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Titeuf vol. 1

Titeuf. Il miracolo della vita (Panini Comics, brossurato, 98 pagg. a colori, € 9,00) testi e disegni di Zep

L’enfant terrible creato da Zep è un bambino come tanti altri. È un ragazzino curioso, pestifero quanto basta, circondato da tanti amici, da altrettante ragazzine sveglie e loquaci, da genitori liberali e spiritosi ma pieni di difetti e, altrettante volte, privi di risposte. Le domande le pone, come si conviene ai mocciosetti della nostra società, Titeuf, bambino rigorosamente iperattivo, svogliato a scuola, innamorato senza speranze di Nadia, interessato di cacche e peti più che di grandi interrogativi della vita.

Zep, al secolo Philippe Chapuis, è il creatore di un personaggio che ha avuto così tanta fortuna in Svizzera da ritrovarselo nei gadgets dei Mcdonald’s, sui bicchieri e sulle calzette dei bambini, nei video-games, oltre che appiccicato negli album di figurine o animato in una serie a cartoni. Il successo? Come tanti autori di letteratura per l’infanzia, Zep si schermisce dietro un’apparenza candida e incontaminata, lontana dalle stranezze e dalle ipocrisie del mondo adulto. A chi gli chiede dove possa trovare l’ispirazione per la messa in scena di così tante strambe situazioni in cui far muovere e parlare i bambini, confessa che, pascolianamente, tira semplicemente fuori il fanciullino che è dentro di sé, piuttosto che incatenare il figlio per sviscerargli l’anima-fanciulla o piazzare spioni nel cortile della scuola durante il quarto d’ora di ricreazione. D’altra parte, Titeuf nasce come personaggio della BD svizzera per caso, in un momento di sconforto dettato dal rifiuto di un editore poco lungimirante. La voglia di abbandonare il fumetto, confessa Zep durante un’intervista rilasciata nel 2002, lo spinge a ritrovare la fantasia e la creatività della sua fanciullezza che lo avevano spinto ad abbracciare il mondo e la causa della BD.

I disegni cartooneschi delineano la sagoma di un ragazzino tutto testa e piedi, biondo come Calvin, ma meno filosofico e meno capelluto: Zep non ama disegnare i capelli e allora Titeuf finirà per portare in giro un solo e lungo ciuffo, una meche che lo deforma ancor di più e gli dona un’aria da spadaccino dalla risposta immediata e sicura, presuntuoso quanto basta di fronte ad una maestra d’altri tempi o al bullo della scuola che finisce, immancabilmente, per far prevalere la legge della forza su quella della parola.

Ne Il miracolo della vita, Zep ci imbandisce una serie di avventure e situazioni in cui Titeuf, ancora per poco figlio unico, è alle prese con una madre incinta, un gruppo di amici che gli rinfaccia di avere dei genitori maniaci perché "lo hanno fatto", i consueti problemi legati ad una pagella eternamente segnata da note e da matite rosse e blu, e un padre che fatica a dare risposte esaurienti ad un figlio le cui idee sul sesso, e sulla sessualità in genere, sono molto confuse e deliranti. La nascita di Zizie, la sorellina, porterà in famiglia nuovi e vecchi problemi con cui il nostro Titeuf dovrà confrontarsi: pannolini stracolmi di cacca, giocattoli squarciati e poster mangiucchiati, carenze affettive direttamente tramutatesi in zero in condotta a scuola e, dulcis in fundo, la possibilità che Zazie porti al più presto in casa schiere di amiche che si invaghiscono del bel Titeuf dal ciuffo biondo.

Ma Il miracolo della vita, in fondo, si propone di risolvere tanti dubbi e tante perplessità: come fanno le poppe delle ragazze a crescere? Come riescono gli adulti a far diventare tutto noioso? Come può una bambina essere così stupida da rifiutare una proposta di fidanzamento se la dote è rappresentata dal Game-Boy? Perché mai una ragazzina dovrebbe trovare scurrile cantare una canzone romantica con i rutti? Cosa succede se una sedicente signora Fibroma entra in classe per una lezione di educazione sessuale? E, affare non meno importante, come ha fatto Zizie ad entrare nel pancione di mamma? Zep affibbia questo grazioso nomignolo alla nuova arrivata: Zizie è infatti omofono di zizi, il ‘pisellino’, il ‘pistolino’, il grande protagonista della fase pre-puberale di un Titeuf disgustato dal gentil sesso, ma vittima di una tempesta ormonale precoce al solo sentir pronunciare il nome della compagna di classe Nadia.

L’autore rifiuta categoricamente la definizione del suo fumetto come ‘pedagogico’: Titeuf non fornisce chiavi o soluzioni, non dà risposte, ma fa sorridere e pensare, diverte e scuote sul terreno dei piccoli e grandi problemi del nostro mondo: AIDS, vecchiaia, handicap, manipolazione genetica, Scientology, buco dell’ozono e calvizie…
Tito Faraci, intelligente prefatore del volume, ci avverte: Titeuf non è un fumetto sui bambini e nemmeno un fumetto per bambini. È un fumetto che distrugge deliberatamente ogni fittizia separazione fra mondo adulto e mondo dell’infanzia. Con le sue risate e i suoi capricci, con le sue naïvetés e le sue diavolerie, Titeuf ci ricorda ad ogni pagina che non tutto deve per forza sottostare alla maledizione del binarismo cui è condannata la nostra società. Nella realtà, le cose non sono semplici e nettamente separate. Le mura, apparentemente incomunicanti, nascondono una fessura che, come nella mitica storia ovidiana di Piramo e Tisbe, finisce per diventare galeotta e unire le due case, ossia – uscendo fuor di metafora – le due anime che si combattono dentro di noi.


Nadia Rosso


Carlo Del Grande
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