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Le Maldicenze, recensione: il ponte tra passato e presente

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Flavia Biondi è chiara fin da subito: leggendo Le Maldicenze, il lettore si troverà davanti l’autrice di dieci anni fa. Con tutte le conseguenze del caso. Immaturità artistica? Criticità identitarie? Avida urgenza espressiva? Queste sono solo alcune delle riflessioni che l’autrice compie nell’introduzione a vignette del volume. Ma oltre la patina di espressività sicuramente ancora acerba, si legge con forza la matura consapevolezza del proprio contesto ed una straordinaria capacità di lettura del presente in funzione del futuro. Guardare al passato serve sempre a comprendere il proprio presente, il proprio percorso e gettare le basi per il futuro: un cammino artistico maturativo intercorso nell’arco di tempo dei dieci anni. Questa riflessione vale tanto per Flavia Biondi, quanto per le sue creature fumettistiche raccolte da Le Maldicenze.
Il volume, difatti, racchiude le due “opere prime” dell'artista: Barba di Perle e L’Orgoglio di Leone. Entrambe sono accomunate da un complesso, quanto straordinariamente universale, concetto: l’accettazione di sé.

Nel primo racconto ci troviamo a seguire Santo nella lotta interiore contro i luoghi comuni, talmente radicati nel tessuto sociale e nell’immaginario collettivo, da aver invaso anche l’identità del ragazzo stesso: può un ragazzo, un “maschio”, indossare delle perle per il solo piacere di farlo? Essere libero di farlo con sé stesso, prima che con gli altri? Tralasciando l’ovvia risposta affermativa, è chiaro come il racconto metta il gioiello come oggetto simbolico: ognuno di noi ha le proprie “perle” con cui deve scendere a patti, il proprio io taciuto a sé stessi, in contraddizione con l’aspettativa sociale radicata nella cultura sociale che ci ha cresciuto.

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Il secondo racconto vede Thomas come protagonista. Al contrario di Santo, il critico letterario tratteggiato da Biondi vuole aderire all'immaginario collettivo: lavoro ben pagato a Milano, fidanzata magra e bella, amato dai futuri suoceri e accettato dalla sua famiglia. Per farlo deve nascondere la propria omosessualità. Non solo agli altri, ma anche a sé stesso: pur avendo rapporti con altri uomini, non “crede” al proprio orientamento sessuale, lo interpreta come uno sfogo, come una dipendenza, dalla quale potrà uscirne.

La fortuna di Santo e di Thomas, è quella di potersi confrontare con chi un percorso di consapevolezza e autodeterminazione l’ha già intrapreso. Chiaramente la rispettiva controparte del singolo protagonista ha un ruolo differente nella vita dell’altro, e il suo percorso di accettazione ha avuto evoluzioni e sorti differenti. Ma entrambi fungono da soglia esplorativa verso l’autocritica identitaria.
Quelli che, ad una lettura preliminare, possono sembrare racconti sull’identità sessuale, sono, al contrario, molto più stratificati. Biondi, nella sua introduzione che, senza dubbio opera come bussola orientativa per la lettura delle sue storie, parla di “empatia”. Tale capacità – purtroppo, troppo drammaticamente, dimenticata – permette al lettore, a prescindere dal proprio orientamento sessuale o dal proprio grado di autoconsapevolezza, di legarsi e comprendere tanto Santo, quanto Thomas.

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Biondi, nell’esigenza di esporsi attraverso temi e riflessioni che, negli anni della stesura delle storie, alimentavano il proprio vissuto personale e artistico, ha raccontato sia di un coming out che di un outing. Ma nel farlo, ha affrontato il tema dell’accettazione di sé in un contesto sociale in aperta opposizione. Chiunque, nella propria vita, ha dovuto scontrarsi con un contesto sociale – piccolo, grande o pubblico che sia – trovandosi in contrasto con questo. E la grandezza di queste piccole, grandi storie risiede proprio nella capacità di cogliere quella sensazione: il cortocircuito che nasce tra ciò che l’ambiente ci impone o tramanda e il proprio io che, però, è spesso la prima vittima dall’ambiente stesso.

I due racconti non potevano che essere tratteggiati con l’elegante sintesi del disegno. Nonostante si percepisca – in confronto alle opere seguenti dell’autrice – un segno leggermente acerbo, questo è assolutamente funzionale alla necessità narrativa. Biondi fornisce il luogo – sempre riconoscibile – con pochi, chiari elementi, e affida all’articolata sintesi espressiva e gestuale, l’arduo compito di ricostruire il vissuto emozionale dei personaggi. L’utilizzo dei toni di grigio permette alla Biondi di modellare le figure giocando con le ombre e con i piani per rafforzare l’atmosfera narrativa delle varie scene.

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Il volume cartonato edito da Bao Publishing non può che rendere onore ai due racconti a fumetti. La veste editoriale, di grande formato e dalla corposa foliazione, concede alle tavole il giusto ampio respiro, permettendo al lettore di soffermarsi sulle tavole, sui balloon, di concentrarsi sui protagonisti. Dopotutto, questi, non sono solo specchio della loro autrice, ma specchio di tutti noi. Nel bene o nel male, sia quando c’è un lieto fine, sia quando questo è amaro.

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La giusta mezura, recensione: il risveglio dalla stasi affettiva secondo Flavia Biondi

COVER LA GIUSTA MEZURA

Dopo la pubblicazione due anni fa del suo primo graphic novel targato Bao Publishing, intitolato La generazione - da poco stampato anche oltreoceano grazie a Lion Forge - la fumettista toscana Flavia Biondi torna con un nuovo romanzo a fumetti, La giusta mezura, da più parti indicato come uno dei titoli più interessanti dell’anno. Abbiamo già voluto approfondire di recente la genesi di questo volume, cercando di capire al meglio cosa rappresenti per la sua autrice con un’intervista dedicata. Ora però vogliamo parlarvi di cosa ha significato per noi la lettura di quest’opera, confermando quindi da parte nostra le voci riguardanti la bellezza di questo titolo.

Come già visto sulle pagine de La generazione, Flavia Biondi riesce a parlare alle persone di se stesse, a narrare vicende umane senza renderle clinici casi di studio o plateali cliché: riesce a costruire un’impalcatura solida seppur flessibile, tessendo fibre narrative vivide e consistenti - linfatiche - che donano sostanza alla forma, con cui intreccia dei drammi umani incantevoli e splendidamente dolorosi, così intrisi di emozioni e sentimenti da risultare inevitabilmente folgoranti.

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L’autrice ci fa entrare così in uno spaccato di vita di coppia, quella di Mia e Manuel, due giovani sulla soglia dei trent’anni che si ritrovano a fare i conti con le insoddisfazioni della vita, con l’incepparsi dei meccanismi sociali e l’arrugginirsi della ruotine, in quei periodi di stasi, che ciclicamente tornano, e che più passa il tempo e più ci mettono alla prova, con difficoltà crescenti accompagnate da una nostra capacità di risposta sempre più indebolita dalla fatica spesa per ciò che si è conquistato, magra consolazione rispetto alle giovani ambizioni, a cui ci si aggrappa disperatamente pur di non perderlo. E questo vale sia a livello lavorativo, che sociale e che, come in questo caso, amoroso. Ci troviamo difatti immersi in una di quelle singolari -eppure così comuni- derive sentimentali a cui si va incontro dopo un periodo di quiete emotiva. La Biondi ci mostra il pericolo insito nella stazionarietà, la possibile instabilità di un equilibrio dato per scontato ma che si mostra essere solo un massimo locale di una vasta fluttuazione non nota nella sua interezza. E cosa succede quando una minima perturbazione sconvolge una routine formale e viziata? Quando ci si ritrova a fare i conti con quello che si ha invece che con quello che si vorrebbe?

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Biondi parte come suo consueto da storie piccole, di periferia, comuni, per arrivare a parlare in modo universale alla gente dell’”umana gente”, per rimanere in tema di “mezura” stilnovistica. La bellezza più grande di questo libro sta nel fatto che si percepisce intensamente il desiderio dell’autrice nel voler raccontare questa storia, nel volerla mettere su carta e darle una vita, per parlarci di quei momenti che non sono frequentemente celebrati perché solo di transizione, non facilmente vendibili come inerti o edulcorabili: la fumettista ci consiglia di non rifuggire i nostri sentimenti, di affrontare ogni sfida, anche quella apparentemente più banale e piccola, senza mai sottrarsi al confronto, senza mai lasciar accumulare e sedimentare l’insoddisfazione, o anche i più piccoli screzi possono trasformarsi in crepe insanabili, perché ciò che crea uno squilibrio genera anche un movimento, direbbe Cyril Pedrosa.

La giusta mezura è una storia sul fare i conti con se stessi, una storia su quando ci si ferma, anche solo per un attimo, a tirare le somme della propria vita, rendendosi conto che il tempo passa per davvero anche se non ce ne accorgiamo, anche se tentiamo di opporci, e che quanto fatto fino a quel punto ci definisce, in un modo o nell’altro. Si prende ciò che è rimasto tra le mani, cercando di ricomporlo e di ricostruire il percorso che ci ha portati dove siamo, senza grande successo però, perché non si prestava poi così tanta attenzione al processo stesso mentre lo si compieva.

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Mia, la protagonista di questa personale evoluzione sentimentale parte da questo status quo, e metterà in discussione tutto ciò che ha realizzato per approdare ad una nuova coscienza, a ritagliarsi un nuovo posto nel mondo, a trovare il migliore incastro, il compromesso meno doloroso, ma dovrà farlo da sola, in fin dei conti. Le persone possono capirsi solo fino ad un certo punto: ci sono dei passi che devono essere compiuti singolarmente, delle strade che devono essere percorse, anche se accidentate, senza nessuno al proprio fianco. Spesso le scelte vanno prese da soli, ma la fortuna sta nel poterne affrontare le conseguenze supportati da altri.

Dal punto di vista artistico ritroviamo lo stile caratteristico dell’autrice, sempre in equilibrio tra il morbido e il ruvido, affinato rispetto alle sue precedenti versioni, accompagnato dalla squisitezza del layout di pagina adottato, mutevole, cangiante, mai ripetitivo, adornato da soluzioni più tecniche e sequenziali alternate a splendidi virtuosismi che fluidificano la pagina, spezzano i confini delle vignette amalgamandole, assecondando alla perfezione i ritmi narrativi con quelli grafici, che vengono opportunamente modulati in un gioco di armonica complicità.

La giusta mezura è quindi una delle storie più umane pubblicate in Italia negli ultimi anni, impreziosita da un’edizione Bao Publishing di grande gusto estetico.
La giusta mezura è, senza dubbio, l’opera che consacra definitivamente e insindacabilmente Flavia Biondi come una delle migliori autrici complete contemporanee.

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Affrontare l'infelicità affettiva trovando La giusta mezura, intervista a Flavia Biondi

Tra le novità in arrivo a Lucca Comics & Games 2017, di certo uno dei volumi più attesi è La giusta mezura di Flavia Biondi, il nuovo lavoro targato Bao Publishing di una delle autrici più valide del panorama fumettistico italiano contemporaneo. Dopo l'ottima prova de La generazione, di recente sbarcato anche oltreoceano per Lion Forge ottenendo subito ottimi consensi, l'attesa per quest'opera così highly anticipated è alta e non potevamo quindi farci mancare un'intervista a riguardo. Di seguito quindi trovate le risposte dell'autrice alle nostre domande di approfondimento. Ricordiamo che abbiamo già intervistato Flavia Biondi in occasione dell'uscita di una sua storia recente per l'antologia erotica Melagrana di Attaccapanni Press.

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Bentornata su Comicus!
Partiamo innanzitutto dal titolo: perchè La giusta mezura? Puoi raccontarci almeno per sommi capi la trama del libro?

Alla soglia dei trent'anni Manuel e Mia, i protagonisti della storia, vivono insieme ad altre persone in un tipico appartamento sovraffollato di Bologna. Mentre Manuel scrive un romanzo a puntate sull'amor cortese, Mia si sente soffocata dal lavoro e dalla loro relazione. Inizia così a soppesare gli anni passati, gli obbiettivi mancati e a scontrarsi con la loro differente concezione del loro futuro di coppia. Sente di dover cambiare qualcosa ma non sa da dove cominciare.
Il titolo è appunto un riferimento all'amor cortese, una concezione filosofica e letteraria basata sul costante conflitto fra il desiderio e la tensione spirituale degli amanti, la Mezura era il termine usato per indicare la giusta distanza tra la sofferenza e l'esaltazione. La ricerca costante di un equilibrio.

Questo tuo nuovo volume è già stato definito da più parti il tuo libro migliore. Spiegaci come è nato e come si inserisce all'interno della tua produzione. Da quanto tempo ci lavori? Cosa ha dato origine alla storia?

Nelle storie che ho scritto fino ad oggi c'è sempre stata una parte in cui i protagonisti parlavano della propria vita affettiva, ma è sempre stato un elemento di accompagnamento della storia principale.
Quando ho iniziato a pensare a questo libro, circa un anno e mezzo fa, ero partita da un'idea abbastanza semplice, ovvero che la relazione fra i personaggi stavolta dovesse essere al centro della vicenda.

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Recentemente hai dichiarato, riguardo a quest'opera: "Quello che so per certo è che è stata per me in assoluto la storia più difficile da scrivere e non so ancora cosa ne sia venuto fuori". Cosa intendi quando parli di difficoltà nello scrivere questa storia? Cosa rappresenta per te La giusta mezura?

Quando inizio a scrivere una storia, lunga o breve, inizio sempre dal finale. Penso a quello che nel mio piccolo voglio esprimere e lavoro a ritroso per costruire un percorso che porti a quel concetto.
Stavolta non sapevo esattamente dove volevo arrivare. Non avevo concetti.
Volevo parlare d'amore, ma non di innamoramento. Volevo raccontare di due persone che stanno insieme da diversi anni e che si trovano ad affrontare la vita di coppia senza l'enfasi iniziale dell'innamoramento, scontrandosi con la crescita, con la reciprocità dei difetti, con la quotidianità e con le aspettative di chi li circonda. Volevo che la storia parlasse di qualcosa di cui si sente parlare solo quando le storie finiscono: dell'infelicità, che spesso ci accompagna anche negli amori più grandi e che ci sembra un difetto da non ammettere.
Volevo scrivere di un sacco di cose ma, te lo dico ridendoci su, ancora non so di preciso cosa sono riuscita a fare.

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In una vecchia intervista ci hai parlato del tuo "tratto rude" e poco adatto alla rappresentazione di figure femminili, che hai dovuto ammorbidire con considerevole labor lime. Come ti sei trovata ad affrontare questo scoglio per la realizzazione di un libro intero in cui una dei due protagonisti è una donna?

Per quanto la storia parli di entrambi i personaggi, la protagonista della vicenda è senz'altro Mia. Questo per me graficamente è stato un bello scoglio visto che mediamente disegno degli orsoni pelosi. Per rendere godibile visivamente un personaggio femminile si tende ad abbellirlo, lavorando sulle caratteristiche più o meno stereotipate che si hanno dell'immagine femminile. Io volevo che Mia fosse caruccia, ma non bellissima. Quindi per me disegnarla è stata una faticaccia ma alla fine rispecchia abbastanza l'idea che avevo di lei.

Come nasce una tavola di Flavia Biondi? Hai lavorato in digitale o in tradizionale per questo volume?

Una tavola mia nasce in modo contorto e poco funzionale a dire il vero. Ho sempre lavorato con tecniche tradizionali e sto passando nell'ultimo anno al digitale, ma non riesco a rinunciare ad inchiostrare con i pennelli-pennelli. Le brush-pen a dire il vero.
Quindi faccio “le matite” in digitale, le stampo e le inchiostro. Poi scansiono e faccio le mezzetinte. Probabilmente se facessi tutto in digitale ottimizzerei di più le tempistiche.

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Infine, la scelta della bicromia come ha avuto origine?

Mi sono innamorata della bicromia de E La chiamano estate di Jillian e Mariko Tamaki, volevo provare a fare un qualcosa di simile.

Di seguito trovate una foto dell'edizione Bao Publishing del volume ultimato.

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Ringraziamo l'autrice per la disponibilità e vi consigliamo di acquistare il volume in anteprima allo stand Bao a Lucca Comics. Qui trovate il link all'anteprima.

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Bao Publishing: tutti i dettagli di La giusta mezura, il nuovo graphic novel di Flavia Biondi

  • Pubblicato in News

Sulle pagine di Preview #21/22, sono state annunciate numerose novità per quanto riguarda i graphic novel italiani editi da Bao Publishing in uscita nei prossimi mesi. Tra questi troviamo il nuovo lavoro di Flavia Biondi, già autrice de La generazione, dal titolo La giusta mezura, che vedrà la luce in un formato alquanto pregiato e insolito in fumetteria e libreria tra settembre e ottobre di quest'anno.

Qui potete trovare una nostra breve intervista all'autrice relativamente a Melagrana, il nuovo progetto di Attaccapanni Press.
Di seguito trovate tutte le informazioni finora rese note. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

La giusta mezura
di Flavia Biondi
160 pagine, 17x24 cm, bicromia, cartonato, copertina in tela blu stampata in bianco a caldo, 19€

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