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Mad Run #3: Il Film per adulti di Superman e Big Barda nell'Action Comics di John Byrne

  • Pubblicato in Focus

Bentornati su Mad Run, la rubrica che non teme di immergersi nei momenti più bizzarri della storia del fumetto a stelle a strisce. Dopo aver parlato di Marvel nelle prime due puntate, stavolta faremo un salto in casa DC Comics, in un momento cruciale per la storia editoriale della Distinta Concorrenza: i favolosi anni ’80! E visto che nelle prime due puntate abbiamo rimestato decisamente nel torbido, tra segreti e tradimenti, questa volta abbiamo deciso di andare oltre le squallide storie di corna già presentate optando per un argomento più delicato: parleremo di quella volta in cui Superman e Big Barda condivisero il set di un film porno! Il tutto narratoci da un gigante dell’industria, la star indiscussa del fumetto americano degli anni ’80, un maestro della Nona Arte che siamo onorati di ospitare nella nostra rubrica: John Byrne! Spostiamo quindi le lancette dell’orologio all’anno 1986, come se avessimo a disposizione la mitica DeLorean di Ritorno al Futuro, e diamo inizio a questa puntata di Mad Run!
 
A metà degli anni ’80, la DC avvia un’imponente ristrutturazione del proprio parco testate e un’opera di semplificazione della convulsa continuity narrativa, ormai gravata da cinquant’anni di storie, che impedisce a nuovi ed eventuali lettori di saltare a bordo della maggior parte delle serie della casa editrice. Lo scenario del Multiverso DC, come si presentava al pubblico all’inizio del decennio, era popolato da un numero pressoché infinito di terre parallele, ciascuna popolata da versioni alternative degli eroi più popolari: su Terra 1 vivevano le versioni moderne di Batman, Superman, Wonder Woman e soci, mentre su Terra 2 venivano narrate le avventure post-belliche degli stessi eroi, riuniti nella Justice Society of America. Gli eroi delle due terre si incontravano spesso, e frequenti erano le alleanze della Justice Society con la Justice League of America di Terra 1. Questa situazione rischiava di creare confusione tra i lettori, senza contare che i fumetti DC venivano percepiti dai più come troppo classicheggianti e non al passo con i tempi, cavalcati invece con furore dalla Marvel con serie innovative come X-Men di Chris Claremont & John Byrne e Daredevil di Frank Miller.  Serviva una scossa di rinnovamento, e il terremoto fu incarnato da Crisis on Infinite Earts, maxiserie di 12 numeri firmata da Marv Wolfman e George Pérez, con la quale l’editore fece piazza pulita delle infinite terre parallele e della tradizione naif derivata dalla Silver Age che ancora popolava molte delle sue testate, retaggio affascinante ma ormai anacronistico in anni in cui il cosiddetto revisionismo supereroistico cominciava a farsi largo. Quando Crisis terminò, nel marzo del 1986, il multiverso DC non esisteva più: adesso c’era una sola Terra, e della vecchia continuity era stato salvato solo ciò che funzionava. In realtà il coordinamento editoriale non fu perfetto e ci furono non poche contraddizioni, tipo la presenza dell’Hawkman pre-Crisis in una storia di Superman mentre ne debuttava la versione aggiornata nella miniserie Hawkworld, ma questa storia dovrà essere raccontata altrove. L’universo DC si presentava quindi, per la prima volta da cinque decadi, come una tabula rasa, e l’editore pensò bene di convocare i due artisti di maggior successo di quel momento, strappandoli alla concorrenza, per aggiornare le due più grandi icone del proprio catalogo. Così, mentre Frank Miller ci forniva la versione definitiva di Batman, John Byrne si mise a lavorare sul rilancio di Superman. All’epoca il passaggio di Miller e Byrne dalla Marvel e DC fece scalpore: la Casa delle Idee perdeva i due creativi sui quali aveva costruito la maggior parte dei suoi successi tra la fine degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’80. Se Batman era un personaggio che funzionava anche prima dell’arrivo di Miller e che aveva bisogno solo di una messa a punto, ben più gravoso appariva il compito di Byrne con l’Uomo d’Acciaio.

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Si trattava di aggiornare la mitologia di un personaggio che, nella sua versione cartacea, non aveva saputo sfruttare il grande successo del lungometraggio di Richard Donner a lui dedicato nel 1978. Potendo contare sulla grande interpretazione dell’indimenticabile Christopher Reeve, il film ci aveva regalato un Superman più realistico e meno caricaturale di quello che i lettori dell’epoca ancora potevano trovare sulle pagine dei comic book, ancora alle prese con le esagerazioni di una Silver Age ormai lontana nel tempo, tra città in bottiglia e cani volanti. L’Uomo d’Acciaio di Reeve era un Superman con le sue debolezze e non onnipotente, profondamente ancorato al suo retaggio umano. Byrne tenne conto degli elementi di novità introdotti dal film e li portò nella sua versione, convinto del fatto che nel 1986 un eroe invincibile non interessasse più a nessuno. Così l’artista britannico presentò al pubblico un eroe con le sue vulnerabilità, simboleggiate dall’iconico costume che, a differenza del passato, finiva spesso in brandelli durante gli scontri più cruenti. Byrne stabilì inoltre che Kal-El era l’unico sopravvissuto della distrutta Krypton: vennero così eliminati dal “canone” del personaggio tutti gli altri profughi del suo pianeta natale, da Supergirl, al cane Krypto fino alla città in bottiglia di Kandor, allo scopo di amplificare il senso di solitudine dell’Uomo d’Acciaio. Le innovazioni introdotte dall’autore furono numerose, brillanti e attuali, a partire dal nuovo ruolo di Lex Luthor, non più semplice genio del male ma luciferino e tipico tycoon dell’era reaganiana, magnate dall’apparenza rispettabile ma dai non pochi scheletri nell’armadio. Il Superman di Byrne è un capolavoro che meriterebbe un'analisi a parte, la versione moderna e definitiva del personaggio che ha costituito la base per venticinque anni di storie, fino al reboot New 52 del 2011: quindi a quale titolo, direte voi, dobbiamo la sua presenza in questa puntata di Mad Run? Beh, come molti di voi ricorderanno, Big John era colui che aveva dedicato un episodio (esilarante) di Fantastic Four al tentativo di She-Hulk di riappropriarsi di una sua foto in topless “rubata”, ma basterebbe pensare al personaggio di Aurora in Alpha Flight, timida e sessuofoba insegnante nella sua identità borghese quanto sfrontata e disinibita nella sua veste di supereroina. Ogni tanto Byrne inseriva nelle sue storie qualche particolare un po’ piccante, per la gioia di noi fan all’epoca adolescenti. Ma quella volta che rese Superman il protagonista di un film pornografico si superò!
Il tutto venne raccontato in una storia in due parti contenuta in Action Comics 592 e 593 di settembre e ottobre 1987.

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Byrne aveva rinarrato le origini di Superman nella miniserie di sei numeri The Man Of Steel, per poi proseguire la sua opera di rinnovamento del personaggio su due mensili, il nuovissimo Superman e la classica Action Comics. Se il primo costituiva la sede primaria delle trame intessute dall’autore, il secondo presentava ogni mese un team-up diverso tra l’Uomo d’Acciaio e un protagonista del rinnovato Universo DC post-Crisis. Nel nostro caso, l’ultimo figlio di Krypton incontrava Mister Miracle e Big Barda, due tra le più famose creazioni di Jack Kirby, ideate per la sua celeberrima Saga del Quarto Mondo. Mister Miracle era Scott Free, l’artista della fuga fuggito da Apokolips e dal regno di terrore del suo sovrano, Darkseid. Barda, temibile guerriera e generale delle truppe di Darkseid, aveva tradito il tiranno dopo aver incontrato Scott ed essersene innamorata. Entrambi avevano trovato rifugio sulla Terra, dove erano convolati a giuste nozze. Scott, inoltre, aveva anche trovato il tempo di unirsi alla più recente incarnazione della Justice League of America.
La storia si apre con una smarrita Barda in visita a Metropolis. La guerriera si trova casualmente a Suicide Slum, la zona più degradata della città, tra prostitute e protettori. La situazione che si presenta alla supereroina è un incrocio tra i set de I Guerrieri della Notte, New Jack City e Boogie Nights. La donna è incredula per lo squallore che si presenta ai suoi occhi.

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Uno scippatore commette l’errore madornale di rubare la borsa di Barda, che contiene la sua bacchetta del potere, arma potentissima originaria di Apokolips. Ma prima che possa essere raggiunto da Barda, che si è gettata al suo inseguimento, il ladro viene catturato dai tentacoli di un essere mostruoso. Quando la donna sopraggiunge, il delinquente è già cadavere: neanche il tempo di capire il da farsi e viene colpita da un raggio sparato dalla sua stessa arma.

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Uno strano essere verde, compiaciuto, si avvicina sogghignando all’eroina svenuta.

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Stesso destino subisce Superman poco dopo, giunto sul posto dopo aver captato una forte aura energetica provenire da lì. L’alieno si rivela essere un nativo di Apokolips dal nome quanto mai appropriato, Repellente. Consigliere di Darkseid durante gli anni giovanili di quest’ultimo, era stato in seguito esiliato dal despota per le sue inclinazioni oscene e perverse. C’è da considerare che essere giudicati impresentabili e banditi da un tiranno dello spazio che annovera la tortura come suo interesse principale è una bella impresa. Il tipo ha le capacità di corrompere psichicamente le persone, sottomettendole alla sua volontà. Il genere di potere che piacerebbe ad Harvey Weinstein, anche se, al contrario dell’ex boss della Miramax, Repellente ha il buon gusto di non accogliere le sue vittime in accappatoio in una stanza d’albergo. In ogni caso, l’alieno sa bene come utilizzarlo con Barda: costringe la malcapitata ad indossare un costume che lascia ben poco all’immaginazione e a lanciarsi in una danza sexy, filmandola.

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Eh si, perché Repellente ha pensato bene di riciclarsi sulla Terra come impresario nell’industria dell’home video a luci rosse.
Nel frattempo Mister Miracle rincasa, in compagnia del suo amico e assistente, il nano Oberon.

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Al posto di Barda, trova un ospite decisamente sgradito: il sovrano di Apokolips in persona, il malvagio Darkseid.

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Scott sta per attaccare il suo acerrimo nemico, dedito a sorseggiare un drink in salotto, ma questi lo ferma. Gli porge un vhs, acquistato dai suoi agenti in una zona malfamata della città, che è sicuro che Mister Miracle troverà di suo interesse. La tavola successiva è un capolavoro di arte sequenziale: Scott e Oberon riconoscono Barda nel filmato, anche se pesantemente truccata, ma restano di stucco davanti al contenuto… un tantino osé, come suggerisce il malizioso Byrne.

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Sconvolto, il buon Scott Free si lancia alla volta di Suicide Slum seguendo la dritta del suo eterno avversario. La cosa fantastica è che l’incarnazione del male stesso abbia trovato il tempo, tra una devastazione e l’altra, di andare ad avvertire uno dei suoi peggiori nemici dei pericoli che sta correndo la moglie e, non trovandolo, di accomodarsi sulla sua poltrona a bere un whisky. Diavolo di un Byrne!
Diventiamo quindi testimoni della lotta contro il tempo di Mister Miracle, che deve scoprire dove si trovi Barda prima che possa accadere qualcosa di realmente irreparabile. E farà bene a sbrigarsi perché Grossman, il produttore degli “assoli” di successo della povera e soggiogata supereroina, ha in mente di accoppiarla col nuovo “stallone” della sua scuderia: l’altrettanto sottomesso Superman, piegato dal controllo psichico di Repellente!

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Scott si imbatte in qualche ostacolo durante la sua corsa contro il tempo: arrivato a Suicide Slum, viene aggredito da una gang di delinquenti che lo stordiscono, lo chiudono in un sacco, e lo sigillano con una fiamma ossidrica in un cassonetto dell’immondizia. Una trappola degna di Houdini per il Maestro dell’ escapismo!

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Nella vignetta successiva, Mister Miracle è già fuggito e sta correndo sui tetti verso la sua meta. Una trappola che sembrava mortale era solo una scocciatura per l’Artista della fuga. La cosa più divertente è che una banda di malintenzionati avesse a disposizione l’armamentario per una trappola del genere. Mah!
Nel frattempo, sul set del film per adulti con protagonisti Superman e Barda, non tutto fila come dovrebbe. Grossman si lamenta della scarso “sex appeal” dell’Uomo d’Acciaio, a suo dire troppo legnoso: Repellente capisce che Supes sta opponendo resistenza al suo potere grazie alla sua forte fibra morale, quindi tenta il tutto per tutto e aumenta l’intensità del suo controllo.

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Proprio mentre Superman sembra cedere e comincia a baciare appassionatamente una discinta Barda, Mister Miracle interrompe le riprese facendo irruzione dal lucernario!

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Il set diventa un parapiglia: Scott Free si lancia all’inseguimento di Repellente, che gli scaglia contro il mostro dai tentacoli mollicci che avevamo visto in apertura della saga. Scott viene salvato da Barda, ormai ristabilitasi, che senza fatica fa a pezzi la mostruosità natia dei pozzi neri di Apokolips. Superman insegue Repellente nelle fogne (il posto giusto per un tipo così) ma il laido alieno, piuttosto che farsi catturare, preferisce suicidarsi facendosi esplodere vicino ad una conduttura di gas. L'Uomo d'Acciaio raggiunge i suoi alleati e li informa sull’infausto destino di Repellente, l’Harvey Weinstein venuto dallo spazio. È il momento dei saluti: ma Superman confida a Barda che gli sembra di ricordare che era successo davvero qualcosa tra di loro, quando erano sotto l’influsso dell’alieno. Barda lo interrompe, suggerendogli che è meglio lasciare le cose così. La storia si conclude con un infastidito Mister Miracle che si accomiata da Superman in compagnia della moglie ritrovata.

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Quindi Superman non è mai stato davvero il protagonista di un film per adulti, grazie all’intervento provvidenziale di Mister Miracle ma chissà, qualche foto di scena piccante in compagnia di Barda un giorno potrebbe saltare fuori, tra un reboot e l’altro dell’ Universo DC. Con buona pace del povero Scott Free.

È tutto per questa puntata di Mad Run e mi raccomando, non fatevi beccare in atteggiamenti compromettenti con la moglie di un vostro amico, o quantomeno assicuratevi che l’appartamento non abbia il luceranario: in ogni caso, la scusa del controllo mentale non reggerebbe!
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Fino ad allora…
HEY, HO, LET’S GO!

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Mad Run #2: I Peccati del Passato di Gwen Stacy nello Spider-Man di J. Micheal Straczynski

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Bentornati su Mad Run, la rubrica che non teme le cadute di stile e gli scivoloni gratuiti di cui a volte si macchiano anche gli autori più blasonati. Prima di cominciare voglio ringraziarvi per l’accoglienza che avete tributato alla nostra prima puntata, nella speranza che vi siate divertiti a leggerla quanto mi sono divertito io nello scriverla. Il nostro viaggio nel tempo prosegue, lasciando i selvaggi anni ’70 del Doctor Strange di Steve Englehart per una tappa a noi più vicina, la metà degli anni 2000. Molti di voi saranno già attraversati dal sospetto di andare ad incappare nella più discussa e controversa saga di quel periodo, una delle storie più odiate che uno sceneggiatore di fumetti si sia mai permesso di scrivere. La storyline che ha oltraggiato la ragazza dei sogni di generazioni di lettori: Peccati del Passato, la vituperata saga ragnesca di J. Micheal Straczynski e Mike Deodato Jr.

Facciamo un passo indietro all’inizio degli anni 2000, dove troviamo un Uomo Ragno uscito con le ossa rotte dai ’90. Quegli anni avevano visto la DC Comics finire su tutti i media, anche non di settore, per saghe di successo come la Morte di Superman o Knightfall. La Marvel non volle essere da meno e concepì un evento, nelle intenzioni, ancora più sconvolgente: veniva rivelato che il Peter Parker di cui i fan leggevano le storie ogni mese era in realtà un clone, creato dal malvagio Miles Warren, lo Sciacallo, che era stato sostituito con l’originale durante la prima saga del clone, un ventennio prima. Il clone era ignaro di essere tale e pensava di essere l’originale; l’originale era convinto di essere un clone e aveva lasciato New York per rifarsi una vita. Il ritorno del clone, in realtà l’originale Uomo Ragno, nelle vite dei Parker scatenò una serie di eventi che tennero occupate le testate di Spider-Man per un lustro intero. I lettori all’inizio risposero positivamente alla saga, che però si dilungò eccessivamente stancando i fan che chiesero ben presto un ritorno allo status quo. Così, dopo quattro anni di rivelazioni e marce indietro, un redivivo Norman Osborn venne svelato come la mente criminale dietro all’intera vicenda, un complicato piano per far impazzire Peter, che non era quindi un clone ma l’unico e solo Uomo Ragno. La Saga del Clone fece più danni della grandine e provocò una generale disaffezione dei lettori verso le testate ragnesche. A nulla valse, a cavallo tra la fine del secolo e l’inizio del nuovo millennio, un rilancio ad opera di John Byrne, coadiuvato da Howard Mackie. Byrne era stato un gigante dell’industria dalla fine dei ’70 fino ai primi anni ’90, ma nel frattempo i gusti del pubblico erano cambiati e l’autore di Fantastic Four, Uncanny X-Men e Superman non sembrava più in grado di intercettarli. In un decennio iniziato con la sbornia di testosterone degli eroi Image e che stava volgendo al termine sotto il segno del realismo iconoclasta di The Authority, l’approccio di Byrne ai supereroi era ormai giudicato dai lettori demodé e fuori dal tempo. Il Ragno aveva bisogno di un autore che lo portasse nel nuovo millennio, e lo trovò nella persona di J. Michael Straczynski.

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Prima di debuttare nel mondo del fumetto, Straczynski era conosciuto e rispettato come l’autore di Babylon 5, serial di fantascienza trasmesso dal 1993 al 1998, celebre per aver contribuito ad innalzare la qualità della fiction televisiva di genere. Il suo ingresso nel mondo del fumetto avviene grazie alla Top Cow di Marc Silvestri, presso cui pubblica Rising Stars, serial supereroistico dall’impronta revisionista e Midnight Nation, una miniserie di 12 numeri che mischia brillantemente viaggio on the road, horror, malinconia, romanticismo e tematiche spirituali. Entrambi gli valgono il plauso della critica: all’alba del nuovo millennio, Straczynski è uno dei nomi più caldi del settore, tanto da finire inevitabilmente nella lista della spesa di Bill Jemas e Joe Quesada, gli uomini che stanno risollevando la Marvel dalle ceneri della bancarotta del decennio scorso. Per la nuova Marvel la priorità è quella di rilanciare X-Men e Spider-Man, le due proprietà che sono da poco diventate remunerativi franchise cinematografici. Se alla corte dei Figli dell’Atomo viene chiamato l’iconoclasta Grant Morrison, è proprio a Straczynski che Jemas e Quesada pensano per correre al capezzale del Tessiragnatele. La scommessa si rivela vincente: Straczynski in pochi numeri rivitalizza Amazing Spider-Man, rivisitando l’origine dei poteri del Ragno in chiave mistico-esoterica, aggiungendo alla schiera dei suoi comprimari l’enigmatico Ezekiel, che sembra sapere tutto sulla vita di Peter Parker, e il terribile vampiro energetico Morlun alla sua galleria di avversari. La parte iniziale della run di Straczynski si segnala per due momenti in particolare: la controversa e discussa storia scritta sull’onda dell’emozione all’indomani dei tragici eventi dell’11 settembre, con l’Uomo Ragno impotente spettatore di fronte agli attacchi alle Torri Gemelle e La Conversazione, in cui Zia May scopre casualmente la doppia vita di Peter, rivelazione che porta al primo vero confronto sincero tra zia e nipote dopo quasi quattro decenni di pubblicazione, in uno degli episodi più belli dell’intera saga ragnesca.

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Nell’anno del Signore 2004, dopo tre anni alla guida di una serie popolarissima tra i lettori, illustrata da un John Romita Jr. in stato di grazia e che sta beneficiando del successo delle trasposizioni cinematografiche curate da Sam Raimi, le cose sembrando andare a gonfie vele per J. Michael Straczynki. Ma come un maratoneta che cade a pochi passi dal traguardo dopo aver dominato la gara, il nostro sceneggiatore pensò bene di commettere un suicidio artistico dalle dimensioni epiche, un harakiri professionale che inserisce di diritto la sua run nel novero di quelle prese in considerazione dalla nostra rubrica.

Forse troppo sicuro del consenso per il lavoro svolto su Amazing fino a quel momento, “Strac” partorì la malsana idea di andare a toccare, qualcuno direbbe oltraggiare, il ricordo di un comprimario mai dimenticato della serie, il primo grande amore di Peter Parker e di molti lettori allo stesso tempo: Gwen Stacy. Gwen incarnò per i lettori degli anni ‘60 e dei primi ’70 l’immagine della fidanzata ideale e il suo assassinio brutale per mano di Norman Osborn, Goblin, scioccò il pubblico dell’epoca, ponendo idealmente fine all’innocenza della “Silver Age”. Neanche la morte poté cancellare dai nostri cuori il ricordo della sfortunata fanciulla e della sua purezza… almeno fino allo sciagurato pasticcio chiamato Peccati del Passato, pessimo esempio dell’uso della retcon.

Il tutto comincia su Amazing Spider-Man #509 quando Peter riceve con sua grande sorpresa, una lettera scritta da Gwen prima che morisse, anche se secondo il timbro postale è stata spedita da pochi giorni.

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Una parte della lettera risulta illeggibile e Peter, turbato da questo “ritorno” di Gwen nella sua vita, nei panni dell’Uomo Ragno chiede l’aiuto del Detective Lamont, poliziotto di cui si fida. Peter aveva notato infatti che il foglio su cui Gwen aveva scritto la lettera conteneva il calco di un secondo foglio non inserito nella busta, e confida nell’aiuto della scientifica per decifrarne il contenuto. La rivelazione è scioccante: Gwen aveva scritto la lettera, poi non spedita, per rivelargli che aveva lasciato New York per andare in Europa a partorire due gemelli. Contemporaneamente, mentre si trova sulla tomba di Gwen, viene attaccato da due misteriosi individui mascherati che lo accusano della morte della donna. I due dichiarano ad un Peter sconvolto di essere figli di Gwen.

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Sfuggito all’agguato, un Ragno assetato di verità decide di fare luce sulla vicenda. Lui non può essere il padre perché, contrariamente a quanti alcuni di noi hanno pensato per anni, la relazione con Gwen non aveva mai raggiunto quel “livello”, neanche dietro le quinte. Per scoprire se si tratta realmente dei figli del suo primo amore, Peter pensa bene di comparare il DNA dei gemelli recuperato dalla lettera che gli hanno spedito a quello della donna. E come recuperare il DNA di Gwen? Ovvio ragazzi: profanando la sua tomba!

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Così, dopo aver aggiornato il suo curriculum con questa turpe azione, Peter può effettuare l’esame che conferma la versione dei due misteriosi individui: sono davvero i figli di Gwen! Poco dopo Peter viene attaccato nuovamente dal terribile duo e il nostro eroe, prima di metterli in fuga, riesce a smascherarne uno: è una ragazza, identica a Gwen!

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Sconvolto Peter torna a casa e, esausto, racconta l’intera vicenda alla consorte Mary Jane. Con sua grande sorpresa, Mary Jane gli confessa non solo di sapere dei figli di Gwen, ma di essere addirittura a conoscenza dell’identità del padre: è Norman Osborn, Goblin, l’arcinemico dell’Uomo Ragno! MJ racconta a un provato e sbigottito Peter la verità che Gwen tanti anni prima gli aveva confidato chiedendole di non rivelarla mai a nessuno. Il fattaccio era successo nel periodo in cui Harry, il figlio di Norman, era nel pieno dei suoi problemi di tossicodipendenza. Norman però si rifiutava di far ricoverare il figlio, sospeso tra la vita e la morte, per evitare che la sua dipendenza dalle droghe venisse alla luce dando luogo ad uno scandalo che potesse travolgere la reputazione della famiglia e gli affari della Oscorp. Il gruppo di amici di Harry, formato da Peter, Mary Jane e Gwen, faceva visita tutti i giorni ad Harry e cercava di fare pressione su Norman per far ricoverare il figlio. Un giorno Mary Jane, per caso ascolta una lite tra Norman e Gwen.

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Sono nel pieno di una strana discussione, stanno parlando di due bambini di cui Norman pretende l’affidamento, ma Gwen intima all’uomo di non avvicinarli nemmeno. La ragazza esce in lacrime dalla stanza e si imbatte in MJ, alla quale non può fare a meno di confessare tutto. Ha avuto una relazione con Norman, affascinata dalla sua forza e dal suo carisma (dice lei), dalla quale sono nati due gemelli, Sarah e Gabriel.

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Peter non sa nulla: dopo aver scoperto di essere incinta, Gwen è andata a partorirli a Parigi, nel periodo in cui si era allontanata da New York. I due gemelli, che hanno nel sangue il siero di Goblin, crescono più velocemente del normale e Norman, della cui vera natura Gwen è ormai consapevole, li vuole come suoi legittimi eredi al posto del debole Harry. Gwen rifiuta e tutta la vicenda getta una luce diversa sull’omicidio della ragazza da parte di Goblin. Ascoltata la verità, Peter tutto sommato la prende bene.

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Decide comunque di aiutare i due gemelli: il siero di Goblin li sta portando ad un invecchiamento precoce e moriranno in pochi anni. Con un messaggio lanciato in televisione, l’Uomo Ragno dà appuntamento ai due in cima al ponte di Brooklyn, dove Gwen aveva trovato la morte per mano di Goblin. L’eroe racconta la verità a Gabriel e Sarah: la ragazza gli crede, ma Gabriel è stato indottrinato bene da Norman e odia Peter, che ritiene ancora il responsabile della sorte della madre. In una colluttazione con Peter, Gabriel ferisce involontariamente Sarah, sparandole, e scappa. Seguendo la traccia per un rifugio di Norman, l’uomo scopre la terribile verità: il magazzino contiene due costumi da Goblin, uno per lui e uno per la sorella, il terrificante retaggio degli Osborn.

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Un Gabriel ormai impazzito abbraccia l’eredità paterna e diventa il Goblin Grigio. Nel frattempo, Peter porta Sarah in ospedale e solo una trasfusione col suo sangue potenziato può salvare la ragazza. Neanche il tempo di riprendere fiato e il Goblin Grigio lo attacca.

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Inizia un brutale confronto sul tetto dell’ospedale in cui Peter cerca di far ragionare per l’ennesima volta un ormai folle Gabriel: l’Uomo Ragno sta per soccombere quando una rediviva Sarah, che ha raggiunto il luogo dello scontro, spara all’aliante del fratello, che esplode scagliando il Goblin Grigio lontano. Peter, stremato, sviene. Quando riprende i sensi, Sarah è scomparsa. Gabriel si risveglia a km di distanza, privo di memoria. Peter torna a casa, chiedendosi quale sia stata la sorte dei figli della donna che aveva amato tanto. Il lettore, a sua volta, si chiede come sia stato possibile partorire e far approvare dallo staff editoriale della Marvel un pasticcio del genere.

Peccati del Passato, oltre ad essere un polpettone di cattivo gusto, è un disastro sotto il profilo narrativo che fa acqua da tutte le parti. Straczynski vuole farci credere che una ragazza che si professa innamoratissima del suo fidanzato, a meno che non menta a se stessa e ai lettori, perda la verginità con un vecchio businessman solo perché, a suo dire, “l’aveva trovato sconvolto ed abbattuto e gli faceva pena”. Oltre a fornire una motivazione al tradimento che si commenta da sola, Strac propone una caratterizzazione completamente fuori dal personaggio che abbiamo conosciuto. Del tutto assurdo è anche il fatto che Mary Jane, che porta dentro di sé il peso di vivere con un marito che pensa tutti i giorni che Dio manda in terra ad un’altra donna, peraltro defunta, non ne parli con Peter, se non altro per aiutarlo a liberarsi del fantasma di Gwen. Sbarazzarsi dello spettro di una rivale idealizzata per poter poi vivere in pace col marito costituirebbe per lei un’occasione troppo ghiotta da cogliere, e nessun giuramento potrebbe impedirlo.

A 13 anni dalla sua pubblicazione, Peccati del Passato rimane una pagina nera della Marvel recente, un guazzabuglio che ancora imbarazza gli autori stessi. Il primo a prenderne le distanze è stato infatti lo stesso Straczynski, sottolineando che la sua idea originale era quella di rendere Peter il padre dei gemelli, idea cestina dalla dirigenza per non invecchiare il personaggio (a cui avevano, per questo motivo, già "ucciso" una figlia). Spiacente Strac ma questo non ti scagiona! Successivamente, gli autori provarono a "scagionare" Gwen dichiarando che quello con Norman Osborn si trattava di uno stupro e non di un atto consenziente. Colpevole è anche lo staff editoriale, e il concetto stesso di creare storyline scioccanti per vendere qualche copia in più grazie all’hype generato, pazienza se viene oltraggiato un personaggio amatissimo. Bisogna sottolineare che dopo Sins Past, i gemelli Stacy hanno fatto parlare di sé solo in altre due occasioni. Sarah tornò in Sins Remembered, una sorta di sequel scritto in maniera sciatta da Samm Barnes, una protegé dello stesso Straczynski, per poi sparire nel dimenticatoio. Gabriel fece una comparsa nella miniserie American Son, che pur ospitando Norman Osborn tra i coprotagonisti non faceva alcun riferimento alla figura di Gwen. Nessun vuole avere più a che fare con Peccati del Passato, a cominciare dallo stesso Straczynski secondo cui l’intera saga è da ritenersi cancellata a seguito di One More Day, la controversa storia con la quale ha chiuso (su input di Joe Quesada) la sua gestione dell’Uomo Ragno modificandone il passato e cancellando dalla continuity il matrimonio con Mary Jane. Versione, però, che non coincide con quella ufficiale della Marvel.

Personalmente, ho sempre provato dispiacere per la piega che prese la run di Straczynski su Amazing Spider-Man. Le prime storie, disegnate da un Romita Jr. in grande spolvero, erano davvero notevoli. Poi un declino improvviso ed imprevisto, a cominciare da questa Sins Past, peraltro appesantita dalla sostituzione di Romita con un ancora incerto Mike Deodato Jr. Ma se non fosse stato così, non ne avremmo potuto parlare su Mad Run: anche di epic fails come questa è fatta la nostra rubrica.

È tutto per questa puntata di Mad Run! Vi lascio con una mia raccomandazione: se venite a sapere che la ragazza del vostro migliore amico lo ha tradito con un vecchio uomo d’affari che la notte va in giro vestito da folletto verde sopra ad un aliante, fatevi gli affari vostri: non è mai successo. E per quanto riguarda te, Gwendolyne, non abbiamo mai creduto neanche per un momento a queste calunnie: ti vogliamo tutti bene e sarai sempre la ragazza dei nostri sogni, simbolo di innocenza e purezza come ti ritrasse il sommo Alex Ross in Marvels.

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Alla prossima, e come sempre…
HEY, HO, LET’S GO!

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Mad Run #1: Il Dr. Strange di Steve Englehart fra follie e tradimenti

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Benvenuti a Mad Run, nuova rubrica del palinsesto di Comicus che vi accompagnerà attraverso le svolte narrative più folli, inaspettate ed irriverenti del comicdom a stelle e strisce. Compiremo insieme un viaggio a ritroso nel passato, in alcuni casi remoto e in altri prossimo, alla riscoperta di run celebrate o dimenticate che, ad un certo punto, hanno compiuto una svolta narrativa strana ed inaspettata. Una full immersion nel bizzarro che non risparmierà anche celebratissimi autori beniamini del pubblico.

La run di cui parleremo oggi mi riporta alla mente i miei primissimi incontri col meraviglioso universo Marvel di quand’ero bambino. Non avendo ancora imparato a leggere, mi limitavo solamente a sfogliare le pagine di quei meravigliosi, ultimi albi della leggendaria era Corno che si avviava malinconicamente alla conclusione. A volte non ricordo neanche cosa ho fatto la settimana precedente ma ricordo perfettamente l’inverno del 1980, quando mia madre tornò a casa con un numero dei Fantastici Quattro comprato per consolarmi, visto che ero a letto con un bel febbrone. Si trattava del numero 250, “Morte Nella Palude”, e non era una storia particolarmente significativa: in quel periodo la Corno mischiava le storie di Fantastic Four con quelle in solitaria della Cosa tratte da Marvel Two-In-One. Questa qui aveva il pregio di essere il prologo alla saga del Progetto Pegaso e di essere disegnata da un disegnatore dotato di uno stile che rubava l’occhio, un certo John Byrne che di lì a poco sarebbe diventato una star, ma nulla più. Di quegli ultimi numeri de I Fantastici Quattro Corno ricordo alcune chicche, come quella storia disegnata da un giovane Frank Miller con la partita a poker tra la Cosa, Nick Fury e amici ma soprattutto la variegata galleria di comprimari: le atmosfere notturne della Donna Ragno disegnata da Carmine Infantino, la fantascienza del Killraven di Don McGregor e Philip Craig Russell, la Ms. Marvel di Chris Claremont, la terribile prima apparizione di Satana, The Devil’s Daughter, in un raccontino breve a firma Roy Thomas e John Romita Sr. che ben poco s'addiceva alle letture di un bambino di pochi anni.

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Ma tra tutti questi personaggi, ben pochi avevano catturato la mia attenzione come il Dottor Strange, il Maestro delle Arti Mistiche. Stephen Strange era un personaggio in cui la Corno credeva molto così, dopo averlo proposto in appendice al suo primo mensile, L’Uomo Ragno, lo aveva poi inserito nelle testate de I Difensori e di Hulk & I Difensori, per poi finire la sua corsa, prima della chiusura dell’editore milanese, su I Fantastici Quattro. Furono queste ultime le storie in cui mi imbattei, e una in particolare mi si stampò ben impressa nella mente. Quella in cui la fidanzata e apprendista di Strange, Clea, tradisce il buon Dottore che è impegnato a proteggerla da un mago malvagio… con Beniamino Franklin! Scioccato da un simile comportamento, per anni ho rimosso questa storia, capitolo finale della brillante run di Steve Englehart su Doctor Strange… salva vederla riapparire recentemente nel penultimo volume della notevole Serie Oro da edicola dedicata al personaggio. Una caduta nell’assurdo e nel bizzarro tale da meritare l’onore di aprire la nostra rubrica! Esaurita la narrazione delle “origini segrete” di questo redattore, che peraltro non avevate mai richiesto, parliamo un po’ del nostro autore.

Steve Englehart è un nome fondamentale della Marvel degli anni ’70 e non solo, uno dei primi sceneggiatori a guadagnarsi un numero nutrito di fan accaniti (tra cui un giovane Grant Morrison) grazie ad idee non convenzionali e a trovate fuori dall’ordinario. Prima di trasferirsi in casa DC, dove scriverà con successo Batman e Justice League, segna il decennio della Casa delle Idee con alcune run consegnate alla storia: "L’Impero Segreto" e "Nomad" per Captain America, "La Madonna Celestiale" per Avengers e "Una Realtà Separata" per Doctor Strange. L’ultima serie in particolare, realizzata inizialmente insieme al disegnatore Frank Brunner, sembra essere la sede ideale per la fantasia senza limiti di Englehart, aiutata dall’assunzione regolare di LSD e altre sostanze allucinogene. Entrarono nella leggenda le serate a base di acidi di Englehart e Brunner insieme a Jim Starlin, che in quel momento lavorava a Captain Marvel, come raccontato nel fondamentale volume di Sean Howe Marvel Comics: Una Storia di Eroi e Supereroi che ogni vero true believer deve possedere. Se Starlin riversava le conseguenze dei suoi sballi nelle storie cosmiche di Capitan Marvel, Englehart realizzava le storie di Dottor Strange come un trip psichedelico che incarnava lo spirito dell’epoca. Il suo Doctor Strange stava al fumetto come i dischi dei Pink Floyd e di Emerson Lake e Palmer stavano alla musica. La serie gli forniva la possibilità, inoltre, di parlare apertamente dei suoi interessi maggiori: misticismo, occultismo, cabala ed astrologia.

Così, in Doctor Strange 17 dell’agosto 1976, in piena celebrazione del bicentenario degli Stati Uniti d’America, Englehart pensò bene di far compiere un viaggio a ritroso nel tempo a Strange e alla sua apprendista, fidanzata e futura moglie, Clea, alla scoperta della storia del misticismo in America. I due arrivano in un primo momento nella Londra del 1618 dove, dopo aver tramutato i propri costumi in abiti del tempo, fanno la conoscenza di Francis Bacon, filosofo e autore de La Nuova Atlantide.

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Strange è affascinato dalla figura di Bacon come fondatore del misticismo occidentale. Nel loro incontro, lo scrittore confida al mago di aver ricevuto dal re il compito di dirigere il tentativo di colonizzazione del nuovo mondo, allo scopo di creare una società di uomini liberi, utopia che non era mai stato possibile realizzare in Europa. Poco dopo, il convivio viene attaccato da Stygyro, un mago dalle motivazioni misteriose che sembra voler mettere i bastoni tra le ruote alla nascita della nazione americana. Dopo averlo messo in fuga, Strange e Clea ripartono fermandosi questa volta nel 1775, su una nave in viaggio da Londra alle Americhe (Doctor Strange 18). È qui che fanno la conoscenza di Benjamin Franklin.

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Figura fondamentale della Rivoluzione Americana, politico, scienziato, inventore, diplomatico, giornalista, rappresentante eccellente dello spirito dell’Illuminismo, Franklin passò alla storia anche per alcune invenzioni di uso comune, come la stufa, il parafulmine e le lenti bifocali. In più, secondo numerose testimonianze dell’epoca, aveva la fama di essere un accanito donnaiolo, nonostante la sua scarsa avvenenza. Ma Strange è interessato alla figura di Franklin soprattutto come Gran Maestro della stessa Società di filosofi e mistici di cui aveva fatto parte Bacon. I due hanno appena cominciato a confrontarsi quando vengono attaccati da Stygyro. Strange pensa bene di chiudere Franklin e Clea nella stessa cabina e di sigillarla misticamente per la loro sicurezza.

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Non si rende conto di cosa ha fatto! Colpito dalla bellezza di Clea, Franklin si mette subito all’opera per sedurla con parole suadenti. Il tipo ci sa fare! Si vanta pure di non essere un puritano. C’è da dire che negli episodi precedenti, Strange aveva trattato piuttosto male Clea. Messo a dura prova dopo gli scontri con Eternità e Dracula, il Mago Supremo aveva respinto con modi bruschi le attenzioni della sua fidanzata, dicendole di non avere tempo per lei. Certo non avrebbe mai immaginato questi sviluppi, illustrati dalle matite ombrose di Gene "Il Decano" Colan , subentrato a metà run a Brunner. Colan suggerisce con eleganza quello che, per la morale dell’epoca, non può essere mostrato. La cabina si trasforma abbastanza chiaramente in un’alcova. Terminato lo scontro con Stygyro, Strange torna dai due e si rende conto ben presto che sono diventati piuttosto intimi!

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Englehart lascia la serie con questo numero per dissapori creativi. Dal numero successivo subentra al timone dei testi Marv Wolfman, editor della testata e sceneggiatore di Tomb of Dracula. La prima preoccupazione di Wolfman sarà quella di cancellare gli elementi più bizzarri conferiti da Englehart alla serie, togliendole però gran parte del fascino. Anche il tradimento di Clea viene cancellato con un colpo di spugna: viene rivelato che Ben Franklin era in realtà Stygyro camuffato e che tutta la vicenda era un incubo indotto per far vacillare le certezze di Strange. Ma nonostante questo “intervento dall’alto” noi ti abbiamo visto, cara Clea, ti abbiamo beccato!

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È tutto per questa puntata di Mad Run e ricordate: non trascurate mai le vostre fidanzate e, soprattutto, non lasciatele mai sole con affascinanti uomini politici grassottelli dagli appetiti sessuali voraci!
Scrivete pure a Comicus o lasciate un commento sulla nostra pagina Facebook se desiderate un approfondimento sulla vostra mad run preferita.

E fino ad allora, che l’occhio di Agamotto vegli su di voi e vi protegga!
HEY, HO, LET’S GO!

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