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Sarah Passacantilli

Sarah Passacantilli

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Alvy Ray Smith: fondatore Pixar e pionere CGI, intervista esclusiva

Ormai la computer graphic è una tecnica avanzata e consolidata e la sua applicazione nel mondo dell'arte, della tecnologia e dell'animazione è fondamentale. Fra le figure più importanti per lo sviluppo di questa tecnica un posto d'onore spetta a lvy Ray Smith, fondatore Pixar e pionere CGI, che abbiamo avuto il grande privilegio di intervistare durante la View Conference 2014 di Torino.

Intervista a cura di Sarah Passacantilli con la collaborazione di Gennaro Costanzo

Italian/English version.

Benvenuto su Comicus!
Negli ultimi anni la cgi ha ormai messo in secondo piano l'animazione tradizionale. Vi immaginavate quando muovevate i vostri primi passi uno scenario del genere? Secondo te, perché oggi tutti preferiscono vedere film con questa tecnica?

Questa è un'ottima domanda! Ti confesso che non saprei cosa rispondere. Adoro ancora l'animazione tradizionale, è una nobile forma d'arte e spero non muoia mai. Ad esempio, qualche anno fa è uscito un film, L'Illusionista, che è meraviglioso ed è completamente in 2D. Forse si tratta solo del fascino verso ciò che è nuovo, perciò il pubblico oggi predilige molto di più produzioni in 3D. Personalmente però non lo capisco, e mi chiedo anch'io perché la gente preferisca lo sculpting al disegno tradizionale. Sono semplicemente due cose diverse.

Dalla tua biografia si legge che hai imparato la pittura ad olio da suo zio. Come è passato da una tecnica tradizionale allo sperimentare nella Computer Graphic? Quanto ti è stato utlile imparare quella tecnica?
Credo che sperimentare con la grafica computerizzata si possa considerare una conseguenza del mio amore per la pittura che, come hai accennato, ho imparato da mio zio. Il mio primo approccio con la grafica computerizzata è stato con un programma di pittura. Un mio amico, Richard Shoup, che tutt'oggi è il mio migliore amico, ha costruito il primo apparecchio al mondo con cui fosse possibile dipingere, il primo computer con un programma di pittura, SuperPaint. E questo è successo nei primi anni '70. Siccome eravamo amici, mi ha invitato al suo studio per lavorarci ed è stato amore a prima vista. Mi sono fatto assumere alla Xerox PARC come artista per mostrare SuperPaint e diffonderlo. In pratica si trattava di un programma di simulazione di pittura tradizionale su un computer, ma dopo un po' ho capito che poteva potenzialmente essere molto più di questo, ed ho iniziato a domandarmi: fin dove può arrivare? È un mezzo completamente nuovo, scopriamo di cosa è capace.

Oggi la CGI è un campo affermato e con una sua storia alle spalle, ma com'era lavorare in computer graphic fra gli anni '60 e '70? Che differenza c'è nel lavorarci oggi?
Era una tortura vera e propria! I computer erano incredibilmente lenti, non puoi nemmeno immaginare quanto. Se pensi che i computer sono diventati dieci volte più veloci in soli cinque anni, puoi capire di cosa sto parlando. Quando ne parlo ai giovani, non vogliono ascoltare, e d'altronde perché dovrebbero? Però era davvero un milione di volte più lento di oggi, era così difficile lavorarci.

Puoi parlarci delle tue prime esperienze alla LucasFilm, e della nascita dei Pixar Animation Studios? Com'era lavorare con Edward Catmull e George Lucas?
Io ed Edward Catmull abbiamo lavorato insieme per sedici anni, sin dalla metà degli anni '70, poi per tutti i primi anni della nascita della Pixar e per tutti gli anni a seguire. È un uomo fantastico. Ci conosciamo davvero a fondo, e abbiamo fatto tutto insieme alla Pixar per tantissimo tempo. Al contrario, George Lucas era davvero timido, ci ho parlato saltuariamente ma si è sempre trattato di conversazioni molto brevi, e sempre di lavoro, non abbiamo mai parlato di qualcosa di personale, ma era più una cosa del tipo "Cosa ci inventeremo per la prossima sequenza?".

Come ti è venuta l'idea per il software Altamira, il canale alpha e tutti gli altri concetti che sono fondamentali per qualsiasi immagine processata al computer oggi?
Sono molto orgoglioso del canale alpha. Io ed Edward lo abbiamo sviluppato insieme a metà degli anni '70, quando lavoravamo a Long Island. Quando lo abbiamo creato non ci sembrava che fosse qualcosa di così importante, perché avevamo un problema da risolvere al computer e ci siamo inventati l'alpha come soluzione. Solo più tardi abbiamo capito l'importanza che avrebbe avuto. Ti senti un po' come il primo esploratore di un nuovo continente, ed hai la possibilità di dare un nome a tutto, di sceglierti l'equipaggio, e forse non era nemmeno così importante come idea come molte persone lo percepiscono, ma siamo stati i primi a farlo, e questo conta molto.

Cosa credi dovremo aspettarci dalla grafica computerizzata? Cosa prevedi accadrà nel futuro prossimo, considerando che il digitale nei film ha già fatto passi da gigante in pochissimo tempo (basi pensare al fotorealismo presente nel cortometraggio Pixar "L'Ombrello Blu"?
Credo che si concentrerà sugli esseri umani, nel senso che siamo molto vicini al poter rappresentarli al cinema con la grafica computerizzata in maniera così efficace che il pubblico non si accorgerà di star guardando delle sequenze generate al computer. Non sto dicendo che presto rimpiazzeremo gli attori reali, assolutamente no, perché non abbiamo la minima idea di come riprodurre la recitazione al computer - però possiamo avere attori reali che guidano la recitazione di personaggi creati in digitale in maniera accurata. Di questo ne sono sicuro, d'altronde è già successo ad esempio ne "Lo strano caso di Benjamin Button", in cui Brad Pitt c'era e non c'era, e nessuno ci ha fatto caso. Credo sia fattibile, e scommetto che succederà entro il 2020.


English version


Over the last few years, the CGI has put the traditional animation to the background. Did you ever imagine such a scenery back when you were moving your first steps towards this direction? Why do you think everybody prefers watching movies done with this tecnique today?
That's a very good question! You know, I don't know the answer! I still love traditional animation, it's a great art form, so I hope it doesn't die. For example, there was a movie done few years ago called The Illusionist, which it's beautiful but it's two dimensional. Maybe it’s just the appeal of the new, that’s why people like all of this 3-D stuff so much more. But I don't really understand it, so I wonder too, why people prefer sculpture over painting? They're so very different.

From your biography we learnt that you were taught the oil painting tecnique by your uncle. How did you go from a traditional tecnique to experimenting CG? How useful do you think it has been for you to learn that tecnique?
Well, I guess experimenting with CG it's the result of the painting. and that's true that I learnt it from my uncle. My first breaking in Computer Graphics happened to be a painting program. My friend, Richard Shoup, who is still my best friend, built the first machine in the world which you could paint with, the first computer that had a paint program on it, SuperPaint. That was in the early 70s. And since he was my friend, he invited me into his studios and I fell in love with it. I got myself hired at Xerox PARC too as an Artist to show it off, so basically it was a simulation of traditional painting on a computer. But after a while I realised this could be so much more than traditional painting: where can it go? This is really a new medium! Let's find out what this new medium can do.

Today, the CGI is extremely successful and it's got his own history, but how was it to work with it between the 60s and the 70s? What's the difference with working with it today?
It was a torture, it was so hard! The computers were so slow, unbelievably slow, you just can't imagine it. Computer got ten times better in five years, so you can easily see how bad it was. When I talk to young people about this they just don't wanna hear it. They cannot hear it, and why should they? But it was bad, it was slow, you won't believe how slow it was. It was basically a billion times slower than now. It was so hard.

Can you tell us about your very first experiences with the LucasFilm department and the birth of Pixar Animation Studios? How was it to work with Edward Catmull and George Lucas?
Ed Catmull and I have worked together for 16 years starting in the mid 70s and all the way throughout the spreadout of Pixar and all the years afterwards. He's a wonderful man. We know each other inside and out and did everything together for so many years. George Lucas, on the other hand, was so shy, I did talk to him occasionally but it was always short talk, it was not friendly talk or person to person talk, it was a "What are we going to do on the next shot?" kinda talk.

How did you come up with the idea of the Altamira software, the alpha channel and all the other concepts that are fundamental for any digital image processed today?
I'm pretty proud of the alpha. Ed and I came up with it together, way back on Long Island in the mid 70s. It was really not a huge thing when we sort of did it because we had to solve this problem and that was the solution. And that was later when we realised how a big deal it was. I'm saying that it's like when you're the first explorer on a new continent and you get to name everything, you get to pick all the crew, and maybe it wasn’t as intellectually grand as people made it, but we were there first and we got to do it.

What do you think we should expect as for computer graphics? What do you foresee in a not too far future, considering digital has taken one step forward in such a little time already (think of the photorealism in the Pixar short "The Blue Umbrella")?
I think it's human beings. I think we're getting very very close to be able to represent human beings on the movie screen with CGI so effectively that the audience won’t know or feel that it is CGI they were looking at. I'm not saying we are going to replace actors and actresses, no way, we haven't got a clue about how to do acting with computers, but we can have actors drive the screen representations in a very, very effective way. I'm sure of it, and we have already done it and it was The Curious case of Benjamin Button. There was Brad Pitt in there and there wasn't Brad Pitt, and yet nobody knew and nobody cared.  I think it's doable, my guess is by 2020.

Guardiani della Galassia: intervista a Kyle McCulloch, supervisore VFX del film

Esce oggi nelle sale italiane l'atteso Guardiani della Galassia, successo mondiale da oltre 700 milioni di dollari. Per l'occasione abbiamo intervistato durante la View Conference 2014 di Torino Kyle McCulloch, supervisore VFX della pellicola, che ci spiega le sfide che ha dovuto affrontare per portare l'affascinante mondo dei Guardiani sul grande schermo.

Italian/English version.

Qui, invece, trovate la nostra recensione.

Intervista a cura di Sarah Passacantilli con la collaborazione di Gennaro Costanzo e Giorgio Parma

Parlaci del tuo coinvolgimento in Guardiani della Galassia. Conoscevi già prima i personaggi?
Il mio coinvolgimento in Guardiani della Galassia è iniziato l'anno scorso, nel mese di maggio, prima che iniziassimo a girare il film. Ad essere sincero non ne conoscevo bene i personaggi prima che cominciassi a lavorarci, quindi sono andato in un rinomato negozio di fumetti, ne ho comprati un bel po' e mi sono acculturato a riguardo. Ho fatto una sorta di "corso intensivo" sul fumetto sin dal primo momento in cui mi sono trovato sul set del film, e grazie a questo ho appreso moltissime cose sui personaggi e sul come si sarebbero presentati.

Come è stato lavorare con James Gunn su di un progetto così particolare ed innovativo, una vera sfida per la Marvel? Cosa puoi dirci, invece, di Stéphane Ceretti, il supervisore degli effetti speciali, e del tuo lavoro in generale per Framestore? Sappiamo che hai lavorato su Iron Man nel 2008, un altro film Marvel, con una compagnia diversa ossia The Orphanage. Com'è stato lavorare con Framestore su un'altra produzione Marvel?
Collaboro con Framestore ormai da cinque anni, e devo dire che è una compagnia fantastica. È molto importante a livello mondiale, è specializzata negli effetti speciali, e per me è molto stimolante far parte di un'azienda con così tante risorse, perché questo vuol dire che abbiamo la possibilità di lavorare su progetti impegnativi e conseguire dei risultati straordinari. È sempre eccezionale lavorare per clienti come la Marvel: sono esigenti e pretendono sempre il meglio, e sono instancabili nel perseguire il loro obiettivo di ottenere un film più interessante possibile. Tuttavia preferisco lavorare per clienti rigorosi e perfezionisti, perché alla fine è decisamente più appassionante far parte di un film importante come Guardiani della Galassia.
Non potrò mai elogiare abbastanza James Gunn. Ha avuto sin dall'inizio un'idea molto chiara su come voleva impostare il film e sulla tipologia dei personaggi, e credo davvero che è per la maggior parte merito suo se il film è riuscito così bene. È stato fantastico anche lavorare con Stéphane Ceretti; è così calmo e composto sul set, ed è stato piacevole collaborare con lui. Aveva il difficilissimo compito di incastrare tra di loro i render di 22 effetti speciali diversi ai Marvel Studios, e credo abbia fatto un lavoro meraviglioso, e che il risultato finale del film sia una prova evidente del suo impegno.

Siamo particolarmente interessati a Rocket, il procione del film. Puoi parlarci brevemente delle sfide tecniche che hai dovuto affrontare per questo personaggio, come il rigging (dal momento che è così espressivo) e le sue caratteristiche fisiche (come il pelo)?
Hai sicuramente centrato due delle grandi sfide che abbiamo affrontato con il personaggio di Rocket. Riuscire a renderne il pelo è stata una prova molto dura, perché i procioni hanno una pelliccia molto complessa: non è composta solo da un colore, ma ogni singola parte può presentarne tre o quattro, ed oltre a questo hanno due strati di pelliccia diversi, uno inferiore e uno superiore, dal pelo più lungo. Abbiamo passato mesi a fare ricerche per rendere il pelo realistico e per creare una tecnologia che ne potesse esprimere la densità e la complessità. Oltre a questo, abbiamo dovuto sviluppare nuovi tool di simulazione, perché volevamo ottenere una performance più naturale possibile. Quindi abbiamo creato un software nostro, per riuscire a sumulare ogni parte della pelliccia e combinare al meglio i movimenti dei personaggi con i personaggi stessi nella maniera più accurata possibile. Il rigging della testa di Rocket ha presentato anch'esso numerose sfide perché il muso è stato particolarmente difficile da rendere. Per personaggi animati, bisogna scolpirne la forma della testa e gli animatori ci lavorano sopra per costruirne una performance credibile. Ma per Rocket la cosa più difficile è stata cercare di non nascondere i dettagli che avevamo scolpito dopo averlo coperto con la pelliccia. È stato un lavoro enorme cercare di "costruire" un personaggio che potesse rimanere espressivo sotto uno strato di pelliccia, per non parlare dei costumi, a loro volta molto complessi, che hanno presentato ulteriori sfide.

Cosa puoi dirci di Knowhere? Non è uno spazio aperto, quindi deve essere stato particolarmente difficile renderizzare le luci su un ambiente così, specialmente durante le sequenze che presentano inseguimenti ed esplosioni. Puoi parlarci di qualche dettaglio tecnico?
Knowhere è stato finora l'ambiente più impegnativo che Framestore abbia mai dovuto affrontare, in parte a causa delle richieste che ogni sequenza aveva. Non potevamo semplicemente costruire un ambiente con un design opaco e dipingere a mano ogni angolo, soprattutto perché avevamo bisogno di un mondo completo in cui far interagire a 360 gradi i personaggi, così ne abbiamo costruito uno reale.  Abbiamo creato molti strumenti digitali così che potessimo lavorare su un set di modelli abbastanza ristretto - Knowhere è composta da 250 modelli individuali utilizzati come construction kit, e da edifici e strutture sempre più complesse. In aggiunta a questo, abbiamo usato uno strumento per renderne l'illuminazione che ha rappresentato una sfida impegnativa. Siccome lavoravamo in un set reale, e siccome abbiamo costruito tutti questi modelli digitalmente, abbiamo dovuto inserirvi le luci una ad una. Abbiamo affidato questo lavoro ad uno scrupolosissimo team di lighters, che hanno letteralmente posizionato decine di migliaia di luci su tutti gli edifici e tutte le strutture, così che quando i personaggi volano intorno a Knowhere nel film, ogni luce stradale che si vede, ogni lampione e ogni architettura hanno una luce reale che il team ha posizionato e abbozzato, e credo che per questo il look finale sia favoloso e molto dettagliato. Per quello che riguarda il rendering, inserire tutte quelle luci all'interno di una scena utilizzando un render doveva essere una cosa gestita in maniera efficiente, quindi il nostro team R&D (ricerca e sviluppo) ha implementato un path tracer bidirezionale, che è un metodo col quale possiamo campionare le nostre luci in maniera più effettiva, così come il maneggiare l'ambient occlusion, dal momento che ogni scena in Knowhere ha circa 2000 luci individuali. Così facendo, si può aprire una scena e renderizzarla in maniera molto efficiente, in parte grazie al fatto che siamo riusciti a crearci da soli tutti gli strumenti di rendering.

Quale è stata la scena più impegnativa da realizzare per il film? Quella che ha richiesto più attenzione e maggiore perizia? Qual è stata invece la più divertente?
La cosa più impegnativa che abbiamo fatto non è stata una singola scena. Credo che in un film come questo dove uno dei personaggi principali è stato generato al computer, la sfida sia stata renderlo credibile, creando qualcosa per cui il pubblico che guardasse il film non pensasse soltanto "Wow, è un personaggio digitale davvero interessante", senza considerarlo un personaggio al pari degli attori reali presenti nel film quando si muove, parla e cammina. Se fossimo stati capaci di ottenere questo risultato, allora poteva funzionare. Siamo molto orgogliosi del lavoro che abbiamo fatto, perché credo che Rocket sia un personaggio credibile. La scea più divertente riguarda sempre lui: è un personaggio scritto davvero bene, e ha dei momenti molto divertenti. C'è una scena ambientata nella prigione, in cui parla a Gamora su un piano di fuga, ed ha questa battuta molto secca in cui dice "pare che questi tizi pelati ti trovino attraente", che ci fa ridere ogni volta che la guardiamo.

Come si riesce a mescolare così bene l'effetto digitale con il set reale? Quali accortezze bisogna adoperare per mascherare i due aspetti e creare e fondere il digitale nel reale?
Credo che parte del motivo per cui il lavoro su Guardiani della Galassia sia così visivamente buono è perché buona parte di esso si basa su elementi reali. La prigione di Kyln è stata il set più grande che la Marvel abbia mai costruito, quindi anche se lo abbiamo esteso digitalmente, grazie ad un ambiente così grande che abbiamo costruito, il film ha di sicuro un look migliore. Le strade di Knowhere e del Collector's Lab sono set reali che abbiamo esteso, cosa che abbiamo preferito all'avere un gruppo di attori che recitassero in un box verde; credo che il risultato finale sia visivamente migliore e apprezzo che la Marvel capisca questo e spenda i soldi necessari per costruire questi set incredibili che aiutano il film ad essere più qualitativamente alto possibile.

Il film dei Guardiani della Galassia è stato un successo planetario, nonostante i personaggi non fossero fra i più celebri della Marvel. A cosa è dovuto, secondo te, tanto successo?
Credo che dipenda molto dal copione e dal modo in cui è diretto un film e, ancora, non potrò mai elogiare abbastanza James Gunn; sin dal principio ha avuto un'idea molto chiara su come dovesse essere il film, ha lavorato molto sul copione, ne è stato coinvolto completamente sin dall'inizio ed era molto deciso su come volesse rappresentare i personaggi. Credo che vedere una rappresentazione così fedele di quella che è la sua visione del film sullo schermo faccia sì che il pubblico vi si trovi molto in sintonia. Così facendo, insieme alla performance di attori davvero brillanti, si finisce per avere un prodotto con cui sentirsi connessi sia come artista che come spettatore. Credo sia un talento straordinario e che qualsiasi cosa faccia valga la pena di essere guardato.

Prossimi progetti all'orizzonte? Ce ne sveli qualcuno?
Beh, non posso dirti di preciso su cosa sto lavorando, ma siamo molto fortunati, c'è molto lavoro da fare nel campo degli effetti speciali e Londra è sempre più in fermento da questo punto di vista. Framestore ha molti progetti interessanti in corso, stiamo per finire il lavoro su Paddington Bear, per cui sono molto emozionato perché credo che sia visivamente eccezionale, mentre per il prossimo anno abbiamo quattro o cinque progetti in cantiere. Il prossimo su cui ho lavorato sarà presentato a Dicembre, tenete gli occhi ben aperti per un film ambientato a Neverland. È tutto ciò che posso dirvi!

GOTG FRAMESTORE VFX 04


English version


How have you been involved in the making of the Guardians of the Galaxy? Did you know the characters already?
I became involved in Guardians of the Galaxy last year around May, before we started shooting the film. I actually didn't know well the characters before we started the work, so I went to a famous comic book store, bought a bunch of the comics and educated myself. There has been a bit of a crash course for me since we got on the film set, so I have been learning about these characters and designing how they were gonna be.

How was it to work with James Gunn on such a peculiar and innovative project, a real challenge for Marvel? And what about Stéphane Ceretti, the Production VFX supervisor, and the work at Framestore in general? We know that you have worked on Iron Man in 2008, another Marvel movie, with a former VFX company (The Orphanage); how is it to work now with Framestore on another Marvel production?
I've been at Framestore for about five years, and I have to say it's an amazing company. It's a very big  global visual effects firm, and it is really exciting to be part of a company with a lot of resources, which means we get to work on really big projects, and achieve pretty remarkable things. Marvel, as a client, are always great to work for: they're tough, they demand the very best and they are tireless in working towards making the most interesting movie they can. But I'd always rather work for someone who demands a lot, because in the end it's always more exciting to be part of a great film. James Gunn is a director whom I can't speak highly enough of. He had a very clear vision from the beginning about what this movie was and who these characters were, and I really think it's down to him and his vision that the movie came out as well as it did. Stéphane Ceretti was amazing to work with; he is so calm and collected and great on set, he was always fun to work with. He had the difficult task of trying to entangle 22 visual effects renders at Marvel studios, and I think he did a fantastic job, and that the result of the film shows how much hard work he put in.

We feel particularly interested in Rocket, the raccoon in the movie. Can you briefly tell us about the technical challenges you had to face during your work on this character, such as the rigging (being so expressive) and its physical aspect (like the fur)?
You totally touched two of the big challenges of the Rocket character. Fur was a major challenge, in part because raccoons have really complex fur: the hair isn't just one colour, each hair could be three or four colors, and on top of that they have two different layers of furs, so they've got a down hair and then the long hair. We spent months researching the way the hair worked and building a technology that could express the density and the complexity of the groom that we were gonna have to build for him. On top of that, we had to develop new simulation tools, because we wanted to get the most naturalistic performance that we could. So we built our own software in order to simulate every hair in the groom, to make sure that they were colliding the moving with the characters as accurately as possible. Rigging off the head had a huge number of challenges,  and the face was especially difficult. For animated characters, you sculpt their face shape and the animators work to build a performance. But what was hard for Rocket was that once you put the fur on him, you were hiding all the different shapes and sculpts that we had done all this work on to design; they really have their work cut out for them in figuring out how to build a character who could be expressive underneath a layer of fur, and that was to say nothing of the costumes, which were really complicated and provided their own challenges.

What about Knowhere? It isn't an open space environment, so it must have been extraordinarily difficult to render the lights on it, in particular during sequences with chasings and explosions. Can you tell us some technical detail about it?
Oh Gosh, yes! Well, Knowhere was by far the biggest environment that Framestore has ever tackled, in part because of the demands of all the sequences which were going to take place in it. We couldn't really just build an environment that used a lot of matt painting and paint your way out of it, but because we needed to fly around and have a bit of a fully realized world, we were going to have it built for real. So we built a bunch of in-house tools so we could actually work on a very small set of models - Knowhere is made up of 250 individual models which we then used as construction kit, and then build more and more complex buildings and structures that made up the rest of the place. On top of that, we had the light tool which was definitely a challenge. Because it was a real set and because we built all those models, we have put on it the lights, so we had a dedicated team of lighters whose job was to go and place literally tenths of thousands of lights on all the buildings and all the structures. So, as you're flying around Knowhere in the film, every street light you see, every lamp and every architecture, each one of those has a real light that the environment team went, placed and hand-drafted and I think it really looks better for it, it gives a very detailed feel to it. On the rendering side, putting all those lights into a scene using a render was hard - we knew we were gonna have to find a way to manage that many light efficiently, so actually our R&D (research & development) team has implemented a bidirectional path tracer, which is a method by which we can more efficiently sample our lights and handle ambient occlusions, meaning that we could do charge in Knowhere, where I think one shot has 2000 individual lights on it. So you could open a scene like that and you could render it with such efficiency in part because we were able to write all the rendering tools.

Which was the most challenging scene to make for the movie? The one which required more competence and expertise, and why? And what about the funniest one?
The most challenging thing we did wasn't much on one scene, but I think for a movie like Guardians of the Galaxy, where one of the main characters has been computer generated, the challenge was: how do we make the Rocket raccoon believable? Can we create something in which an audience who is watching the film isn't just sitting there thinking, "wow, that's a really interesting looking CG", but instead they just see Rocket and see him speaking and walking and talking and just see him as another character in the film. And that was the make or break for us; if we were able to achieve that and get the audience to believe in him as a character in the film, then it was gonna work. So that was by far the biggest challenge for us, and we are very proud of the work we did because I do think Rocket is a believable character. The funniest scene we did is about Rocket who is just written so well, and he had all of these great moments; he has this moment in the prison when he is speaking to Gamora about how they were going to escape, and he has this line when he accuses her and says something like “Apparently these bald guys find you attractive”. It's a really dry line and every time we watched it, it cracked me up.

How well can the visual effects be mixed with  a real life set? Can you tell us any of your technical mastery used to merge any digital aspects into reality?
I think part of the reason why the work in Guardians of the Galaxy looks so good is because a lot of it is real. The Kyln prison was the biggest set Marvel has ever built, so even though we did go in and after extend it, having such a massive real thing that was built I think gives the movie a better feel. You could say how the streets of Knowhere and the Collector’s Lab were real sets which we were extending is better than having an actor standing in a green box; in the end I think they look and feel better for it, and I appreciate that Marvel understands that and spends the money to make these incredible sets that really help the film look at its best.

The Guardians of the Galaxy movie has been a worldwide success, in spite of the fact that the characters weren't the most famous among Marvel ones. Where do you think all this success comes from?
I think it comes down to the writing and the directing, and I can't speak highly enough of James Gunn; he had such a clear vision from the very beginning, he covered the script and was so involved from the very beginning and knew who these characters were. I think it shows and I think seeing such a true representation of his vision on the screen makes people connect with that. He knew what he wanted to make and he made it, and these characters are characters that he created, and I think that shows through. This, combined with the performances from brilliant actors makes you end up with something you can really connect with as an artist, or as an audience. I think he's really a fantastic talent and I think anything he does is going to be something worth watching.

Any upcoming projects or plans you have that you can tell us about?
Well, I can't quite tell you what the next thing I'm working on is, but we're very fortunate, there's a lot of visual effects work being done and London is as dizzy as ever. Framestore has a lot of really exciting projects right now, we're about to finish work on Paddington bear, which I'm really excited for and I think looks great, and the next year we got four or five big projects we're gonna be working on. My next one will be coming up in December, and keep your eyes peeled for something in Neverland. Its' all I can say!

Frozen - Regno di ghiaccio: intervista agli animatori Lino DiSalvo e Alessandro Jacomini

Intervista a a cura di Sarah Passacantilli con la collaborazione di Andrea Fiamma.

Domani, 19 dicembre 2013, farà il suo esordio nei cinema italiani Frozen - Il Regno di Ghiaccio (sito ufficiale), nuovo classico Disney diretto da Chris Buck (Tarzan, Surf’s Up) e Jennifer Lee (sceneggiatore di Ralph Spaccatutto).
In Frozen – Il regno di ghiaccio, Anna, valorosa e ottimista, intraprende insieme al coraggioso uomo di montagna Kristoff e alla sua assistente renna Sven, un viaggio epico, durante il quale incontrerà creature fantastiche, un buffo pupazzo di neve di nome Olaf, montagne alte come l’Everest e magia dietro ogni angolo. Un’avventura da brivido alla ricerca della sorella Elsa, per salvare il regno di Arendelle da un inverno senza fine.

Per l'occasione, Comicus ha intervistato due animatori di origine italiana, Lino DiSalvo e Alessandro Jacomini, che ci hanno parlato della nuova pellicola e di molto altro ancora...

Buona lettura!

Intervista a Lino DiSalvo

disalvoSu Frozen - Il regno di ghiaccio hai svolto il ruolo di Head of Animation (che immaginiamo sia il supervisore alle animazioni). Ci spieghi in cosa consiste il tuo lavoro

Noi supervisori alle animazioni siamo un po' come i direttori di un'orchestra. Lavoriamo a stretto contatto con gli animatori, ed ovviamente anche con i registi. Il nostro lavoro consiste nell'esaminare e rivedere le scelte effettuate sulla recitazione dei personaggi ed assicurarci che, da questo punto di vista, si riesca a conferire la migliore qualità possibile a un film. Gli animatori con cui ho lavorato hanno del talento da vendere, in questo mi sento davvero fortunato. Ho lavorato su questo film sin dai suoi stadi iniziali - i personaggi devono essere all'altezza della storia narrata, ed anche riuscire a combinare certe scene del film a un determinato tipo di musica fa parte del mio lavoro. Ad esempio, aiuto gli animatori a conferire una determinata espressione ai personaggi, a rendere una scena divertente, o se deve essere triste a renderla il più triste possibile, e così via.

Al contrario di molta forza lavoro Disney, non hai studiato alla CalArts (la scuola d'animazione fondata da Walt Disney), ma provieni dalla Vancouver Film School; pensi che questo diverso retroterra abbia influenzato il tuo stile e il tuo modo di lavorare. Se sì, come?
Ho iniziato a lavorare nel settore dell'animazione grazie alla recitazione. Adoro i film, adoro guardar recitare grandi attori, e per me un film di animazione dovrebbe avere queste stesse caratteristiche - è quello che mi piace di più realizzare. Quindi frequentare dei corsi di recitazione - cosa che tutt'oggi faccio, insieme a mia moglie - mi ha portato a lavorare con un acting coach, con la quale ho poi collaborato anche per Frozen. A dire il vero è venuta allo studio ed ha lavorato fianco a fianco con gli animatori. La cosa più importante, per me, è essere capaci di creare delle performance credibili. Sono davvero convinto che un'ottima recitazione equivalga al creare un ottimo film di animazione, e viceversa. Per cui se riesci a perderti nella performance dei personaggi del film, dimenticando che si tratta in realtà di personaggi animati, mi fa sentire come se avessi raggiunto il mio scopo. Per me questo è ciò che rende i film della Disney e della Pixar così unici. Il nostro approccio alla recitazione è molto serio, così come rendere le emozioni dei personaggi realistiche. Vogliamo che questo aspetto sia perfetto: sarebbe facile per noi rendere ogni film, o addirittura ogni scena, troppo da cartone animato, solo perché ne abbiamo i mezzi. Invece credo che al contrario siamo molto sofisticati e delicati nel modo in cui animiamo i personaggi, e alla fine far sì che il pubblico si perda nella bellezza del film è la cosa che mi entusiasma di più.

Sei alla Disney dai tempi di Chicken Little. Hai notato dei cambiamenti - nel modo di lavorare, nell'approccio dopo l'arrivo di Lasseter - nel corso degli anni? A oggi, come giudichi la Disney rispetto al panorama animato statunitense e mondiale?
Come supervisore alle animazioni, lavorare così a stretto contatto con John Lasseter, far sì che si fidasse di me per quel che riguarda il lavoro sullo stile della recitazione dei personaggi e sulle loro performance è un sogno diventato realtà. Essere qui in uno studio che lavora con l'animazione così bene, e poi pensare di lavorare insieme a John Lasseter su Frozen, avere un rapporto di lavoro così magnifico con lui, vedere quanto si fidi delle nostre scelte, e quanto creda in me, è di sicuro il punto più alto della mia carriera. Il fatto è che per me John Lasseter è stato l'inventore dell'animazione in CGI, il creatore di personaggi come Buzz Lightyear, di film come Toy Story, e se faccio quel che faccio oggi è grazie a quello che ha iniziato lui. Quindici anni più tardi, lavorare ad un film come Frozen insieme a lui mi fa pensare "Che altro vorresti dalla vita?". È una sensazione meravigliosa, e i miei amici e la mia famiglia sono tanto entusiasti quanto me. Il mio telefono non ha smesso di trillare per giorni! Mia sorella ha chiamato alcuni miei cugini in Sicilia, ed anche loro erano emozionati per il film. È stato un viaggio incredibile.

Hai lavorato come animatore anche negli effetti speciali? Qual è la differenza tra animare dei personaggi e il lavoro con gli effetti speciali?
Sì, la differenza è che quando stai lavorando con gli effetti speciali - come quando ho iniziato alla Disney lavorando su La carica dei 102, o Il regno del fuoco - stai facendo delle cose che sono quasi invisibili al pubblico, ed il tuo lavoro viene svolto alla fine della creazione del film. Quindi, ad esempio, per La carica dei 102 abbiamo animato dei cuccioli generati al computer, ma se stai facendo bene il tuo lavoro, il pubblico non si accorgerà che ci sono dei cuccioli animati e non veri nel film. Al contrario, in questi film animati partecipi proprio alla creazione del film stesso. Il tuo lavoro inizia dal principio - ad esempio, per Frozen il mio coinvolgimento è iniziato due anni fa, quindi sin dalla stesura della sceneggiatura. Quindi in questo caso stai realizzando il film per intero con il team, non è un lavoro di post-produzione. In film di animazione come Chicken Little o Bolt, o Rapunzel, o Frozen, stai anche creando i personaggi, le scene, aiutando nella scelta del design e del tipo di stile da acquisire. Sento che questo è davvero il mio posto.

Hai avuto modo di vedere gli ultimi sforzi dell'animazione italiana (Pinocchio, Gladiatori di Roma, i due film delle Winx)? Cosa ne pensi, anche dal punto di vista tecnico?
Vederne qualcuno mi ha emozionato, e come al solito la parte che guardo maggiormente è il modo in cui è trattata la parte recitativa dei personaggi. Gli Italiani sono persone molto appassionate ed intense, tant'è che sono orgoglioso di essere figlio di immigrati italiani! Torno in Italia ogni estate, e sarebbe bello poter visitare qualche studio di animazione ed essere coinvolto maggiormente nei progressi fatti dall'animazione italiana. Sento questa connessione con l'Italia che è molto forte!

Glen Keane ha affermato di non gradire particolarmente il lavoro di regista e che preferisce limitarsi a fare ciò che gli riesce meglio, l'animatore. Sei dello stesso avviso o ti piacerebbe prendere controllo di un progetto e realizzarlo alla tua maniera, visto che un animatore è comunque legato al volere del regista?
Credo che lavorare così a contatto con Glen Keane mi abbia influenzato moltissimo nel corso della mia carriera, e la soddisfazione che ricevo nel lavorare con gli animatori è grandissima, per cui non ne sono sicuro. Se trovassi una storia che mi attiri molto forse un giorno potrei dirigere un film, ma la mia esperienza con Frozen ed il piacere che provo nell'animare e vedere il modo in cui il pubblico reagisce a quel che ho creato mi rende molto felice in questo momento. Adoro il mio lavoro, adoro essere il supervisore alle animazioni, così come adoro lavorare con un acting coach e con gli attori. La mia soddisfazione più grande è essere in grado di ricreare la migliore performance possibile dei personaggi insieme agli animatori.

Tra i tutti i tuoi ingaggi, qual è quello a cui sei più affezionato o del quale hai un ricordo migliore?
Facile, è Frozen. Ho supervisionato il lavoro degli animatori per Rapunzel, ed ho anche animato parecchie sequenze con Flynn. Sono particolarmente affezionato a quelle scene perché per me è come se Rapunzel mi abbia aiutato a vedere alcuni aspetti del mio lavoro in maniera più chiara. Poi, come ho detto, lavorare con Glen Keane è stato fantastico. Mi ha aiutato moltissimo nel mostrarmi il modo in cui animare un personaggio per raggiungere delle performance credibili, per cui ho voluto che Frozen fosse un po' come il punto d'inizio del mio lavoro dopo tutte queste esperienze. Lavorare insieme a John Lasseter ed esaminare le animazioni con lui, dargli idee, raggiungere delle decisioni dal punto di vista creativo e lavorare con registi come Chris Buck e Jennifer Lee che hanno creduto molto in me, è semplicemente soddisfacente.

Hai altri progetti in arrivo?
Ne ho, e vorrei poterne parlare, ma non è possibile. Però spero di poter accennare qualcosa presto. Posso solo dire che sono emozionatissimo a riguardo e non vedo l'ora che scopriate cosa la Disney ha in serbo per voi per i prossimi anni. Sarà fantastico!

Intervista ad Alessandro Jacomini

jacominiPer iniziare, puoi parlarci del tuo lavoro per la Disney e, naturalmente, su Frozen - Il regno di ghiaccio, soffermandoti sui suoi aspetti più tecnici?
Ho iniziato a collaborare con la Disney sedici anni fa, con il film Dinosauri. Poi, ho avuto la fortuna ed il privilegio di lavorare su diversi film: gli ultimi sono stati Chicken Little, Bolt, Rapunzel e Frozen - Il regno di ghiaccio, sempre con la mansione di Lighting supervisor, che è appunto, come suggerisce il nome, il supervisore delle luci e dell'aspetto visivo di una scena. Questa è stata anche la mia mansione su Frozen - Il regno di ghiaccio, un'esperienza bellissima, ed ho avuto la possibilità di lavorare su tutte le sequenze con l'Ice Palace, il Palazzo di Ghiaccio del film.

Rapunzel presentava difficoltà a livello tecnico nella resa dei capelli della protagonista, Frozen - Il regno di ghiaccio è stato altrettanto complesso? Quali sono state le sfide maggiori?
La sfida di Frozen - Il regno di ghiaccio è stata sicuramente la resa visiva della neve e del ghiaccio. Ne avevamo già esperienza, ma non avevamo mai realizzato un film con neve e ghiaccio quasi come co-protagonisti, in cui avessero così tanto risalto. In particolare, la complessità non è stata solo nel cercare di creare un tipo di neve o di ghiaccio che fossero fotorealistici - infatti, siamo andati a fare dello scouting in Québec, in un Ice hotel molto bello che ha reso possibile fotografare e filmare il ghiaccio sotto condizioni di luci molto particolari -  ma anche e soprattutto nel cercare di controllare quanto più possibile quell'aspetto ottico. Non potevamo permetterci che un personaggio passasse dietro una lastra di ghiaccio senza che la scena fosse realistica o fotogenica. Per cui abbiamo passato molto del nostro tempo non solo a renderlo fotorealistico, ma anche ad aspirare ad un livello superiore cercando di controllare la rifrazione, i riflessi, l'aspetto di diffusione della luce per cercare di avvicinarci il più possibile all'Art direction, che era il nostro obiettivo. C'è un aspetto legato proprio allo studio dei materiali, sia del ghiaccio in sé che del suo aspetto ottico, ossia come la luce si trasmette sulla sua superficie. Per materiali intendo gli shader, e tutto quel linguaggio tecnico che si usa per far sì che un software di rendering interpreti una superficie e faccia sì che sia trasparente, o che abbia una certa opacità, imperfezione, ecc.

Sei alla Disney dai tempi di Dinosauri, primo film al computer per la compagnia. Come è cambiato il tuo lavoro da allora?
È stato un viaggio bellissimo, impegnativo ma affascinante, perché lo studio è cambiato radicalmente. Intanto la Disney è famosissima per l'animazione tradizionale, ed introdurre la computer grafica fu un esperimento in tempi in cui c'era molta curiosità ma anche in cui si facevano inevitabilmente dei paragoni. Ricordo che negli anni '90 la Disney aveva avuto dei grossi successi con dei film in animazione tradizionale, come Il Re Leone, Aladdin, La Sirenetta, e così via, e per primi avevano intrapreso questa ricerca. Diciamo che con l'acquisizione della Pixar e col fatto che John Lasseter ed Edwin Catmull hanno reso possibile che si abbracciasse in maniera totale questa realtà, hanno compreso come il talento presente nel team dovesse essere diretto in maniera più efficace in modo che lo storytelling diventasse il fulcro principale, e da questa intuizione sono nate delle bellissime esperienze. Credo che negli ultimi due o tre film si vedano bene i risultati di questo grande contributo di Lasseter.

Durante il tuo lavoro vieni a contatto spesso con il regista? Se sì, tra quelli che hai conosciuto, quali sono stati quelli che ti hanno maggiormente colpito (per stile, indicazioni specifiche ecc..)? Qual è stato inoltre il ruolo di Lasseter nel tuo lavoro?
I registi di Frozen sono Chris Buck e Jennifer Lee, e la collaborazione è stata continua. Il bello di fare film di animazione è che si è estremamente collaborativi, sia che si stia a contatto con i registi che con gli Art director, i Production designer, e tutti gli attori dell'impresa, soprattutto quando si entra nella fase finale che praticamente nell'ultimo anno di lavorazione di un film è quotidiana. Questo è il momento in cui si mostra il lavoro fatto a tutto il team, in cui si hanno conversazioni, momenti di confronto. I registi sono anche presenti nella fase di ricerca in cui si raggiungono certi traguardi, ossia certi momenti chiave in cui si mostra il proprio lavoro. John Lasseter è presente nello studio periodicamente: viene ogni settimana per due o tre giorni ed è sempre in contatto con la produzione. Ama seguire ogni progetto sin dal suo concepimento e chiaramente più si avanza nello stato di produzione, più il suo coinvolgimento è presente ed è come una sorta di grande riferimento per tutti in quanto è sempre molto positivo, pieno di ottime idee, ha il talento di cogliere sempre l'aspetto che conta. Spesso ci chiediamo, "Perché non ci abbiam pensato noi?" Ecco, lui ha questo dono del buonsenso davvero unico.

In Rapunzel ci furono dei riferimenti a dei classici Disney, come ad esempio Cenerentola. Ve ne sono anche in quest'ultimo film?
Nei film Disney ci sono sempre riferimenti ai classici, nel senso che i classici sono sempre dei grandi spunti per idee e per un certo tipo di bellezza senza tempo. Cerchiamo quindi di rendere una storia che speriamo sia un classico in maniera anche contemporanea perché il pubblico è cambiato, ed è cambiato anche il modo in cui si vedono i film. Non c'è un film in particolare a cui ci siamo ispirati per Frozen, ma sicuramente è d'obbligo menzionare La bella addormentata per l'aspetto dell'eleganza. Può essere un buon riferimento, ma in generale tutti gli elementi di grande eleganza dei film del passato sono stati rivisti, e l'aspetto di un look elegante, raffinato è sempre stato l'obiettivo principale in qualsiasi conversazione avessimo. Per esempio credo che il livello di ricerca e di raffinatezza nello studio dei costumi dei personaggi sia raro da trovare in un film in computer grafica, perlomeno a questo livello. Sicuramente è stato un aspetto estremamente ricercato per quel che riguarda i personaggi.

Quanto è durato il tuo lavoro su Frozen - Il regno di ghiaccio?
Ho iniziato due anni e mezzo fa. Ho avuto la fortuna di cominciare durante i primi test e  la realizzazione dei primi studi. Diciamo che è un modo molto privilegiato di fare delle esperienze su un film, perché si ha la fortuna di seguire tutto l'aspetto non solo di esecuzione, ma anche di concepimento dello stesso, insieme a tutte le varie interazioni e per arrivare al prodotto finale, per le quali si effettuano tantissimi studi per quanto riguarda gli ambienti, i personaggi, le luci e il look. C'è tantissimo lavoro che poi in un certo senso viene distillato nel film, nel senso che non si vede a primo acchitto ma che poi nel prodotto finale ne cambia la resa in maniera fondamentale.

Qual è stata la sequenza più complessa da realizzare?
Ho avuto la fortuna di lavorare in tutte le sequenze con l'Ice Palace, che è stato sicuramente l'aspetto più complesso del film.  Devo dire che la canzone Let it go è stata un tour de force, ed in particolare l'ultima parte, quando Elsa costruisce l'Ice Palace. è stato un numero enorme di ore di lavoro e di persone che vi hanno collaborato, di tanti studi, di tanto sforzo ma anche molto gratificante alla fine, perché si percepisce, nel vederlo, che tante cose si sono allineate nel verso giusto.

Tra i tutti i tuoi ingaggi, qual è quello a cui sei più affezionato o del quale hai un ricordo migliore?
Solitamente è sempre l'ultimo, ma in particolare il lavoro su Frozen - Il regno di ghiaccio è stato eccezionale, perché dal punto di vista della complessità credo che sia tra i più articolati su cui abbiamo lavorato, se non il più complesso. Pensate che abbiamo avuto anche meno tempo rispetto ad altri film precedenti perché è un film che doveva uscire un anno più tardi, e invece è stato anticipato. Poi devo ripetere che lavorare su questi film che ricordano un po' i classici Disney è sempre una bella esperienza.
 
Hai altri progetti in arrivo?
In questo momento ci sono delle idee per il mio prossimo progetto, però è un po' prematuro parlarne. Posso solo dire che sarà un'altra bellissima produzione, per cui mi sento fortunato.

Ribelle - The Brave - Virtual Round Table con Tia Kratter (Art Director)

In occasione dell’uscita in DVD e Blu-Ray di Brave – Ribelle, la tredicesima hit consecutiva dello studio di animazione Pixar, si è tenuta una tavola rotonda virtuale con Tia Kratter, uno dei Direttori artistici del film, e parte del team Pixar sin dal 1993, anno in cui ha lavorato sul primissimo Toy Story. Durante la tavola rotonda, in cui abbiamo avuto l’occasione unica di porre alcune domande a Tia Kratter, è stato proiettato in streaming uno dei contenuti esclusivi di questa edizione home video del film, chiamato Brave Old World, in cui il team artistico della Pixar esplora da vicino la bellezza dei paesaggi delle Highlands scozzesi, mentre spiega il modo in cui tutti questi dettagli sono stati incorporati da modelli reali nel film. L’attrice Emma Thompson, voce della madre di Merida, Elinor, commenta il modo in cui la Pixar ha reso sullo schermo la sua terra natìa. Di seguito, il botta e risposta con Tia Kratter durante la TRV.

Nella gallery, inoltre, una clip in anteprima per tutti voi.

Buona lettura!

Italian/English version

Potresti parlarci delle risorse utilizzate, e delle ricerche effettuate per rendere così accurati tutti i dettagli presenti nel film sull'antica Scozia?

Tia Kratter: Beh, abbiamo diversi modi per procurarci le nostre informazioni. Grazie a dio esiste internet, perché adesso la maggior parte delle nostre ricerche può essere effettuata abbastanza velocemente con quello strumento. Ma non c'è nulla di paragonabile rispetto all'andare in una location e vedere le cose in prima persona. Ad ogni modo, nonostante prendiamo le nostre ricerche sul serio, non rimaniamo mai legati ai fatti in maniera statica. Utilizziamo ciò che ci serve per rendere la storia credibile. Quindi, ad esempio, i plaid e i tartan tipici dei vari clan scozzesi non esistevano nel periodo in cui abbiamo ambientato il film, però il tartan è talmente caratteristico ed iconico per gli Scozzesi che abbiamo deciso di inserirlo comunque in Brave.

I personaggi, i capelli di Merida e, in generale, la cura per i dettagli in Brave è davvero impressionante. Potresti dirci qualcosa sui processi utilizzati per dare vita a questi particolari?

Tia Kratter: Grazie per averlo notato! Quello che abbiamo sorprendentemente scoperto, sia nei paesaggi che nei capelli di Merida, è stata la bellezza del caos. I paesaggi sono una combinazione di erba, muschio, felci, rocce - trame diverse per ogni ambiente. Allo stesso modo, i capelli di Merida sono un insieme di diverse sfumature di arancione e giallo, ed ognuna delle sue ciocche ha una propria personalità. La maggior parte delle volte pensi che i personaggi ed i paesaggi siano parecchio diversi tra loro, ma in questo caso hanno richiesto lo stesso tipo di sfide. Quindi, per renderli credibili, abbiamo effettuato parecchie ricerche per entrambi, e ne abbiamo tenuto conto per l'intero processo creativo, grazie anche all'aiuto del team delle luci per mettere insieme il tutto.

Con il sole che colpisce le montagne scozzesi, il rendering della giusta quantità di ombre nell'ambiente circostante con tutti i suoi colori è stato un compito difficile?

Tia Kratter: Proprio così, è stato un compito difficile. Mettici anche il fatto che il clima nel film cambiava costantemente, e capirai come il lavoro da svolgere fosse addirittura maggiore. Devo dare a Danielle Feinberg, il nostro Direttore della Fotografia, ed al suo team, tantissimo credito per aver unito così bene tutti gli elementi. Certo, creare i modelli e le trame è tutt'altro che semplice, ma il rendering delle luci e delle ombre di solito avviene posteriormente a questi processi, e loro sono stati bravissimi a rispettare le nostre scadenze. Rimango sempre estasiata di fronte al loro lavoro, è davvero meraviglioso.

Abbiamo letto che una delle sfide maggiori che avete affrontato in Brave è stata quella di lavorare sui capelli di Merida, che dovevano risaltare sugli sfondi favolosi del film. Cosa puoi dirci a riguardo?

Tia Kratter: Sono d'accordo, ma devo anche dire che la soluzione a questo problema ci è venuta facilmente. Il nostro regista sapeva sin dall'inizio che Merida avrebbe avuto dei capelli rossi indomabili. Il beneficio enorme che questo avrebbe avuto è che sarebbe stata una scelta felice mettere quei capelli contro il viola sfaccettato ed il verde rigoglioso dei paesaggi scozzesi. È stato sorprendente scoprire che, se avevamo una scena con Merida nel bel mezzo di un ambiente ricco di elementi e molto vasto, anche se in quella particolare scena era minuscola, potevamo comunque individuarla grazie ai suoi bellissimi capelli.

Quindi siete andati nelle Highlands scozzesi per scattare foto e disegnare?

Tia Kratter: Sì, ci siamo andati due volte: la prima nel 2006 e la seconda nel 2007. Anche se al giorno d'oggi abbiamo tantissime risorse con Internet, non c'è nulla di paragonabile al trovarsi lì di persona. Non avremmo mai scoperto l'esistenza degli "hummocks" (dei grandi mucchi tondeggianti di muschio), né saputo quanto fossero densi e fitti. Non saremmo stati ugualmente consapevoli di quanto spesso cambiasse il clima, e non avremmo sentito quanto fosse fredda l'acqua dei "lochs" (i laghi). Tutti questi elementi ci hanno aiutati a definire il cosmo di Brave in maniera più chiara.

Il regista del film ha affermato che è stato cruciale per voi artisti andare in Scozia. Puoi dirci quanto questo sia vero, man mano che avete lavorato su questo progetto?

Tia Kratter: Verissimo! Qui alla Pixar tendiamo a lavorare su locations reali per ognuno dei nostri film. Avere la possibilità di visitare posti come il Castello di Dunottar, Stirling, e le isole di Skye, Lewiss ed Harris è stato, visivamente, un enorme beneficio.

Fai parte della Pixar sin dal primo Toy Story, lavorando nel dipartimento artistico. Come si è evoluto il tuo modo di lavorare nel corso degli anni?

Tia Kratter: Vedo che hai studiato! Nel 1993, quando ho iniziato a lavorare su Toy Story, non esisteva internet come lo conosciamo oggi, quindi tutti i modelli di riferimento utilizzati per quel film sono stati trovati personalmente. In altre parole, ad esempio, quando ci serviva un modello per i capelli di Sid, ho utilizzato la pettinatura di mio figlio maggiore come riferimento. Oggi invece ci avvaloriamo delle informazioni che troviamo online, il che aiuta a snellire le cose. Però, e non mi stancherò mai di dirlo, non c'è niente di paragonabile al vedere qualcosa dal vivo. Creare un film d'animazione al computer non è un processo veloce, e soltanto perché usiamo un computer non significa che sia più semplice della classica animazione disegnata a mano.

Qual è l'aspetto migliore del tuo lavoro alla Pixar?

Tia Kratter: 1. Il bar dei cereali. Ogni mattina possiamo scegliere tra 18 tipi diversi di cereali. Una volta alla settimana scelgo i Captain Crunch, che mia madre non mi lasciava mai mangiare quando ero piccola. 2. Le persone (a dire il vero dovrebbero esserci loro al primo posto!). Non puoi immaginare quante persone gentili, creative e premurose lavorino qui. Essere circondata ogni giorno dal loro talento è meraviglioso. 3. La dedizione nel creare dei grandi film. Ce la mettiamo davvero tutta a fare dei nostri film qualcosa che amiamo. E speriamo che anche il nostro pubblico li avverta allo stesso modo.

Stai già lavorando su altri progetti? Puoi parlarcene?

Tia Kratter. No. La Pixar è molto premurosa nel darci una pausa dopo aver lavorato sei anni su un film. Quindi nei mesi scorsi ho lavorato per la Pixar University, la branca scolastica interna della Pixar. Credo sia importante che ci venga data l'occasione di ricaricarci prima di proseguire con il lavoro su un altro film.

I colori ed i movimenti sono incredibili, il vento nei capelli rossi di Merida mi ha ricordato della prima volta in cui ho visto questa tecnica in Monsters Inc., potresti spiegarcela nel dettaglio?

Tia Kratter: Grazie! Molta della ricerca fatta per la pelliccia di Sullivan in Monsters, Inc. è stata utilizzata come riferimento per cià che abbiamo sviluppato in Ratatouille, e poi in Brave. Naturalmente, Brave, con i capelli rossi di Merida, è qualitativamente migliore. Ne abbiamo fatta di strada, e sono positivamente colpita dai progressi che il nostro team di simulazione ha fatto. Sin dall'inizio sapevamo che con Brave i capelli sarebbero stata una vera e propria sfida dal punto di vista tecnico, quindi abbiamo investito buona parte del nostro tempo e della nostra ricerca per farli funzionare. Quando conosciamo in anticipo il tipo di sfide che ci aspettano, tendiamo a risolvere i problemi abbastanza bene.

Ai nostri lettori piacciono molto gli aneddoti. Ne hai qualcuno sulle statistiche, o sui numeri riguardanti l'art design e la realizzazione del film?

Tia Kratter: Eccone uno: A113, che si può scovare in ognuno dei nostri film. Si tratta della classe di animazione alla Cal Arts, una delle scuole in cui parecchi dei nostri artisti hanno studiato. Potete trovarlo sulla porta del cottage delle streghe (ma osservate attentamente... non è semplice da individuare). Poi, Merida ha un totale di 22 costumi diversi, più di 1500 ciocche scolpite singolarmente, che una volta renderizzate al computer generano più di 111700 capelli. Yikes!

Utilizzate una qualche libreria per gli oggetti e le texture? Il loro look diventa sempre più realistico - ci sono oggetti nella libreria, sin dagli esordi, che potreste ancora utilizzare?

Tia Kratter: Hai posto una bella domanda. In teoria abbiamo una libreria di oggetti e texture che potremmo usare all'infinito. Ma il punto è che la tecnologia computerizzata cambia così rapidamente che il modello utilizzato per Woody in Toy Story 3 è nettamente diverso dall'originale utilizzato in Toy Story. Quindi sì, cerchiamo di mantenere il look originale dei nostri personaggi, ma ci sforziamo anche di migliorare sempre di più.

La scena con la freccia in slow motion è davvero fantastica. Quanti disegni hai dovuto preparare per quella scena, e quali sono state le implicazioni durante la creazione del film?

Tia Kratter: Anch’io adoro quella scena. Per Brave, il dipartimento artistico ha realizzato diversi disegni per mostrare in dettaglio l’aspetto dell’arco e delle frecce, ed il loro look decisamente unico, però i crediti vanno soprattutto al dipartimento dell’animazione per il modo in cui la freccia si muove in quella scena. Hai notato il modo in cui si piega intorno all’arco? È il risultato di tantissime ricerche e lezioni di tiro con l’arco che danno agli animatori informazioni utili da utilizzare per il film. Quindi per dar vita a quella bellissima scena ci sono volute più che altro molte ricerche da parte del dipartimento dell’animazione più che disegni specifici da parte nostra.

So che è stato particolarmente difficile ricreare il muschio in Brave, e che inizialmente qualcuno tra i membri del tuo team pensava che fosse impossibile. Puoi dirci di questo aneddoto, e se durante la tua carriera ci sono stati altri episodi come questo, in cui cose che sembravano impossibili da realizzare hanno poi preso vita magnificamente?

Tia Kratter: Sì, è stata dura! Credevo ingenuamente che dal momento che la Scozia è la terra d’origine del golf, allora tutti i paesaggi scozzesi avessero quei curatissimi prati verdi. È stata una sorpresa scoprire che in realtà è un insieme di muschi, rocce, e prati di ogni tipo. Credo che abbiamo scattato intorno alle 10,000 foto della bellezza selvaggia della Scozia, che abbiamo poi portato al nostro team tecnico dicendo, “Wow! Non è bellissimo e selvaggio?” Inizialmente erano cauti nel promettere che sarebbero riusciti a rendere quel tipo di look caotico sullo schermo, ma hanno unito le loro forze e nel giro di un anno sono emerse delle scoperte davvero innovative per regalarci quel mondo complesso senza uscire fuori dagli schemi. Sono in debito con loro, sia per la loro dedizione nell’affrontare quella sfida, che per il prodotto finale. I nostri set sono così incantevoli che recitano un ruolo davvero importante nel film alla pari dei personaggi.

La cromia e le ombre variano in maniera significativa con il 3D rispetto alla classica animazione in 2D?

Tia Kratter: Credo di sì. Nell’animazione 2D devi riempire una forma disegnata a mano, di solito con un colore piatto. Con il 3D hai il vantaggio di poter aggiungere colori complessi e texture ad ogni cosa. Lo adoro, e mi sento fortunata a poterne far parte. Dovresti vedere il mio ufficio: è pieno di pelliccia, tessuti, muschi, licheni, rami di betulle – tutti utilizzati per definire la qualità della superficie dei modelli in Brave. Non riesco ad immaginare cosa farei senza questo bonus aggiunto del mondo dell’animazione computerizzata.

Di tutti i film della Pixar su cui hai lavorato, qual è il tuo preferito?

Tia Kratter: Ecco una curiosità: tendo ad amare di più i film della Pixar su cui NON ho lavorato. Il motivo? Oh, semplicemente li guardo per come sono, apprezzando soltanto i risultati. Ad esempio, guardo Alla ricerca di Nemo (su cui non ho lavorato) e non mi viene da pensare: "È stato un lavorone creare il look giusto per quella medusa". Per quanto riguarda i film su cui ho invece lavorato, è difficile per me separare ciò che vedo sullo schermo dal lavoro svolto giorno dopo giorno per ottenere un certo tipo di risultato. Posso dire, comunque, che lavorare su Brave è stata la mia esperienza migliore. Il nostro dipartimento artistico era molto piccolo e unito. Ho adorato il tema della Scozia, ed anche a distanza di sei anni, non mi sono mai stancata di lavorarci ogni giorno.

Quanto tempo hai impiegato, insieme al tuo team, per completare il film?

Tia Kratter: Ho lavorato su Brave per sei anni, che è un periodo di tempo leggermente più lungo del normale. Una tipica produzione Pixariana in genere richiede 4-6 anni, per cui Brave è stata una produzione che ha richiesto il tempo massimo.

Lavorare alla Pixar è una sfida quotidiana; devi anche imparare ad utilizzare nuovi programmi al computer per conoscere le nuove tecnologie esistenti?

Tia Kratter: Qualche volta. I nostri tecnici devono essere sempre all’avanguardia per quel che riguarda i nuovi software e i progressi nel campo della tecnologia, più di noi del dipartimento artistico. Ma ogni volta che esce un nuovo software, lo proviamo immediatamente per scoprire che utilizzo possiamo farne.

Quanti oggetti, persone ed animali sono stati creati per Brave?

Tia Kratter: Ho paura di non poter rispondere a questa domanda. Ma, se inizi a pensare a tutti gli oggetti presenti nella Great Hall, sono intorno alle migliaia soltanto quelli.

Hai mai letto i libri di Diana Gabaldon? Ce ne sono di interessanti sulla storia della Scozia.

Tia Kratter: No, ma li aggiungerò alla mia lista di cose da leggere. Grazie.

Cosa è più importante per un film – un regista con una visione specifica o un team che porta alla luce quella visione nel film?

Tia Kratter: Entrambe le cose. Un regista ha una passione, qualcosa che gli viene dal cuore, che gli ispira l’idea iniziale per un film. Poi, quando lavora insieme al team per sviluppare le sue idee, riceve feedback costanti da ogni membro del team alla Pixar. Questo equilibrio, per quanto delicato, arricchisce parecchio il film e lo rende più interessante da guardare.

Durante la creazione del film c’è stato un cambio alla regia; questa cosa come ha influenzato il tuo lavoro, ad esempio la decisione di non usare degli ambienti innevati nella seconda parte del film?

Tia Kratter: Ho lavorato sia con Mark Andrews che con Brenda Chapman sul film, ed ognuno di loro lo ha arricchito con la propria, personale sensibilità. La decisione di non utilizzare la neve per la maggior parte del film è stata presa perché non aggiungeva nulla alla nostra storia. Prendiamo questo tipo di decisioni per tutto il processo lavorativo quando creiamo storie e film alla Pixar.

Se potessi desiderare di avere un software speciale per il tuo lavoro, quale sarebbe?

Tia Kratter: Un software che mi permettesse di mangiare le mie Captain Crunch ogni giorno senza conseguenze! Siccome faccio parte del dipartimento artistico, non devo affrontare i limiti della tecnologia per il mio lavoro. Perciò quando il mio pennello diventa datato e rovinato, lo getto semplicemente via e ne utilizzo un altro. È molto più semplice che affrontare sfide tecnologiche!

C’è stata una sfida particolare emersa durante la creazione di Brave che ti ha costretta a trovare una soluzione che alla fine ha superato i limiti di ciò che è possibile nel campo della tecnologia?

Tia Kratter: Ce ne sono state due. La prima, e l’ho già accennato prima, è stata quella di creare degli ambienti e dei paesaggi molto complessi. Abbiamo davvero dovuto superare i limiti del possibile dal punto di vista tecnico per ottenere le nostre foreste rigogliose senza far scoppiare i nostri computer. Abbiamo lavorato con dei tecnici bravissimi (li chiamiamo i nostri maghi) che si sono rintanati nei loro uffici per far funzionare tutto. Il risultato finale è stato così brillante ma carenato che per alcuni dei film dopo il nostro hanno utilizzato la stessa tecnologia. Per la seconda, sapevamo che gli abiti dovevano essere ripresi da molto vicino. Questo, insieme alla nozione che i vestiti nel decimo ed undicesimo secolo non erano confezionati ma intessuti a mano, ha spinto il nostro texturing team a trovare un modo per “tessere” dei veri e propri abiti che apparissero poi un po’ rovinati, imperfetti. L’abito di Merida, la tappezzeria ed il tartan di Fergus ne sono degli esempi perfetti. Credo che siano bellissimi. Prevedo che questi progressi saranno utilizzati nei nostri film futuri.

Quali sono stati gli elementi più difficili da portare sullo schermo?

Tia Kratter: Inizialmente, i capelli di Merida. Ma sapevamo come sarebbe stato sin dall’inizio. E quando riusciamo a capire in anticipo quali sono le nostre sfide, tendiamo ad affrontarle al meglio. Ma sono quelle piccole sorprese che si presentano lungo il cammino che ci danno filo da torcere. Non avevamo mai dovuto creare un cavallo, ad eccezione di Bullseye per Toy Story 2 e Toy Story 3. Per Brave, volevamo un cavallo realistico, che non parlasse o facesse espressioni buffe. Anche se Angus è stata una vera e propria sfida, rimane uno dei miei personaggi preferiti del film perché è elegante, forte e bellissimo.

Com’è cambiata l’animazione nel corso degli ultimi quindici anni per creare luci ed ombre sempre più realistiche, basate sui modelli del sole e del fuoco?

Tia Kratter: Il nostro team delle luci ha sviluppato nuovi strumenti nel corso degli anni che hanno dato loro un maggiore controllo per l’illuminazione degli ambienti. La parte difficile in Brave era che il clima cambiava costantemente. Quindi anche in una singola scena, potevi trovare elementi dapprima all’ombra e poi illuminati. Probabilmente non avremmo potuto creare quel tipo di scena ai tempi di Monsters, Inc., ma adesso ci è possibile farlo grazie ai progressi della tecnologia.

Puoi parlarci del processo creativo – cosa succede appena dopo che hai letto il copione? Merida è stata il primo personaggio creato per il film?

Tia Kratter: A questa domanda rispondo dal punto di vista del dipartimento artistico: di solito, quando leggi una storia o un copione, ti passano per la testa ogni tipo di idee. Per cui i primi passi che un production designer può fare possono essere su cose molto generali, ampi, o magari basati su delle piccole impressioni, delle emozioni o punti della storia che nascono dall’impressione iniziale. Per Brave, Merida è sempre stata la protagonista del film. Nello sviluppare la storia, Brenda Chapman ha riconosciuto uno spirito indomabile in sua figlia, ed ha utilizzato il loro rapporto come ispirazione per quello di Merida con sua madre, Elinor. Poi è stato compito del nostro production designer, Steve Pilcher, quello di descrivere quel rapporto dal punto di vista visivo.

Da ragazzina cosa ti attirava? Cosa ti ispirava artisticamente? Hai sempre disegnato? A cosa ti piaceva giocare quando eri piccola?

Tia Kratter: Mia madre è un’artista, mio marito è un artista, mio figlio è un artista. E per tutta la mia vita sono stata circondata da persone creative, quindi è stata una seconda natura per me, anche da bambina, disegnare e dipingere.

A parole tue, come descriveresti l’obiettivo finale di un direttore artistico? Sei responsabile del look finale del film? Descriveresti questo ruolo come uno che dona bellezza e vita ad ogni fotogramma? Siamo curiosi di sapere come interpreti la responsabilità che il tuo ruolo porta con sé.

Tia Kratter: Il mio obiettivo finale è di sostenere l’ispirazione visiva del regista e del Production Designer. Sono responsabile dello specificare i colori e le texture per tutto ciò che è modellato nel film. È un piccolo ruolo all’interno di un gran gruppo di persone che uniscono le loro forze per far sì che l’animazione grafica funzioni. A dire il vero non c’è nemmeno una parte del film che posso dire di aver "fatto" io. Creare un film d’animazione in CG deriva da una forte collaborazione tra i membri del team, e se cerchi riconoscimenti individuali allora questo probabilmente non è il medium che fa al caso tuo.

L’arte delle cromie, delle luci, degli ombreggiamenti, è difficile da padroneggiare?

Tia Kratter: Prima di tutto spero di non padroneggiarla mai, e una delle ragioni per cui la adoro così tanto è che mi sento messa perennemente in discussione quando lavoro ad un nuovo film. È come andare all’università di nuovo, e poi di nuovo ancora, e quando ho finito è come se avessi una laurea in, ad esempio, pelliccia di mostro.

Nel video del dvd di Brave abbiamo visto che scattavi foto di paesaggi e disegnavi dettagli con pennelli ed acquerelli. È stato complicato portare nel film tutte quelle texure, quell’erba spugnosa e quella rigidità delle rocce?

Tia Kratter: Da un punto di vista artistico, non è stato affatto difficile. Prendiamo i nostri disegni, le fotografie e i modelli reali dal nostro viaggio, li mostriamo al nostro team tecnico e descriviamo il modo in cui ci hanno ispirati. Se ponessi questa domanda al nostro team tecnico però magari ti darebbe una risposta diversa. Una cosa è essere ispirati da un elemento, e un’altra è portarlo sullo schermo. Abbiamo lavorato insieme, a volte per mesi, per ottenere il look o la texture giusta di un modello, fino ad ottenere una soluzione che sia visivamente piacevole e tecnicamente fattibile.

La Pixar sembra essere sempre all’avanguardia per quel che riguarda l’animazione. Alla ricerca di Nemo ha mostrato delle innovazioni nel modo di animare l’acqua, in Wall-E lo stesso è accaduto per la sabbia e la polvere, e Brave presenta parecchie novità. Dove credi che si spingerà la Pixar adesso?

Tia Kratter: Predire il futuro non è il mio forte. Credo di essere più brava a cercare modi per far funzionare un qualcosa visivamente, nel momento in cui mi viene posta una sfida, e penso che lascerò ad altri il compito di scoprire eventuali progressi tecnologici.

Quello che mi ha colpito di più di Brave è il suo look cinematografico, dalle riprese dall’alto delle Highlands alle scene in cui la telecamera era ferma, fino alle scene doppie. Era come guardare un film in cui i personaggi erano animati. Puoi parlarci di come il dipartimento artistico ha ottenuto questo risultato?

Tia Kratter: Devo dare molto credito al nostro direttore della fotografia, Rob Anderson, ed il suo team, per essere riusciti a portare il mondo della Scozia così come lo conosciamo sullo schermo con Brave. Non abbiamo creato questo film con l’intenzione di dargli un look fotorealistico, ma se per voi è credibile, sento di aver fatto bene il mio lavoro. Grazie per il complimento. In una delle riprese dall’alto, se guardi attentamente, vedrai l’ombra dell’elicottero nella scena. Ma, ovviamente, non c’erano elicotteri nella Scozia antica – è stata una delle varie aggiunte che il nostro regista Mark Andrews ha suggerito di inserire.

C’è qualche aneddoto divertente sul tuo viaggio in Scozia con il tuo team, che ha finito per essere inserito in una qualche scena nel film?

Tia Kratter: La “Wee Bunk House” di sicuro non è finita nel film, ma è stata divertente! Il nostro Supervisore della storia Brian Larsen ha fatto del mangiare haggis ogni sera per 12 giorni consecutivi la sua sfida personale. La maggior parte delle sue esperienze sono state abbastanza positive, ma ogni tanto si avventurava nel provare pasti più coraggiosi. Tutto questo mangiare ha ispirato gran parte della sequenza del pasto in famiglia, in cui i tre fratellini di Merida si rifiutano di consumare i loro haggis. Oh, e se non avete mai provato gli haggis, dovreste farlo! È come una polpetta di carne scozzese senza il ketchup.

Cosa pensi del 3D? È mai stato considerato come parte del processo di design del film?

Tia Kratter: Bella domanda. Non prendiamo mai decisioni dal punto di vista creativo basandoci sul 3D, ma troviamo che sia un buon mezzo per comunicare le nostre storie al meglio. Ho adorato guardare Alla ricerca di Nemo in 3D. Quel mondo così profondo, pieno d’atmosfera, si prestava benissimo ad un’altra dimensione. Per quello che riguarda il design di Brave, non ci siamo mai fermati per modificare elementi appositamente per il 3D, ma abbiamo fatto del nostro meglio per rendere il film gratificante per qualsiasi medium.

Tia, vorresti aggiungere altro prima di chiudere questa tavola rotonda virtuale?

Tia Kratter: Prima di tutto, grazie a tutti voi per aver posto delle domande così interessanti. È stato un vero piacere trascorrere queste ore con voi. Spero che adesso abbiate un’idea migliore del modo in cui abbiamo creato Brave e di come lavoriamo alla Pixar. Vi auguro una buona giornata, e buona scrittura!

 


 

English version.

In occasion of the American release of the DVD and Blu-Ray of Brave, the 13th consecutive hit of Pixar animation studios, we joined a Virtual Round Table with Tia Kratter, Pixar's Shading Art Director, and part of its team since 1993, year in which she worked on the very first Toy Story. During the VRT, when we had the unique chance to ask some questions to Tia Kratter, it was also streamed one of the exclusive contents of this home video edition of Brave, called Brave Old World, where Pixar's Artistic department explores closely the beauty of the Scottish Highlands, while explains how all its details were brought onto the screen from real life models. Actress Emma Thompson, voice of Elinor - Merida's mother - comments on how Pixar rendered her native country on screen. To follow, the VRT report with Tia Kratter. Enjoy the reading!

Can you tell us about the resources used (and the researches done) to make all the details in the movie about ancient Scotland accurate?

Tia Kratter: Well, we have a few different ways of getting our information. Thank goodness for the internet because now a lot of our research can be done pretty quickly that way. But there's nothing like going to a real location and feeling and seeing things in person. Even though we really do our research, we don't remain tied to getting the facts exactly perfect. We take what we need to make the story believable. So, for instance, plaids and clan tartans didn't really exist during the time in which our film takes place. But tartans are such an iconic image of Scottish life that we decided to incorporate them into Brave.

In Brave the landscapes, Merida's hair and, in general, the care for details are really impressive. Can you tell us about the process required to bring these details to life?

Tia Kratter: Thanks for your nice note! What we discovered in both the landscapes and Merida's hair was the beauty of chaos. The landscapes were a combination of grasses, mosses, ferns, rocks - different textures across any environment. Similarly, Merida's hair was lots of different oranges and yellows, and every ringlet had its own personality. A lot of times you think characters and landscapes are quite different, but in this case they took on the same types of challenges. So, in order to make them look believable, we gathered a lot of research for both the hair and the landscapes and took that all the way through the process, even getting some help from the lighting team to bring it all together.

With the sun hitting the mountains in Scottland, rendering the right amount of shade within the environnmental colors must be a huge task?

Tia Kratter: You're right: it is a big task. Throw in the challenge of constantly changing weather and you have even more work. I give Danielle Feinberg, our Director of Photography-Lighting and her great team the credit for pulling it all together. Yes, the modeling and textures are a big task, but lighting is at the end of the process, and they're really pushed to bring it all together within our deadlines. I'm always in awe of how beautiful their work is.

We read that one of the biggest challenges in Brave was the hair of Merida, that you wanted to stand out on the stunning film backgrounds. What can you tell us about this?

Tia Kratter: I agree, but I have to say that this is one of solutions that came easily to us. From the very beginning our director knew that Merida was going to have wild, fiery, orange hair. The big payoff was that it worked so well against the complex and rich violets and greens of the Scottish landscape. It was a wonderful discovery for us to see that if we had a shot in the film with Merida against a huge, rich environment, even if she was tiny in the shot, you could always spot her with that beautiful head of hair.

Did you go to the Scottish Highlands for shots and sketches?

Tia Kratter: We did! We took 2 trips: one in 2006 and another in 2007. Although we have lots of resources at our fingertips now with the internet, there's nothing like being there in person. We never would have known about the hummocks (big round mounds of moss) and how thick and dense they were. We wouldn't have been as aware of the constantly changing weather, and we wouldn't have felt the icy cold water of the lochs (lakes). All those things helped to define the Brave world more clearly for us.

Your director said it was critical for artists to go to Scotland. How did you find that to be true, as you worked on the project?

Tia Kratter: So SO true! There's nothing like being somewhere in person. At Pixar we tend to do this for every one of our films. To be able to go to places like Dunottar Castle, Stirling, and the Isles of Skye, Lewis and Harris was a massive payoff, visually.

You've been at Pixar since the first Toy Story, working in the Art Department. How has your work evolved over the past few years?

Tia Kratter: You've done your homework! Back in 1993, when I began to work on Toy Story, the internet as we now know didn't exist. So all of our reference on that film was personally-found. In other words, when we had to figure out Sid's hair, I went directly to my oldest son's flattop haircut and used that as reference. Nowadays we back up real reference with information we find online. It helps streamline things. Still, and you'll hear this a lot this morning, there's nothing like touching and seeing the real thing. Also, on Toy Story, we really didn't know what the heck we were doing. Now we've got all sorts of hoops to jump through. Making a computer animated film is not a quick process, and just because we're using a computer it doesn't really go any faster than classic hand-drawn animation.

What is the coolest thing about working at Pixar?

Tia Kratter: 1. The cereal bar. We get a choice of about 18 different cereals in our brown bag kitchen to choose from every morning. Once a week I go for the Captain Crunch, which my mom never let me eat when I was a kid. 2. The people (actually that should be my number 1). You can't believe how many thoughtful, kind and creative people work here. I'm in awe of the talent around me every single day. 3. The commitment to making great films. We try hard, really hard, to make our films something that we love. And, by feeling solid about them ourselves, we hope the audience does too.

Are you already working on another project? Can you talk about it?

Tia Kratter: I'm not. Pixar is really thoughtful about giving us a break after we've worked for 6 years on a film. So for the past few months I've been working for Pixar University, the internal, educational branch of Pixar. It's a great chance to recharge before moving on to another film.

The color and the movements in the movie are incredible, the red hair floating in the air reminded me the first time I saw that tecnique in Monster Inc. Can you explain it in detail?

Tia Kratter: Thank you! A lot of the research and discovery we made on Sullivan's fur in Monsters, Inc. was used as a foundation for what we developed on Ratatouille and ultimately Brave. Brave, of course, raised the bar quite a bit with Merida's wild hair. We've come a long way, and I'm really impressed with what our Simulation team did. From the beginning of Brave we knew that her hair was going to prove to be a technical challenge, so we put a good deal of our initial time and research into making it work. When we know, ahead of time, what our big challenges are, we tend to do pretty well at solving the issues.

Our readers always love fun facts. Do you have any fun stats or numbers concerning the art design and renditions?

Tia Kratter: Here's a number: A113 is seen in every one of our films. It's the animation classroom at Cal Arts, one of the schools where quite a few of our artists studied. You can find that over the entry door in the Witches cottage (but look carefully...it's not easy to find). Merida has a total of 22 different costumes. Merida has more than 1500 individually sculpted "keyhairs" that once rendered in the computer generate about 111,700 hairs. Yikes!

Do you use a kind of library for objects and textures? The look is getting more and more realistic- are there still objects in the library from the beginning that could be used?

Tia Kratter: You've asked a good question. Ideally we would keep a library of objects and textures that we could use over and over. Here's the rub: computer technology changes so quickly that the Woody model we used on Toy Story 3 is quite different from the original on Toy Story. So, we do try to maintain the look of our original characters, but we're constantly upgrading, too.

The arrow shot in slow motion is something very cool. What are the implications during the designing of that movie and how many drawings you had to do for the preparing of the shooting?

Tia Kratter: I love that shot, too. The art department on Brave, generated quite a few drawings to show what the bow and arrow look like, and how its design is unique, but the credit goes to the animation department for how the arrow behaves in that shot. Did you notice how the shaft of the arrow actually bends around the bow? That comes from lots of research on their part, along with some archery lessons, that gives the animators good information to extend to the screen. So it's less drawing on our part and more research by the animation department that really brings that beautiful shot to fruition.

I know it was particularly difficult to recreate the moss in Brave, and that initially few of your team members thought it was impossible. Can you tell us about this anecdote, and if there have been during your career other episodes like this one, where something that seemed impossible then took life brilliantly?

Tia Kratter: It was tough! I naively thought that since Scotland was the birthplace of golf that all Scottish landscapes were lovely, close-cropped lawns. What a surprise to discover that it's a wild cacophony of mosses, rocks, and grasses of all lengths combined. We probably took 10,000 photos of this wild beauty back to our technical team and said, "Wow! Isn't this cool, wild and beautiful?!" They were initially pretty cautious about promising to get that chaotic look, but they put some smart heads together and over the course of about a year came up with some really innovative discoveries for giving us that complex world without breaking the bank. I'm so indebted to them, both for their commitment to rising to the challenge and to their visual final product. Our sets are so lovely they play just as important a part in the film as our characters.

Does the shading vary significantly with 3D as opposed to 2D animation?

Tia Kratter: I think it does. In 2D animation you're filling a hand-drawn shape, usually, with a flat color. In 3D you have the added benefit of adding complex color and texture to everything. I love this added world, and feel so lucky to be part of it. You should see my office: it's filled with furs and fabrics, mosses, lichen, birch branches - all used to define the surface quality of models in Brave. I can't imagine what I'd do without this added bonus of the computer animated world.

Of all the Pixar movies you worked on, which one is your favorite?

Tia Kratter: Fun Fact: I tend to love the Pixar films that I didn't work on. Why? Oh, I get to see them for what they are. For example, I don't have to look at Finding Nemo (which I didn't work on) and say, "That was a heckuva lot of work to get that jellyfish to look right". On the films I've worked on it's hard for me to separate the film on the screen from the day-to-day building of the film. I can say, though, that I had the best experience working on Brave. Our art department was very small and close. I loved the subject matter of Scotland, and, even after 6 years, never grew tired of seeing it every day.

How long did it take you and your team to complete the movie?

Tia Kratter: I worked on Brave for 6 years, which is a little longer than normal. The typical production time on a Pixar film is 4-6 years, so we were on the longer end for Brave.

Working at Pixar is a challenge every day, do you always have to learn new computer programs following the new technologies available?

Tia Kratter: Sometimes. Our technical folks do have to be on top of new software and technological advancements, much more than we do in the art department. But anytime a new piece of painting software comes out, we tend to jump on that and take a look at how we can use it.

How many different objects, persons and animals were created for Brave?

Tia Kratter: I'm afraid I can't answer your question with real numbers. But, if you start to think about all of the objects in the Great Hall, it must be in the thousands.

Did you ever read Diana Gabaldon books, she knows quite a bit about Scotland's history?

Tia Kratter: No, but I'll add her to my reading list. Thank you!

What makes the better movie - a director with a specific vision or a team that creates the vision of a movie together?

Tia Kratter: Both. A director has a passion, something from their heart, that inspires the initial idea for a film. While working with their crew to develop their vision, the director is getting constant feedback from all sorts of people at Pixar. That balance, while delicate, make the film richer and more interesting to watch.

How did the change of the director during the filmmaking influenced your work, for example the decision not to use the snowy environments in the second half of the movie?

Tia Kratter: I worked with both Mark Andrews and Brenda Chapman on the film, and each of them brought their own sensibilities to the table. The decision to pull the snow from most of the film was made because it was not doing much to enhance our story. We make these kinds of decisions all of the time when crafting our stories and films at Pixar.

If you could wish for a special software for your work - what would that be?

Tia Kratter: A software that would let me eat Captain Crunch every day without consequence. Because I'm in the art department, I'm not faced with big technological issues. So when my paintbrush gets old and ragged, I just throw it away and grab another. It's a lot easier than navigating technical challenges.

Was there a challenge that arose during the rendering of Brave that forced you to look for a solution that ultimately ended up advancing the technology or the realm of what's possible?

Tia Kratter: There were two, I'd say. First, and I've mentioned it a bit earlier, was with the rendering of our very complex environments. We really had to push things technically to get our rich forests without blowing up our rendering computers. We had some very smart technical folks (we call them our wizards) who holed up in their offices to make it work. It ended up being so rich yet streamlined that some of our subsequent films have used this technology for their own benefit. Secondly, we knew that the cloth needed to be seen at very close angles. That, coupled with the notion that cloth back in the 10th or 11th century was not manufactured but hand-woven, pushed our character texturing team to figure out how to "weave" actual strands of cloth so it would look uneven, ragged and bumpy. Merida's dress, the tapestry, and Fergus' tartan are great places to see this hand-made feel. I think it's beautiful. I predict you'll see some of these advances seen in our future films.

Which were the most difficult elements to translate to the movie?

Tia Kratter: Initially, Merida's hair of course was a challenge. But we knew it was going to be from the very beginning. And when we can anticipate our challenges, we tend to do really well. It's those little surprises that come up along the way that can really throw us for a loop. We had never done a horse, except for Bullseye in Toy Story 2 and Toy Story 3. In Brave, we wanted to create a fairly realistic horse, one that didn't talk or make funny faces. Although Angus was a challenge, he remains one of my favorite characters in the film because he is elegant, strong and visually beautiful.

How has animation changed over the past 15 years to create realistic light and shadow, based on sources such as the sun and fire?

Tia Kratter: Our lighting team has developed new tools over the years that have given them greater control over lighting their environments. The tricky part about Brave was that our weather was constantly changing. And so even in one shot, you might find that things were first in shadow and then bathed in light. We probably couldn't have lit that kind of a shot back on Monsters, Inc. but now because technology has improved, we are able to do that sort of thing.

Can you tell us about your creative process - What are the first steps you take after you have read the screenplay? Was Merida the first character created for this movie?

Tia Kratter: Let me answer this from the art department's point of view: Usually when you are pitched a story or read a treatment, all sorts of visuals start running through your head. So the first steps a production designer might take could be very broad and general, maybe small impressions of the emotions or story points that resonate from the initial pitch. On Brave, Merida was always the main character in the film. When developing the story, Brenda Chapman recognized a fiery, headstrong spirit in her daughter and used their relationship as inspiration for Merida's relationship with her mother, Elinor. From that point, it was up to our production designer, Steve Pilcher, to describe that relationship. visually.

As a young girl, what would catch your eye? What inspired you artistically? Did you always draw? What did you love to play with as a child?

Tia Kratter: My mom is an artist, my husband is an artist, my son is an artist. And my whole life, I have been surrounded by creative people, so it's been second nature for me, even as a young child to draw and paint.

In your words, how would you describe the ultimate goal of the shading art director? Are you responsible for the overall look and feel of film? Perhaps you'd describe the role as bringing beauty to each frame? Curious to know how you view the ultimate responsibility of your job.

Tia Kratter: My ultimate goal is to support the visual inspiration of the director and the production designer. I'm responsible for specifying the colors and textures for things that are modeled in the film. It's one small part of a greater group of people who come together to make the visuals work as a whole. There's really no part of the film that I can point to and say, "I did that." Making a CG animation film is so collaborative, that if you're looking for individual accolades, this probably isn't the right medium for it.

The shading art is it a difficult one to master?

Tia Kratter: Well, first off I hope I never master it, and one of the reasons why I love it so much is that I am constantly challenged when put on a new film. It's kind of like going to college over and over again, and by the time I finish I have a degree in, say, monster fur.

In the video we could see how you were taking photos of landscapes and how you were drawing details with brush and watercolors. Was it difficult to move all those textures, spongy grass and hardness of the rocks, to the film?

Tia Kratter: From an artistic point of view, it's not difficult at all. We take our drawings, photographs and real reference from our trip, show them to our technical team and describe how they inspired us. Now, if you ask the same question to our technical team, they would probably have a different answer. It's one thing to be inspired by something; it's another to actually bring it to the screen. We worked together, sometimes for months, to get the look and texture of something right. We'll go back and forth between art and, in my case, shading or texturing, to come up with a solution that's visually pleasing technically feasible.

Pixar seems to be all about big leaps forward in animation. Finding Nemo showed off advances in animating water, Wall-E showed off dust and sand, and Brave has lots of new things. Where do you think Pixar will go next?

Tia Kratter: It's not my strength to forecast the future. I think I'm better at being posed a challenge and finding ways to make it work visually, and I think there are others here who I'll leave to discover our next advances.

What struck me most about Brave is how cinematic it looked, from the helicopter shots of the Highlands to stationary cameras and two-shots. It was as if I was watching a film where the characters just happened to be animated. Can you talk about how the art department achieved that look?

Tia Kratter: I give a lot of credit to our director of photography-camera, Rob Anderson and his team, for being able to virtually scout the world of Scotland as we knew it on Brave. We didn't create this film to be photo-realistic, but if it's believable to you then we feel we have done our job. Thanks for the nice compliment (In one of the helicopter shots, if you look carefully, you'll see the shadow of the helicopter in the shot. But of course, there were no helicopters in ancient Scotland - just one of the many additions our director Mark Andrews brought to the table).

Is there any funny anecdote that happened during your trip to Scotland with your team, that eventually ended up being part of a scene in the movie?

Tia Kratter: The "Wee Bunk House" definitely did not end up as part of the film, but it was certainly funny! Our Story Supervisor Brian Larsen made it a personal goal to eat haggis every evening of our 12-day trip in 2006. Most of his experiences were quite positive, but every once in a while he would run into a pretty gamey meal. All of this eating inspired a lot of what you see in the "Family Meal" sequence where Merida's triplet brothers are refusing to eat their haggis. Oh, and if you haven't tried haggis you should! It's Scottish meatloaf without the ketchup, in my opinion.

What you think of 3D? Did 3D ever come up as part of the design process?

Tia Kratter: That's a great question. We never make creative decisions for our films based on the 3D, but we find that it's another good mechanism for conveying our stories. I loved seeing Finding Nemo in 3D. That deep, atmospheric world lent itself so well to another dimension of viewing. As far as the art and design of Brave, we never stopped and rejiggered things specifically for 3D. We do our best to make a visually gratifying film for whatever medium it's shown in.

Tia, any final thoughts on Brave as we close out this virtual roundtable?

Tia Kratter: First off, many thanks to all of you who posed such interesting questions. It's been a real treat to spend a few hours with you. Hopefully you got a better sense of how we made Brave and how we work at Pixar. Enjoy the rest of your day and happy writing.

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