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Gennaro Costanzo

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Batman: Il Batmanga di Jiro Kuwata, recensione: la perla pop giapponese nascosta

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Dal 1966 al 1968, per tre stagioni, sulla ABC andò in onda il serial The Batman interpretato da Adam West. La serie, volutamente camp, ovvero stravagante ed esagerata, ottenne un grandissimo successo sia in patria che all'estero nonostante rispecchiasse poco i fumetti dell'eroe che, specie poi negli anni immediatamente successivi, stavano lentamente riacquisendo sfumature più serie e realistiche dopo anni di maggiore ingenuità e leggerezza.
Un ritorno alla maturità segno dei tempi che cambiano oltre che dall'arrivo dell'agguerrita concorrenza Marvel che, con i suoi supereroi con super-problemi, spopolava e dominava le classifiche di vendita.

La serie della ABC, tuttavia, segnò profondamente la cultura popolare dell'epoca e fissò un'immagine precisa di Batman presso il grande pubblico che solo Tim Burton una ventina di anni dopo riuscì, con non poche difficoltà, a scalzare grazie alla sua pellicola con Michael Keaton protagonista.

Dicevamo che il successo dello show di Adam West si diffuse un po' ovunque, arrivando addirittura nella terra del Sol Levante. In Giappone la serie divenne così popolare al punto che nacque l'idea di proporre al pubblico anche i fumetti di Batman, un'operazione fattibile considerando che pochi anni prima già Superman arrivò nelle case dei lettori nipponici. Il progetto venne affidato al mangaka Jiro Kuwata, già autore di diverse opere fra cui l'adattamento a fumetto di Gekkō Kamen (Moon Mask Rider), capostipite dei supereroi giapponese.
Scartata l'idea di tradurre i comics originali americani così come l'optare per uno stile di disegno occidentale, sia per questioni pratiche che per motivi di tempo, Kuwata si orientò per un adattamento puro di storie già realizzate, calando l'eroe in una produzione al 100% giapponese per stile e segno.

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L'autore tuttavia sceglie di non seguire lo stile della serie tv ma di avvicinarsi a quello delle serie a fumetti americane Batman e Detective Comics trasponendo in chiave nipponica alcuni albi già esistenti. Ad esempio, "Death Men", ovvero la prima avventura da lui realizzata, è una trasposizione di Batman #180 "Death Knocks Three Times!" di Robert Kanigher e Sheldon Moldoff del 1966, ovvero lo stesso anno in cui parte il manga.
L'intera serie è una raccolta di trasposizioni di albi americani e di seguito potete vedere alcune differenze fra la storia originale e quella realizzata da Kuwata.

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La serie, pubblicata su Shonen King e Shonen Gaho dal 1966 al 1967 dura solo un anno e presenta 18 avventure complessive, ognuna della quali suddivisa in tre o quattro capitoli per un totale di 60/80 pagine circa cad. La grossa singolarità è che Kuwata sceglie di non servirsi della classica galleria dei nemici di Batman, ma nel selezionare storie da adattare, opta per avventure con villain non noti e, tendenzialmente, apparsi in quell'unica occasione. Una scelta singolare dovuta probabilmente alla volontà di avere una maggior libertà creativa per modellare storie e personaggi alla sua sensibilità e a quella giapponese.

Approcciarsi a queste storie, così lontane nel tempo e così differenti da quelle classiche di Batman, potrebbe scoraggiare il lettore nell'acquisto o anche solo nell'interessarsene, temendo un prodotto marginale, strambo e indirizzato solo ai cultori.
Ma così non è: considerando che parliamo di un fumetto di circa 60 anni fa, e che quindi presenta classiche ingenuità dell'epoca, la lettura è sorprendentemente appagante e divertente e risulta molto più fresca e attuale delle avventure che venivano presentate contemporaneamente in America. Le storie scorrono con grande fluidità, risultando avvincenti e ottimamente scritte. Il diverso background culturale dell'autore dona un’atmosfera strana e inedita per il personaggio, dando loro un fascino inedito.
Certo, Batman e Robin risultano qui personaggi bidimensionali, riconoscibili giusto per i loro costumi e per i loro "gadget", ma il reale motivo di interesse sta proprio nella narrazione e nei nemici che, in mano a Kuwata, amplificano la loro follia e personalità risultando sempre caratteristici.

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Il segno di Kuwata risulta classico ma al tempo stesso molto lineare e pulito, capace di resistere allo scorrere dei decenni ed essere godibile ancora oggi. La matrice nipponica del suo stile è palese, ma si denota la volontà di agganciarsi in qualche modo alla tradizione americana non solo limitando al massimo ogni tipo di stilizzazione o deformazione tipica del fumetto giapponese, ma anche in scelte compositive e di regia delle tavole che hanno una costruzione varia ed efficace, mostrando sempre grande dinamismo. L'artista tende al realismo, seppur semplificandolo, ma non disdegna eccessi stilistici quando entrano in scena nemici pittoreschi o veri e propri mostri. Vista l'alta qualità del suo lavoro, possiamo tranquillamente definire Kuwata un autore di prim'ordine, meritevole di essere riscoperto e di stare accanto a colleghi ben più celebri in occidente.

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Panini Comics propone, per la prima volta in maniera integrale in Italia, l'intera saga del Bat-Manga di Jiro Kuwata in tre volumi da libreria (con tanto di cofanetto). Una riproposta per questo materiale che nasce sulla spinta di un autore come Chip Kidd che l'ha riportato in auge circa una quindicina di anni fa, e a seguito della ristampa completa fatta dalla DC Comics circa 6 anni fa.
Purtroppo, si è scelto di utilizzare le anonime grafiche di copertina realizzate dalla casa editrice americana, che sminuiscono il valore pop dell'opera: avremmo preferito di gran lunga le cover originali realizzate da Kuwata, sicuramente di maggior impatto. Ad ogni modo, la cura editoriale resta impeccabile e la qualità dell'edizione è decisamente ottima. Interessanti, inoltre, i pochi (purtroppo) editoriali presenti: non sarebbe stato male avere ulteriori approfondimenti.
Lettura caldamente consigliata.

Addio a Tim Sale, artista di Batman: Il lungo Halloween e Spider-Man: Blu

Appena pochi giorni fa vi riportavamo la notizia che il noto disegnatore Tim Sale era ricoverato in ospedale per gravi problemi di salute. A darne il triste annuncio era l'amico e collega Jim Lee. Ora, l'account ufficiale di Twitter dell'artista ha riportato che Sale non ce l'ha fatta.

"È con una profonda tristezza che devo annunciare che Tim Sale è morto oggi. È morto con l'amore della sua vita accanto a lui e vi ama moltissimo", si legge nel post.

L'artista, nato a Ithaca (New York) nel 1956, aveva 66 anni. Le cause della sua morte non sono state rese note.

Sale, acclamato artista di opere quali Batman: Il lungo Halloween, Spider-Man: Blu, Daredevil: Yellow, Superman: Stagioni e tante altre, molte delle quali firmate dallo sceneggiatore Jeph Loeb, ha iniziato la sua carriera nel fumetto indipendente all'inizio degli anni '80, diventando famoso nell'industria mainstream a metà degli anni '90.
Nella gallery in basso trovate alcune suoi disegni.

La Redazione di Comicus saluta il grande Tim Sale con commozione, ringraziandolo per tutte le opere che ci ha regalato in questi anni.

Marvel Giant-Size Edition: Civil War, recensione: l'edizione definitiva del classico Marvel

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È da poco disponibile per Panini Comics una nuova edizione di Civil War per la collana da libreria Marvel Giant-Size Edition. Uscita nel 2006 per Marvel Comics la saga è scritta da Mark Millar e disegnata da Steve McNiven ed è stata riadattata (almeno per il concept di base, in quanto poi la trama è differente) nel colossal Captain America: Civil War dei fratelli Joe e Anthony Russo e ha anche ricevuto un sequel fumettistico dal titolo Civil War II ad opera di Brian Michael Bendis e David Marquez.

Sicuramente, Civil War è oggi una delle storie più note e amate dell'intera epopea Marvel. La sua fortuna risiede principalmente nel concept di base, semplice e geniale che possiamo riassumere con lo slogan: “Tu da che parte stai?”. Nel fumetto di supereroi c’è sempre stato un dualismo buoni/cattivi, ma cosa accadrebbe se lo scontro mettesse eroi contro eroi? E questo non certo per un banale equivoco ma per motivazioni ideologiche e scelte irreversibili. Il pubblico è così costretto a prendere una posizione e l’immedesimazione può avvenire, mossa da affinità filosofiche o per banale simpatia, per un gruppo o per l’altro. Si crea, dunque, una sorta di interattività alla base che ha dato via a dibattiti e schieramenti fra i lettori.

E cosa meglio di una radicale scelta politica come soggetto divisorio: l'Atto di Registrazione.

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La proposta di legge governativa (avanzata a grande richiesta popolare) per regolamentare l’attività superumana entra prepotentemente in vigore dopo che il criminale Nitro, attaccato dai New Warriors durante le riprese di un reality show, stermina centinaia di vite innocenti fra cui molti bambini.
A questo punto neanche il diplomatico Tony Stark può mettere un freno a quello che a lui sembra la naturale evoluzione del ruolo dei supereroi. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, direbbe qualcuno, e responsabilità significa rendere conto dei propri poteri allo Stato, seguire un addestramento ed entrare a far parte di una forza militare riconosciuta.
Non tutti, però, sono d’accordo. Per Capitan America registrarsi significa violare la propria identità, limitare la libertà individuale. I supereroi operano laddove la legge, lo Stato, non arrivano, ma con gli eroi divenuti una forza militare, chi garantirà ciò? Avviene così uno scisma, con alcuni eroi che si rifiutano di aderire a tale legge, continuando la propria attività clandestinamente.

I punti di vista di Iron Man e Capitan America sono entrambi legittimi: è il lettore a prendere posizione, come accennavamo in precedenza. Non ci sono cattivi da sconfiggere ma solo uno scontro ideologico. Le loro posizioni rispettano inoltre due diverse concezioni dei supereroi, quella di Cap, più romantica e classica, che rimanda alla visione degli eroi prima del ciclone avvenuto fra gli anni ’80 e ’90, e quella di Tony Stark, più moderna, che rimanendo in ambito Marvel potremmo definire "Ultimate" per l’appunto (senza scomodare Alan Moore), ma che è anche figlia del clima politico post-11 settembre negli States.

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C’è da dire, comunque, che per quanto avvincente e riuscita, a conti fatti, Civil War non è certo perfetta in tutto e per tutto.
Innanzitutto, la miniserie principale scritta da Mark Millar è godibile a sé, ma non brilla in coesione narrativa, sembra più un montaggio delle scene migliori provenienti dall’evento complessivo. Il ritmo troppo veloce non consente all’autore di raccontare la vicenda con la giusta cadenza e il lettore, per incollare i vari pezzi del mosaico, è costretto a zig-zagare fra le varie testate collegate alla saga. Il che, volendo, potrebbe essere anche un punto di forza se visto come evento collettivo e coesivo di tutto l’Universo Marvel.

È sbagliato, inoltre, asserire che non ci siano cattivi. Gli sceneggiatori ce la mettono tutta per rendere la fazione di Tony Stark e Reed Richards odiosa, tramite azioni sleali e snaturando in varie occasioni i personaggi. A questo punto anche il lettore pro-registrazione non può non seguire la parabola di Peter Parker, figura emblematica dell’intera saga.
Anche la fazione di Cap ha le proprie colpe, certo. Non si capisce come mai un personaggio simbolo come lui non abbia intrapreso una via diversa, legale, per diffondere il proprio messaggio. Il suo mettersi in clandestinità avrebbe senso in una dittatura, non in un Paese democratico dove una legge può essere discussa opponendosi al governo, invece di optare per una via che non proponga nulla di costruttivo per cambiare lo stato delle cose. Ed il finale, in questo senso, è eloquente.
Il maggior fallimento si ha però nel mancato sviluppo di quelle premesse ideologiche che avrebbero posto il lettore di fronte ad una scelta etica e morale.
Ad ogni modo, è innegabile che Civil War resti ancora oggi una lettura affascinante e divertente, pur con tutte le pecche elencate.

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Dal punto di vista delle tavole, Steve McNiven fa un lavoro impeccabile donando epicità e spettacolarità al racconto scritto da Millar. Una regia cinematografica che punta su una gabbia sempre varia, tendenzialmente costruita con vignette orizzontali che conducono a un costante effetto "widescreen", e una segno dettagliato e realistico, che ben mette in mostra i volti e le espressioni dei protagonisti, sono le caratteristiche vincenti del suo operato. A completare il tutto, ci pensano i colori di Morry Hollowell, attentissimi a conferire volume alle matite di McNiven, o banalmente a riempire sapientemente gli sfondi lasciati vuoti per esigenza dal disegnatore.

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La domanda finale, considerando le numerose ristampe che Civil War ha avuto in Italia dalla sua uscita a oggi è: a chi è indirizzata questa nuova edizione dell'opera? Innanzitutto, a chi non l'ha mai letta e vuole farlo in quella che è una delle versioni migliori uscite finora. Per tutti gli altri, la consigliamo a chi vuole esporre un libro-oggetto che non sfiguri in libreria, grazie alla combo cartonato + splipcase, o a chi vuole godere fino in fondo delle tavole di McNiven, qui esaltate da una carta lucida di altissima qualità e dal formato oversize 20,5x31 cm.

Joe Quesada lascia la Marvel

Joe Quesada, disegnatore ma soprattutto uno dei più longevi dirigenti della storia della Marvel Comics, ex redattore capo, vicepresidente esecutivo e direttore creativo della Marvel Entertainment dal 2019, ha annunciato il suo addio alla Casa delle Idee a partire dal 1° giugno 2022.

Quesada ha rilasciato una dichiarazione pubblica sui suoi account sui social media parlando nel dettaglio del suo addio e ringraziando i suoi numerosi collaboratori per i loro anni di duro lavoro.

"Quando sono entrato per la prima volta nel mondo dei fumetti, il mio obiettivo era quello di creare personaggi, storie e universi miei. Poi, un giorno la Marvel mi ha fatto un’offerta che ha cambiato il corso della mia vita. (...) Dopo oltre due decenni (è davvero passato così tanto tempo?), è giunto il momento per me di andare avanti. Come potete immaginare, l'amore che ho per l’azienda, i suoi personaggi e tutti i miei colleghi è profondo, ma c'è un nuovo entusiasmante capitolo che sta per iniziare, quindi è il momento giusto.
Nell'agosto del 2000, la Marvel mi ha affidato le chiavi dell'Universo e da allora è stata il mio più grande sostenitore. Durante quel periodo, ho avuto la grande fortuna di stare sulle spalle di giganti, nessuno è stato più grande dei miei predecessori e mentori, il miglior team editoriale del settore, la mia famiglia di coworking e i creatori più talentuosi sulla terra che riponevano la loro fiducia in me, soprattutto all'inizio, quando sembrava che vendessi biglietti per il Titanic. (...) Grazie a tutti per aver condiviso i vostri talenti e riversato il vostro cuore e la vostra anima in ogni progetto. È stato un onore lavorare con voi e spero che riusciremo a fare tutto di nuovo", ha dichiarato Quesada.

L’artista, comunque, ha dichiarato che lo rivedremo presto collaborare con la Marvel, e qualcosa è già in arrivo entro fine anno. Intanto, Quesada lavorerà sui suoi progetti, incluso un corto che sta scrivendo e dirigendo.

Il primo lavoro Marvel di Quesada è arrivato nel 1991 con una storia nel fumetto umoristico What The–!? # 13, mentre il suo primo arco narrativo è stato su X-Factor #87-90. Nel 1998, l'artista è diventato capo redattore della linea Marvel Knight, che ha rilanciato vari eroi fra cui Daredevil di cui era il disegnatore. In seguito è diventato EIC dell'intera casa editrice e nel 2010 ha assunto il ruolo di direttore creativo della Marvel Comics, ruolo che ha mantenuto per molto tempo dopo aver passato il testimone come caporedattore ad Axel Alonso nel 2011.
Nel 2019, il presidente dei Marvel Studios Kevin Feige ha assunto il ruolo di chief creative officer di tutta la Marvel Entertainment, Marvel Comics inclusa, con Quesada che è passato al suo ruolo più recente di vicepresidente esecutivo e direttore creativo della Marvel Entertainment.

"In poche parole, Joe è uno dei creativi più influenti nei fumetti", ha dichiarato il presidente della Marvel Entertainment Dan Buckley. "Tutto quello che ha fatto, dalla disegno a matita alla progettazione, dal montaggio al brainstorming, è stato - e sarà sempre - ai massimi livelli. Negli ultimi 30 anni, mi sono considerato fortunato ad essere suo amico e collaboratore. E mentre Joe farà sempre parte della famiglia Marvel, dovremmo tutti aspettare con impazienza ciò che porterà nel mondo dopo".

"Come artista e narratore, Joe non è secondo a nessuno in ciò che ha realizzato nell'industria dei fumetti", ha aggiunto CB Cebulski, attuale EIC della Marvel Comics.

"Ci sono pochi che conoscono la Marvel Comics come Joe, e i suoi innumerevoli contributi hanno aiutato a creare personaggi e storie che non smetteranno mai di crescere ed evolversi", ha dichiarato Kevin Feige, presente e chief creative officer dei Marvel Studios. "Sono grato per la sua leadership creativa e collaborazione nel corso degli anni e gli auguro solo il meglio per il futuro".

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