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Royal City 1 di Jeff Lemire, recensione: Fuggire non è mai la scelta giusta

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Scendere a patti con il proprio passato, ripercorrere i luoghi della propria infanzia o della propria adolescenza con gli occhi di adulto è un’esperienza che, prima o poi, in un modo o in un altro, tutti realizzeranno. Jeff Lemire, con Royal City, parte proprio da questo presupposto, scrivendo e disegnando interamente la serie edita, in Italia, da Bao Publishing.
Un grave malessere del padre Peter, costringerà tutta la famiglia Pike – composta dalla moglie Patti e dai tre figli, Patrick, Tara e Richard – a fare i conti con il proprio passato e a rivedere il proprio presente. Sull’intera famiglia aleggia, infatti, il “fantasma”, l’immagine, di Tommy, figlio e fratello strappato prematuramente all’esistenza.

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La storia imbastita da Lemire è corale e non c’è un vero e proprio protagonista. La trama segue, infatti, le vicende dei quatto familiari che gravitano attorno al capezzale del padre in coma dopo l’infarto. Questo stratagemma narrativo permette all’autore di indagare diverse tematiche capaci di interessare la vita di un individuo: la volontà e il bisogno di scendere a patti con la propria esistenza, la ribellione dalla pastoie sociali e familiari, il bisogno di affermazione e indipendenza identitaria, l’anelito alla libertà. Ma le diverse direttrici intraprese dal racconto – almeno questa prima parte narrata nel volume – confluiscono verso un unico tema, ovvero quello della fuga. Tutti i personaggi fuggono da qualcosa, ognuno di loro cerca altro, ognuno di loro crede che la propria vita non gli abbia concesso tutte le possibilità e, in un modo o in un altro, cercano un riscatto. Il vero conflitto dei protagonisti è che questo riscatto non può avvenire: le “ingiustizie” che sentono gravare sulle loro spalle non sono colpa della Vita, del Destino e nemmeno di Royal City – assunta a simbolo di decadenza esistenziale – ma della loro incapacità di affrontare i conflitti, che siano personali, interpersonali o semplicemente quelli del quotidiano. Tommy, “visto” dai membri della famiglia, è diverso per ognuno di loro: ha un’età differente, una personalità differente, ma rappresenta sempre la necessità di affrontare se stessi e le battaglie della vita.

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Il testo di Lemire non si dilunga mai in verbose o stucchevoli battute, ma cerca sempre di essere asciutto e non patetico, nonostante che la complessità dei temi affrontati nell’arco del volume possano permettere una trattazione più romanzata. Lemire, sfrutta le “regole” narrative del fumetto, affidando la voce fuori campo, il commento alla vicenda, al personaggio più adatto a una ricostruzione narrativa: Patrick, scrittore in crisi, incapace di trovare l’ispirazione e la forza per creare un nuovo romanzo. Qui, forse, l’unica pecca del racconto: è intuibile che Patrick tornerà a scrivere, utilizzando gli eventi che si stanno svolgendo come nucleo narrativo del suo prossimo lavoro. Ma queste sono speculazioni che attendono risposta con il volume seguente.

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Il tratto dell'artista è estremamente marcato, nervoso, spesso caricaturale che tende ad una raffigurazione quasi espressionista dei personaggi e del mondo che abitano. Questa scelta rafforza la sensazione di disperazione dei protagonisti e la loro condizione di alienazione nei confronti degli eventi. Difatti i momenti onirici si confondono con quelli reali, sancendo il legame tra queste due dimensioni esistenziali e marcando la percezione alterata in cui vivono i membri della famiglia Pike. Lo stesso uso del colore, ad acquerello, descrive l’intero racconto attraverso intenzioni cromatiche non realistiche, finalizzate, dunque, a restituire questa visione snaturata, confusa, ma anche ricca di sfumature in attesa di essere colte.

Il volume si arricchisce di un interessante dietro le quinte in cui lo stesso autore presenta i diversi studi per il logo della serie e le illustrazioni promozionali.
Royal City si palesa, dunque, come un lavoro estremamente personale di Lemire, in cui sono evidenti le volontà catartiche dell’autore che ha deciso di affrontare tematiche universali per poter riflettere sulle conflittualità della vita e sulle sfide – grandi o piccole che siano – che l’esistenza pone davanti il percorso di tutti.

 

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