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La DC rilancia la Suicide Squad con una nuova serie

  • Pubblicato in News

DC Comics ha annunciato che Tom Taylor (DCeased e Injustice: Gods Among Us) scriverà la nuova serie regolare dedicata alla Suicide Squad.

Illustrata da Bruno Redondo, la testata presenterà un elenco di personaggi vecchi e nuovi: accanto ai veterani Harley Quinn, Deadshot e King Shark arriveranno a completare il cast Zebra Man, Cavalier e un altro personaggio femminile. Taylor in precedenza aveva accennato a un nuovo character di nome Thylacine, ma quest'ultimo non appare nella prima copertina diffusa.

La serie vedrà la Suicide Squad affrontare un gruppo di super-terroristi noti come Rivoluzionari, i cui membri finiranno per unirsi ai ranghi della Task Force X per risultati esplosivi.

Il team non opererà sotto Amanda Waller, la cui assenza potrebbe finire per essere legata agli sviluppi di Event Leviathan, che si concluderà presto.

Suicide Squad #1 di Tom Taylor e Bruno Redondo, con la cover ad opera di Ivan Reis e Joe Prado e con una variant di Francesco Mattina, sarà un albo di 40 pagine e sarà in vendita dal 18 dicembre.

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The Terrifics 1-2, recensione: ovvero, il simbolo del fallimento della The New Age of Heroes

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Sebbene il concetto di universo parallelo non fosse una vera e propria novità (si parlava già di qualcosa di simile nel numero 59 di Wonder Woman, uscito nel maggio del 1953), è solo nel settembre del 1961 che il Multiverso DC viene reso ufficiale, con la pubblicazione della storica storia “Flash dei due mondi”, opera di due colonne portanti dell’editore americano come Gardner Fox e Carmine Infantino. Quell’espediente narrativo servì per recuperare numerosi personaggi della Golden Age (il periodo che convenzionalmente viene fatto iniziare nel 1938, anno di uscita di Action Comics 1, fino ai primi anni Cinquanta), finiti nel frattempo nel limbo, dopo che nel 1956, con il debutto di Barry Allen come nuovo Flash, era iniziata la Silver Age, il primo “reboot” della storia del fumetto americano.

Presto, però, agli autori dell’epoca, le cose sfuggirono di mano e, con la scusa delle terre parallele, la DC ne approfittò per inserire nel suo universo narrativo, non solo altre versioni dei suoi eroi di punta, ma anche tutti quei personaggi di altri editori, di cui la casa editrice di Superman e Batman aveva acquisito, nel frattempo, i diritti di pubblicazione (di questi, l’esempio più noto è probabilmente Shazam, ovvero l’originale Capitan Marvel). Il continuo ricorrere a universi alternativi o a terre parallele, però, alla lunga generò parecchie incoerenze nei contenuti delle varie serie e un sacco di confusione nei lettori, tanto che, complice anche una forte crisi di vendite che colpì la DC sul finire degli anni Settanta, nel 1985 Marv Wolfman e George Pérez, cercarono di ridare lustro ai personaggi dell’editore newyorkese e, nello stesso tempo, a riportare un po’ di ordine nel suo multiverso con la monumentale maxiserie Crisi sulle Terre Infinite (di fatto un azzeramento della continuity). Ma, visto che, evidentemente, in casa DC non imparano mai dai propri errori, negli ultimi anni dopo l’ennesimo tentativo di reboot (il fallimentare evento conosciuto come The New 52), non solo si è deciso di ritornare alla continuity seguita all’opera di Wolfman e Pérez, ma anche di integrare in essa i personaggi di Watchmen e della linea America’s Best Comics (che, come è noto, sono tutte creazioni di Alan Moore).

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Come se già questo non fosse sufficiente, ecco che, quasi in contemporanea, Scott Snyder, attraverso la miniserie Dark Nights: Metal, si è inventato anche il Multiverso Oscuro, cioè un intero nuovo multiverso, parallelo a quello “classico” della DC, che, oltre a prevedibili complicazioni narrative difficili da gestire, ha portato alla nascita della nuova linea editoriale The New Age of Heroes, la quale, assieme alla presentazione di collane nuove di zecca, avrebbe dovuto rilanciare alcuni eroi secondari dell’editore newyorkese, procedere alla (molto discutibile) integrazione dei protagonisti dell’etichetta America’s Best Comics, di cui abbiamo accennato in precedenza, e consolidare quella di personaggi acquisiti da altre case editrici, non ancora portata a compimento per intero (uno su tutti, Plastic Man).

Tra le serie di questa nuova linea, The Terrifics (di cui la Lion, per il momento, ha pubblicato i primi otto episodi in due agili volumetti brossurati) è subito apparsa come una delle più interessanti, se non altro per il team creativo in gioco, che vede Jeff Lemire ai testi e Ivan Reis ai disegni.
Nel primo episodio, ricollegandosi direttamente alle vicende di Metal, Michael Holt (alias Mr. Terrific) si reca presso l’abitazione del magnate Simon Stagg, per investigare su alcuni esperimenti, che sembrano utilizzare le tecnologie sottratte alla Terrifictech, di proprietà di Holt, mentre quest’ultimo era impegnato a scoprire i misteri del multiverso oscuro. Mr. Terrific si rende subito conto che Stagg, grazie ai poteri elementali di Metamorpho, è riuscito ad aprire un portale proprio verso quel multiverso, senza, però, essere in grado di controllarne l’energia oscura. È solo grazie all’intervento di Holt, e al fondamentale aiuto di Plastic Man, che tutto si risolve senza conseguenze apparenti, anche se, durante il loro breve viaggio interdimensionale, Mr. Terrific, Metamorpho e Plastic Man, prima si imbattono in un’adolescente intangibile, che sostiene di chiamarsi Linnya Wazzo (quindi un’antenata della Phantom Girl della Legione dei Super-Eroi), e successivamente riescono a recuperare il messaggio olografico di un certo Tom Strong, che li avverte di un pericolo incombente, che potrebbe mettere a rischio tutto l’universo.

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Per quanto il nome di Jeff Lemire possa risultare una forte attrattiva per il lettore, visto l’altissimo livello di parecchie delle sue opere, esso - purtroppo - non è sempre garanzia di qualità. Troppe volte, infatti, soprattutto nei lavori su commissione, come gran parte di quelli per Marvel e DC, il cartoonist canadese ha deluso fortemente le aspettative. A questa categoria appartiene anche The Terrifics, dove l’autore di Black Hammer e Gideon Falls sembra l’ombra di sé stesso. La trama di fondo di questi primi otto numeri è di una banalità sconcertante: per quanto gli spunti interessanti non siano pochi (tra cui l’evidente similitudine del gruppo con i Fantastici Quattro della Marvel o proprio la scoperta dell’esistenza del mondo di Tom Strong), tutto viene portato avanti con soluzioni narrative troppo scontate (alcuni episodi sono al limite del “fill-in”, e il collegamento alla storia principale avviene con motivazioni alquanto pretestuose) e “trovate” parecchio discutibili (la spiegazione del perché i quattro protagonisti non possono allontanarsi l’uno dall’altro, per esempio, non fa onore alla grande inventiva che Lemire ha mostrato in altre occasioni). Non solo, anche la qualità dei dialoghi lascia molto a desiderare, con il risultato di rendere la lettura poco accattivante, nonostante l’autore canadese non lesini affatto nell’utilizzo di cliffhanger di vario tipo.

A tutto questo, bisogna aggiungere una caratterizzazione dei personaggi ai minimi termini, dove si distinguono in negativo Mr. Terrific, troppo spesso arrogante e poco carismatico (e dire che Michael Holt, con il suo passato segnato da una pesante tragedia familiare, avrebbe, al contrario, delle potenzialità enormi. Un tema che, invece, Lemire affronta di rado e in maniera poco convincente), e, soprattutto, Phantom Girl, tratteggiata, incomprensibilmente, come una teen-ager frivola e svampita, che recupera un po’ di spessore solo nei momenti in cui viene fatta emergere la nostalgia per i suoi genitori. Quello che voleva essere un omaggio a una delle eroine più importanti della Legione dei Super-Eroi, diventa, così, una malriuscita operazione di ret-con, tanto che i fan della Phantom Girl originale faranno fatica ad accostare la trisavola di Tinya Wazzo all’eroina complessa e matura, in cui si è evoluta, negli anni, la sua pronipote.

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Il gruppo, infine, è anche male assortito: capiamo che poter disporre di un personaggio come Plastic Man possa garantire momenti leggeri e divertenti (almeno teoricamente, visto che di frequente le sue battute sono ridicole e i suoi battibecchi con Metamorpho, spesso inseriti con il solo scopo di utilizzare tutti i cliché associabili ai Fab Four appaiono forzati o del tutto insensati, e neanche lontanamente paragonabili agli analoghi intermezzi tra la Torcia Umana e la Cosa), ma se il lettore ogni tanto arriva a sorridere è solo perché il disegnatore di turno riesce a fargli assumere le forme più strane e disparate. I suoi poteri, tuttavia, da un lato mostrano non poche somiglianze con quelli di Metamorpho (che, lo ricordiamo, oltre a far cambiare stato fisico al suo corpo o a trasformarsi in qualsiasi elemento chimico, è in grado di allungarsi a piacimento e di aumentare le sue dimensioni), con la conseguenza di rendere la trama un po’ ripetitiva, dall’altro sono troppo “cartooneschi”. Plastic Man, infatti, fin dal suo esordio, è sempre stato un supereroe sui generis, dove la componente umoristica ha sempre avuto un grosso peso. Ideato dal grande Jack Cole agli inizi degli anni Quaranta per la Quality Comics, l’alter ego di Patrick O’Brian voleva essere più una parodia degli eroi in calzamaglia, che un paladino della giustizia tutto d’un pezzo. Integrarlo nella continuity DC senza grossi stravolgimenti si sta rivelando un’impresa piuttosto ardua, e, a giudicare da questi primi numeri, neanche Lemire sembra esserci riuscito (solo Grant Morrison, durante la sua gestione della Justice League, alla fine degli anni Novanta, sembrò aver trovato un compromesso per far interagire il personaggio con gli altri eroi della DC, senza modificarne eccessivamente le caratteristiche). Quindi, seguendo lo stesso ragionamento, proprio non capiamo, la necessità di voler inserire anche Tom Strong nello stesso universo di Superman e soci. Alan Moore aveva concepito il personaggio come un incrocio tra Tarzan e Doc Savage, in omaggio alla letteratura pulp degli anni Trenta, per cui il rischio di snaturarlo parzialmente, per farlo agire in scenari che non gli appartengono, è molto alto (a volte abbiamo pensato che l’atteggiamento di Moore nei confronti dei colleghi chiamati a dare un seguito alle sue opere, o nei giudizi sui film tratti dalle stesse, fosse un po’ troppo altezzoso. In questo caso, però, le decisioni dei vertici della DC sembrano proprio fatte apposta per indispettire il bardo di Northampton).

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Per quanto riguarda il comparto grafico, è un po’ difficile dare un giudizio univoco. Il bravissimo Ivan Reis, infatti, rimane come disegnatore solo fino al secondo episodio, per poi essere sostituito da Joe Bennett, Doc Shaner e Dale Eaglesham, nessuno dei quali (soprattutto il legnoso Eaglesham), riesce ad avvicinarsi al dinamismo delle tavole iper-dettagliate del cartoonist brasiliano. Inutile dire che una simile mescolanza di stili, estremamente diversi tra loro, non induce il lettore occasionale ad affezionarsi alla serie.

A poco più di un anno dal suo esordio, la linea The New Age of Heroes si è rivelata un clamoroso insuccesso commerciale e delle otto collane che ne facevano parte, The Terrifics è, al momento, l’unica sopravvissuta. Ma l’abbandono di Lemire con il numero 14 (ulteriore segnale dello scarso interesse dell’autore canadese verso la serie), ne ha - probabilmente - segnato il destino.

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Avengers - Nuove Alleanze, recensione: i Vendicatori di Geoff Johns

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Prima di diventare una della colonne portanti della DC Comics, Geoff Johns ha fatto in tempo a lasciare un piccolo segno anche alla Marvel grazie in particolare a un breve ciclo di storie dei Vendicatori che ora Panini Comics raccoglie parzialmente in un volume cartonato di 312 pagine dal titolo Avengers - Nuove Alleanze.

Il periodo storico coperto va dall’ottobre 2002 al marzo 2003. Pochi anni prima la testata degli Avengers era stata rilanciata all’interno nell’operazione Il Ritorno degli Eroi grazie a un lungo e apprezzato (sia dai fan che dalla critica) ciclo ad opera dello sceneggiatore Kurt Busiek e del disegnatore George Pérez. Il loro merito fu quello di attingere a quella che era l’essenza storica del gruppo con enorme amore e competenza. Il loro addio fu, in pratica, il testamento per i fan di quella che era la concezione classica dei Vendicatori. Per trovare un nuovo e importante ciclo per il gruppo dovremmo attendere l’arrivo di Brian Michael Bendis che con Avengers Dissambled rivoluzionò totalmente la concezione di base della serie Marvel portandola nel nuovo millennio. Fra la gestione di Busiek/Perez e quella di Bendis, ci fu un breve ciclo di storie scritte da Johns seguito da una disastrosa run ad opera di Chuck Austen.
Nel volume Panini sono presenti i primi 7 albi scritti da Johns per The Avengers più la miniserie di 4 Avengers Icons: The Vision e i numeri di Thor e Iron Man del crossover La battaglia degli dei. Per questa ragione, il volume è possibile dividerlo in 4 parti.

Nella prima, troviamo le storie tratte da Avengers 57-60, illustrate da Kieron Dwyer, che compongono la saga “Fiducia Mondiale”. Qui i Vendicatori, con un team composto da Capitan America, Iron Man, Wasp, Calabrone, Scarlet, Visione, Warbird, Ant-Man, She-Hulk, Pantera Nera e Falcon, ricevono dall’ONU l’incarico di governare il mondo intero dopo la scomparsa di tutte le capitali del pianeta. Nonostante qualche ingenuità di fondo, la storia è importante perché pone le basi di quella rivoluzione futura che porterà il team a cambiare per sempre inserendo elementi politici nelle fondamenta del gruppo non di poco conto. Gli Avengers devono essere considerati come una forza mondiale e il loro raggio d’azione non può essere limitato ai soli USA. Johns, però, è abile soprattutto nel gestire le relazioni personali fra i personaggi e dimostra una conoscenza del gruppo notevole e ciò traspare in maniera evidente.

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Avengers Icons: The Vision è una storia particolarmente importante per il personaggio di Visione, che finora aveva avuto solo un’altra mini-serie a lui dedicata nonostante fosse un personaggio importante del gruppo. Qui lo sceneggiatore ridefinisce il personaggio riallacciandosi al lavoro fatto da John Byrne a fine anni ’80 e donando una nuova umanità al sintezoide.
Nonostante i nobili intenti, l’opera dello sceneggiatore non brilla particolarmente e il lavoro si segnala più che altro per l’inizio della collaborazione con Ivan Reis. Da aggiungere, che dopo l’addio di Johns alla Marvel il personaggio e gli spunti di questa miniserie, verranno quasi del tutto accantonati e ci vorrà qualche anno prima che il personaggio ritorni in auge.

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Il volume prosegue con due episodi della serie Avengers disegnati da Gary Frank. Il primo “Vendicatori Uniti”, narra le conseguenze della saga “Fiducia Mondiale” e definisce il nuovo ruolo politico dei Vendicatori, ora una potenza mondiale con tanto di rappresentanza all’ONU. Il secondo episodio, dal titolo “Cuori infranti” è sicuramente il migliore della gestione di Johns sulla testata e si concentra sulle vicende umane de il Fante di Cuori e di Ant-Man, mettendo a confronto i due personaggi, i loro dissapori e le loro problematiche (l'affidamento della figlia per Scott Lang e gli estenuanti trattamenti per non esplodere come una bomba atomica del Fante di Cuori).

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“Cuori infranti” rappresenta sicuramente il punto più alto della gestione di Johns sulla testata. Il volume si conclude con il crossover con le testate di Thor e Iron Man intitolato La battaglia degli dei e disegnato interamente da Alan Davis.
Dopo la morte di Odino, Thor è ora il re di Asgard, e decide di portare il suo regno sopra il cielo di New York per renderlo visibile a tutti. Quando i fedeli di Thor della Slokovia, il cui culto per gli dei nordici è vietato, invocano l’aiuto del dio per porre fine alle persecuzioni e al regime del generale Stoykovicz, Thor decide di intervenire e di porre fine alle loro sofferenze. Ma l’intervento “divino”, seppur nobile nelle intenzioni, scuote i fragili equilibri politici della zona e questo porterà i Vendicatori, in particolare Iron Man e Capitan America, ad agire per fermare l’azione di Thor. La storia, pur con qualche ingenuità, si segnala per le importanti problematiche morali ed etiche che solleva, oltre che per i disegni di gran fattura di Davis.

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Il breve ciclo di storie scritte da Johns per la Marvel proseguirà fino al #76, ma gli albi succesivi al 64 (che si segnalano particolarmente per la saga in 6 parti intitolata "Red Zone" e disegnata da Olivier Coipel) non sono qui presenti. Ad ogni modo, come evidente dalla lettura di questo volume, il lavoro dello sceneggiatore ha dimostrato, pur nella sua brevità, una notevole personalità che poteva essere coltivata ulteriormente e maturare in qualcosa di importante per la storia dell’editore. Forse, se avesse continuato, la storia dei Vendicatori sarebbe ora diversa, di sicuro le premesse viste erano interessanti. Col senno di poi, considerando il suo eccellente lavoro fatto alla DC Comics in seguito, forse è andata meglio così. Ma questo non lo sapremo mai.

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Snyder mostra una tavola del tie-in di Dark Nights: Metal scritto con Morrison

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Come vi abbiamo riportato tempo fa, Grant Morrison scriverà uno one shot per Dark Nights: Metal dal titolo Dark Knights Rising: The Wild Hunt insieme a Scott Snyder. Alla parte artistica dell'albo, in uscita il prossimo 24 febbraio troviamo Doug Mahnke, Ivan Reis e altri.
Syder ha mostrato su Twitter un'anticipazione di questo suo nuovo lavoro in cui i malvagi "Cavalieri Oscuri" danno la caccia a una squadra di eroi con Flash, Cyborg, Raven e il famoso Detective Chimp.

Potete vedere la tavola a matita mostrata in anteprima qui di seguito.

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