Menu

Transmetropolitan: un'analisi


Per il resto dello speciale DC Comics clicca qui.

Primo progetto personale ad ampio respiro di Warren Ellis dai tempi di Lazarus Churchyard, Transmetropolitan esordisce per la sfortunata etichetta fantascientifica Helix (una curiosità, il nome in origine era Matrix), marchio DC che doveva andare a replicare ed espandere il successo della con-sorella Vertigo presso tutti quei lettori di fumetti vogliosi di provare qualcosa che andasse aldilà del classico mainstream super-eroistico.

Il primo numero sarà un fiasco, tanto da far temere all’autore una rapida chiusura della serie, ma la sua sopravvivenza, anche a discapito dell’etichetta stessa, può facilmente far intuire come Ellis si sbagliasse, vuoi per scaramanzia, vuoi per l’eccesso di quel pessimismo cosmico che l’amico Garth Ennis gli rimprovera nella divertente introduzione al primo trade paperback.

Con il numero 13, infatti, la serie passa alla scuderia Vertigo, cambiando sensibilmente atmosfere e tematiche, smussando il gore e gli aspetti più splatter, trovando probabilmente l’apice creativo dei suoi autori con il terzo e quarto volume e, quindi, il suo target definitivo.

Saranno 60 alla fine gli albi usciti, raccolti in 10 TPB (11 in Italia vista la suddivisione in due del secondo volume), accompagnati da due one-shot in formato prestige in cui un nugolo di talentuosi artisti (Tim Bradstreet, John Cassaday, Steve Dillon, Glen Fabry, Tony Harris, David Mack e molti altri) daranno la loro versione dei protagonisti della serie, accompagnati da brani tratti da articoli, ovviamente scritti da Warren Ellis, che nella finzione narrativa sono intesi essere opera dello stesso Spider Jerusalem.

Serializzato in 5 anni tra il 1997 e il 2002, Transmetropolitan è una “graphic novel di 1300 pagine” - definizione data dall’autore in persona - che segue le vicende del giornalista/scrittore Spider Jerusalem (con ogni probabilità ispirato alla figura di Hunter S. Thompson, gonzo journalist e scrittore di successo, morto suicida lo scorso anno, autore di Paura e Disgusto a Las Vegas), ritiratosi a vita privata in montagna, ma costretto a tornare nella corrotta città da un contratto firmato 5 anni prima.

L’editore si aspetta che Jerusalem consegni ancora due libri, uno di politica e uno di qualsiasi argomento lo aggradi, e l’unico modo per lui di essere “dentro la notizia” è quello di abbandonare l’isolamento e tuffarsi nelle pieghe purulente di una società ambientata in un futuro distopico, ancorché drammaticamente simile alla realtà che con ogni probabilità Warren percepisce del mondo occidentale odierno.

Apparsoci per la prima volta come una sorta di incrocio tra Jeffrey Lebowsky e Alan Moore, buon amico di Warren Ellis al tempo, la prima cosa cui si dedica Spider Jerusalem è la ricerca di un lavoro per potersi mantenere in città mentre scrive i due libri promessi, e per il nostro protagonista lavoro significa ancora una volta giornalismo d’assalto: ottenuto il posto da un vecchio amico che ha fatto carriera, Spider prende possesso della vecchia topaia che gli è stata assegnata e si da una ripulita in una fantascientifica doccia che in pochi secondi lo rade completamente, mostrando i lineamenti definitivi che ci accompagneranno per tutta la serie (piccola curiosità: una volta rasato Spider assomiglia a Grant Morrison, come lo stesso Grant riconosce in una mini recensione apparsa sul quarto TP della serie).

Queste le premesse per una serie arrabbiata, cinica, ma in fondo carica di speranza, che si occupa tra le altre cose di prostituzione, corruzione, mutanti, traffico di stupefacenti e politica, in un futuro non abbastanza lontano da impedirci di pensare che possa essere dietro l’angolo, in una delle nostre metropoli, probabilmente in una futuristica New York dove povertà, corruzione politica e innovazioni tecnologiche procedono di pari passo.

L’obiettivo finale di Spider Jerusalem, antieroe, cattivo schierato dalla parte dei buoni, è la verità, non la giustizia sociale, obiettivo per cui non esiterà a mettersi contro il corrotto presidente degli Stati Uniti d’America: sebbene si tratti perlopiù di una serie prettamente fanta-sociopolitica, “alla fine Ellis opta per l’ottimismo, scrivendo sulla nozione di un innato senso della responsabilità nella società, di un punto in cui l’apatia viene eradicata” (© Don MacPherson).

Warren Ellis esordisce agli inizi degli anni ’90 nel mondo dei magazine britannici quali Speakeasy, Judge Dredd e Blast!, dove appare Lazarus Churchyard, primo lavoro di una certa rilevanza per l’autore britannico, in cui si possono già notare i temi dominanti della produzione di tutta la sua carriera successiva: il grande senso dell’umorismo, nero soprattutto, il cinismo, l’erosione dei tabù convenzionali della società, il sovraccarico dell’informazione, un urgente desiderio di utopia, contrapposta ai trend distopici imperanti, l’abuso di sostanze stupefacenti, la tecnologia post-umana… Temi pienamente ripresi in Transmetropolitan, dove il divertimento sta tutto nel leggere le osservazioni di Spider e le reazioni al mondo che lo circonda, più che nell’azione o nel dipanarsi della storia: osservazioni non sempre ispirate o particolarmente originali, come probabilmente dovevano essere nell’intenzione dell’autore, ma nondimeno piuttosto piacevoli. Sfruttando la totale libertà creativa offertagli, Ellis ci regala “il suo humor nero migliore, l’odio più puro e un senso di giustizia sibilata tra denti digrignanti” (© Ennis, dall’introduzione al primo volume).

Le matite di Darick Robertson (coadiuvato dalla chine di Rodney Ramos e dai colori di Nathan Eyring) sono di alto livello, sempre al servizio della storia, ma comunque ricche di gusto per il particolare, secondo uno stile che ha reso piuttosto popolare Geof Darrow, autore tra l’altro di alcune delle più belle cover della serie in questione: i personaggi e il mondo in cui si muovono respirano e vivono sulla pagina, la versione del futuro di Robertson è palpabile e reale, piena di dettagli divertenti che ti tengono inchiodato alle tavole anche a lettura finita.

Ordine dei TPB

1) “Back on the street”. Raccoglie i primi 3 numeri della serie.
2) “Lust for life”. Chiude la parentesi Helix, raccogliendo i numeri dal 4 al 12: pubblicato in Italia in 2 volumi, pessimamente tradotti.
3) “Year of the Bastard”. Primo volume Vertigo, numeri 13-18.
4) “The New Scum”. Numeri 19-24.
5) “Lonely City”. 25-30
6) “Gouge away”. 31-36
7) “Spider’s Trash”. 37-42
8) “Dirge”. 43-48
9) “Cure”. 49-54
10) “One more time”. 55-60

Esistono due oneshot, formato prestige (raccolti nel vol. 11 “Tales of Human Waste”), pubblicati in Italia nello speciale "Transmetropolitan: Edizione Straordinaria".

1) “I Hate it Here”
2) “Filth of the City”



Il primo volume uscì nel dicembre del 1998, quando Warren Ellis era pressoché uno sconosciuto presso il pubblico italiano, o perlomeno lo era per me. Ricordo che fu invitato a Trieste (città che ispirò un paio di trovate narrative in Authority: per esempio le navicelle aliene sagomate sui “bloody scooters” che sfrecciavano a destra e sinistra dell’auto che lo accompagnava nei suoi giri per la città o il Principe Lorenzo, dal nome dell’anfitrione triestino che lo aveva invitato e coccolato durante la sua permanenza a Trieste ;-) ) dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione, da Fu.Cine. Mu.Te e da Cappella Underground (che 3 anni dopo avrebbero rianimato il vecchio festival della fantascienza triestino, dandogli nuovo lustro e invitando negli anni anche grossi nomi del comic-dome usa, quali Neil Gaiman e Dave McKean e presentando in anteprima Mirrormask, il bellissimo film che i due hanno fatto assieme).

Fecero al mattino una conferenza sul futuro del fumetto, in particolare sulle possibilità dello sviluppo del fumetto digitale (fatto e creato per essere consumato solo ondine… non si parlava ancora di boomdotti e balle varie… ;) ), sui tentativi fatti in tal senso dalla Marvel. A seguire, la proiezione di Small Soldiers, che c’entrava come i cavoli a merenda, ma che era l’unico motivo che mi aveva spinto a partecipare alla conferenza, durante la quale però lessi il primo TP italiano di Transmet, spinto dalla curiosità di sapere chi diavolo fosse ‘sto Ellis, autore che mi era stato presentato come il prossimo scrittore di Hellblazer, allora mia serie preferita.

Credo non serva specificare che Trasmet mi colpì tantissimo, tanto da spingermi a partecipare anche alla conferenza pomeridiana (più prettamente nerd-fumettistica) e tanto da farmi scegliere il nickname Spider Jerusalem nella prima incarnazione dei forum Panini e Comicus (si parla dei lontani fine 2000, inizio 2001). Avevo ancora i capelli, allora. :-D

Da notare che tra il primo TP Play e il secondo passeranno circa 3 anni, quindi tutto ciò che sapevo della serie era racchiuso in quel primo smilzissimo volume, che evidentemente non fu cacato di striscio nemmeno in Italia. Punto di svolta delle vicende editoriali di Trasmetropolitan saranno i trambusti interni alla Magic che porteranno alla morte del Corvo Presenta e alla nascita di Vertigo Presenta. Pasquale, deluso dal comportamento di Dark Horse e Dave Lapham nella gestione dei diritti di Stray Bullets (ne sai qualcosa?), decide per una svolta radicale nella rivista ammiraglia: via dal Corvo tutto il materiale extra Vertigo e varo di una nuova rivista tutta made in DC Comics. La scelta delle testate non è semplice, bisogna affiancare ai cicli finali di Preacher un titolo che sappia raccoglierne il testimone: viene individuata la serie di Transmetropolitan, i cui diritti appartenevano alla Play dai tempi della Helix e del loro primo italico volume, ma che sembra dimenticata nel limbo dei progetti abortiti dall’editore romano di bats e supes.

Siamo nell’estate del 2000, la Play probabilmente sente odore di successo commerciale (se lo vuole la Magic vuol dire che dev’essere buono… ;) ), si sveglia dal coma e fa in modo che il tentativo di accaparrarsi i diritti da parte della Magic non vada a buon fine: Pasquale è costretto a dirottare sul bellissimo Hellblazer di Azzarello e Corben (meglio così, almeno abbiamo avuto dose doppia di J. Constantine!) e la Play decide di riprovarci con le gesta di Spider Jerusalem, riproponendo il primo volume e dando alle stampe un frettolosissimo secondo volume (siamo già nel 2001), caratterizzato da pessime traduzioni e un lavoro di supervisione ai testi praticamente nullo (viene il lecito dubbio che non abbiano proprio capito quello che stavano leggendo, traducendo ed editando). Nonostante tutto, Transmetropolitan piace, sarà che i tempi sono più maturi, sarà che molte più persone conoscono Ellis da Authority e Planetary, fatto è che la pubblicazione dei volumi procede con ritmo incalzante, raggiungendo (e superando?) la raccolta in volumi fatta dalla DC Comics. Il resto, come si suole dire, è storia.



Andrea Martin





Carlo Del Grande
Torna in alto