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Outer Darkness: Dentro la tenebra 1, recensione: Spazio, ultima frontiera

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"Spazio, ultima frontiera" è l’incipit di una famosissima serie tv di fantascienza, ma potrebbe benissimo anticipare le storie di questo Outer Darkness, scritto da John Layman (Chew) e disegnato da Afu Chan (The Immortal Iron Fist). Magari seguito da una frase da sermone sulle fiamme dell’inferno e sui diavoli che le abitano, tipo «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli» (Mt. 25,41) (e, in effetti, ci va molto vicino). Disorientati? È più che normale: quello di Outer Darkness è un universo in cui magia e scienza sono mescolate, rimescolate ed intrecciate con esiti nuovi e intriganti.

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La serie, pubblicata in Italia da Saldapress, segue le vicende dello scontroso capitano Joshua Rigg che, al comando della nave spaziale Caronte, fa rotta nella tenebra profonda (outer darkness) per salvare un misterioso obiettivo. Ad accompagnarlo ci sono i suoi ufficiali, Agwe, prete voodoo, Soreena Prakash, l’amministratrice di bordo, il primo ufficiale Alastor Satalis e il navigatore Elox e numerosi altri sottoposti.
La somiglianza con Star Trek è evidente, di cui condivide alcune dinamiche, come le conflittualità (qui più violente e sboccata, fra gli ufficiali), l’elemento picaresco e la tendenza a far vittime fra le anonime redshirts (con qualche eccezione che non vi spoileriamo). Niente di nuovo, dunque, se non che molti di questi elementi tipicamente sci-fi sono riletti in chiave magico-orrorifica: lo spazio cosmico (outer space) ha tratti tipici dell’aldilà (outer darkness, citazione da Mt, 8,11 «E il servo inutile gettatelo nella tenebra; là sarà pianto e stridore di denti») ed è infestato da demoni e anime erranti che minacciano gli incauti esploratori. Ogni nave deve quindi contare nel suo equipaggio esorcisti e oracoli che combattano i demoni pronti ad assalire e possedere gli uomini a bordo. I singoli elementi, ripetiamo, non hanno nulla di innovativo; il principale merito di Layman e Chan è stato l’aver realizzato un universo coerente e affascinante.

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La trama di questo primo volume di Outer Darkness, che raccoglie i primi sei numeri della serie Skybound/Image Comic, si dipana abbastanza lentamente: sebbene non manchino le sequenze d’azione (anzi), la serie si struttura per storie quasi autoconclusive (arrivo sul pianeta-missione-partenza alla volta di un altro) legate da una continuity all’inizio blanda e via via più sostanziosa fino alla conclusione del volume. Fra le motivazioni di questa scelta dobbiamo considerare tanto la necessità di introdurre le dinamiche dell’universo fantastico/fantascientifico del capitano Riggs quanto quello di caratterizzare a fondo i numerosi personaggi (chi sono? da dove vengono? cosa vogliono?). Nonostante l’avvio lento, l’operazione è portata avanti con successo: la trama avanza senza grosse forzature grazie alle azioni dei personaggi, e l’universo narrativo che emerge diventa sempre più corposo. Peccato solo che l’albo si interrompa quando la trama orizzontale sta decollando.

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Se l’operazione di world-building di Outer Darkness è da considerarsi riuscita, il merito va anche al suo lavoro sul versante artistico: il tratto semplice, quasi cartoonesco, di Afu Chan funziona estremamente bene nella caratterizzazione dei personaggi e delle creature mostruose che infestano lo spazio, oltre che nella resa delle espressioni facciali. Funziona meno bene, invece, nelle splash-page e in particolare in tutte le scene nello spazio aperto, in cui l’assenza di dettagli (specie nell’astronave) non valorizza a pieno questa soluzione (che spesso dovrebbe costituire un picco nella narrazione). Nemmeno il lieve tratteggio che costella tutti i disegni vi riesce a supplire. Si tratta tuttavia di un difetto marginale che non occorre frequentemente: la tavola, una 5x1 con variazioni, è infatti divisa in fasce orizzontali di uguale altezza e piuttosto strette; è nelle vignette più piccole, a nostro avviso, che il tratto semplice di Chan dà il meglio di sé.
Un discorso a parte, infine, merita l’uso dei colori, sempre ad opera di Chan. Al tratto semplice dei disegni fa da contraltare un’ottima gestione della palette, tutta giocata sui contrasti caldo/freddo utilizzati volta a volta per distinguere i personaggi dallo sfondo (e quindi per dare tridimensionalità), per rendere l’illuminazione di neon e monitor nelle scene di interni e, infine, per sottolineare le sequenze narrative più importanti.

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Gli immortali Iron Fist: recensione: la nuova vita di Danny Rand

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Nella miniserie Iron Fist: L'arma vivente del 2014, Kaare Andrews, autore di testi e disegni, introduceva il personaggio di Pei, una ragazzina di K’un Lun destinata ad essere la nuova Iron Fist. Con Gli immortali Iron Fist, uscita tre anni dopo, Andrews riprende le fila del discorso mostrandoci un Danny Rand in una vesta inedita.

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Intento a ricostruire il suo impero e a combattere mostruosi demoni, Danny dovrà – contemporaneamente - accudire e allenare la giovane Pei. Oltre a botte, demoni, kung-fu e buddismo, l’aspetto su cui Andrews si concentra principalmente è la tematica maestro-(tonante)-allieva, a cui si aggiunge una palese sfumatura padre-figlia. Pei è, infatti, la classica adolescente (ma proveniente da un altro mondo) che cerca di inserirsi a scuola, con tutte le tipiche problematiche del caso mentre Danny è il genitore che vuole in tutti i modi aiutarla ma che difetta nel rapportarsi con lei. La giovane, inoltre, fatica a trovare il proprio posto nel mondo e a gestire il suo potere, mentre gli stessi insegnamenti di Danny sembrano non portare a nulla.
Andrews approfondisce con la giusta introspezione i sentimenti dei due protagonisti e il loro rapporto fatto di attriti, incomprensioni, amore e rispetto. Il tutto, però, condito da un tono da action-comedy brillante e frizzante, oltre che da numerosi e spettacolari scontri e colpi di scena.

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Alle matite per Gli immortali Iron Fist troviamo non Andrews – che firma però le copertine della serie – ma Afu Chan, giovane illustratore proveniente dal fumetto indipendente. Il suo stile rimanda più ad alcune recenti produzioni animate che al fumetto stesso e non a caso l'artista utilizza una griglia composta da vignette orizzontali che tendono a offrire una visuale “widescreen” che amplifica fortemente la sua ispirazione “cartoonesca”. Grazie a un tratto tendenzialmente bidimensionale, a cui si abbinano gli ottimi colori di Shelly Chen capaci di esaltare al massimo la prova del disegnatore, il risultato finale è un lavoro colorato e pop che ben si differenzia dallo stile cupo e drammatico utilizzato dallo stesso Kaare Andrews nella precedente serie.

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Per tutte queste caratteristiche, dunque, Gli Immortali Iron Fist - i cui 6 albi sono raccolti in un volume unico da Panini Comics - rappresenta un nuovo approccio al personaggio che appare riuscito in tutti i suoi aspetti, sia per il nuovo ruolo di Danny Rand, sia per una storia divertente, piena di azione e sentimenti.

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SDCC17: Marvel e comiXology lanceranno fumetti esclusivi per il digitale

  • Pubblicato in News

Al San Diego Comic-Con la Marvel ha annunciato che lancerà dei fumetti esclusivamente in digitale sulla nota piattaforma comiXology. Il progetto partirà da oggi con Iron Fists di Kaare Andrews e Afu Chan. La serie di 6 numeri vedrà una nuova avventura ogni due mesi e sarà incentrata sulla piccola Pei.

Il costo di ogni albo sarà di 2,99$ o gratis per i possessori dell'abbonamento comiXology Unlimited.

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