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Giulia Brusco: Vertigo Made in Italy 2° parte

Intervista a cura di Fabio Maglione.
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Potresti raccontarci come è avvenuto il primo contatto con il tuo editor e come, tempo dopo, ti è stato affidato l’attuale incarico per la Vertigo?

Giulia: “Ciao sexy, hai del lavoro per me?”
Will: “Certo, cara, eccoti l'incarico dei tuoi sogni!”
Ecco, non è andata proprio così.
Ho incontrato Will Dennis a San Diego, mi sono presentata, gli ho dato una copia di Kiss and Tell (il titolo su cui lavoravo all'epoca) e gli ho detto che mi sarebbe piaciuto lavorare con lui. Ma Will mi ha discretamente lasciato capire che erano gli artisti a scegliersi i coloristi. Le parole di Will mi avevano demoralizzata tantissimo, perché io di artisti non ne conoscevo tanti, e quelli che conoscevo erano già dotati di amico/colorista di fiducia…
Allo stesso tempo, però, avevo ammirato questo editor per avermi detto la verità, per non avermi rifilato il tanto odiato: "Rimanga in contatto, Le faremo sapere". Io ero là per la prima volta in California, con i soldi prestati dal mio ragazzo per cercare lavoro, non per abbronzarmi sorseggiando cocktail. "Le faremo sapere", quando hai poco tempo e molti debiti, è veramente l'ultima cosa al mondo che vuoi sentire.
Anche se avevo dei lavoretti saltuari con la DC, ho capito che per ottenere qualcosa di più duraturo, avrei avuto più chances con le compagnie più piccole, almeno all'inizio. Per anni ho lavorato quasi esclusivamente per la Beckett Comics, una compagnia formidabile che ha prodotto ottimi titoli, purtroppo poco conosciuti. Stavo bene con loro, ma quando qualche anno fa hanno rallentato il ritmo di produzione e limitato le pubblicazioni al bianco e nero, non mi è restato altro da fare che ributtarmi nella mischia.
Nel frattempo ho lavorato su una miriade di titoli, piccoli e grandi, Marvel, DC, Dark Horse, Image, riviste, un po’ di tutto, insomma, ma sempre in maniera precaria, fascicoli singoli, miniserie, sos all'ultimo minuto… Finché un bel giorno ho ritrovato il coraggio di scrivere a Vertigo, e precisamente a Will Dennis. Il motivo è semplicissimo: stavo comprando tutti i titoli editi da Will e sognavo, sentivo, VOLEVO fare parte del suo team più che mai.
Fortuna ha voluto che proprio in quei giorni Will stesse cercando un colorista.

Qual è il titolo e il cast creativo completo del fumetto su cui stai lavorando?

Si chiama Scalped. È una storia scritta da Jason Aaron, con copertine di Jock, illustrata da RM Guera, colorata da Lee Loughridge fino alla fine del primo volume, da me a partire dal secondo, e curata da Will Dennis, che riesce miracolosamente a mettere in piedi il tutto, anche se io e Guera siamo come i monelli dei film e gli facciamo venire le palpitazioni ogni volta che il deadline si avvicina e noi siamo ancora a pagina 2…
Ma ogni tanto lavoro anche con altri artisti, per esempio il fascicolo 12 è stato in collaborazione con JP Leon, e adesso sto già iniziando a tracciare il numero 18, illustrato fantasticamente da Davide Furnò.

In Italia, il primo volume di questa serie sarà pubblicato proprio in questi mesi. Che tipo di storia dobbiamo aspettarci?

Non voglio dirvi assolutamente niente della trama vera e propria, perché sarebbe come raccontarvi un film prima che andiate al cinema… BOOOOOOOOO! Smiley
Scalped è una storia a tinte scure, anzi scurissime, che serpeggiano tra quello che sopravvive della comunità dei Lakota, una volta guerrieri e padroni del territorio, ma che ora si trovano, come ben sappiamo, in preda a povertà, alcolismo, degradazione umana, e, conseguentemente, criminalità. Scalped in italiano significa “scuoiato”, e questo dovrebbe bastare a farvi accapponare la pelle.
In questo contesto, va da sé che l'elemento razziale è preponderante e il sentimento western è sempre presente, specialmente nei paesaggi tuttora inalterati delle badland del Sud Dakota.
Quello che sorprende molti lettori in questo graphic novel è la caratterizzazione, e specialmente la profondità con cui Jason Aaron riesce a descrivere anche solo i personaggi marginali.
JA non descrive il protagonista solo attraverso parole e azioni, come fanno molti altri scrittori di comics, ma lo “riflette”, o meglio ne “riflette le origini” nella riserva in cui è cresciuto e negli altri personaggi che la animano.
Dashiell Bad Horse, Dash per tutti noi, non solo non è un super eroe, ma non è neanche sempre presente nelle pagine di Scalped! Ma noi lettori riusciamo a capire almeno parzialmente Dash perché osserviamo la vita a Prairie Rose, osserviamo il temuto Leader della comunità e proprietario del casinò appena aperto, la mafia locale, il ragazzo che sogna di uscire dalla riserva, la nonnetta armata di fucile che mastica tabacco e sbuccia pannocchie, le lotte clandestine della comunità indiana, i rituali obsoleti, il cinismo razzista del capo dell'FBI, di cui Dash è un agente. E questi sono solo alcuni dei temi che rendono Scalped e i suoi tanti conflitti una storia complessa che si colloca nettamente al di sopra del media da cui scaturisce.
Tutto ciò viene perfettamente interpretato dalle linee dense e nervose di Guera, dagli inchiostri scuri interrotti da improvvise illuminazioni che non si diluiscono con grazia, ma spesso tagliano violentemente le forme, i volumi. Niente è liscio, niente è facile. Tutto è drammatico e accentato al punto giusto. Non c'è un solo riquadro ripetuto, o visto da un angolo “standard”. Guera conosce bene il significato della parola dinamismo, la camera si muove, insegue, si arresta di colpo, si alza… Gente, che suspence!
E poi ci sono io… Per me, lavorare con un artista così bravo ma anche così esigente come Guera, significa dover crescere di un po’ ad ogni pagina.

Che tipo di libertà creativa ti è concessa nel colorare le tavole? Ti vengono inviate, di volta in volta, delle indicazioni precise da parte del tuo editor, o magari dallo scrittore o il disegnatore della serie, o l'intero processo di colorazione è a tuo esclusivo appannaggio?

La mia libertà artistica è là al 100%. Ci sono casi in cui Guera, o Will, o Jason mi chiedono di modificare alcune cose, ma non perché quello che faccio sia sbagliato, ma più che altro per rendere meglio delle idee. Per esempio mi hanno chiesto di marcare di più la differenza tra le diverse tonalità della pelle dei vari personaggi. Io lo faccio già, ma spesso in stampa le cose non vanno come dovrebbero e quindi dovrò esagerare questi contrasti in futuro.
Finora le richieste di cambiamenti sono state poche e valide. E se non sono d’accordo posso sempre litigare con Guera a telefono per ore! Scherzo, ovviamente, ma è vero questo team è veramente costruttivo, e che tutti possiamo dirci di tutto perché alla fine quello che conta è che il risultato finale. E sono sicura che nessuno di noi mente quando diciamo che amiamo questo lavoro, e questo incarico specialmente. L'unico problema? Le dannate bollette del telefono!:)

Che tipo di preparazione serve per apprendere la difficile arte del colorista?

In questo momento mi viene da rispondere “natiche di ferro”…! La cosa più difficile è stare seduta per ore e ore perché la scadenza è troppo vicina e siamo in ritardo e non posso staccarmi dal tavolo. Spesso sta al colorista recuperare il tempo perso per strada dagli artisti per un motivo o per un altro – Guera e Sebastian, state leggendo? Grin
Ok, seriamente. Non c'è un'unica risposta o un unico percorso. Alcuni coloristi vengono da scuole specializzate come la Kubert school, altri da scuole più generiche ma sempre ad inclinazione artistica, altri sono autodidatti dedicati, altri sanno usare Photoshop e si credono coloristi solo per questo.
Dal mio punto di vista per essere un buon colorista c'è bisogno di buon senso, una buona conoscenza di teoria del colore, un'ottima conoscenza dei principi generali di sinestesia, e ovviamente sensibilità artistica, saper leggere veramente una storia ed essere generosi nei confronti degli altri artisti nel team.
Infine, bisogna conoscere bene un buon programma per la colorazione digitale. Adobe Photoshop è considerato più o meno lo standard dell'industria.
Se vi interessa il mio iter, io ho scritto la mia tesi finale proprio sulle associazioni sinestetiche nelle manifestazioni artistiche, ho studiato teoria del colore e dipinto astrattamente per anni. Infine
devo ad un training effettuato con Matt Hollingsworth l'apprendimento dell'aspetto digitale, insomma il processo che porta alla produzione di una pagina che sia non solo bella ma “stampabile”. Non e' difficile ma tedioso. I dettagli possono variare in paesi diversi ed è sempre bene chiedere al dipartimento di produzione che formato vogliono, che risoluzione, che tipo di back up per i neri etc.Continuo ad imparare tuttora da tutti quelli che hanno voglia e tempo di insegnarmi. Anyone?

Potresti illustrarci quali sono gli strumenti che utilizzi per la colorazione e qual è l'iter completo che porta dalla pagina in b/n, fino a quella interamente colorata?

Io ho un vecchio laptop della Mac (POWER Book G4 17 inch) che uso con una tavoletta Wacom, ma questo solo ancora per qualche mese, spero. Sono in procinto di fare il salto verso la cintiq, la tavoletta monitor, o monitor tavoletta, che dovrebbe rendermi la vita più facile. Prenderò anche un nuovo laptop, air della Mac: sono troppo stupida per usare i PC.
Per far ciò dovrò rinunciare a TUTTE le convention di quest'anno. Che tristezza…
Ma eccoci all'iter di una pagina.

Ricevo la pagina in bianco e nero, in formato tiff, a volte compresso, a volte no.


Trasformo la pagina in un documento di photoshop, in CMYK. Alcuni colorano in RGB e poi convertono in CMYK alla fine. I due processi hanno vantaggi e svantaggi ma sono quisquilie e non mi dilungo oltre sull'argomento.
Traccio la pagina. Tracciare significa separare tutti gli elementi della pagina, anche se i colori non sono accurati. La pagina così completata si chiama 'flat'. Spesso questa parte del lavoro la fa Jen,
la mia 'flattist'. Le flats sono le pagine in cui gli elementi sono separati ma non ancora realmente colorati. È consigliabile duplicare il bianco e nero nel canale alpha prima di cominciare a tracciare.
Finita la flat, comincia la vera e propria colorazione, e cioè i colori sono selezionati in un modo che il colorista di turno ritiene abbiano senso.
Palette/story telling. Colorare è fondamentalmente la capacità di associare i colori a seconda delle circostanze, e cioè di raccontare una storia con i colori.
In questo caso c'e' un semplice 'feel' blue notte in contrasto con un 'feel' arancione all'interno del bar. Questa pagina l'ho tracciata io, e ho colorato simultaneamente. Le pagine che traccia Jen le devo ricolorare interamente, invece, ma risparmio un paio di ore di lavoro a pagina. La decisione dei colori non e' sempre così immediata.
In Scalped ci sono bei contrasti, ma ci sono anche brutture. Non bisogna avere paura dei colori 'brutti' in una serie realistica. Insomma, se un personaggio è sbandato, alcolizzato e criminale, io
non penso che la mattina si metta davanti allo specchio per vedere se quel pullover marroncino sta bene col blue o il giallino… Anzi, sono proprio i cattivi accostamenti che a volte possono rendere meglio l'idea di una personalità, carattere, circostanza economica, sporcizia, ecc…


La pagina colorata ha bisogno adesso di profondità e chiaroscuri. In questo caso ho anche cambiato qualche colore qua e la perché tutti sti personaggi in rosso potevano essere confusi.
Profondità. È importante far capire la dimensione di una scena, e specialmente cosa è in primo piano e cosa è in sottofondo. Spesso la profondità è l'elemento che separa un vero colorista da una persona comune che ha buon gusto nell'associare i colori. Di questi ultimi ce ne sono a bizzeffe, forse sono la maggior parte dell'umanità e non per questo vogliono colorare.
Chiaroscuri. Le ombre e le luci definiscono i volumi oltre che fare quello che luci e ombre fanno, illuminare e scurire le scene. Se i colori sono stupendi e la profondità magnifica ma i volumi fanno
sembrare Batman spastico, con la faccia piatta e le braccia caduche proprio mentre molla un cazzotto al cattivo di turno, beh, allora non ci siamo ancora. Ma tutti facciamo errori, e tutti impariamo col tempo.


Infine, quando la pagina è completata, si riapplicano i neri e voilà, pagina finita!


Dai un consiglio ai giovani che vorrebbero intraprendere questa carriera.

Metteteci cuore, logica e disciplina come in tutte le cose, e difficilmente fallirete. E soprattutto divertitevi ora, che quando iniziate a colorare professionalmente il tempo libero improvvisamente acquista un altro significato, spesso collegato all'unica attività espletabile ad occhi chiusi. … zzzzzzzzzzzzzzz…


Biografia
La ballata di Giulia Brusco…

Giulia Brusco nasce a Cosenza nel 1965, si rifiuta di crescere immediatamente,
sviluppa la sindrome di Peter Pan, ma le ali non le crescono per niente.
E lei tuttora prova a volare: sky diving in cielo, parasailing al mare,
o semplicemente giù da ponti, legata ad una corda, va a saltare.
Studia lingue per avere la scusa di viaggiare, ha imparato a spiaccicare
4 lingue e mezza, e le parla tutte male! Ma di questo non si vergogna,
È pur sempre laureata all'universita' di Bologna.
E poi a lei interessa solo comunicare,
che la pronuncia vada a defecare!
Va in Germania, impara a bere la birra e a dire le parolacce in tedesco,
poi ad Amsterdam, dove impara… beh, lasciamo stare o la mettono al fresco…
poi arriva a Londra dove risiede tuttora e dove comincia a insegnare,
legge di astronomia e meccanica, dei quanti ma continua a viaggiare.
Insegna italiano per 5 o 6 anni, che boria insegnare!
Meglio imparare! E allora impara a colorare.
Poi insegna sempre meno e colora sempre più.
Che amore, che passione, ora colora tanto e non viaggia più.
E trascorre la maggior parte del tempo con amici strani, noti mafiosi,
prostitute, criminali, assassini, esseri pelosi,
ladri, bambini, rossi, neri, gialli, mostruosi,
altri nobili, belli, sofisticati, generosi,
altri ancora con superpoteri,
ma pochi hanno una pinta in mano e sono amici veri.
Dorme di mattina presto, lavora spesso tutta la notte,
si rifiuta di nutrirsi di carne, è più idealista di Don Chisciotte,
beve molto caffè, ha smesso di fumare, è felice e adora colorare
solo che a volte pensa "come vorrei viaggiare!".
Smiley


Fabio Maglione
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