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I segni addosso. Storie di ordinaria tortura, la recensione

La casa editrice Beccogiallo è famosa per la sua linea editoriale dal forte impegno sociale e per trattare temi psicosociali attuali e di cronaca di vario tipo. I segni addosso è un progetto nato dall’idea di Renato Sasdelli di voler incentrare una storia su di un tema che, pur essendo antichissimo, resta purtroppo molto attuale: la tortura. La sua attualità è dovuta fondamentalmente a un utilizzo di modifiche semantiche che lo ridefiniscono, cambiandogli biglietto da visita, pur rimanendo sempre uguale resta la stessa barbaria. Un progetto, dunque, interessante soprattutto per la scelta narrativa di voler raccontare, tramite un anfitrione anonimo, tre storie reali che hanno fatto discutere sia media che esperti del settore (psicologi, sociologi, politici etc.).

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Il volume si compone di 3 capitoli: uno riguardante gli eventi del G8 a Genova nel 2001, nello specifico i fatti riguardanti la scuola Diaz. Un altro riguarda le torture, ormai famose (purtroppo), del carcere di Abu Ghraib. L’ultimo, invece, è ambientato in Italia nel periodo fascista. Quindi, vicende di cronaca che abbracciano un arco temporale abbastanza ampio.

Le tre storie sono introdotte da una maschera, in senso sia letterale che metaforico, che presenterà i racconti come narratore partecipante e come una delle vittime silenziose che la tortura miete. La sceneggiatura è di Andrea Antonazzo mentre i disegni sono affidati a Elena Guidolin. Il tutto è sostenuto da un’analisi storiografica di Sasdelli che precedentemente ha raccolto testimonianze di partigiani torturati durante il regime fascista.

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L’idea di fondo è molto bella essendo anche un tema controverso e poco affrontato: concepita come narrazione di sensibilizzazione, attraverso un medium non di nicchia come le riviste di settore o all’interno del fuoco fatuo delle news del momento in tv, il volume parte bene e si nota che l’argomento è molto sentito. Il prologo colpisce e spinge a voler andare avanti nella lettura ma, procedendo, non tutto quadra nel modo giusto in quanto non riesce a trasmettere appieno la deumanizzazione che vorrebbe raccontare inserendosi in strutture e particolari che non valorizzano la perdita di umanità e la sua subumanizzazione.

La prima storia, quella della scuola Diaz, riesce a dare quel tormento e quell’ansia che doveva avere l’intera opera ma già dalla seconda questo fattore emotivo non è colto pienamente. Le vicende del carcere di Abu Ghraib sono tra le più angoscianti e raccapriccianti dell’ultimo secolo eppure la narrazione non  tocca quei tasti emotivi/evocativi che dovrebbe. Non è scritta male, anzi, Antonazzo fa un buon lavoro di sintesi e le inquadrature, così come le battute (sia di testo che in senso di spirito) sono giuste e riprendono il mood di totale oggettivizzazione da parte dei carcerieri. Quello che manca è l’orrore della totale indifferenza dei rapporti tra le fazioni tra l’ingroup e l’outgroup. I protagonisti conversano sì di temi semplici e comuni, mentre compiono atrocità, ma non c’è il fattore emotivo che dovrebbe colpire il lettore. La terza ed ultima storyline si sviluppa bene e mette in scena l’angoscia della vittima tramite flashback che fanno sentire la paura e il dolore ancora vivo nei ricordi, ma poi stacca improvvisamente passando la parola alla maschera per l’epilogo. Il trittico viene chiuso così in maniera brutalmente incompleta e asettica.
Il problema di fondo è che la narrazione sembra in secondo piano rispetto al tema narrato, che l’analisi dell’idea sia più importante della strutturazione della sceneggiatura e in un fumetto questo non dovrebbe succedere. Dovrebbero viaggiare insieme e rafforzarsi a vicenda creando un valore aggiunto.

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I disegni di Elena Guidolin rendono bene l’idea di non identità. Tratti neri sporchi, chine forti, sfumature pittoriche e facce abbozzate quasi sempre, se non nei momenti in cui devono esprimere emozioni (come paura e divertimento). Uno stile che ricorda molto Danijel Zezelj, il che è solo una grande nota di merito.

La parte finale del volume ha un capitolo discorsivo di supporto all’argomento con tanto di descrizioni di linguaggio tecnico nella pratica (sottomissione, deumanizzazione, demonizzazione) legati alla tortura. Una parte di casistica, problematiche e controversie legali e metodologiche e dati di riferimento che impreziosisce l’opera.

Dati del volume

  • Editore: Beccogiallo
  • Autori: Testi di Renato Sasdelli e Andrea Antonazzo, disegni di Elena Guidolin
  • Genere: Graphic journalism
  • Formato: 124 pg. b/n, brossura
  • Prezzo: 15€
  • ISBN: 978-8899016548
  • Voto della redazione: 6
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