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Orfani: in arrivo una nuova mini per Ringo

  • Pubblicato in News

A un mese dalla conclusione della serie principale, uscirà domani il primo speciale di Orfani. Come vi avevamo riportato lo scorso anno, è in preparazione un secondo speciale che adatta il romanzo di Ringo. Roberto Recchioni ha annunciato oggi su Facebook che la storia è diventata una mini in 4 parti, la cui uscita è prevista prima in libreria e poi in edicola.
Scritta dallo stesso Recchioni insieme a Michele Monteleone, la mini è disegnata da Davide Gianfelice e il suo titolo di lavorazione è Un Uomo Chiamato Ringo.

Di seguito potete leggere il post condiviso da Recchioni su Facebook.

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Senzaombra, recensione: Il fantasy young adult di Monteleone e Matrone

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Per leggere l'intervista agli autori, clicca qui.

È facile capire quando un lavoro è frutto del piacere di chi lo realizza: la sceneggiatura frizzante, immediata, i disegni potenti, la costruzione scenica perfetta. Tutto si può replicare con una buona dose di “mestiere” ma sarà irriproducibile il divertimento degli autori nel creare una storia. Senzombra di Michele Monteleone e Michele Matrone, edito da Bao Publishing per la collana BaBao è figlio dell’amore degli artisti per la loro creatura.

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Tristan, il giovane protagonista, è un senzaombra, un orfano che a seguito di un patto con un Collezionista è costretto a sconfiggere dei mostri per riscattare la propria ombra e la propria libertà, con la possibilità di poter esprimere un desiderio.
Tale sinossi richiamerà, ai più avvezzi all’universo nipponico fumettistico, il plot di diversi anime o manga – come, ad esempio, Puella Magi Madoka Magica – ma già con le prime tavole, tutto il mondo di riferimento e le passioni dei due autori si palesano in un caleidoscopico catalogo di elementi, situazioni, battute che collimano in unicum narrativo di grande divertimento.
Peter Pan, Berserk, Zelda, Cavalieri dello Zodiaco, Adventure Time, sono le prime “immagini” che vengono in mente al lettore. Ma il lavoro di Monteleone e Matrone non è certo solo una rassegna di strizzate d’occhio al mondo pop. I riferimenti sono solo il mare magnum che fa da impalcatura atmosferica a Senzaombra.

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La sceneggiatura è divertente, metanarrattiva e inquadra saldamente personaggi e situazioni, senza perdersi in “spiegoni” retorici. La marca distintiva del genere è palese, e questo permette a Monteleone di poterci giocare in maniera ironica svelando, attraverso le battute dei personaggi, il meccanismo che sottende la costruzione narrativa del genere nelle sue diverse declinazioni.
Il disegno di Matrone, nervoso e spigoloso, tratteggia i personaggi con una chiarezza del tratto che richiama la scuola francese, senza ostentare orpelli grafici che avrebbero appesantito inutilmente la lettura. La costruzione della tavola esplode della sua ricchezza compositiva, costruendo sequenze dal grande impatto visivo, spesso anch’esse dal gusto citazionista (la scena poco prima del finale) o dall’impianto ironico (la scena subacquea nel tempio).

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Senzombra è una ricca avventura leggibile a più livelli, specchio dei loro autori e della generazione che rappresentano attraverso l’immissione del proprio universo multimediale di riferimento. Tanto un adolescente amante del fantasy e dei manga, quanto un trentenne svezzato dall’immaginario pop di due decadi (’80 e ’90) potranno divertirsi nella lettura tanto quanto hanno fatto i due autori nel creare il fumetto.

 

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Senzombra, il piacere di fare fumetti: intervista a Michele Monteleone e a Marco Matrone

Edito da Bao Publishing per la sua collana BaBao, Senzombra (qui la recensione) è il fumetto young adult di Michele Monteleone e Marco Martone, appassionati cultori del mondo nerd e pop in tutte le sue declinazioni che, nel loro lavoro, hanno voluto mettere tutte le loro passioni.

Durante l’Arf festival 2018, abbiamo avuto modo di parlare con loro di Senzombra.

Come nasce il progetto di Senzombra?

Monteleone: Nasce dalla summa delle nostre passioni: fumetti, manga, anime, videogiochi. C’è stato un periodo in cui ero parecchio preso da Scott Pilgrim di Bryan Lee O'Malley, stava per uscire The Legend of Zelda - Breath of the Wild, quindi sono stato ispirato da tutto quello che vedevo in quel momento. Infatti, il mondo di Tristan funziona come quello di un videogioco, in cui hai una sorta di quest e delle ricompense.

Durante il processo creativo, chi ha creato cosa?

Matrone: Tutto il concept è frutto del lavoro iniziale di Michele. Poi mi ha contattato e, cominciando a collaborare, abbiamo scoperto il terreno in comune e abbiamo cominciato a contaminarci a vicenda.

Avete lavorato partendo dalla sceneggiatura o anche in quella fase avete collaborato?

Monteleone: La trama l’ho costruita io ma, quando Marco parla di contaminazione è proprio vero: quando inizialmente gli affidavo un character design, lui metteva tutta una serie di elementi – dai vestiti che indossava o oggetti che portava – che mi hanno stimolato e mi hanno dato la possibilità di introdurre nuovi elementi legati a quel personaggio e alla storia. Ad esempio, alla fine dell’albo c’è una spada – che ha un ruolo importante nella trama – che inizialmente non esisteva. Marco l'aveva disegnata per un character design e l'abbiamo inserita.

Matrone: Quando dovevo disegnare un personaggio, non potevo fare a meno di chiedermi: “Chi è questo personaggio?” e, chiaramente, nel momento in cui cominciavo ad immaginarlo, mi confrontavo con Michele. Riguardo alla spada, volevo assolutamente disegnare una katana! Fai un fumetto e non disegni una katana? A Michele è piaciuta l'idea e l’ha utilizzata in un ruolo narrativo.

Monteleone: A volte, anche un oggetto semplice può far scattare l’idea per una svolta di trama, anche sostanzialmente forte. La contaminazione è sempre stata reciproca.

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Avete parlato di riferimenti, di passioni. C’è, però, un immaginario preciso a cui avete, anche non direttamente, fatto riferimento?

Matrone: L’immaginario non è mai preciso, è l’opposto della precisione. È qualcosa che ha i bordi così poco definiti che può abbracciare tantissime cose. Quando tenti di descriverlo, si rischia di rinchiuderlo in un recinto e non è più un “immaginario”. Gli unici paletti che abbiamo dovuto imporci sono stati quelli che servivano a trovare una coerenza tra le parti. Quel processo è stato fatto nel momento in cui abbiamo messo tutto assieme.

Monteleone: Sono assolutamente d’accordo. Basti pensare che l’immaginario degli anni ’90 era contaminato da quello degli anni ’70. Possiamo parlare di influenze partendo da Zelda, fino a Peter Pan, passando per l’animazione francese… Non saprei definirlo nemmeno io perché ci piacciono cose molto diverse tra loro.

Qual è stata, dunque, la gestazione di un prodotto del genere? Era nato come crowfunding, ed ora è approdato a BAO Publishing, nella collana BaBao, quindi destinato ad un target preciso.

Monteleone: Il progetto è cambiato drasticamente, quasi totalmente, ma non per adattarci al target o a esigenze dell'editore. BAO infatti ha preso il progetto esattamente per com’era. Non credo che ci sia bisogno di adattare le storie ai ragazzi. Da ragazzino guardavo Alien, lo Squalo, e non ho avuto grossi problemi [ride]. Basti pensare ai film di Johh Hughes come Sixteen Candles o The Breakfast Club: adesso sarebbero tutti censurati perché parlano di sesso e sono rivolti ad un pubblico di quattordicenni che, comunque, al sesso pensa [ride]. La stessa cosa vale per tematiche violente o horrorifiche. A volte si tende a proteggere il ragazzino per non spaventarlo. Ma un sentimento come la paura credo vada benissimo, è formativo.

Matrone: Ovviamente ci siamo mantenuti entro un certo limite.

Monteleone: L’unico adattamento che abbiamo fatto è stato il formato: ne abbiamo scelto uno che fosse più vicino possibile allo shonen giapponese e che richiamasse anche l’equivalente francese.

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All’uscita di Senzombra avete abbinato quella del videogioco. Com’è nata l’idea? Perché avete voluto realizzarlo?

Monteleone: Il principio è sempre lo stesso: i riferimenti non sono stati ricercati, ma sono frutto delle influenze di ciò che ci piace. Partiamo dal fatto che siamo entrambi videogiocatori [ride]. Mentre stavamo creando il fumetto, ci dicevamo: “Ma quanto sarebbe bello un gioco di Senzombra?”. Quindi alla fine è stato naturale dirsi: “Perché non farlo?”. Sono due linguaggi – fumetto e videogioco – che raramente si parlano e, quando lo fanno, producono dei risultati altalenanti.

Matrone: Sono due media in cui l’uno diventa surrogato dell’altro. Non c’è mai una vera e propria forma di comunicazione.

Monteleone: L’idea è che il videogioco fosse un’altra parte del mondo del libro. Senzombra come videogioco è una app che ha un immaginario di riferimento molto chiaro: i videogames anni ’80. Basti pensare che c’è un piccolo delay tra quando premi il pulsante e quando il personaggio salta, e questo era un classico di giochi come Castlevania in cui dovevi pensare un secondo prima rispetto all’azione. Sono particolari che abbiamo inserito perché ci appassionano.

Matrone: Quando faccio un fumetto, lo faccio come se volessi leggerlo io, da lettore e appassionato. Abbiamo fatto il videogioco allo stesso modo.

Monteleone: Assolutamente. BAO è stata così pazza che ci ha detto di sì a tutto [ride]. Avevamo carta bianca e abbiamo voluto fare quello ci piaceva fino in fondo.

State già pensando ad un eventuale seguito di Senzombra?

Monteleone: Diciamo che noi ci pensiamo.

Che sembra più un “noi ci abbiamo già pensato”.

Matrone: Noi ci abbiamo ragionato su [ride]. Al di là delle cose abbiamo raccontato, c’era un mondo che volevamo creare.

Monteleone: Bhe sì, ci abbiamo ragionato. C’è ancora tanto al di fuori di quella piccola parte che abbiamo raccontato. Quello che abbiamo ideato è mondo coerente che si nasconde anche all’esterno della pagina. C'è qualcosa di ancora non visto, qualcosa di solo nominato e che i fa venir voglia di esplorare ancora quel mondo.

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I Maestri del Mistero. I delitti della Rue Morgue e altri racconti da Edgar Allan Poe: recensione

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Il maestro dell’orrore e della suspense Edgar Allan Poe ha ispirato, spaventato e incantato numerosi artisti provenienti da media diversi, con sensibilità e pratiche artistiche diverse che, in circa un secolo e mezzo, si sono dedicati alla materia narrativa dello scrittore di Baltimora.
Le Edizioni Star Comics, per la collana I Maestri del Mistero (curata da Roberto Recchioni), hanno affidato ad un trio creativo l’adattamento a fumetti de I Delitti della Rue Morgue e di altri tre racconti scritti da Poe.

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Il cartonato si apre con la storia di cui porta il titolo: I Delitti della Rue Morgue, scritto da Michele Monteleone e disegnato da Oscar. La trama è nota a tutti gli appassionati di Poe e del genere mistery, e non solo: alcuni efferati omicidi vengono commessi a Parigi e, mentre la polizia brancola nel buio, il detective Auguste Dupin, insieme all’anonimo narratore del racconto, cercano di risolvere il mistero dietro la morte di Madame L'Espanaye e di sua figlia. Essendo, la vicenda raccontata, molto nota da quasi due secoli (Poe la scrisse nel 1841), Monteleone e Oscar scelgono un felice approccio narrativo che si concentra più sulla messinscena che sul mero svolgimento della trama. Evidente dai divertenti rimandi metanarrativi è la presenza dello stesso Poe all’interno del racconto, non come solo easter egg: essendo il narratore del romanzo (come del fumetto) nascosto dall’anonimia, i due autori hanno scelto di rappresentarlo attraverso la caricatura dello scrittore di Baltimora. Evidente, inoltre, è il taglio da “libro game”: come nell’altro adattamento del duo Monteleone-Oscar, La Lettera Rubata, numerosi sono gli accorgimenti visivi che interrompono lo svolgimento della trama a favore di una ricostruzione grafica degli indizi esaminati dal detective Dupin. Tale stratagemma narrativo strizza l’occhio al lettore che si ritrova a decifrare gli indizi e a collocarli all’interno di quella che è una vera e propria mappa del luogo in cui svolgono le indagini.

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L’adattamento del famoso racconto orrorifico Il Gatto Nero (ancora una volta una storia di grande fama) vede alla sceneggiatura Jacopo Paliaga che – strizzando l’occhio a un approccio dal sapore cinematografico – lascia all’arte di Oscar il compito di narrare la vicenda dell’uomo ossessionato dal gatto di nero di casa, a tal punto da commettere involontariamente l’assassinio della moglie: l’adattamento, infatti, non ha alcun dialogo, né alcuna voice over, l’unica voce che emerge è all’inizio e alla fine. Il risultato è una veloce discesa nella follia e nell’ossessione dell’uomo protagonista, come se non si stesse leggendo un racconto a fumetti, ma piuttosto guardando un breve cortometraggio animato. Paliaga e Oscar hanno anche il compito di adattare Lo Scarabeo D’Oro, racconto dal sapore avventuroso e non solo mistery, il cui protagonista è ossessionato – il tema dell’ossessione (in diverse declinazioni) è il fil rouge dei quattro racconti – da un pezzo di carta (in cui era avvolto uno scarabeo d’oro) che crede possa nascondere la parte di una mappa del tesoro. Il personaggio Edgar Allan Poe torna come anonimo narratore, e ritornano le sospensioni narrative dedicate alla ricostruzione degli indizi. Paliaga, dunque, si allinea agli intenti narrativi del volume, arricchendolo con un testo strutturato sul continuo interscambio tra presente e passato. Dimensioni temporali che convergeranno alla fine del racconto.

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I disegni di Oscar descrivono visivamente tutte e quattro le storie e lo fanno con un tratto caricaturale, spesso deformato, che delinea i personaggi attraverso una fisionomia esasperata, matrice estetica su cui regge il grande movimento all’interno delle tavole e delle vignette.
Il volume, infine, è ricco di contenuti extra: ogni storia è intervallata da un testo scritto dagli sceneggiatori con il compito di descrivere le suggestioni che ruotano attorno alle opere di Poe da loro selezionate per l’adattamento. Gustosi sono gli approfondimenti in calce al cartonato, dedicati allo scrittore e ad alcune curiosità legate alla sua figura.

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