota questo Zero e Uno, anche se con la presenza di pecche, tra cui prevale la brevità della storia, che a parte lo sconcerto del finale lasciano solo un po’ di amaro in bocca.

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