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Lucrezia e Alice a quel paese: conversazione con Silvia Ziche

Intervista a cura di Andrea Fiamma.

"Lucrezia c'est moi" potrebbe scrivere Silvia Ziche, parafrasando Flaubert.
Non a caso, forse, sulla copertina del suo nuovo lavoro Lucrezia e Alice a quel paese la prima è ritratta con in mano "Madame Bovary". Ma il nuovo lavoro di Silvia Ziche, raffinata penna umoristica nonché fumettista totale, riporta in scena un altro suo alter ego, la giovane idealista Alice apparsa sulle pagine di Comix negli anni novanta.

Vicentina, Silvia Ziche sbarca a Milano negli atti ottanta per studiare all'Istituto di design: sarà quel senso di alienazione e mancanza di coordinate che la ispireranno a creare il personaggio di Alice a quel paese. Debutta su Linus, per poi apparire, tra le altre, su Cuore e Comix; è però Topolino a darle la possibilità di dimostrare le sue abilità di narratrice ad ampio respiro, grazie a saghe come Il papero del mistero e Il grande splash (riproposto in edicola alcune settimane fa).
Negli anni duemila, oltre a collaborare a vari progetti con autori come Tito Faraci e Vicenzo Cerami, scrive e disegna Amore mio, opera in cui compare per la prima volta il personaggio di Lucrezia, che nel 2006 diventerà presenza fissa sulle pagine di Donna Moderna.

Lucrezia e Alice a quel paese, edito da Rizzoli-Lizard, rappresenta l'incursione dell'autrice in un territorio nuovo, quello del commento sociale e politico, mettendo in secondo piano lo sferzante umorismo sulle relazioni amorose e le idiosincrasie della vita quotidiana.

Abbiamo avuto l'occasione di discuterne con lei, parlando della sua ultima fatica, di Facebook, Twitter e dell'insostenibile leggerezza di essere autori.

Per leggere la recensione di Lucrezia e Alice a quel paese, clicca qui.

lucreziaealiceLucrezia e Alice a quel paese è ormai sedimentato nelle menti dei lettori. Come giudichi il lavoro? Riesci a essere obbiettiva nei confronti dei tuoi fumetti od occorre un periodo di distacco per poterti giudicare?
Deve passare almeno un anno prima che io possa capire che cosa ho fatto. Prima, affogo nella più totale insicurezza. Quindi al momento non riesco a giudicare il mio lavoro. Mi fido del fatto che l'idea iniziale, quando si è affacciata, mi sembrava funzionare.

Quindi delle tue opere passate (penso a Due o San Francisco e santa pazienza) hai un giudizio più obbiettivo, ora?
Sì, ora sì. Vedo ancora i difetti, ma vedo anche le cose che funzionano. E quando vedo le cose che funzionano, penso anche che non sarò mai più in grado di fare cose come quelle. Quindi sono più obiettiva, ma altrettanto insicura, purtroppo.

Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano ha citato Silvio Berlusconi come fonte d'ispirazione per il cattivo del libro (portando come prova il "ventennio" in cui Alice resta congelata), un paragone che non avevo voluto prendere in considerazione durante la lettura - nonostante la fisionomia sia quella. È un parallelo che trova riscontro nelle tue intenzioni?
Posso dissentire? Non trovo che la fisionomia sia quella. Non è alto, ma a parte questo non mi sembra che gli somigli. L'innominato cattivo del mio libro è cialtrone, arruffato, spiegazzato. Non è ricco, all'inizio si vede il suo antro, e non è certo una villa. Dove assomiglierebbe al signore che viene citato a modello? Non è lui a cui mi sono ispirata. Non do un nome al personaggio apposta: non è nessuno, è una categoria. Volevo raccontare la deriva tragica che sta prendendo la politica nel nostro paese. E la politica, negli ultimi vent'anni, è stata condizionata sicuramente da quel signore, ma anche da chi intorno a lui ha cercato visibilità e potere, e da chi non è riuscito in nessun modo a contrastarlo.

Nel libro si legge una critica unilaterale alle nuove tecnologie. Aggiorni spesso il tuo sito ufficiale e sei presente su Facebook - ma non su Twitter; che rapporto hai con internet?
Capisco che tutto va in quella direzione per cui, con un ritardo che mi porto dietro da sempre di almeno cinque anni, mi adeguo anch'io. Faccio fumetti, racconto storie. Se i lettori si rifugiano più sul web che sulla carta stampata, mi tocca andarli a cercare lì. Ma la virtualità e l'immediatezza del web mi affaticano un po'.

Non sembra, visto che sei molto attiva, rispondendo a ogni commento. Il meno “social” Twitter, invece, è una realtà che sembra più adatta per il tuo stile di scrittura, dove con 140 caratteri la sintesi e la capacità di concentrare il pensiero sono tutto. Non ti attira?
Ammetto che conosco poco Twitter. Ma per quanto sia abituata alla sintesi, visto che faccio vignette, non sono convinta che in 140 caratteri si possa esprimere un'idea complessa. Soprattutto se si twitta ogni 10 minuti. Non so, forse sono io che non sono in grado di concentrare il mio pensiero. Ma magari, con i miei soliti 5 anni di ritardo, arriverò anche a quello.

Il termine graphic novel viene spesso usato per nobilitare opere considerate adulte o con tematiche forti (molti giornalisti hanno parlato di graphic novel anche per Lucrezia e Alice). Roberto Recchioni, sull’Unità, lo ha definito: «Un'etichetta utile per vendere fumetti a chi si vergogna di leggerli». Lucrezia e Alice a un certo punto della storia si propongono di realizzarne uno, per sensibilizzare le coscienze. Qual è la tua opinione in materia?
I (o le, secondo le diverse scuole di pensiero) graphic novel sono fumetti. C'è poco altro da dire. Magari è una definizione politicamente corretta, ma il concetto rimane quello.

In una recente intervista a Tizzoni d'Inferno, hai parlato con Tito Faraci di un paradosso alla Woody Allen secondo cui l'autore è legato ma schiavizzato allo stesso tempo dal lettore, che non vi vorrebbe vedere fuori dalla vostra zona di sicurezza. Lucrezia e Alice a quel paese affonda le radici nel commento allargato alla società, alla politica. È un territorio che ti piacerebbe ripercorrere in futuro?
Quello che volevo dire è che non voglio sentirmi legata a un genere che ci si aspetta da me. Negli ultimi anni ho lavorato sempre sui rapporti tra le persone, sui cortocircuiti della vita sentimentale e affettiva. In questo momento non riuscivo a parlare solo di quello, perché la realtà sta condizionando pesantemente le nostre vite in tutti gli aspetti. Penso che continuerò comunque con quello che ho sempre fatto, che credo rientri nella satira sociale, più o meno. La satira politica non mi attira.

Topolino è passato alla Panini. Quando l'hai saputo, cosa ne hai pensato? Credi che il cambio di editore possa influenzare la direzione artistica delle storie?
Sinceramente non lo so. Ho trovato al momento molto entusiasmo, e l'entusiasmo è contagioso. Sto a vedere, come tutti credo, quello che succederà.

ziche2013Autori come Tito Faraci e Giorgio Cavazzano, che ben conosci, hanno avuto l'occasione di sperimentare con personaggi statunitensi (l'Uomo Ragno, Capitan America, Devil). Ti piacerebbe lavorare su una proprietà extra-Disney?
Non ci ho mai pensato. Davvero.

Nel numero lucchese di Topolino è apparso una tua divertente riflessione sulle idiosincrasie della mostra. Innanzitutto, ti piace andarci come autrice? E come giudichi l'evoluzione, più lenta negli scorsi anni, rapidissima da qualche tempo a questa parte, della fiera (in termini di crescita di pubblico e commistione tra fumetti, giochi e film)?
Sì, mi piace molto andarci. Il mio è un lavoro che tende a isolare un po' dal mondo. Si lavora da soli, si perde il contatto con la realtà. È bello quindi, ogni tanto, incontrare chi legge i miei fumetti, e vedere che effetto fanno. Mi aiuta ad andare avanti. Non so spiegare il rapido successo. Mi rendo conto che prima c'era tanta gente, e adesso ce n'è tantissima. Prima non c'erano i cosplay, e adesso sì. Ma non so il perché.

In molte interviste ti sei definita una lettrice onnivora, quali sono state le ultime letture (fumettistiche e non) che vorresti consigliare ai lettori di Comicus?
Fumettisticamente parlando, ho letto Zerocalcare. Lo consiglio, tutto. Per il resto, ho letto alcuni saggi che mi servono per un prossimo lavoro, e parecchi romanzi non del tutto degni di nota. Ho una memoria pessima, tendo a rimuovere tutto, ma l'ultimo romanzo che mi ha lascito una traccia nella memoria è 22/11/63 di Stephen King.

Puoi svelarci qualcosa dei tuoi prossimi lavori?
Sto disegnando una storia per Topolino, su testi miei. Per il resto, sono ancora in alto mare, e in questa fase tendo a essere un po' scaramantica, preferisco non parlarne.

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