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Canicola



La canicola è il periodo più caldo dell'anno, che va da fine luglio a fine agosto. L'estate, per i più, è legata all'idea fanciullesca delle vacanze, del mare, dello svago, ma in realtà è anche l'afa opprimente, il bagliore accecante del solleone che, impietoso e senza compromessi, surriscalda ogni superficie. La Canicola è il lato più estremo dell'estate, non per forza negativo (senza quel caldo opprimente non ci sarebbero i bagni e le granite e le cene all'aperto), ma non sempre piacevole. E questo per me è Canicola (la rivista e il gruppo): il lato urgente e inquieto, del fumetto, per questo necessari al fumetto.
Il mondo dei comics italiani è piccolo e tende sempre troppo spesso a implodere sotto il suo stesso peso, ben vengano quindi alternative che sfuggono all'attrazione gravitazionale dell'autoreferenzialità. Canicola prende posizione senza porsi come alternativa a niente. "I fumetti si possono fare anche così" ci dicono. Ma quel così non vuole elevarsi a norma, è solo "noi facciamo i fumetti così". Un punto di vista, una riflessione. Canicola ha dimostrato che si possono fare fumetti "alti" e "altri" semplicemente con una visione e la voglia di metterla su carta.

Il gruppo e la rivista Canicola nascono assieme nel 2005 e sono un tutt'uno. La rivista sembra infatti un monografico del signor Mario Canicola perché, per quanto gli stili divergano, la prospettiva appare la stessa. Tutte le diversità sono unite dalla stessa spinta: indagare il segno e con il segno, trasformare il tratto stesso in sostanza narrativa. Una scelta che sacrifica la storia (o almeno la trama) e talvolta rende proni a indulgere nell'illustrazione fine a se stessa, ma che ha anche regalato gioielli in cui il disegno e scrittura si bilanciano e dialogano.



Impossibile non citare a questo punto Brodo di Niente di Andrea Bruno, serializzato su Canicola (n° 1-4) e poi raccolto in volume, che è riuscito a far aprire gli occhi anche alla giuria dei primi Gran Guinigi di Lucca, premiando Bruno come miglior autore unico nel 2007. Ma non è la sola perla: Vita Immaginaria di Paolo Uccello di Giacomo Nanni (n°4), The Party di Alessandro Tota (n°5), 12/12/2012 di Giacomo Monti (n°5)… solo per dirne alcune. E senza contare ospiti d'onore quali Gipi (n°3) e Marco Corona (n°5), che alla rivista non hanno dato i fondi di cassetto, anzi. E oltre agli autori del gruppo, Canicola ha fatto un lodevole lavoro di "scouting" stanando autori internazionali molto interessanti come Chihoi e Marko Turunen, di cui Canicola ha pubblicato due volumi.
Ce n'è per tutti i gusti, o meglio, per molti gusti: non si tratta di fumetti che cercano le grandi platee. Sono certo che in tanti rimarranno interdetti se non infastiditi nel vedere, ad esempio, le tavole di Amanda Vähämäki, piene di cancellature, segni incerti di matita, sporcature. Ma sono altrettanto sicuro che molti riusciranno a vedere la ricerca, la sensibilità, e perché no la poesia, che c'è dietro.
Per fortuna c'è chi non fa fumetto per tutti e permette al linguaggio fumetto di andare un po' più in là (ovunque questo là sia).

Facciamo due parole con Edo Chieregato, coordinatore editoriale, con Liliana Cupido, di Canicola.

Non so quanto sia ufficiale, e in caso smentiscimi, ma da quel che ho capito Canicola cambia: il gruppo cessa di esistere ma la rivista continua. Si può dire che state passando dalla dimensione di collettivo a quella di etichetta?

Etichetta è una bella parola… e sono belle le etichette. Ne sono sempre andato pazzo, soprattutto di quelle adesive. Nella casa dove abitavo prima, avevo fatto una collezione di quelle della frutta, appiccicate lungo il telaio della porta del balcone. Ma l’etichetta della Ferrero Rocher per me rimane un classico. Bah… Canicola cambia, o meglio si evolve. C’è stata molta energia tra il gruppo prima di nascere ed è durata per molto tempo. Una cosa rara e difficile da gestire tra soggettività complesse. Ma da più di un anno siamo andati avanti un po’ per inerzia, mal gestendo il progetto nel suo complesso. Le singole personalità sono cresciute ma si è perso l’obiettivo comune. Penso sia normale. Adesso l’idea è quella di lavorare come area, cioè come gruppo molto allargato. Non so se “etichetta” sia la parola giusta, mi spaventa l’idea di “classificazione”, di marchiare qualcosa di abbastanza preciso. È più stimolante l’idea di “comportamento” che ci sta dietro a questa parola. L’area a cui pensiamo non ha stili o narrazioni definite, è qualcosa di altro, di non etichettabile si può dire?

Trovo lodevole la vostra voglia di confrontarvi con l'Europa, a partire dalla brillante idea di "sottotitolare" le storie con la traduzione a pié pagina (a proposito: a chi fare i complimenti?) e continuando con mostre un po' in tutta Europa, specialmente in festival poco conosciuti in Italia come ad esempio San Pietroburgo, Lucerna, Amburgo. E l'Europa dimostra di apprezzare, tanto che ad Angouleme 2007 avete vinto il premio per ma miglior BD Alternative. Siete però i soli in Italia a tentare davvero un dialogo con quanto avviene Oltralpe: secondo te come mai? È il vostro approccio ad essere più in linea con le tendenze europee o semplicemente siete i soli ad esservi scrollati di dosso il provincialismo italico?

L’idea forte di Canicola è stata sviluppare un progetto, autoprodurselo in libertà e mirare alto. Voglio dire, abbiamo fatto sul serio, non solo come autori. È stata anche una grande fortuna quella di poter mettere in campo tante competenze diverse. Canicola non ha inseguito niente, particolari tendenze, mode o altro, ognuno ha raccontato e disegnato come meglio poteva. Anche per la prima volta. Monti, Setola, Tota, Vähämäki, hanno praticamente iniziato con la rivista, in totale libertà ma con la sana tensione che le esperienze come questa possono dare. Il dialogo con le realtà internazionali è venuto naturale, ma lo abbiamo cercato. Non siamo stati ad aspettare.



Alcuni degli autori esteri pubblicati su Canicola sono anche stati ospitati da BilBolBul (Chihoi, Marijpol, Anders Nilsen,…), una sinergia dovuta alle contingenze immagino, ma credi che sia possibile creare circolo virtuoso tra rivista e festival? Credi che un rapporto tra una pubblicazione e un evento possa essere una via per lanciare o rinforzare realtà indipendenti come Canicola?

Bologna è una miniera in termini artistici, culturali e produttivi. Tutto quanto c’è in città può arricchire il festival e, in qualche modo, riceverne beneficio. Quello che mi stupisce è che, nonostante la ricchezza che tutti conosciamo, ci siano pochissime realtà indipendenti, anche di giovanissimi come ad Helsinki o Amburgo ad esempio. È pazzesco. La peculiarità più forte di BilBolBul, come per Canicola, penso sia la volontà di indagare gli autori e la loro ricchezza. Un evento culturale come il festival può sicuramente fare molto per l’editoria indipendente, ma ancor prima di rinforzare questo o quell’editore, dare visibilità a questo o quell’autore, associazione, collettivo, penso che possa creare una situazione di confronto, soprattutto per gli artisti più giovani, che hanno la possibilità di, come dici bene tu, scrollarsi il nostro provincialismo indefesso. Ma è bene non tirarsi troppo la zappa sui maroni. Le esperienze di Inguine, Canicola, Self Comics, Cani, e poi Ernest, Monipodio, hanno fatto molto bene in questi ultimi anni. È emersa anche da noi una alternativa espressiva possibile. Ora la luce più forte arriva dai Superamici e non è un caso che BilBolBul abbia affidato a loro l’immagine dell’edizione del 2009 e relativa mostra in piazza per il centenario del personaggio BilBolBul. Circolo virtuoso? Vampirismo?


Altre Chine, uno sguardo verso autoproduzioni, riviste underground, realtà indipendenti, piccola editoria e tutte le forme di Fumetto Altro. Per segnalazioni e commenti Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.


Luca Vanzella
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