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Il viaggio del piccolo Caronte, la recensione del fumetto di Algozzino e Allo

Ne Il piccolo Caronte di Sergio Algozzino e Deborah Allo, l’oltretomba è diverso da come lo conosciamo. La divisione dualistica fra bene e male non è così netta, non c’è un paradiso o un inferno, ma un luogo decisamente più stratificato e complesso che rende sterili le nostre semplicistiche classificazioni. In questo luogo, anche iconograficamente differente dal nostro immaginario, esistono ruoli millenari e, alcuni di loro, vengono tramandati da padre in figlio. Un esempio è quello di Caronte, il traghettatore delle anime. Il suo compito non è paragonabile a un semplice “servizio navetta” che trasporta anime da una parte all’altra, ma equivale a un viaggio in cui si prende coscienza della propria nuova condizione. Il ruolo di Caronte, dunque, non è affatto scontato o meccanico e per svolgerlo al meglio bisogna conoscere a fondo l’animo umano, carpire il segreto della vita e l’importanza di ogni singola esistenza. Quando dunque il Caronte in carica scompare misteriosamente, tocca a suo figlio Mono prenderne il posto.

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Il perno su cui ruota il racconto orchestrato da Algozzino è la preparazione del giovane, si fa per dire (parliamo comunque di essere semi-immortali), alla sua nuova esistenza. Il libro, dunque, è diviso in tre capitoli in cui il protagonista si confronterà con altrettante entità: le moire nel primo, il cugino Momo esiliato sulla Terra nel secondo, e Hypnos, fratello della Morte, nel terzo. Ogni incontro sarà fondamentale per la preparazione di Mono permettendogli di aprire i propri orizzonti mentali e di accrescere la propria esperienza.

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Il piccolo Caronte, dunque, è un romanzo di formazione che però coinvolge non solo il protagonista ma anche il lettore. Gli autori, infatti, affrontano tematiche esistenziali come la vita e la morte con la leggerezza dovuta alla formula narrativa scelta, ma al tempo stesso con minuziosa attenzione. Le infinite possibilità che ogni vita racchiude in sé, la bellezza della realtà che ci circonda e la varietà dataci dalla diversità, anche l’indispensabilità della morte, per quanto dolorosa e brutale che sia. Un’opera che invita alla riflessione, dunque, narrando il tutto in maniera naturale e non artificiosa, costruendo una vicenda semplice ma intrigante da seguire corredata da un cast di personaggi variegato e riuscito.

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Dal punto di vista grafico il tratto sottile e nervoso di Deborah Allo riesce a valorizzare il testo di Algozzino sia nella resa ambientale dei vari scenari sia in quella recitativa dei personaggi conferendo grande umanità ai protagonisti splendidamente caratterizzati sotto questo punto di vista. Il layout della tavole è estremamente vario e sempre in cerca della soluzione grafica più adatta alla situazione e dunque non ancorato a schemi fissi; si cerca, inoltre, di eliminare il più possibile la divisione in vignette e i rigidi bordi delle stesse. Ma dove l’artista si esalta di più è nelle numerose splash-page, singole o doppie che siano, talvolta raffiguranti un’unica situazione, in altre scene dinamiche in movimento. In generale, Il piccolo Caronte è un lavoro molto grafico in cui anche l’utilizzo del testo è molto dosato e dilazionato. Non è un caso se a scrivere la sceneggiatura è un autore noto anche per le sue matite.

La colorazione pittorica utilizzata conferisce a dare quel tono fiabesco che la storia ha. Anche in questo caso la varietà dei colori e dei toni è molto varia e ben rappresenta i vari momenti del racconto nonché i vari luoghi: oscura nell’oltretomba, solare e vivace nel mondo reale, in bianco e nero quando c’è la morte di mezzo. La carta lucida utilizzata da Tunué risalta il tutto e risulta fondamentale nell’ottima resa del fumetto impacchettando il tutto in un elegante volume cartonato.

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Una storia di rivalsa sociale contro la Mafia, la recensione di The Passenger

Quando il senso di giustizia sociale ti ribolle in corpo è facile che ti penetri fin dentro ai sogni. È il caso del regista e sceneggiatore televisivo e cinematografico Carlo Carlei che, probabilmente per riequilibrare torti e ingiustizie che provengono dalla cronaca, sogna e tramuta in racconto una sorta di rivalsa sociale e morale nei confronti delle vittime della mafia, delle persone comuni, dei giudici e delle forze dell’ordine che cercano di combatterla. Possibile che oggi, a 25 anni di distanza, ancora non si conosca la verità dietro gli attentati di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e sulla famosa agenda rossa? Possibile che la spirale di violenza generata dai mafiosi e dai vuoti di potere debba ripetersi sempre con lo stesso copione che miete vittime innocenti? Possibile che non si possa fermare questo circolo vizioso?

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The Passenger è dunque l’interruzione del ciclo, un racconto di rivalsa e speranza, il cazzotto con cui l’eroe tramortisce il nemico a fine film e ti fa uscire dalla sala soddisfatto. La vicenda è ambientata nella Palermo dei giorni nostri dove un atleta americano, tale James Sutton, è in luna di miele con la moglie. Durante una sosta in Autogrill, un latitante in fuga, l’anziano Don Masino Caligiuri, ormai alla fine del suo ciclo di potere, braccato sia dai suoi nemici che dalle forze dell’ordine, tenta un ultimo quanto disperato colpo di coda per riprendere il comando. Costringe, con pistola alla tempia, il novello sposo a fargli da autista minacciando l’uccisione della giovane moglie rapita, intanto, dal nipote del boss. Inizierà così una notte di totale follia e paura fra i bassifondi della città siciliana in un viaggio, anche introspettivo, nella cultura mafiosa, nella sua mentalità e nei suoi segreti.

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A sceneggiare il soggetto di Carlei troviamo Marco Rizzo, autore già all’opera in vari testi dal forte impegno sociale relativi alla mafia e a chi cerca di combatterla, come Peppino Impastato. In questo caso parliamo di una storia che parte solamente dai fatti di cronaca realmente accaduti e che propone, con un’ampia componente hard boiled, un’ipotetica quadratura del cerchio delle vicende mafiose siciliane. Nel presentare la figura di Don Masino, il suo passato, il suo modus operandi e la sua filosofia, Rizzo propone infatti una chiave di lettura precisa e reale di quel determinato mondo. Insomma, trattasi si di fiction, ma assolutamente plausibile e, volendo, didattica nel suo essere così dettagliata e precisa. L’autore è abile sia nel portare avanti l’intreccio narrativo, che avrà una svolta in conseguenza a un colpo di scena del tutto inaspettato, sia nel tratteggiare i profili dei personaggi e nel costruire quel mondo sporco, oscuro e pieno di contraddizioni evidenti per chi non lo vive dall’interno. Caligiuri è un boss vecchio della vecchia mafia, con i suoi codici e le sue usanze, legato alla propria famiglia e a chi gli è fedele, spietato con chi lo ha tradito. Durante i viaggi in auto scopriamo anche il suo passato, la sua giovinezza, alcuni episodi chiave che lo hanno reso l’uomo che è. Ma durante questa notte, ne scopriamo anche le debolezze, sia fisiche che umane: tuttavia, è bene ricordarlo, non ci può essere alcuna immedesimazione da parte del lettore.

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Ancora una volta, accanto a Rizzo troviamo Lelio Bonaccorso in un binomio quanto mai affiatato. L’artista traduce in disegni la sceneggiatura grazie al suo tratto sintetico ed espressivo capace di donare grande spessore emotivo ai personaggi nelle scene in cui vengono messi in evidenza i differenti mondi e valori dei due protagonisti e grande dinamismo nelle scene d’azione. Le tavole ripropongono il fascino della Palermo notturna buia e misteriosa grazie a una gabbia sempre varia e funzionale.
La colorazione digitale, supervisionata dallo stesso disegnatore, è ottima con i suoi toni scuri, giochi d’ombra e sfumature varie, tuttavia non è forse la più adatta ad abbinarsi allo stile di Bonaccorso privandone di naturalezza. Non è un caso se, in tal senso, le tavole migliori sono quelle seppia relative al passato dei personaggi.

The Passenger verrà presto trasposto al cinema, intanto possiamo gustarci l'opera che Tunuè propone in un elegante cartonato con carta lucida che rende giustizia al lavoro degli autori.

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Tipitondi Tunué: L'uomo montagna di Amélie Fléchais, anteprima

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Un nonno che non è più in grado di viaggiare, per via delle montagne che gli sono cresciute sulle spalle. L’uomo montagna è la storia del suo ultimo viaggio e dell’affetto del nipotino che pur di aiutarlo nel suo errare va in cerca dei venti capaci di spostare le montagne. È questo l'incipito del nuovo volume della collana Tipitondi della Tunué.

Scritto da Séverine Gauthier, L'uomo Montagna è illustrato da Amélie Fléchais, autrice di  Lupetto Rosso e del graphic novel Il sentiero smarrito. Il volume (19,5x27, 56 pagine, 14,90€), sarà disponibile a febbraio. Nella gallery in basso potete ammirarne alcune tavole.

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Tipitondi Tunué: Non sei mica il mondo di Raphaël Geffray: anteprima

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Esce per la collana Tipitondi, edita da Tunué, Non sei mica il mondo del francese Raphaël Geffray. Di seguito vi proponiamo la sinossi e un'anteprima del volume:

"Bené è un bambino di otto anni. È violento, scontroso e quasi analfabeta. La sua irascibilità gli rende impossibile frequentare una scuola per più di qualche settimana senza essere espulso.

In balia di una madre troppo giovane e incapace di occuparsi di lui, si sente privo di speranze. Finché non incontra un’insegnante dalla personalità forte, che rompe gli schemi consueti, e riesce a offrirgli un’istruzione, allargandone gli orizzonti e rendendo gradualmente sempre più sereno e aperto nei confronti del prossimo. In lei Bené vedrà una vera e propria figura genitoriale, una sorta di salvagente.

L’esordio di Raphaël Geffray è un viaggio privo di pregiudizi nella storia vera di un bambino in cerca di punti di riferimento, il racconto maturo di un esordiente altrettanto maturo."

Dati:
Non sei mica il mondo
Tunué, 2017
Collana «Tipitondi» n.42
cm 19,5x27; pp. 188 Bicromia stondato
Euro 16,90 – ISBN 978-88-6790-214-9

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