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I Fantastici Quattro di Walter Simonson, recensione: quando FF tornò ad essere "The World's Greatest Comics Magazine"

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Fantastic Four è stata la prima collana del neonato Universo Marvel a vedere la luce nel novembre 1961, la testata dove hanno debuttato personaggi iconici che avrebbero costituito l’architrave di questo meraviglioso regno dell’immaginario come il Dottor Destino, Galactus, Silver Surfer, gli Inumani, Pantera Nera e tanti altri. Un tale carosello di meraviglie, nei primi 102 numeri firmati dalla magica coppia Stan Lee/Jack Kirby, da far meritare alla serie il titolo di The World’s Greatest Comics Magazine, orgogliosamente sfoggiato in copertina. Un titolo che la testata ha continuato a meritare per larga parte della sua vita, attraversando però anche dei periodo bui. Nel 1981 lo scrittore/disegnatore John Byrne, supestar dell’epoca, assunse le redini della testata col numero 232 al motto di “back to the basics”, il ritorno alle atmosfere che avevano reso grande la collana durante gli anni di Lee e Kirby aggiornandole ai tempi moderni e riportandola alla grandezza che le competeva. Il ciclo di Byrne durò cinque anni, fino al numero 294 del 1986, anno in cui l’artista lascia la Marvel per andare a curare il rilancio di Superman in casa DC Comics.

Fantastic Four non regge l’urto dell’abbandono di Byrne e, pur contando inizialmente sull’apporto di una serie di validi sostituti come Roger Stern ai testi e Jerry Ordway e John Buscema ai disegni, la serie scivola di nuovo in un baratro creativo sancito dallo sciagurato ciclo di Steve Englehart. Englehart è un nume tutelare del fumetto americano che ha contribuito a rinnovare negli anni ’70 con celebrati cicli di Batman e Avengers, ma purtroppo è evidente fin dai suoi primi numeri di Fantastic Four che ha perso l’antico tocco. Il suo contributo alla serie termina in modo inglorioso, con le sue ultime storie firmate con uno pseudonimo. Nella vignetta finale del suo ciclo, lo stesso Englehart si commiata dai lettori dicendo che ci vorrà qualcuno migliore di lui per risollevare le sorti della testata. E quel qualcuno arrivò nella figura di Walter Simonson.

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Simonson è una figura chiave del fumetto statunitense degli anni ’80, grazie soprattutto ad un lungo ciclo di The Mighy Thor che è probabilmente il migliore mai apparso sulla collana del Tonante. L’aurea mitica delle sue saghe, abbinate a un tratto potente amplificato dall’uso originale di splash page e onomatopee, vero e proprio marchio di fabbrica dell’artista che le rende un elemento fondamentale della composizione della tavola, sono gli ingredienti di una gestione della testata del Dio del Tuono che resta scolpita nella storia della Marvel come uno dei suoi più grandi cicli.

Il gusto per l’avventura epica rendeva Simonson la scelta ideale per la testata dei Fab Four, che aveva ormai perso la grandezza delle origini. L’artista arriva sulla collana col numero 334, ma decide di presentarsi con una storia in tre parti che costituisce una sorta di “antipasto” al suo ciclo. C’è infatti da pagare dazio ad Atti di Vendetta, il crossover Marvel dell’estate del 1989, di cui questo trittico costituisce un classico tie-in. La cosa più interessante di questo mini-ciclo di partenza è il fatto che giri interamente intorno all’idea di un Atto di Registrazione dei Super-Eroi, quasi vent’anni prima di quella Civil War che sarà uno dei più grandi successi della storia Marvel. Ma al contrario dell’opera di Mark Millar e Steven McNiven, caratterizzata da un oppressivo senso di “gravitas”, il tono scelto da Simonson è leggero e scanzonato, e il concetto stesso di una schedatura dei super-umani viene bollata come una immane stupidaggine, buona solo per una parodia. Ci troviamo in tempi ancora spensierati, lontani anni luce dall’atmosfera plumbea post 11 settembre che caratterizzerà Civil War. Simonson si concede quindi un divertissment in tre atti, in attesa della partenza vera e propria del suo ciclo, scrivendone i testi e lasciando le matite ad un veterano come Rich Buckler e a un ottimo artigiano come Ron Lim, che segnerà gli anni ’90 Marvel con le saghe cosmiche realizzate insieme a Jim Starlin. Niente a vedere comunque con la potenza del tratto di Simonson, che deflagrerà con tutta la sua forza a partire dal numero 337. Un numero non casuale, quello scelto per il reale debutto dell’artista sulla testata del Quartetto. Un richiamo al suo celebre ciclo di Thor, il suo più grande successo, iniziato proprio col numero 337 del novembre 1983.

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Durante questo acclamata run del Dio del Tuono, Simonson aveva introdotto nuovi elementi e personaggi destinati ad avere un forte impatto nell’economia dell’Universo Marvel, come Beta Ray Bill e la TVA, la Time Variance Authority, un’organizzazione che si prefigge di monitorare le diverse linee temporali del multiverso non esitando a cancellare quelle ritenute ridondanti o pericolose. Alla fine degli anni ’80, durante il suo breve ciclo di Avengers, Simonson aveva imbastito una saga temporale con protagonisti Nebula e il consiglio dei Kang, costituito da una serie infinita di “varianti” del classico avversario dei Vendicatori.
Arrivato su Fantastic Four, Simonson decide di riprendere alcune trame lasciate in sospeso in altre collane e di gettare i Fantastici Quattro in una spericolata avventura attraverso il tempo e lo spazio. Il pretesto per dare via all’azione è quasi risibile: una “bolla temporale” proveniente dal futuro mette a rischio il flusso del tempo interrompendone il normale scorrimento. Senza perdere tempo, Reed Richards imbarca il resto del gruppo e due ospiti speciali di livello, Thor e Iron Man, sulla “tempo-slitta” Rosebud II, omaggio al Quarto Potere di Orson Welles. La comitiva si tuffa Nel flusso temporale, come recita il primo arco della gestione Simonson, per ritrovarsi in una sarabanda di azione e di guest-star di rilievo che qui è inutile elencare.

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Il titolo di quest’arco narrativo dice già tutto: spetta al lettore abbandonarsi a questo flusso di azione spettacolare, colmo di grandeur cosmica come nella migliore tradizione della collana, gustandosi alcune delle tavole migliori mai prodotte per Fantastic Four, cariche di invenzioni sbalorditive. Se l’uso delle splash page e delle onomatopee erano già marchio di fabbrico caratteristico dell’autore già all’epoca, nella sua gestione dei Fab Four Simonson si superò, con soluzioni grafiche di altissimo profilo. Forse nessuno come questo artista, nel fumetto americano, ha reso tanto bene su tavola l’idea del movimento e le tavole del viaggio del Quartetto e dei loro alleati nel flusso spazio-temporale ne è uno splendido esempio. Uno stilema grafico-narrativo che si ripete più volte durante la run, con una spettacolare ripetizione di vignette compresse a bordo pagine, che poi si decomprimono fino ad esplodere al centro della tavola. Lo stesso Simonson ha dichiarato una volta che i fumetti sono “illustrazione con l’aggiunta del tempo”, e queste pagine ne sono la dimostrazione.

Spettacolare la sfida tra Richards e il Dottor Destino nel numero 352, dove i due avversari abbandonano la narrazione centrale dell’albo per duellare nel tempo a bordo pagina. Qui Simonson utilizza il duo-shade, una tecnica pioneristica di epoca pre-digitale per disegnare in tonalità di grigio, molto in voga all’epoca (John Byrne ne fece ampio uso nelle sue opere coeve). Ma le invenzioni grafiche studiate dall’artista in questo ciclo troppo breve si sprecano e potrebbero essere oggetto di un saggio, si veda il grande utilizzo di linee cinetiche a suggerire il movimento o il taglio diagonale delle tavole doppie, entrambi mutuati da Katsuhiro Ōtomo, autore che all’epoca esercitava una forte influenza su molti artisti occidentali.

Con Walter Simonson Fantastic Four tornò ad essere veramente The World’s Greatest Comics Magazine, e lo spirito di Jack Kirby rivive nelle spettacolari tavole della sua run. Una sequenza passata alla storia anche per una saga di culto, quella dei Nuovi Fantastici Quattro, un trittico scritto da Simonson ma disegnato dalla superstar Arthur Adams. Successe che, per dedicarsi anima e corpo alla realizzazione del celebrativo numero 350, il buon Walt pensò di affidare le matite dei numeri 347-349 ad un’artista eccelso come Adams, congegnando una trama adatta alle sue corde. La coppia di autori prese i personaggi singoli più venduti dalla Marvel dell’epoca, Spider-Man, Wolverine, Hulk e Ghost Rider e li riunì in un gruppo, costituitosi per andare alla ricerca dei Fantastici Quattro, misteriosamente scomparsi. Grazie alle tavole energiche ma raffinate di un Adams in forma strepitosa, il trittico dedicato ai Nuovi Fantastici Quattro - che era nato solo come un riempitivo - ebbe un successo strepitoso e il gruppo si riunì più volte nel corso degli anni.
Panini Comics raccoglie l’intero ciclo dei Fantastic Four di Walter Simonson in due volumi cartonati, a loro volta inseriti in un prestigioso cofanetto, che non può mancare nella libreria degli appassionati del grande fumetto americano.

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Alien 1 - Linea di sangue, recensione: urlare nello spazio, di nuovo

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A seguito della recente acquisizione della 20th Century Fox da parte della The Walt Disney Company, le property più celebri del glorioso studio cinematografico hanno trovato spazio nella già ricca library della Casa del Topo. Una bulimia che aveva già portato negli anni la Disney, ricordiamolo, ad acquistare negli anni precedenti dei brand chiave dell’entertainment come Lucasfilm e Marvel Comics. Proprio la Marvel, come conseguenza del ritrovarsi improvvisamente nella stessa famiglia con la Fox, ha avuto accesso a proprietà celebri dello studio come Alien e Predator e la possibilità di dedicargli della collane a fumetti. Uno sviluppo curioso, visto che la storia a fumetti dei due franchise, nasce negli anni ’80 proprio come tentativo di un editore, la Dark Horse Comics, di fare concorrenza alla stessa Marvel.

È il 1988 quando la Dark Horse, pioniera dell’editoria indipendente, decide di sfidare sul piano delle vendite Marvel e DC. Non potendo contare su un universo supereroistico, la casa editrice di Portland, nella persona del suo capo redattore, Mike Richardson, ha un’idea geniale: acquisire i diritti di sfruttamento di un marchio cinematografico di successo. È ancora fresco il successo di Aliens – Scontro Finale di James Cameron del 1986, quindi la scelta diventa ovvia. Aliens, la serie a fumetti, debutta due anni dopo il film di Cameron e due anni dopo la stessa fondazione della Dark Horse, segnando un incredibile successo di vendite e l’avvio di un universo espanso a fumetti che durerà più di trent’anni, fino al recente cambio di editore.

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Trovandosi per le mani un franchise storico di tale portata, la Marvel ha optato per un saggio “back to the basics”, un ritorno a quegli elementi caratteristici che hanno determinato il successo ultradecennale della saga dello xenomorfo. E, parlando di Alien, non c’è niente di più tipico che ritrovarsi a lottare per la propria sopravvivenza contro uno xenomorfo in una stazione orbitante nello spazio, dove nessuno può sentirti urlare.
Per Alien- Linea di sangue (Panini Comics), la prima scelta importante riguarda il team creativo. Phillip Kennedy Johnson è uno sceneggiatore in rampa di lancio, autore di un ottimo ciclo di Action Comics attualmente in corso di pubblicazione. È inoltre in possesso di un background militare personale che non può che fargli comodo trovandosi a scrivere di marine, per quanto in un contesto fantascientifico. Ai disegni troviamo invece un veterano della Casa delle Idee, lo spagnolo Salvador Larroca, una scelta che potrebbe apparire conservativa e che invece, come vedremo si rivela assolutamente funzionale alla riuscita del progetto.

La serie si svolge nel 2200, dopo la trilogia cinematografica originale, e ha sempre al suo centro le macchinazioni della spietata multinazionale Weyland-Yutani. Un corporazione dalle losche finalità che, ottanta anni prima, non aveva esitato a mandare allo sbaraglio l’equipaggio di un suo cargo rimorchiatore, la USS Nostromo, nascondendo all’equipaggio il vero scopo della propria missione, ovvero il recupero dalla luna conosciuta come LV-426 di un esemplare di xenomorfo da studiare e usare coma arma biologica. Vent’anni prima, una missione del corpo dei marine per liberare la stessa luna da una invasione di xenomorfi era finita ugualmente in tragedia.

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La narrazione segue quanto raccontato dai film di Ridley Scott e James Cameron, introducendo nuovi personaggi tra cui il protagonista Gabriel Cruz, soldato, studioso e responsabile per la sicurezza della stazione orbitante Epsilon, fiore all’occhiello della Weyland-Yutani. Dopo una vita al servizio della corporazione, alla quale ha sacrificato anche gli affetti familiari, per Gabriel è arrivato il momento della meritata pensione. Eppure non si tratta di un momento sereno della sua vita. È tormentato da strani incubi che riguardano una missione di una decina di anni prima, in cui tutti i suoi uomini sono morti lasciandolo come unico sopravvissuto. Un sintetico di tipologia Bishop (che i fan della saga cinematografica ben conoscono), messogli a disposizione dalla compagnia, lo aiuta ad affrontare i suoi demoni con sedute di psicoterapia. Ma il peggio deve ancora arrivare. A sua insaputa, il figlio Daniel si è unito ad un gruppo di ribelli anti-corporazione e, con le credenziali rubate al padre, ha favorito l’accesso di un contingente di rivoluzionari sulla Epsilon con lo scopo di sabotarla. Si imbatteranno in qualcosa di tremendo e toccherà proprio a Gabriel, minacciato dalla Weyland-Yutani, intervenire a capo di una nuova missione per salvare la base e la vita del figlio. Non daremo altri dettagli per non rovinare il piacere di un’eventuale lettura, diremo solamente che lo sviluppo degli eventi abbraccerà appieno la tradizione di Alien.

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Philip Kennedy Johnson costruisce una trama mozzafiato e claustrofobica come da consuetudine di questo franchise, strizzando l’occhio, come già detto, soprattutto ai primi due amatissimi capitoli diretti da Scott e Cameron. Fin dalle prime pagine si respira chiaramente il presagio di cose terribili che dovranno accadere, e la tensione si taglia col coltello. La scelta di Salvador Larroca come illustratore risulta perfetta funzionale alla riuscita del progetto. Lo stile del cartoonist spagnolo si è evoluto nel tempo, passando da quello dinamico pieno di influenze manga con cui si fece conoscere sul mercato statunitense degli anni ’90 a quello fotorealistico, e più statico, che cominciò a sfoggiare a partire dalla sua celebrata run su Iron Man in coppia con Matt Fraction verso la fine del decennio successivo. È questo secondo Larroca, ormai cifra stilistica definitiva dell’artista, che ritroviamo sulle pagine di Alien, in un abbinamento spettacolare. La capacità dello spagnolo di saper far recitare i suoi personaggi, unita alla capacità di produrre tavole strabordanti di azione tipica della sua generazione, si amalgama alla perfezione con lo script di Johnson. La palette di colori lividi di Guru-eFX, che richiama le atmosfere delle prime due storiche pellicole, completano un comparto grafico di tutto rispetto.

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Il ritorno del Doctor Strange in una nuova serie

  • Pubblicato in News

A quasi un anno dalla sua morte, avvenuta nella miniserie evento Death of Doctor Strange, ritorna Stephen Strange nel Marvel Universe e lo fa in grande stile grazie a una nuova serie regolare scritta sempre da Jed MacKay.

Nel frattempo, i panni di Stregone Supremo sono stati vestita da Clea, ex moglie di Stephen, le cui gesta sono state narrate in una testata intitolata semplicemente Strange, scritta sempre da MacKay.

La nuova serie esordirà invece a marzo e sarà disegnata da Pasqual Ferry

"È stato davvero emozionante avere l'opportunità non solo di continuare a esplorare il lato magico dell'Universo Marvel con gli abitanti di 177A Bleecker Street, ma anche seguire le vite degli Stranges mentre l'ultimo anno e mezzo li ha messi a dura prova" ha dichiarato MacKay. "Pasqual ha messo insieme un albo davvero magico e sono super entusiasta di mostrare alla gente cosa c'è in serbo per Stephen e Clea Strange e, naturalmente, non concederemo loro nessuna pausa dopo i recenti eventi..."

Doctor Strange #1 sarà in vendita il 22 marzo con una copertina di Alex Ross, che potete vedere qui di seguito.

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La morte di Doctor Strange - Un mondo senza Strange, recensione: chi proteggerà il Marvel Universe?

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Lo scorso anno Marvel Comics ha preparato l’uscita del secondo film dedicato al suo Stregone Supremo, Doctor Strange nel Multiverso della Follia, in un modo alquanto inusuale: celebrandone la morte.
In La morte di Doctor Strange, realizzato da Jed McKay e Lee Garbett, il buon vecchio Stephen è rimasto vittima di un complotto ai suoi danni. L’identità dell’assassino è stata presto rivelata (come anche uno stratagemma concepito dalla coppia di autori per riportare indietro il personaggio), ma l’intera operazione è apparsa come un pretesto per mettere in panchina Strange per un breve periodo e, nel frattempo, concedere l’onore dei riflettori a Clea, sua discepola e compagna storica, destinata a rilevare provvisoriamente il titolo di Stregone Supremo. Una scelta non casuale visto che il personaggio appare proprio nella scena post-credit della pellicola diretta da Sam Raimi, interpretata dalla splendida Charlize Theron.


Tra la morte di Strange l’arrivo di Clea, pronta ad ereditarne il ruolo, c’è un gap temporale in cui le minacce mistiche che erano sempre state tenute a bada dal Mago sono libere di scorrazzare sulla Terra, facendo ogni sorta di danno. Per analizzare le conseguenze della dipartita del suo negromante più famoso, la Marvel ha fatto uscire una serie di one-shot dedicati ad alcuni dei suoi eroi più famosi, alle prese con le ripercussioni di quanto narrato nella miniserie portante. Panini Comics ha raccolto questi albi speciali nel volume cartonato La morte di Doctor Strange – Un mondo senza Strange.
Si tratta di un volume compendio alla vicende principale, composto da 7 capitoli, che ci mostra un Marvel Universe pesantemente colpito dall’assenza del suo Stregone Supremo.

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In apertura troviamo gli Avengers, alle prese con una minaccia mistica proveniente dal regno di Cyttorak, vecchia conoscenza dei lettori Marvel, con un Iron Man tradizionalmente scettico nei confronti della magia che dovrà rivedere alcune sue convinzioni di uomo di scienza. Ci trasferiamo in seguito alla Strange Academy, l’università della magia co-fondata dal buon Dottore in una delle serie più interessanti proposte dalla Casa delle Idee negli ultimi anni. Questo capitolo sviscera le conseguenze della scomparsa di Strange sulla scuola e suoi alunni, in particolare su Iric, il primogenito della Dea asgardiana Incantatrice, rapito da un mago di Weirdworld in seguito ad un patto infranto di cui Strange si era fatto garante anni prima. Toccherà ad Amora e ad Alvi, l’altro suo figlio, irrompere nel regno magico per salvare il ragazzo. A New York, intanto, un incantesimo di sicurezza lanciato da Strange prima di morire coinvolge Spider-Man e la Gatta Nera nella lotta alla magia fuori controllo, ma non sarà Peter Parker, momentaneamente indisponibile a raccogliere la sfida quanto Ben Reilly, il suo clone, che lo sostituisce nella fase “Beyond” di Amazing Spider-Man.

In Asia è il turno degli eroi locali White Fox e Sword Master, e vengono messi in moto eventi che avranno grandi conseguenze per quest’ultimo, destinato a vestire i panni di un tradizionale eroe Marvel legato alle arti marziali. Intanto, nei pressi della città abbandonata di Chernobyl, la nazione vampira governata da Dracula è in fermento, e toccherà a Blade, “sceriffo” nominato dagli Avengers previo accordo col Re dei Vampiri, mantenere un precario ordine. Nella storia che da la copertina al volume Dane Whitman, l’Avenger britannico Cavaliere Nero, andrà in soccorso degli X-Men posseduti da un’entità demoniaca che affonda le sue origini ai tempi di Camelot. Nell’ultimo capitolo, invece, Elsa Bloodstone la cacciatrice di demoni e suo fratello Cullen scopriranno di avere una sorella, particolare di cui l’immortale padre Ulysses Bloodstone non li aveva messi al corrente e che era stato finora occultato da un incantesimo di Strange.

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La Morte di Doctor Strange – Un mondo senza Strange è un volume molto eterogeneo per contenuti e dalla qualità altalenante. Si alternano infatti artisti di ottimo livello insieme a semplici artigiani della matita. Tra i primi troviamo sicuramente Mike Del Mundo, da anni tra gli autori più interessanti al lavoro per Marvel Comics, i cui acquarelli deliziano la storia di Strange Academy con protagonista Amora l’Incantarice dipingendo un’atmosfera davvero fiabesca. Allo stesso modo, nel capitolo con protagonista Blade, i disegni dal sapore underground di Dylan Burnett, abituale compagno di avventure fumettistiche di Donny Cates, sono perfetti per illustrare i toni cruenti della vicenda. Ricordiamo con affetto anche la prova di Ryan Bodenheim sul one-shot degli Avengers, artista frequente collaboratore di Jonathan Hickman scomparso poco dopo l’uscita dell’albo, che ci regala un’ultima prova spettacolare e convincente all’insegna della linea chiara.

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Abbiamo citato quelli che riteniamo i tre squilli graficamente più importanti del volume: gli altri artisti coinvolti sono perlopiù onesti faticatori del tavolo da disegno la cui prova lascia piuttosto indifferenti. Marcelo Ferreira, Andie Tong, Luciano Vecchio, Bob Quinn e Ig Guara sono al momento, discreti mestieranti che, pur lasciando intravvedere delle qualità, devono lavorare ancora molto sul proprio tratto. Una nota di demerito per la storia di copertina, il team-up tra X-Men e Cavaliere Nero scritto da Si Spurrier, autore di un recente e apprezzatissimo ciclo di John Costantine: Hellblazer.
Spurrier, autore britannico che aveva saputo scrivere un Costantine eccellente, è reduce da una miniserie del Cavaliere Nero che, per chi scrive, è stata une delle delusioni più cocenti dello scorso anno. Una caratterizzazione di un classico eroe come Dane Whitman virata su un tono scanzonato e farsesco. Un registro che purtroppo viene ripreso nella storia ospitata in questo volume, completamente fuori fuoco rispetto alla storia del personaggio e più in linea con alcune derive di caratterizzazione dei personaggi tipiche del Marvel Cinematic Universe. Un grande peccato, considerato il talento di Spurrier dimostrato in altri ambiti.

Panini Comics pubblica la raccolta dei tie-in de La Morte di Doctor Strange in un prestigioso volume cartonato, veste editoriale esagerata per un contenuto piuttosto modesto che ci sentiamo di consigliare solo allo zoccolo più duro dei lettori Marvel.

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