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Tra fantasy e fantascienza, tra cavalieri medievali e cavalieri jedi: intervista a Giuseppe "Cammo" Camuncoli

Per leggere la recensione di Green Valley, clicca qui.

Giuseppe “Cammo” Camuncoli, è una superstar del fumetto mondiale. Disegnatore per la Marvel e per la DC Comics, ha tratteggiato i personaggi più famosi ed iconici delle due case editrici: tra i tanti, Batman, Joker, John Constantine, Spiderman, Wolverine e Daredevil.
Abbiamo avuto modo di parlare del lavoro realizzato con la Skybound di Robert Kirkman, Green Valley, e di cosa vuol dire disegnare una delle icone pop più famose: Darth Vader.

Per la Skybound, hai realizzato la miniserie di Green Valley (Saldapress, 2018), scritta da Max Landis. Com’è stato lavorare su questa storia, come sei entrato nel progetto?
Sono stato approcciato da Skybound con l’idea di una semplice collaborazione. Non mi era stato proposto Green Valley, mi avevano proposto subito un paio di serie molto interessanti a livello di concept ma, essendo in quel periodo a lavoro su Spider-Man, non me la sentivo di raddoppiare il carico di lavoro. Una volta che avevano capito che non sarei riuscito a fare una serie regolare – dato che in Skybound il team creativo deve essere sempre lo stesso – Sean Mackiewicz, editor di tutte le serie, mi parlò di Green Valley, una miniserie. Nel momento in cui abbiamo capito che le scadenze mi permettevano di mantenere questo carico di un centinaio di pagine all’anno, siamo partiti con largo anticipo e abbiamo cominciato a lavorare.
Quello che mi ha conquistato fin da subito è stato lavorare con Max Landis, perché avevo visto Chronicle e mi era piaciuto parecchio. Il suo nome era garanzia di una storia fuori dagli schemi, molto potente e questo lo pensavo prima ancora di leggere la sceneggiatura. Mentre leggevo la sceneggiatura, poi, già immagino a come l’avrei realizzata e, una volta arrivato al finale, ho deciso che avrei lavorato alla miniserie. Ha giocato un ruolo molto importante il fatto che, a livello professionale, non avevo mai lavorato ad un fantasy. Da giovane ho sempre avuto passione per il fantasy, per i giochi di ruolo, quando giocavamo realizzavo i disegni dei personaggi, ho studiato le illustrazioni dei manuali e poi si è aggiunta la voglia di volermi mettere alla prova rispetto anche ad un genere che non avevo mai affrontato.
Lavorare con loro [Skybound], poi, è eccezionale perché ti mettono nella condizione di lavorare al meglio.

Hai detto di amare il lavoro da sceneggiatore cinematografico di Max Landis, ma com’è stato lavorare con lui come autore di fumetti? E come avete gestito il vostro lavoro?
Green Valley nasce come sceneggiatura cinematografica. L’editor mi spedì la sceneggiatura così come concepita da Max per il film mai realizzato. L’editor ha diviso la storia in numeri e ha fatto una ripartizione di scene, facilmente trasposte in tavole e, all’interno della sequenza che iniziava e terminava nella pagina, mi ha lasciato libero di decidere numero di vignette, inquadrature, rispettando la sceneggiatura originale.
Per ogni numero avevo un paio di pagine “jolly” che mi permettevano di fare splashpage, o di organizzare la tavola con più libertà. Mi hanno detto “sappiamo come racconti, sappiamo com’è il tuo storytelling, quindi sentiti libero”. E questo è stato bello creativamente.
Max è stato contento fin dai primi scambi di email. È stato bello lavorare con lui perché era davvero entusiasta, vedeva cose che nemmeno si immaginava prendere vita. Era uno dei progetti a cui teneva di più, forse uno dei primi, e aveva perso le speranze di vederlo trasposto in qualche media. E vederlo trasformarsi in fumetto è stata una grande soddisfazione. Quando l’ho conosciuto, a New York, per la presentazione della minisierie, appena mi ha visto, mi ha abbracciato. Il suo entusiasmo era veramente genuino.

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Parlando della caratterizzazione del mondo fantasy-medievaleggiante di Green Valley: avevi un immaginario specifico, ben delineato, a cui hai fatto riferimento?
È un misto di tante cose. Tecnicamente questo non è proprio un “fantasy”: è un mondo medievale, che potrebbe anche essere il nostro, in cui entra un elemento che non è coerente con l’epoca.
Però l’immagine è quella: il guerriero. Fondamentalmente mi sono lasciato ispirare da illustratori fantasy come Larry Elmore. Altre cose sono nate dall’improvvisazione: i personaggi non erano descritti dal punto di vista strettamente fisico e mi hanno lasciato carta bianca. Io mi lascio ispirare da quello che, in quel momento penso sia più adatto per raccontare la storia. L’importante è che lo sceneggiatore sia convinto di quello che sto realizzando e voglio che sia coinvolto in ogni passaggio. E in questo Max si è rivelato eccezionale.

Sei a lavoro su una serie che ha per protagonista una delle più famose icone pop del mondo: Darth Vader. Che vuol dire lavorare ad una serie come Darth Vader? E Misurarsi con un personaggio così importante?
Innanzitutto venivo da un ciclo di sei anni di Spider-Man insieme a Dan Slott. Terminato questo non volevo tornare subito a supereroi “puri” e quando mi hanno proposto Darth Vader... [ride]. Ho sempre amato i personaggi oscuri, cattivi, tormentati. Nella serie, poi, c’è anche Palpatine che, forse, è ancora più cattivo. Nella parte di storia che stiamo raccontando, Vader sta combattendo con quella parte “buona” che ancora gli è rimasta per annullarla completamente, mentre Palpatine, tale fase, l’ha già passata.
Sono un fan della serie, dei film, avevo letto i fumetti targati Dark Horse, l’universo espanso (ora Legends), meno le serie televisive, ma per questione di tempo. I fumetti hanno il grande pregio di raccontare pezzi di vita dei personaggi, episodi che possono essere narrati in altri media.
Dopo la straordinaria serie di Kieron Gillen e Salvador Larroca è stata messa in cantiere un’altra serie che si ambienta prima: parte proprio da quando Anakin viene trasformato in Vader a fine di Episodio III.
Charle Soule è bravissimo, in generale è uno degli scrittori più in forma attualmente ma è anche perfetto per l’universo di Star Wars perché riesce a mettere delle chicche in ogni numero, sia a livello di macro storia che a livello di piccoli cameo che sono organici alla saga. Con Soul la Lucas e la Marvel hanno trovato un pezzo della storia di Vader da raccontare: la regola è di non andare troppo oltre – come accade con la serie principale – per non aggiungere troppo al canone. Tutto quello che noi facciamo diventa canone ed è bellissimo: ad esempio, mi arrivano design o concept di un videogioco che stanno sviluppando ed io lo devo inserire; oppure gli elementi che abbiamo creato diventano ad appannaggio di tutti. Un domani potranno diventare personaggi della serie tv, dei film, action figures. Rendersi conto di creare personaggi che fanno parte di questo affresco così epico, ha un sapore speciale. Ad esempio, abbiamo raccontato di come Vader ottenga la spada laser: una cosa mai raccontata. Capire come i Sith acquisiscano la loro spada, cioè con un atto di violenza, strappandola ad uno Jedi, è stata una cosa molto dirompente da introdurre nell’universo di Star Wars. Tutta farina del sacco di Charle Soule, ma essere complice di questa piccola, grande, rivelazione è stato emozionante. Anche costruire le immagini, poter disegnare personaggi minori ma riconoscibili. Ad esempio nelle grandi scene di massa, da disegnatore, vorresti inserire delle figure, ti viene naturale, ma devi stare attento a problemi di continuity e verificare se è possibile, in quel momento, che il personaggio possa essere li. La collaborazione sia con Marvel che con la Lucasfilm dimostra che la macchina funziona perfettamente.

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Entrare di diritto nel canone di Star Wars, creare nuove figure, nuovi elementi, magari nuove potenziali icone di quell’universo, quanta pressione ha generato?
Beh, la pressione si sente sempre. Anche se sono stato vaccinato con Marvel e DC Comics. Ma questo accade sempre quando inizi un lavoro nuovo, per quanto tu possa essere navigatissimo come professionista, c’è sempre un po’ di incertezza. Anche quando ho iniziato Spider-Man, pur avendo fatto tanta Marvel e DC, capivo di essere ad una altro livello: Spider-Man, insieme a Batman, è tra i personaggi più amati.
Quello che mi conforta sempre in questo lavoro è sapere che la storia è buona, e già quello facilita molto il lavoro perché lo scrittore ti mette in condizione di lavorare al meglio, di creare scene epiche, scene che verranno ricordate. Se la sceneggiatura è buona, almeno il 60% del lavoro è fatto. Ovviamente, anche sapere da parte dell’editor Marvel e Lucasfilm che le cose vanno bene, è altro carburante per fare ancora meglio il numero successivo. Si tratta della partenza, poi si genera un meccanismo virtuoso che ti permette di lavorare bene.
Una grande soddisfazione, sempre da un’idea di Charles Soule, è stato creare un fucile che è alimentato con le spade laser, usate come “cartucce”. Il meccanismo prende avvio dal cristallo kyber che c’è dentro e lancia raggi di energia. Disegnare quell’oggetto e far capire come funziona, è stato bellissimo. Appena arriva la sceneggiatura, vado subito a vedere cosa ci sarà di interessante da poter disegnare.

Da fan, non ti dispiace spoilerarti le cose?
Si, ma fa parte del gioco. Da un alto è anche bello essere uno dei “pochi” che lo sa, e quando riesci a mantenere il colpo di scena, è una soddisfazione ancora maggiore: non solo lo sapevi, ma sei riuscito a tenerlo fino alla fine. Dispiace, ma appena letto, parte l’entusiasmo da ragazzino e ti vien voglia di disegnare.
Ad esempio, questa serie ci ha permesso di mostrare un Vader più acrobatico. Pur essendo stato “scafandrato”, rispetto al Vader dei film, più statico, più potente nella padronanza della forza, deve ancora prendere confidenza con l’armatura. Questo permette di mostrare delle scene diverse a quelle in cui sei abituato, quasi alla stregua di ciò che si è visto in Rogue One, ed è stato interessante poterlo fare.

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Green Valley, recensione: il fantasy secondo Landis e Camuncoli

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Per leggere l'intervista a Giuseppe Camuncoli, clicca qui.

Max Landis, figlio d’arte, sceneggiatore poliedrico e prolifico tra cinema, televisione e fumetti, ha conquistato il cuore del lettori con racconti ricchi di ironia, che non disdegnano l’horror e l’action, e che si costruiscono sul meltin'pot di suggestioni diverse e provenienti da contesti narrativi differenti. Green Valley, targato Skybound e pubblicato in Italia dalla Saldapress, non è da meno.

Accompagnato dalle straordinarie matite di Giuseppe Camuncoli, la storia racconta l’ultima impresa dei Cavalieri di Kelodia, chiamati – dopo un periodo di allontanamento volontario a causa di una tragedia – a soccorrere il piccolo villaggio di Green Valley, vessato da un mago dai fini misteriosi. Ma in un mondo dove la magia è solo leggenda, come si può giustificare la presenza di uno stregone?

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Landis imbastisce l’intera narrazione su un doppio registro narrativo. Da un lato, lo sceneggiatore, rispetta tutte le componenti del fantasy “medievaleggiante”: cavalieri coraggiosi, stilisticamente e caratteristicamente delineati con grande chiarezza, barbari sanguinari, castelli e villaggi dalla dichiarata natura filmico-romanzesca. Dall’altro, allinea la propria narrazione verso un altro genere, affine eppur apparentemente lontano, rispettandone comunque icanoni: la fantascienza.

La forza del racconto, risiede proprio nello scarto tra generi, situazioni, immagini che, solitamente, non sono abbinabili ma che qui diventano matrice stilistica e narrativa dal grande divertimento.
Il disegno di "Cammo" – esaltato e magnificato dalle chine di Cliff Rathburn e dai colori di Jean-Francois Beaulieu – conserva tutto lo spirito “cinematografico” del racconto: campo e controcampo di primi piani anticipano splash-page e panoramiche dalla grande ricchezza grafico-compositiva, le scene d’azione conquistano grande ritmo grazie ad un sapiente utilizzo del layout come strumento narrativo autonomo. Il disegno riesce a spaziare facilmente, e con la medesima attenzione grafica, tra i generi differenti. Fantasy e fantascienza trovano felice sposalizio anche grazie al tratto di Camuncoli, evidentemente a proprio agio con questo gioco plurinarrativo.

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L’edizione cartonata della Saldapress racchiude l’intera miniserie di nove numeri in un volume di evidente pregio, corredato dagli interessantissimi studi dei personaggi ad opera di Camuncoli, così come la serie limitata a dieci white cover, illustrate dal disegnatore italiano con il “cast” di Green Valley. La gallery delle cover originali, in successione, permette di ammirarne l’impianto grafico che le caratterizza e che ne esprime le volontà narrative.

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Green Valley è un gioco divertente, un fantasy ammiccante e un fumetto di fantascienza che tocca temi cari agli amanti del genere. Scritto con intelligenza e sapienza e disegnato con maestria, rappresenta la scelta ideale per chi ama non abbandonare temi e narrazioni a lui care, e contemporaneamente vederle attraverso un inusuale lente di ingrandimento.

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Green Valley, recensione: Il fantasy a cavallo dei generi di Landis e Camuncoli

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Sir Bertwald,  Sir Ralphus,  Sir Gulliver e Sir Indrid sono i Cavalieri di Kelodia, protettori del Regno al servizio di Re Micheal. Insieme hanno compiuto gesta leggendarie e ispirato ballate. Sono eroi amati ed ammirati, sia a corte che tra il popolo, ed animati da un’amicizia fraterna e sincera, senza ombra di rivalità. La loro ultima impresa è stata quella di aver respinto, da soli, un’orda di quattrocento barbari guidati dal bruto Pendergast. Una volta tornati a casa, vengono acclamati dalla folla festante e il re organizza un banchetto in loro onore. Ma Bertwald è stanco del campo di battaglia e ha solo voglia di raggiungere la sua amata Amalia che lo aspetta per una cena romantica in riva al lago, lontano dal clamore. Bertwald la chiede in sposa e la ragazza accetta. Il giorno dopo, a corte, gli altri cavalieri brindano in suo onore. Si prevedono anni di pace e di prosperità. Ma il destino baro a volte ci mette lo zampino, e neanche eroi leggendari ed invincibili possono farci nulla…

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Dopo il convincente teaser rappresentato dal numero 1 uscito in anteprima in occasione dello scorso Romics, arriva finalmente nelle fumetterie nella sua interezza Green Valley, il nuovo fantasy di Max Landis e Giuseppe “Cammo” Camuncoli, ultimo gioiello targato Skybound, la factory di Robert Kirkman che opera in seno alla Image Comics. Durante la kermesse romana avevamo avuto modo di parlare con la Saldapress, che presenta la serie in Italia, e l’editore ci era parso subito fiducioso sul riscontro che avrebbe avuto quest’opera presso i lettori, contando sulla bontà del lavoro dei due autori. Senza spoilerare il prosieguo della storia, ci era stato suggerito di attendere l’uscita dei numeri successivi per comprenderne il motivo. D’altronde, già nella postfazione al primo numero Landis e Camuncoli alludevano ad una svolta narrativa di notevole portata. Ora che abbiamo letto l’intera serie, possiamo dire che le promesse sono state ampiamente mantenute.

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L’architrave di Green Valley è costituito da un plot twist straordinario ed originale, che lascerà i lettori a bocca aperta. Ovviamente in questa recensione eviteremo di svelarlo, per rispetto all’ottimo lavoro dei due autori e per salvaguardare il piacere della lettura dell’opera. Diremo solamente che, in un’epoca in cui si è visto tutto e tutto viene continuamente rifatto, mescolato, agitato e propinato al lettore come se fosse nuovo, Green Valley costituisce davvero una novità e questo è solo uno dei suoi pregi. Sorprende la facilità con cui Max Landis gioca con i generi, contaminandoli e sovrapponendoli, la scioltezza con cui introduce personaggi che vediamo per la prima volta ma che, grazie a dialoghi azzeccati e brillanti, ci sembrano già familiari. È evidente come il giovane Landis abbia ereditato un po’ del talento di papà John, il genio di Animal House e Un Lupo Mannaro Americano a Londra, talento che aveva già messo in mostra nell’acclamato Chronicle, ibrido tra film di supereroi e found footage: ma questo Green Valley, per qualità della scrittura, caratterizzazione dei personaggi, padronanza del mezzo e ambizione, ci sembra addirittura superiore.

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La ciliegina sulla torta è costituita dalla parte grafica, affidata al nostro Giuseppe Camuncoli a cui facciamo i nostri più sinceri complimenti per l’ottimo lavoro svolto. Lo stile plastico e cinetico di Cammo è perfettamente complementare allo script di Landis, tanto nei momenti dove l’azione è frenetica tanto nei momenti più intimisti. Notevole il lavoro di design sui personaggi, a ciascuno dei quali l’artista riesce a donare anima e personalità, facilitando il processo di immedesimazione del lettore. Basti pensare a Bertwald, il protagonista a cui ci si affeziona subito, e le cui rughe del volto raccontano più di una storia. Come da lui dichiarato nella postfazione al primo numero, pur non avendo mai lavorato ad un fantasy prima, Camuncoli è un vecchio appassionato di giochi di ruolo come Dungeons & Dragons e classici come Il Signore degli Anelli e queste influenze sono evidenti in particolare nella scene di battaglia, come il fulminante incipit. Notevole è anche la cura per i settings, che spaziano da prati verdi in mezzo alle montagne a villaggi a banchetti reali, tutti ricostruiti con attenzione ai dettagli. Cammo è ormai una star negli USA da tanti anni, con un curriculum di tutto rispetto tra Marvel e DC, eppure Green Valley ci pare uno dei suoi lavori migliori. Menzione speciale anche per le chine di Cliff Rathburn, che rifinisce con accuratezza le matite di Camuncoli, e per i colori delicati di Jean - Francois Beaulieu, che non sovrastano i disegni come spesso accade con la colorazione digitale. Il colorista è stato molto attento a ricreare un illuminazione degli ambienti coerente con l’epoca in cui si svolge la vicenda, si veda l’uso della luce negli interni del castello e la scena dell’assalto notturno.

Saldapress presenta Green Valley con una confezione inconsueta e sperimentale: un regular pack contenente tutti e nove i numeri che compongono la serie e che andranno in edicola di mese in mese, e un premium pack dove troverete i nove numeri più una versione “cover blank” del numero 1 da far autografare o “sketchare” da Camuncoli nel caso lo incontraste in qualche fiera. Una formula “tutto e subito” che ci è piaciuta moltissimo, quasi una versione cartacea del binge watching stile Netflix. E a proposito di serial, un appello ai signori di Hollywood: Green Valley sembra essere nata apposta per una trasposizione su piccolo o, meglio ancora, grande schermo. Lo si faccia al più presto, per cortesia.

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