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Marshal Law 1-2 (Lion Extra)

“Licenziosità, decadenza, vizio, malattie veneree, follia, disgrazia, povertà, ricchezza, volgarità, blasfemia e morte... qui c’è tutto”. Per riassumere il contenuto di Marshal Law (serie del 1987 di cui RW Lion ha da poco iniziato una ristampa) basterebbero queste poche parole, contenute in una didascalia nelle prime pagine del volume 1. Basterebbero, ma si correrebbe il rischio di banalizzare estremamente il lavoro del dinamico duo Pat Mills/Kevin O’Neill e di ricondurlo al filone imbastardito dei vuoti derivativi ultraviolenti che hanno caratterizzato parte del fumetto anglosassone anni ‘90. Per capire meglio quest’opera, e per districarne il furore nichilista, dobbiamo assolutamente fare un passo indietro, e tornare nei favolosi anni ‘80.

Come chi sta leggendo saprà, si trattò di un periodo di grande prosperità e rinascita del fumetto statunitense, nonché di decisa e a tratti sovversiva revisione di archetipi classici; a muovere le fila, un’intera generazione di scrittori e artisti provenienti dalla nuova provincia dell’impero, il Regno Unito. Giovani, spregiudicati e soprattutto politicizzati, lasciarono un impronta visibile tutt’ora. Le due opere più importanti, citate allo sfinimento, sono ovviamente Watchmen, del bardo di Northampton Alan Moore, e Il ritorno del Cavaliere Oscuro, simbolo della resistenza a stelle e strisce Frank Miller, entrambe uscite nel 1986. Se questi graphic novel, per citare Grant Morrison (Supergods, 2011), hanno “ucciso il supereroe, Marshal Law ha ballato sul suo cadavere”.

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La serie di Mills e O'Neill parte da premesse infatti simili, soprattutto per quanto riguarda l’intento decostruzionista, e ne accentua vistosamente i tratti violenti e grotteschi, perdendo – come d’ovvio – la capacità di prendersi troppo sul serio. Gli autori portano così alle estreme conseguenze un discorso sul supereroe – e contestualmente sugli Stati Uniti d’America –  iniziato forse già negli anni ‘70 e sviluppatosi con Swamp Thing, Devil, Miracleman, arrivandoci se possibile ancor più “da sinistra” rispetto a Moore e sicuramente rispetto a Miller. Non dimentichiamoci infatti l’ascendenza punk e anti-establishment che ha caratterizzato il fumetto britannico nell’epoca delle grandi riviste come 2000 AD, fondata tra l’altro proprio dal nostro Pat Mills.

Marshal Law è una divertente (nel senso di entertaining) extravaganza ambientata in un decadente futuro distopico e post-apocalittico, in pieno stile anni ‘80. Racconta le ragguardevoli gesta di un omonimo super-sbirro che cerca di ripristinare l’ordine nella caotica San Futuro, già San Francisco, letteralmente invasa da super di ogni forma e dimensione. Ovviamente le operazioni di polizia sono intrise da serena ultraviolenza e crudeltà di ogni sorta, al fine di arginare i malatissimi super che dominano la città, una galleria di freak per cui la distinzione tra eroe e villain ha del tutto perso ogni significato.

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Il design del prode Marshal Law, visibile già dalla copertina, mette ben in chiaro il carattere grottesco e squisitamente esagerato del fumetto, nonché la volontà di sovvertire modelli pre-esistenti mediante l’appropriazione di un’estetica ben definita. Nel suo costume confluiscono infatti influenze sadomaso, qui persino nella variante nazi, con tanto di pelle aderente, catene e persino filo spinato; le scarpe col tacco, dulcis in fundo, rimescolano il tutto con un dettaglio dal deciso gusto queer. Il personaggio rende pertanto visibile sul proprio corpo l’ampia tipologia di contraddizioni e di innuendo che hanno infestato gli incubi di un Fredric Wertham qualunque, esaltandone il carattere liberatorio e sovversivo.

La satira degli autori non risparmia nulla dei grandi miti del fumetto americano: dagli eroi primigeni DC, come Spirito Pubblico/Superman e Private Eye/Batman ai supereroi con superproblemi Marvel, protagonisti di uno spassoso capitolo all’inizio del secondo volume della presente edizione Lion. Il tutto viene condito con una mai velata critica all’imperialismo militare e politico statunitense – ricordiamoci che siamo negli anni finali della Guerra Fredda, e poco prima dello spostamento ideologico dell’asse del male verso il Medio Oriente con la prima Guerra del Golfo.

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Il punto forse più interessante del processo analitico è da ricercarsi nel personaggio di Private Eye; una decostruzione profonda, meno ironica di altre, volta precisamente a dissacrare e demistificare le pratiche ideologiche che sostengono l’ossessiva lotta al crimine; gli autori si spingono persino più in là, facendoci riflettere sulla dicotomia capitalista/vendicatore incarnata da Scott Brennan (cioè Bruce Wayne): “un avvoltoio che caccia il crimine creato dalla sua stessa specie”; in altre parole, la sublimazione fascistoide di una fantasia capitalistica di dominazione.

Dalla lettura dell’opera è facile rendersi conto come il rapporto fra autori, protagonista e idea(le) supereroistico sia tuttavia più sfumato. Se da una parte abbiamo l’appena citato intento decostruzionista, condito da un approccio oltremodo grottesco, dall’altra ritroviamo l’amaro riconoscimento della perdita di innocenza: un sentimento esemplificato dal rancore provato dal protagonista nei confronti dell’ex idolo d'infanzia Spirito Pubblico. Non rappresenta affatto il Sogno Americano, o forse, più probabilmente, il Sogno Americano è una truffa. È interessante notare come l’abbandono (precedente agli eventi narrati nella serie, e quindi solo narrato in retrospettiva) della terra da parte di Spirito Pubblico, fatto estremamente simbolico, riprenda uno dei leitmotiv del fumetto supereroistico sofisticato di quegli anni, dai già citati Watchmen e Il Ritorno del Cavaliere Oscuro fino a Kingdom Come (Mark Waid e Alex Ross, 1996).

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Marshal Law non sarebbe ciò che è senza gli splendidi disegni di Kevin O’Neill, che si è occupato con grande maestria anche della colorazione. L’autore britannico si sbizzarrisce nel ricreare le divise e i simboli dei grandi eroi, reinterpretandole in chiave (perdonateci la ripetizione del termine) grottesca e derisoria; gli archetipi e i personaggi di riferimento rimangono palesi, ma ad essi viene spesso e volentieri aggiunto uno strato interpretativo, come nel riuscitissimo Persecutore (a.k.a. il Punitore di casa Marvel). Da segnalare come il pastiche sia impreziosito dall’inserimento giocoso, e mai invasivo, di finto materiale giornalistico o pubblicitario, esattamente come verrà rifatto ne La Lega degli Straordinari Gentlemen, sempre a opera del disegnatore inglese. Infine, bisogna dire come uno dei punti più notevoli del comparto grafico sia la complessa saturazione semiotica delle tavole, letteralmente invase da scritte, cartelli e pubblicità colorate: ciò rende la fruizione dell’immagine un processo lento e misurato, che ben si presta ad eventuali riletture.

Per concludere, vogliamo riproporre uno degli interrogativi più angoscianti dell’intera storia, e cioè “Dove sono finiti i personaggi puliti e sani che conoscevamo? Perché i Superumani moderni sono così corrotti, così depravati?”. Se la domanda in origine viene posta dal super-sbirro Marshal Law, non fatichiamo a credere che sia risuonata più volte anche della mente del lettore. Per conoscere la risposta, non ci rimane che (ri)scoprire questa (non tanto) piccola gemma uscita quasi trent’anni fa.

Dati del volume

  • Editore: RW Edizioni
  • Autori: Testi di Pat Mills, disegni di Kevin O'Neill
  • Formato: Brossura, 204 e 160 pagine a colori
  • Prezzo: 17,95 € e 14,95 €
  • Voto della redazione: 8
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