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Supergods

Wonder Woman paladina del sadomaso, Namor un arrapato Peter Pan e Superman un rigurgito junghiano. Eccole le divinità che Grant Morrison racconta nel suo Supergods, libro crocevia, ibrido tra il saggio, diario personale e manuale di storia, che rappresenta al meglio la personalità eclettica dello sceneggiatore scozzese.

Lasciando da parte gli inutile preamboli sul proprio autore, Supergods pone al centro il supereroe e il suo percorso nel secolo breve, rimodellato dagli stampi dei Gilgamesh, degli Ulisse e dei Lancilotto. Morrison prende le icone del fumetto supereroistico, filone che nessuno come gli Stati Uniti d’America ha saputo rielaborare e proporre al pubblico del XX secolo, le mostra al lettore da ogni sua angolazione, evidenziandone pregi e difetti, le lucida col fiato, se le coccola facendoci leggere persino stralci del suo diario di quando aveva otto anni. Poi prende un martello e le distrugge. Le fa a pezzi, smembrando ogni componente, vivisezionando ogni traiettoria, sia le più semplici direttive autoriali sia i più reconditi movimenti sotterranei che animano Superman e soci. Forse è questo il difetto più vistoso dell’opera: le linee del discorso continuano a infrangersi proiettando sul testo i propri frammenti e diventa difficile ricomporre tutti i pezzi del discorso per figurarsi un’immagine coerente.

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D’altro canto, Morrison si rende conto che un tomo di 500 pagine sulla figura dell’eroe sarebbe buono solo per le aule universitarie, ma sa anche che perfino il suo fan numero 1 - se stesso, credo - cadrebbe in catalessi di fronte a un’autobiografia spessa tre dita. E di libri sul fumetto son piene le librerie, lo scozzese non ha la minima intenzione di seguire un filone a cui non avrebbe nulla da aggiungere. Il tomo non vuole essere nessuna di queste cose. Appena la parte storica sta per prendere il sopravvento, Morrison infila a mo’ di cuscinetto un aneddoto risalente al corrispondente periodo della propria vita. E quando il suo privato si fa invadente ecco che ci viene proposto un microsaggio su Il ritorno del cavaliere oscuro, una manciata di pagine che da sole varrebbero l’acquisto del libro. E questo lo fa di continuo, in un perpetuo atto di giocoleria che dura per tutta la lettura del libro (non parla di tutte le sue opere e dalla Dark Age in poi, epoca in cui Morrison è sempre più coinvolto nell’industria come peso massimo, il suo modo di trattare la materia diventa giocoforza meno rigoroso). Non spinge mai fino in fondo nessuna delle parti, mischia tutto e confonde il personaggio altezzoso che s’è cucito addosso con l’autore che lo scrive. Proprio come la grafica alla Pablo Ferro del libro, la prosa di Morrison è chiara ed elegante, scorrevole nelle parti istituzionali, brillante nelle sezioni più concitate. Quasi troppo brillante, perché Morrison si lascia andare a volate stilistiche che distolgono l’attenzione dal discorso. In quei momenti, più che raccontare, l’obiettivo dello scozzese diventa far sentire il suono marcato della propria voce sulla pagina.

Nei confronti della materia che spiega, Morrison è un insegnante sarcastico, di quelli che non sai mai se la prossima mattina sarà cordiale e intrattabile. Lo scozzese è benevolo nel spargere lodi tanto quanto è tranciante nell’affondare il coltello nella carne (tanto per dirne una, non esita a elogiare Wally Wood per essere stato un ottimo “disegnatore, scrittore, editor e alcolizzato”). Nulla di tutto questo sarebbe minimamente divertente se alla base del libro non ci fossero analisi precise, intelligenti che contestualizzano le opere nel flusso della storia fumettistica. Eppure, con il suo fare strafottente, Morrison riesce a essere frivolo e divertente, mandando tutto in vacca con racconti beoti da rockstar; il picco, in questo caso, lo raggiunge narrandoci di una sua ospitata alla fiera di Lucca, passata a stonarsi con Peter Milligan. Più trascurabili le parti di commento sul filone dei cinecomic, una carrellata tutto sommato anonima sui film dei supereroi che avrebbe avuto ragion d’essere in un qualsiasi forum, ma che in questa sede non regge il confronto con il resto del materiale.

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Arrivato in Italia grazie alla BAO, Supergods rivela la propria natura solo all’ultimo capitolo: un lungo commento a corollario di All-Star Superman, serie del decennio scorso che racchiude in sé i temi e i nuclei significanti del libro. Più o meno velatamente, il volume imbastisce discorsi che portano a una logica conclusione, la decostruzione della sua stessa opera, uno degli esempi più alti nel genere del “superoe divinizzante” nonché una delle miglior prove del Morrison sceneggiatore. Forse perché, e Supergods lo spiega bene, a dargli una mano c’erano anche il Morrison fan e il Morrison uomo.

Dati del volume

  • Editore: Bao Publishing
  • Autori: Testi di Grant Morrison
  • Formato: 15 x 21 cm, brossurato, 464 pp., b/n
  • Prezzo: 19,00 €
  • Voto della redazione: 8
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